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Revocazione per ingratitudine della donazione immobiliare

In tema di revocazione per ingratitudine della donazione, la liceità di una relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario non esime però dal dovere compiere una valutazione complessiva del comportamento tenuto onde apprezzare le modalità con le quali tale nuova relazione sia stata poi portata alla luce, considerando altresì anche le ulteriori condotte dalle quali possa ricavarsi un contegno irriguardoso nei confronti del donante, in avversione al sentimento di rispetto che deve invece connotare i rapporti tra donante e donatario.

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Pubblicato il 26 gennaio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

YYY, precisando di avere intrapreso una lunga relazione sentimentale, sfociata nella convivenza, con XXX a far data dall’aprile del 2008, deduceva che in data 17 marzo 2016 aveva donato alla stessa un appartamento, da lui in precedenza acquistato, e che era stato adibito a casa comune.

Tuttavia, a distanza di pochi giorni dalla donazione, aveva appreso che la XXX aveva intrapreso una relazione sentimentale con un altro uomo, al quale era affettivamente legata da tempo, e che era stato quindi invitato ad allontanarsi dall’appartamento, aggiungendo che dopo la sua fuoriuscita dalla casa, la nuova relazione era divenuta di dominio pubblico, in quanto la coppia aveva iniziato a frequentarsi anche all’interno del bene donato.

Tanto premesso, chiedeva pronunziarsi la revocazione per ingratitudine della donazione immobiliare.

Nella resistenza della XXX, il Tribunale di Imperia rigettava la domanda ed avverso tale sentenza il YYY ha proposto appello, cui ha resistito la convenuta.

La Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 717 del 20 giugno 2022, ha accolto il gravame, e per l’effetto ha revocato la donazione immobiliare, dichiarando che i beni costituenti l’arredo dell’appartamento erano di proprietà dell’appellante e che dovevano essergli restituiti.

Nell’affrontare il primo motivo di appello, che contestava l’esclusione dell’ingiuria grave nella condotta della convenuta, la sentenza impugnata, richiamata la nozione presupposto della fattispecie di cui all’art. 801 c.c., riteneva che la complessiva valutazione della condotta della XXX deponesse per la realizzazione di un’ingratitudine esteriorizzata tale da ferire la dignità del donante.

In particolare, doveva reputarsi pacifico che la coppia YYY – XXX era in crisi da tempo e che la seconda aveva ancor prima della donazione intrapreso una relazione clandestina con un altro uomo; emergeva altresì che il YYY si era allontanato dall’abitazione a distanza di pochi giorni dalla donazione e che dopo circa un mese il nuovo compagno della XXX era stato visto nell’immobile.

La situazione di crisi della coppia, l’avere taciuto l’esistenza della relazione e l’intento di porre fine al vecchio legame, dimostravano come la condotta della convenuta fosse premeditata al fine di conseguire la liberalità, senza però avere nutrito alcun sentimento di riconoscenza.

In tal senso deponeva il fatto che la convenuta si era in precedenza recata dal notaio che aveva poi stipulato la donazione, al fine di informarsi circa la possibilità di poter liberamente rivendere il bene donato, atteggiamento questo che deponeva per la preordinata volontà di porre termine alla relazione con il YYY.

Sebbene, per l’assenza di un vincolo matrimoniale, non sussistesse un rigido dovere di fedeltà, la XXX avrebbe dovuto previamente mettere al corrente il compagno della volontà di porre fine alla relazione, volontà che è stata però manifestata appena due giorni dopo la donazione, con una condotta che denota la mancanza di rispetto della dignità del donante.

A poco rilevava che non fosse stato formalmente cacciato di casa ma solo invitato a prendersi il tempo che voleva per trovare una diversa sistemazione, ma era comunque una condotta che faceva seguito alla comunicazione della volontà di cessazione della relazione.

La circostanza che la casa fosse stata ab origine acquistata per ospitare un progetto di vita condiviso faceva poi sì che la presenza nell’appartamento del nuovo compagno della XXX, dopo appena un mese dall’interruzione della relazione, costituisse un’offesa al decoro del donante.

Se, come sembrava sostenere la convenuta, la relazione non era consolidata e seria, allora non si giustificherebbe la pretesa di configurare la donazione quale atto di assolvimento di un dovere morale, e ciò anche alla luce del mutato costume sociale che non consente di ritenere che a seguito di una consapevole relazione intrapresa da una donna adulta debba ravvisarsi a carico del compagno un dovere di riconoscenza.

A ciò infine andava aggiunto che la convenuta a distanza di poco tempo si era fatta fotografare da una rivista a diffusione nazionale con il nuovo compagno, rilasciando dichiarazioni di dubbio gusto circa il maggiore appagamento tratto dal nuovo rapporto.

Una volta quindi ravvisata l’ingiuria grave, anche il secondo motivo di appello era accolto, e ciò in quanto emergeva la prova che il YYY avesse acquistato con denaro proprio tutto il mobilio presente nella casa.

Però, una volta esclusa la configurazione di una donazione di modico valore ex art. 783 c.c., la tesi sostenuta dalla convenuta circa il fatto che i beni fossero stati oggetto di una liberalità d’uso ex art. 770 c.c. non era stata adeguatamente dimostrata, in quanto non risultavano provati la posizione economica del YYY, il rapporto tra tale posizione e la pretesa elargizione liberale, le condizioni sociali dell’attore nonché la natura e la valenza economica dei servizi resi dalla convenuta con riferimento al valore dei beni oggetto di liberalità.

Peraltro, i doveri di natura morale e sociale scaturenti anche dal rapporto di convivenza risultavano essere stati assolti dal YYY, il quale aveva intestato alla ex compagna un conto corrente alimentato con denaro del solo appellante.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso XXX.

La ricorrente sosteneva che ai sensi della legge n. 76/2016 la convivenza presuppone che entrambe le persone siano libere da precedenti vincoli matrimoniali, così che, poiché il YYY era ancora coniugato, nella specie si era in presenza di un vincolo di carattere meramente preparatorio.

Si lamentava che nella fattispecie l’ingiuria grave sia stata ravvisata nella sola instaurazione di una nuova relazione da parte della XXX, trascurandosi che invece nella fattispecie tra le due parti in causa vi era una mera coabitazione.

Inoltre, la sentenza ha ritenuto che la donazione non si configurasse quale atto doveroso, trascurandosi che la stessa si poneva come una sorta di compenso per il fatto che la coabitazione si fosse protratta sebbene il YYY non si fosse mai liberato dal precedente vincolo matrimoniale.

L’assenza di una valida convivenza non consentiva, quindi, di attribuire il valore di ingiuria grave alla relazione della ricorrente, il che inficia l’intero impianto argomentativo della decisione gravata.

In primo luogo va evidenziato che, essendo cessata la relazione di fatto tra le parti nel marzo del 2016, a distanza di pochi giorni dalla donazione, risulta inapplicabile ratione temporis la disciplina di cui alla legge n. 76/2016, di tal che, ai fini di valutare la stabilità della relazione paraconiugale esistente tra le parti non appare possibile prendere a riferimento i criteri e i principi dettati dalla norma sopravvenuta, occorrendo invece guardare alla sola situazione di fatto quale delineatasi nel corso della pluriennale relazione intervenuta tra le parti.

La stabilità della convivenza, attuata non già per assicurare la mera coabitazione, ma in vista del consolidarsi di una stabile relazione affettiva e sentimentale, costituisce un apprezzamento di fatto operato dal giudice di appello con motivazione logica e coerente, e peraltro supportato anche dalla stessa prospettazione difensiva della ricorrente che, non negando la convivenza ed il sentimento di affetto che univa le parti, nella parte introduttiva del ricorso si limita ad addebitare all’ex compagno la scelta di non liberarsi dal precedente vincolo coniugale, senza però negare che, nonostante tale circostanza, la relazione fosse continuata in maniera stabile e fino alla data cui risale l’atto di donazione.

L’accertamento del rapporto di convivenza di fatto intervenuto tra le parti costituisce, quindi, una valutazione operata dal giudice di merito con motivazione logica e coerente, e la stessa, sebbene non corredata dai doveri ed obblighi tipici del vincolo matrimoniale, pone in ogni caso degli obblighi morali e sociali, la cui violazione, ove intervenuta con modalità tali da ledere gravemente la dignità del compagno, ben può configurare l’ingiuria grave richiesta dall’art. 801 c.c.

I doveri di solidarietà reciproca che scaturiscono dalla convivenza di fatto, sebbene connotati da una non coercibilità e da una minore vincolatività, si impongono e soprattutto non escludono che la condotta del convivente possa risultare compromissoria della dignità morale del convivente.

In questo senso, ed in relazione ai rapporti tra coniugi, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, mediante il comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, aperta ai mutamenti dei costumi sociali, dovrebbero invece improntarne l’atteggiamento.

Peraltro, in presenza di tali presupposti, resta indifferente la legittimità del comportamento del donatario (Cass. n. 20722 del 13/08/2018; Cass. n. 7487/2011).

E’ stata, quindi, ravvisata l’ingratitudine non nella relazione extraconiugale in sé intrattenuta dal coniuge donatario, bensì nella circostanza che tale relazione era stata ostentata, anche fra le mura della casa coniugale, in presenza di una pluralità di estranei e, talvolta, anche del marito (così Cass. n. 22013 del 31/10/2016; Cass. n. 14093/2008, che ha fatto leva sulle modalità oggettivamente irriguardose nei confronti del coniuge della relazione extraconiugale intrattenuta dal donatario, sfociata nell’abbandono della famiglia nonostante la presenza di figli; Cass. n. 20031987).

Rapportando tali principi alla fattispecie in esame, ancorché l‘assenza di un vincolo matrimoniale attenui il dovere di fedeltà tra conviventi, ed anche a voler reputare lecita la condotta del convivente che decida di intraprendere una nuova relazione, la liceità di tale condotta non esime però dal dovere compiere una valutazione complessiva del comportamento tenuto onde apprezzare le modalità con le quali tale nuova relazione sia stata poi portata alla luce, considerando altresì anche le ulteriori condotte dalle quali possa ricavarsi un contegno irriguardoso nei confronti del donante, in avversione al sentimento di rispetto che deve invece connotare i rapporti tra donante e donatario.

La Corte d’appello ha riformato la decisione di primo grado, imputando al Tribunale l’errore di avere valutato in maniera parcellizzata la condotta della convenuta, e procedendo correttamente ad una valutazione unitaria della sua condotta, onde verificarne l’idoneità a pregiudicare la dignità dell’attore.

Non si è quindi soffermata sulla sola liceità o meno della relazione successivamente intrapresa dalla convenuta, ma al fine di riscontrare una condotta successiva alla donazione idonea a concretare la grave ingiuria richiesta dall’art. 801 c.c., ha valorizzato la relazione intrapresa, sottolineando come la lesione della dignità del donante scaturiva dal fatto che la stessa, sebbene anteriore alla donazione, gli era stata taciuta e, sebbene il motivo della donazione fosse quello di rassicurare la XXX circa la solidità del rapporto affettivo che avrebbe accomunato le parti, che a distanza di pochi giorni la XXX (che aveva nella sostanza sollecitato la donazione, pur avendo già instaurato la relazione con un terzo) aveva troncato il rapporto di convivenza, invitando in pratica il YYY a trovare una nuova abitazione, salvo poi, a distanza di poco più di un mese rendere manifesta la nuova relazione, coabitando con il nuovo compagno proprio in quella casa, che nell’intento originario del controricorrente era destinata ad essere l’ambiente nel quale coltivare il progetto di vita comune dei conviventi.

Non è quindi la nuova relazione in sé ad essere stata reputata offensiva della dignità del YYY, ma le modalità con le quali la stessa è stata resa palese, sebbene già intrapresa in epoca anteriore alla donazione, ed essendo stata poi esternata con modalità evidentemente irriguardose nei confronti dell’ex compagno.

Né può sostenersi, come pur trapela dalla lettura del ricorso, che le condotte della XXX possano essere giustificate dal fatto che il YYY non abbia mai reciso il pregresso vincolo matrimoniale, in quanto, come sottolineato dalla Corte distrettuale, il progetto di vita comune intrapreso tra le parti era frutto, dal lato della ricorrente, di una scelta operata da un soggetto adulto che consapevolmente aveva inteso instaurare una convivenza con l’attore, accettando quindi la condizione di quest’ultimo, non potendo quindi essere così legittimata una condotta obiettivamente irriguardosa, a maggior ragione una volta che la convenuta era stata beneficiata con la donazione oggetto di causa.

Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Ordinanza, 16 dicembre 2024 n. 32682

 

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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