REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CROTONE
Sezione Civile
Il Tribunale di Crotone, sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del
Giudice Dr.ssa, ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 726/2020 pubblicata il 01/09/2020
nella causa iscritta al n. del R.G.A.C. dell’anno 2015, trattenuta in decisione all’udienza dell’8 gennaio 2020, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c., vertente
TRA
XXX S.R.L. (P.IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv., ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.;
OPPONENTE
E
YYY (C.F.), titolare della ditta ZZZ DI YYY, rappresentata e difesa dall’Avv., ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in;
OPPOSTA
Oggetto: opposizione al decreto ingiuntivo n. /2015 dell’11/09/2015.
Conclusioni: come in atti.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la XXX S.r.l. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. /2015 depositato in data 11/09/2015 provvisoriamente esecutivo, con il quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore della ditta ZZZ di YYY, della somma di € 14.400,00 oltre interessi legali e spese della procedura di ingiunzione, sulla base di due assegni bancari dell’importo rispettivamente di € 6.400,00 ed € 8.000,00. A sostegno dell’azione, l’opponente ha eccepito in via preliminare l’intervenuta prescrizione dell’azione cartolare; ha altresì dedotto, quanto all’obbligazione sottesa ai titoli di credito azionati, che il credito derivava dall’esecuzione da parte dell’opposta di lavori di adeguamento dell’impianto elettrico e di impianti tecnologici in favore dell’opponente, per i quali la stessa opposta aveva emesso la fattura n. 11 del 21/06/2011 dell’importo di € 14.400,00, recante la dicitura “pagamento come concordato scadenze 30/09/2011 euro 6.400,00 e 31/10/2011 euro 8.000,00”; che le scadenze e gli importi corrispondevano perfettamente a quelli degli assegni, i quali venivano emessi proprio a fronte della predetta fattura; che, difatti, tra le parti non era intercorso alcun altro rapporto obbligatorio; che la fattura era stata in ogni caso interamente saldata a mezzo bonifico bancario, con conseguente estinzione del rapporto obbligatorio; che l’opposta, nonostante l’avvenuto pagamento, non aveva provveduto a restituire gli assegni, poi azionati con ricorso per decreto ingiuntivo; che, ancora, il rapporto obbligatorio di cui alla citata fattura era stato oggetto di altro giudizio instaurato dinanzi all’intestato Tribunale, conclusosi con sentenza n. 940/2013 (passata in giudicato), la quale ne accertava l’avvenuta estinzione. Ha chiesto pertanto in via preliminare volersi sospendere ex art. 649 c.p.c. la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto; nel merito, accogliere l’opposizione e revocare il decreto ingiuntivo n. /2015.
YYY, titolare della ditta ZZZ, ha resistito alla domanda, deducendo che gli assegni emessi dall’opponente afferivano alla parte di credito residuo ancora in essere tra le parti in forza dei rapporti commerciali intercorsi; che, essendo il ricorso monitorio fondato su assegni bancari, nessun rapporto sottostante doveva essere provato da essa opposta; che nessun pregio avevano le eccezioni dell’opponente in merito alla pretesa estinzione del rapporto obbligatorio; che l’opponente è debitrice della somma ingiunta, avendo autorizzato a trattenere gli assegni in garanzia per tale residuo importo e non avendo mai richiesto la restituzione degli stessi.
Con ordinanza del 16/03/2016 resa dal precedente giudicante, è stata sospesa la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto. Successivamente, all’udienza dell’8 gennaio 2020, la causa è stata trattenuta per la decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.
Preliminarmente si rileva che a fondamento del ricorso monitorio l’opposta ha dedotto l’avvenuta emissione dell’assegno n. di € 8.000,00, con scadenza 31/10/2011 e dell’assegno n. di € 6.400,00, con scadenza 30/09/2011, allegando che l’opponente non aveva provveduto al pagamento dei suddetti titoli alla scadenza.
Ciò posto, devono essere in primo luogo disattese le eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità della domanda avanzate dall’opponente e fondate sulla prescrizione dell’azione cartolate, in quanto come noto l’assegno bancario nei rapporti diretti tra traente e prenditore, anche se privo di valore cartolare, deve essere considerato come una promessa di pagamento; ne deriva, secondo la disciplina dell’art. 1988 c.c., una presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto sottostante, salva la prova da parte dell’emittente – che può desumersi da qualsiasi elemento ritualmente acquisito al processo, da chiunque fornito – dell’inesistenza, invalidità ed estinzione di tate rapporto (Cass. n. 2816/2006; n. 8712/1998).
La Suprema Corte ha altresì precisato che nella richiesta di decreto ingiuntivo fondata su titolo di credito scaduto è implicita la proposizione anche dell’azione causale, derivante dal rapporto sottostante, mediante l’utilizzazione del titolo quale promessa di pagamento ex art. 1988 c.c. (Cass. n. 22898/2005; n. 126/1977). Ne consegue che nel giudizio di opposizione avverso il decreto spetta all’opponente fornire la prova contraria alla presunzione di esistenza del rapporto fondamentale, fissata in favore del creditore dall’articolo citato (Cass. n. 26/2017).
Tanto chiarito, all’esito dell’istruttoria può considerarsi raggiunta la prova che il credito azionato trae origine dal rapporto obbligatorio intercorso tra le parti relativo all’esecuzione di lavori di adeguamento dell’impianto elettrico e impianti tecnologici eseguiti dall’opposta, di cui alla fattura n. 11 del 21/06/2011, nella quale è indicato che l’importo di € 14.400,00 dovuto per i citati lavori doveva essere corrisposto dall’opponente in due scadenze (€ 6.400,00 al 30/09/2011 e 8.000,00 al 31/10/2011); scadenze e importi che corrispondono a quelli degli assegni azionati, i quali pertanto possono ricondursi in via presuntiva alla citata obbligazione. L’opponente ha dato prova che tale credito è stato già oggetto di un precedente giudizio tra le medesime parti (essendo stata la predetta fattura posta a fondamento di un precedente decreto ingiuntivo, poi opposto), conclusosi con sentenza n. /2013 emessa dall’intestato Tribunale, con la quale il decreto ingiuntivo veniva revocato. Per contro, non risulta dagli atti del giudizio ritualmente acquisiti che tra le parti siano intercorsi altri rapporti obbligatori cui poter ricondurre gli assegni posti a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo oggetto dell’odierna opposizione. Sul punto, non può essere utilizzato il prospetto prodotto dall’opposta, consistente in una elencazioni di lavori per un importo totale di € 42.000,00, trattandosi di documentazione prodotta oltre i termini perentori di cui all’art. 183, comma sesto, c.p.c., dunque tardivamente, che non reca peraltro alcuna data e che non risulta essersi formata in un momento successivo al maturarsi delle preclusioni istruttorie.
Per tutto quanto sopra esposto, il decreto ingiuntivo deve essere revocato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, ai sensi del DM 55/2014, come modificato dal DM 37/2018. P.Q.M.
Il Tribunale di Crotone, definitivamente pronunciando, rigettata ogni diversa istanza, deduzione, eccezione, così provvede:
– revoca il decreto ingiuntivo n. /2015 dell’11/09/2015;
– condanna l’opposta al pagamento in favore dell’opponente delle spese processuali, che liquida in € 152,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, C.P.A. e I.VA., come per legge.
Crotone, 01/09/2020
Il Giudice
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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