LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Richiesta risarcimento danni da responsabilità medica

Il Giudice, in assenza di evidenze a supporto della domanda attorea e sulla scorta delle risultanze della CTU, ha rigettato la richiesta di risarcimento danni avanzata da un paziente nei confronti di una struttura sanitaria per una presunta errata esecuzione di una terapia riabilitativa. Il Giudice ha inoltre statuito che, in caso di CTU disposta dal giudice, le spese della stessa possono essere compensate tra le parti anche in caso di soccombenza totale di una di esse.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 aprile 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N.R.G.

21557/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO

DI MILANO Sezione Prima Civile nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._3223_2025_- N._R.G._00021557_2021 DEL_16_04_2025 PUBBLICATA_IL_16_04_2025

Nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 21557/2021 promossa da:

(C.F. ), con il patrocinio dell’Avv. NOME COGNOME (C.F. ) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del proprio difensore, sito in Milano in INDIRIZZO

ATTORE contro (P.I. ), con il patrocinio dell’Avv. NOME COGNOME (C.F. ) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del proprio difensore, sito in Milano in INDIRIZZO

CONVENUTA C.F. C.F. C.F.

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da atti depositati telematicamente in vista dell’udienza di precisazione delle conclusioni dell’ 11.02.2024.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 28 aprile 2021, il sig. convenuto in giudizio la società formulando le seguenti conclusioni:

“In INDIRIZZO

• Accertato e dichiarato il nesso causale tra la condotta tenuta dalla ed il danno diagnosticato al ginocchio destro del sig. • Accertata e dichiarata la omessa assistenza da parte dei professionisti incaricati della nella esecuzione degli esercizi previsti nel programma riabilitativo da parte dell’attore ex art. 1228 c.c.;

• Accertato e dichiarato che a seguito delle cure di riabilitazione eseguite presso la il Sig. ha subito danni fisici cosi quantificati:

Invalidità permanente 15% – Invalidità temporanea pari a 90 giorni dal 20 aprile 2019.

• Conseguentemente accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale della struttura ex art. 1218

c.c., per omessa assistenza nella esecuzione degli esercizi previsti nel programma riabilitativo eseguito dal sig. e per imperizia e/o negligenza dei propri addetti;

• Condannare la società – P. Iva – in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non, subiti e subendi dal sig. cosi come specificati nel presente atto, e comunque in base alle tabelle in uso presso il Tribunale di Milano ed allo stato identificati in € 76.151,00 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda sino al saldo, ovvero alla somma maggiore o minore che il Giudice vorrà determinare secondo giustizia.

Con riserva di dedurre, precisare le conclusioni, integrazioni istruttorie nei termini di cui all’art. 183 sesto comma c.p.c. In ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari oltre 15% spese generali”.

La società si è costituita nel giudizio con comparsa di costituzione e risposta datata 29 luglio 2021, formulando le seguenti conclusioni:

“Nel merito in via preliminare:

accertare la nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio in quanto avvenuta per conto di soggetto estraneo alla causa e nei confronti del quale non sussiste alcuna legittimazione passiva dell’odierna convenuta, con ogni conseguenza di legge;

in via principale, letti gli atti e visti i documenti prodotti, accertare e dichiarare l’infondatezza delle domande attrici e, per l’effetto, rigettarle con ogni statuizione di legge;

in via subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento anche parziale della domanda attorea, ridurre la domanda nei limiti di quanto allegato, provato e accertato in corso di causa.

In via istruttoria In considerazione della carente produzione documentale di parte attrice, si chiede che venga ordinato a parte attrice ovvero, in subordine, alle strutture mediche presso cui sono stati eseguiti i tre interventi, il deposito dell’intera documentazione strumentale relativa ai 3 interventi subiti;

ovvero ancora che sia concessa facoltà agli eventuali, nominandi, consulenti del Giudice, di accedere alle strutture ospedaliere per acquisire la documentazione necessaria ad una corretta valutazione del caso.

Si chiede venga disposta CTU medico legale – ortopedica volta ad accertare il nesso di causalità tra le lesioni denunciate da parte attrice e l’attività di recupero muscolare svolta, con macchina isocinetica munita di dispositivo Johnson presso la società nonché, in caso di accertamento positivo, il reale ammontare delle lesioni permanenti e non, subite da parte attrice, a seguito dell’attività svolta presso ovviamente avendo preliminarmente accertato e valutato lo stato di salute precedente di parte attrice e quali gli esiti attesi dopo i 3 interventi cui parte attrice si è sottoposta prima di recarsi da Infine si chiede, in considerazione della notorietà del Prof. che il medico legale e/o quantomeno lo specialista in ortopedia vengano scelti tra appartenenti all’Albo di altra Regione o almeno di altro Distretto. Con riserva di ulteriormente dedurre e produrre anche all’esito dell’attività difensiva avversaria.

In ogni caso Spese diritti ed onorari di causa rifusi.

”.

Con provvedimento datato 22 giugno 2021, il Giudice ha fissato l’udienza di comparizione delle parti per il giorno 29 settembre 2021, con termine per note di trattazione scritta;

a tale udienza, il G.I. ha assegnato alle parti i termini ex art. 183, VI comma c.p.c. Depositate le relative memorie, alla successiva udienza del 19 gennaio 2022, il Giudice ha disposto l’ammissione di parte dei capitoli di prova formulati da parte attrice e ha fissato l’escussione della teste e del teste per la successiva udienza del 15 giugno 2022.

Espletate le prove orali, alla successiva udienza del 5 ottobre 2022, il Magistrato ha disposto C.T.U. sul funzionamento della macchina RAGIONE_SOCIALE in uso presso il centro e, a tal fine, ha nominato quale perito il dott. assegnando i relativi termini per l’esecuzione della perizia.

In data 8 febbraio 2023, il Giudice ha dunque formulato il quesito per il Consulente d’Ufficio, il quale, dopo lo scambio delle osservazioni di parte sulla bozza elaborata, ha depositato la propria relazione peritale in data 13 luglio 2023 ed è successivamente comparso all’udienza del successivo 8 novembre 2023 per rendere le proprie precisazioni.

All’esito di tale udienza, il G.I. ha rinviato la causa al successivo 14 febbraio 2024 per il giuramento dei Consulenti Tecnici d’Ufficio medico-legali dott. e dott. Tali Consulenti, dopo il deposito della bozza peritale e lo scambio delle osservazioni dei periti di parte, hanno rassegnato la propria relazione peritale in data 7 novembre 2024.

Alle successive udienze del 20 novembre 2024 e dell’11 dicembre 2024 le parti hanno rappresentato al Magistrato la pendenza di trattative per una risoluzione transattiva della vertenza ma, non essendo stato raggiunto un accordo, esse hanno successivamente precisato le proprie conclusioni in vista dell’udienza dell’11 febbraio 2025, all’esito della quale il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, ha trattenuto la causa in decisione, assegnando alle parti i termini massimi ex art. 190 c.p.c. (vigente ratione temporis) per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Osserva questo Giudice che le conclusioni tratte dai consulenti tecnici d’ufficio, dott. dott. (specialista in medicina legale), e dott. (specialista di branca in Ortopedia e Traumatologia), alla luce delle due relazioni peritali espletate nel presente giudizio, nonché delle relative successive integrazioni, appaiono fondate sugli elementi istruttori ritualmente acquisiti e motivate in modo chiaro e persuasivo, secondo logica e con dovizia di riferimenti alla letteratura scientifica. Pare opportuno a tal proposito premettere che “la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito.

Questi può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche” (così ex multis, Cass. 6155/2009).

Inoltre, con particolare riferimento alle ipotesi di “di accertamento della responsabilità medico-chirurgica, attesa l’innegabilità delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie non solo alla comprensione dei fatti, ma alla loro stessa rilevabilità, la consulenza tecnica presenta carattere “percipiente”, sicché il giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi, ponendosi pertanto la consulenza, in relazione a tale aspetto, come fonte oggettiva di prova” (Cass. 4792/2013). Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, anche di recente ribadito, la consulenza tecnica d’ufficio è infatti un atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. “deducente”) ovvero, in determinati casi (come appunto in ambito di responsabilità sanitaria), è essa stessa fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. “percipiente”), in quanto costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente. (cfr. da ultimo, Cass. Civ. 24/06/2020 n. 12387).

Quanto, infine, alla natura dei poteri dei CTU, va segnalato il recente arresto delle Sezioni Unite, che, nella sent. n. 3086/2022 dell’1.02.2022, hanno sancito che il Consulente Tecnico d’Ufficio è un ausiliario del Giudice che gode di un’investitura pubblicistica nel nuovo Codice di rito (a dispetto di quanto accadeva nel Codice del 1865) e dunque le indagini che il Consulente deve espletare ex art. 194 c.p.c. sono le stesse che compirebbe il Giudice se fosse dotato delle necessarie cognizioni tecniche.

Si deve quindi oggi ritenere definitivamente superato l’opposto orientamento, formatosi a seguito della sentenza n. 31886/2019, che riteneva applicabili al CTU le preclusioni previste per le parti.

Le Sezioni Unite giungono a tale conclusione valorizzando la circostanza che i poteri del CTU nello svolgimento del suo incarico derivano direttamente dal Giudice che lo ha nominato e, dunque, sono esercitabili, sotto il profilo istruttorio, negli stessi limiti in cui sarebbero esercitabili dal Giudice.

Pertanto, per il Consulente Tecnico d’Ufficio non operano le preclusioni che operano per le parti poiché il perito, godendo dei medesimi poteri di accertamento del Giudice, analogamente a quest’ultimo può procedere d’ufficio anche nel caso in cui le parti siano incorse nelle preclusioni (in tal senso, si vedano l’art. 118 c.p.c., l’art. 213 c.p.c. e l’art. 2711 c.c.).

Di conseguenza, così come il Giudice non subisce alcuna preclusione ben potendo esercitare poteri istruttori d’ufficio (ex art. 183 c. 8 c.p.c.), “anche il consulente potrà procedere, nei limiti visti, a quegli approfondimenti istruttori che, prescindendo da ogni iniziativa di parte, nel segno caratterizzante della indispensabilità, appaiono necessari al fine di rispondere ai quesiti oggetto dell’interrogazione giudiziale”.

Ciò posto, dall’elaborato tecnico redatto dal dott. il cui contenuto, noto alle parti, qui si richiama integralmente, si evincono le seguenti considerazioni.

Innanzitutto, il Consulente, dopo aver spiegato la nozione di “riabilitazione isocinetica” ed illustrato le due tipologie di attrezzature isocinetiche utilizzate in ambito sportivo e riabilitativo (cfr. pp. da 3 a 12 c.t.u., nonché p. ), ha proceduto a rispondere ai quesiti formulati dal Giudice, affermando in primo luogo che nelle attrezzature isocinetiche “non avviene una regolazione da parte dell’operatore sul carico”, ma “avviene una autoregolazione dello stesso al quale la macchina si oppone con una resistenza (in tempo utile) pari e contraria” (p. 8 c.t.u.).

Sulla scorta dei grafici tratti dallo storico del macchinario esaminato, il perito ha poi avuto modo di accertare quali siano stati i risultati raggiunti dall’attore nelle quattro serie di esercizi eseguiti nella seduta fisioterapica del 11.04.2019 (cfr. pp. 12 3 13 c.t.u.), e nelle quattro serie effettuate nelle successive sedute di fisioterapia del 13.04.2019 (cfr. p. 13 c.t.u.), del 16.04.2019 (cfr. p. 14 c.t.u.), del 18.04.2019 (cfr. p. 14 c.t.u.).

Per quanto invece riguarda la relazione medico-legale redatta dai dottori si osserva quanto segue.

I consulenti, dopo aver ricostruito la vicenda clinica che ha interessato l’attore (cfr. p. da 2 a 8 c.t.u.; nonché da p. 12 a p. 14 c.t.u.), hanno in primo luogo affermato, anche sulla scorta dell’analisi della relazione tecnica redatta dal dott. che “non sono stati riscontarti difetti di funzionamento del macchinario specifico e che le sedute erano indicate secondo le modalità riportate nelle prescrizioni (per quanto ovviamente valutabile a posteriori, non potendosi praticamente dimostrare né che il terapista ha realmente seguito il programma, né che il si sia attenuto alle norme e ai consigli dei terapisti.

” (p. 11 c.t.u.).

Ciò posto, il Collegio peritale, con più precipuo riferimento agli aspetti prettamente sanitari dei fatti che costituiscono il presupposto della presente controversia, ha innanzitutto segnalato che “per la buona riuscita di un intervento chirurgico di ricostruzione del legamento crociato anteriore due sono gli elementi fondamentali:

1. Nell’effettuare l’intervento chirurgico è l’operatore che sceglie i “punti” di binserzione del legamento crociato inserito nel ginocchio.

Lo fa attraverso due fori, femorale e tibiale, che possono essere effettuati con diverse tecniche, ma che devono essere scelti in modo che la inserzione tibiale e quella femorale del neolegamento siano corrette, al fine di garantire che il lavoro del legamento, ai diversi gradi di flessione del ginocchio, sia tale da garantire l’efficacia della tenuta in tutte le fasi e ad evitare conflitti ossei che ne usurerebbero la struttura.

Di ciò se ne discuterà successivamente.

2.

Il trattamento rieducativo post-chirurgica è fondamentale, sia per evitare sollecitazioni troppo precoci sulle strutture ricostruite (che devono riacquistare la tenuta sull’osso e la rivitalizzazione lungo tutto il neo-legamento) sia per consentire un recupero muscolare ottimale, che sarà di supporto alla tenuta del neolegamento e indispensabile per limitare i rischi di ri-rottura.

” (pp. 14 e 15 c.t.u.).

Con più specifico rifermento a tale ultimo fattore, i periti hanno specificato che “Il trattamento rieducativo deve in primo luogo tenere conto del tipo di “materiale” utilizzato per la ricostruzione”, in quanto “L’autograft (tendine del paziente) presenta numerosi vantaggi rispetto all’allograft (tendine da cadavere):

maggior stabilità articolare;

minor tasso di ri-rottura (15 volte inferiore);

velocità di attecchimento più rapida” (p. 15 c.t.u.).

In particolare, “Il periodo di vulnerabilità meccanica peggiore, secondo gli studi, è a partire dal terzo mese dalla ricostruzione fino al quinto, a causa di interazioni indotte dal sistema immunitario, per poi riprendere forza nella successiva fase.

Questi dati giustificano l’importanza del rispetto dei tempi di recupero per il ritorno allo sport, che secondo diversi studi dipende solo dal tempo intercorso dalla ricostruzione (l’85% degli studi presenti in letteratura utilizzano come unico criterio singolare il tempo), ma secondo altri deve considerare anche un’analisi della forza e test di performance.

” (pp.

15 e 16 c.t.u.).

Ciò posto, tuttavia, “Nonostante sia uno degli argomenti più discussi in letteratura non ci sono ancora ad oggi delle linee guida di trattamento e gestione best practice nella rieducazione delle ricostruzioni di LCA.

Non esiste in particolare un protocollo riabilitativo validato standard, ma una riabilitazione basata attraverso la programmazione di fasi e il raggiungimento di obiettivi intermedi è considerata essere la migliore strategie di gestione.

” (p. 16 c.t.u.).

Con maggiore riferimento al caso di specie, i periti hanno avuto modo di verificare che agli “Atti non risulta alcuna visita di controllo, il Dott. non ne riporta fino a quasi un anno dopo.

L’unica informazione è contenuta nella certificazione di visita fisiatrica del 2.4.2019, dove, oltre a descrivere una situazione clinica tutt’altro che ottimale, la specialista riporta che il paziente si è autogestito la rieducazione facendo esercizi con pesi da un kilo (carico ridicolo per un post-operatorio ad un anno).

” (p. 18 c.t.u.).

Conseguentemente, “a distanza di quasi un anno, quando il a marzo 2019 si rivolgeva prima al Dott. poi al fisiatra e poi al Centro RAGIONE_SOCIALE, l’esito della procedura era tutt’altro che ottimale.

Il paziente non aveva per nulla recuperato la muscolatura, come del resto documentato dalle ripetute annotazioni di marcata ipotrofia del quadricipite, non aveva ripreso, come egli stesso ha affermato, alcuna attività fisica, aveva anche perduto il posto di lavoro avendo superato il periodo di comporto (che è di sei mesi:

in esito ad una ricostruzione legamentosa di LCA ben riuscita la ripresa di un lavoro come il magazziniere è solitamente possibile dopo 2 massimo 3 mesi).

” (p. 18 c.t.u.).

Pertanto, “Il Dott. consigliava, per recuperare il trofismo e la forza del quadricipite che non era stata recuperata nell’anno appena trascorso, un trattamento rieducativo che comprendeva esercizi in isocinetica”:

“si tratta di compiere un movimento, quello fisiologico del ginocchio in questo caso (flesso-estensione), con una sollecitazione che è uniforme durante tutto l’arco di movimento”, a differenza di quanto avviene normalmente, dove lo sforzo “è più rilevante all’inizio, poi diviene minore, mentre con il macchinario di isocinetica esso rimane invariato, ed è “deciso” dal soggetto, che gradatamente dovrebbe aumentare i carichi e quindi lo sforzo (se non lo fa il recupero sarà parziale).

” (p. 19 c.t.u.).

Come chiaramente emerge anche dalla relazione tecnica effettuata dal C.T.U dott. “Il macchinario ha funzionamento autonomo, quindi, l’assistenza del terapista è necessaria in fase di istruzione, ma una volta verificato che il soggetto ha compreso l’esercizio (peraltro molto facile da comprendere), poi il soggetto è in grado di esercitarsi da solo ed il terapista si limita a controllare le performance.

Come presumibilmente avvenuto nel caso di specie, visto che il riferisce che il terapista gli aveva consigliato di aumentare i carichi (evidentemente ritenendo che il soggetto non stesse sfruttando la sua muscolatura con uno sforzo massimale).

” (p. 19 c.t.u.).

Dopo le prime tre sedute di isocinetica presso il Centro RAGIONE_SOCIALE decorse senza problematiche, alla quarta, in data 19.4.2019, si verificò il problema che ha dato seguito alla presente controversia.

Per poter meglio comprendere cosa potesse essere successo presso la struttura convenuta, i dottori hanno proceduto a riesaminare (congiuntamente ai CTP) le RMN cui il paziente si è sottoposto il 7.5.2019 e successivamente il 13.11.2019.

Dall’analisi di tale documentazione clinica emerge che “in entrambe il neolegamento non appare interrotto, ma con un certo grado di elongazione (dimostrato da curvatura del legamento crociato posteriore) e quindi logicamente di minore tenuta:

non si è quindi “rotto”, ma ha in parte ceduto.

Questo anche in accordo con la clinica attuale, rilevata alle operazioni peritali, che vede un certo grado di lassità anteriore accennata ma in assenza di una franca instabilità articolare.

Questa elongazione, in entrambe le RMN, compresa quella effettuata a breve distanza dal fatto contestato, non ha le caratteristiche di un fatto “acuto” (come dovrebbe essere in caso di cedimento per evento traumatico).

” (p. 20 c.t.u.).

Ciò posto, il Collegio peritale ha concluso la propria relazione tecnica nel senso di ritenere che “Il tutto porta quindi ad escludere, in via di assai elevata probabilità, che il 19.4.2019 sia avvenuta, a causa dello sforzo o del movimento incongruo riportato, un qualche fatto lesivo sul legamento stesso.

Si è certamente verificata una flogosi del ginocchio (sinovite), dimostrata dal versamento e dalla successiva necessità di artrocentesi.

Si tratta di un fatto intercorrente, irrilevante sulla tenuta del neolegamento, probabilmente da riferire al fatto che il paziente sollecitava l’articolazione, finalmente dopo un anno nel quale, per sua stessa dichiarazione, non la aveva mai sollecitata (derivandone il significativo deficit muscolare che ora si andava a cercare di emendare).

” (p. 20 c.t.u.).

Inoltre, i periti hanno altresì accertato che “E’ possibile che, nella mancata ripresa funzionale corretta (documentata inequivocabilmente dalla sussistenza di problematiche a distanza di un anno dalla ricostruzione), oltre al trattamento rieducativo non effettuato correttamente, possa avere inciso, come evidenziato dai consulenti della parte convenuta, anche una posizione di impianto del neolegamento non corretta” (p. 20 c.t.u.),“in quanto troppo posteriore, così da determina una verticalizzazione del neolegamento che ne altera la biomeccanica. ” (p. 22 c.t.u.).

Conseguentemente, “L’inserzione tibiale del neolegamento appare infatti posteriore rispetto all’atteso essendo praticamente alla metà del piatto tibiale (proiezione sagittale).

Ne risulta un legamento verticale che, giocoforza, non ha potuto avere un normale funzionamento.

” (p. 20 c.t.u.).

In ogni caso, “Si tratta comunque un “difetto” che non pregiudicava la stabilità articolare né limitava la mobilità (ved.

visita precedente il trattamento rieducativo del Dott. e della fisiatra Dott.ssa , e che non può essere considerata giustificativa del mancato trattamento rieducativo nell’anno precedente.

” (p. 22 c.t.u.).

Pertanto, deve concludersi che “l’ “elongazione” descritta alla RMN è riferibile a più fattori quali la posizione non corretta del neolegamento, ed al persistente deficit funzionale del quadricipite, mai recuperato.

Non pare per contro riferibile ad un fatto acuto traumatico.

Tra l’altro, considerando che al momento dell’esercizio incriminato era trascorso un anno dall’impianto, con un legamento normoteso e ben funzionante in ogni caso nessun esercizio, anche con resistenza massimale, avrebbe potuto ledere un legamento riscostruito e rieducato correttamente, visto che da almeno sei mesi esso doveva avere una resistenza massimale.

” (p. 20 c.t.u.).

Alla luce di quanto esposto e dall’analisi degli accertamenti peritali presenti in atti, si deve dunque ritenere, come de resto accertato anche dalla c.t.u. medico-legale, che “l’elongazione (cedimento parziale) del neolegamento ricostruito non sia da riferire a responsabilità dell’odierno convenuto, poiché l’esercizio rieducativo proposto e attuato era assolutamente congruo al tipo di intervento e soprattutto al tempo trascorso dallo stesso.

Pertanto, le problematiche evidenziate dalle RMN successive non sono attribuibili ad esso.

” (p. 21 c.t.u.).

Appaiono quindi prive di pregio le osservazioni poste dai consulenti di parte attrice, a cui peraltro i CTU hanno risposto in maniera esaustiva (cfr. pp. 23 e 24 c.t.u.).

Ciò posto, stante la ricostruzione della vicenda così come fin qui delineata, deve ritenersi che, tramite le risultanze della consulenza medico-legale richiesta quale mezzo di prova dalle parti, non sia riuscito ad assolvere l’onere probatorio, sullo stesso gravante, circa l’esistenza del nesso di causa fra le scelte diagnostiche e terapeutiche praticate dai sanitari e i danni non patrimoniali e asseritamente subiti nella prospettazione di parte attrice.

Per quanto riguarda le spese di CTU, occorre dare atto delle ultime statuizioni della giurisprudenza di legittimità sul punto.

In particolare, la Suprema Corte ha di recente affermato che “La consulenza tecnica d’ufficio è un atto compiuto nell’interesse generale di giustizia e, dunque, nell’interesse comune delle parti, trattandosi di un ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno e non di un mezzo di prova in senso proprio;

le relative spese rientrano pertanto tra i costi processuali suscettibili di regolamento ex artt. 91 e 92 c.p.c., sicché possono essere compensate anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa, senza violare in tal modo il divieto di condanna di quest’ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica una condanna, ma solo l’esclusione del rimborso.

” (Cass. civ., Sez. 1, Sentenza n. 11068 del 10/06/2020).

Conseguentemente, questo Giudice ritiene di porre le spese della consulenza tecnica, nella misura già liquidata nel corso del presente giudizio, definitivamente a carico di entrambe le parti in misura paritaria, vista la rilevantissima complessità fattuale della vicenda clinica oggetto della presente controversia.

Per le medesime ragioni, considerato che l’episodio di cedimento parziale del neolegamento ricostruito si è verificato in occasione dell’ultimo trattamento presso la convenuta, creando ex ante un’apparenza di possibile nesso causale, peraltro risultata non fondata all’esito della complessa istruttoria, si ritiene di compensare le spese di lite.

La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege.

– Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede:

– rigetta tutte le domande di nei confronti di – rigetta le altre domande, eccezioni ed istanze proposte dalle parti;

– pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio eseguita nel presente procedimento definitivamente a carico di entrambe in misura, nella misura già liquidata nel corso di causa;

– compensa le spese di lite;

– dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.

Così deciso in Milano, in data 16 aprile 2025 Il Giudice NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati