REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Sez. XVII civile in persona del giudice unico
ha emesso la seguente
SENTENZA n. 16755/2018 pubblicata il 01/09/2018
nella causa civile di 1° grado iscritta al N. del ruolo contenzioso generale dell’anno 2014, trattenuta in decisione all’udienza del 7.02.18 sulle conclusioni precisate dalle parti come in atti e posta in deliberazione alla scadenza dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
tra
XXX, CF,
rappresentato e difeso dall’avv., elett. dom.to presso lo studio in Roma,
ATTORE e
YYY, CF, rappresentato e difeso dall’avv., elett. dom.to presso lo studio in Roma,
ZZZ, CF, rappresentato e difeso dall’avv. , elett. dom.to presso lo studio in Roma,
JJJ, CF, rappresentato e difeso dall’avv. , elett. dom.to presso lo studio in Roma,
CONVENUTI
OGGETTO: promessa di pagamento conclusioni per parte attrice:
“Piaccia al Tribunale adito, previa ogni più utile declaratoria e rigettata ogni contraria istanza ed eccezione:
1) in via principale, accertare e dichiarare l’inefficacia e/o nullità del riconoscimento di debito sottoscritto dall’attore in data 25 maggio 2011 per i motivi di cui in parte espositiva e, di conseguenza, accertare e dichiarare che nulla è dovuto dall’attore ai convenuti ZZZ e YYY e che, pertanto, il pagamento della somma di € 10.000,00 eseguito dall’attore in data 28 luglio 2011 costituisce indebito oggettivo condannando i predetti convenuti, in solido, alla restituzione della predetta somma maggiorata degli interessi dalla data del pagamento al soddisfo ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2033 c.c.;
2) in via subordinata, nella denegata ipotesi il Tribunale ritenesse la validità del predetto riconoscimento e del sottostante rapporto fondamentale costituito dal prezzo dissimulato di vendita e previ accertamento dell’esistenza dei gravi difetti e vizi denunciati dall’attore e quantificazione dei relativi danni, condannare ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2495 c.c. il Sig. JJJ, quale liquidatore della società venditrice *** Srl ora cancellata ed estinta, al risarcimento degli stessi che si quantificano per le causali di cui in parte espositiva in complessivi € 105.446,40 oltre rivalutazione ed interessi come per legge;
3) in ogni caso, rigettare la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto YYY e, nella denegata ipotesi di suo accoglimento, ridurre la sorte a € 95.000,00.
Con vittoria di spese di lite.
conclusioni per il convenuto YYY:
Piaccia al Tribunale Ill.mo, contrariis reiectis:
Nel merito
a) Rigettare tutte le domande attrici in quanto infondate in fatto ed in diritto.
In via riconvenzionale
b) Accertata e dichiarate l’efficacia della scrittura di riconoscimento di debito del 25.05.2011, condannare il notaio XXX al pagamento di € 100.000,00 nei confronti del dr. Antonino YYY, oltre interessi al tasso Euribor 1 mese + spread dell’1% (uno per cento) al 25 maggio 2011 pari a: 1,227% (Euribor 1 mese) + 1% (spread) = 2,227%), per il periodo che va dal giorno della scadenza delle singole rate sino al giorno dell’avvenuto effettivo pagamento.
Con vittoria, di spese e compenso, al netto di rimborso forfettario al 15% ex art. 13, co. 10, L. 247/2012 e art. 2 co. 2 DM Giustizia 10.3.2014, C.A. ed I.V.A. conclusioni per il convenuto ZZZ:
come da comparsa di costituzione e risposta, da intendersi qui integralmente trascritte e riportate, insistendo per il rigetto della domanda attorea e la condanna di controparte al pagamento degli onorari e spese processuali da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario. conclusioni per il convenuto JJJ:
come da comparsa di costituzione e risposta, insistendo, all’uopo, affinché l’Ecc.mo tribunale adito voglia rigettare la domanda proposta dall’attore e condannare quest’ultimo al pagamento degli onorari e spese di giudizio da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
La domanda proposta in via principale dal notaio XXX ha per oggetto l’accertamento dell’inefficacia o nullità della promessa di pagamento sottoscritta dall’attore in data 25 maggio 2011 per il complessivo importo di € 200.000 in favore dei convenuti YYY e ZZZ e la condanna dei medesimi alla restituzione della somma di € 10.000,00 corrisposta dal dott. XXX in esecuzione della stessa.
La domanda subordinata, proposta nei confronti del solo convenuto JJJ, ha per oggetto il risarcimento dei danni subìti per i vizi e difetti riscontrati nell’immobile oggetto del preliminare di vendita concluso nella stessa data del 25 maggio 2011 e del successivo atto di acquisto del 22 agosto 2011 fra il dott. XXX, in veste di acquirente, ed il JJJ in veste di legale rappresentante della società venditrice *** s.r.l., società controllata da *** s.r.l., di cui erano soci gli altri convenuti YYY e ZZZ.
I convenuti si sono costituiti resistendo alle domande di parte attrice; il convenuto YYY ha inoltre proposto domanda riconvenzionale per l’adempimento della promessa di pagamento per la quota di suo interesse, quantificata in € 100.000,00.
La causa è stata istruita con la documentazione prodotta dalle parti. Il giudice ha disatteso le richieste istruttorie formulate da parte attrice e dal convenuto JJJ sullo stato dell’immobile al momento della conclusione dell’atto di acquisto e dal convenuto YYY sulle circostanze della promessa rilasciata dal dott. XXX.
In corso di causa il convenuto YYY ha proposto due successive istanze ex art. 186 ter c.p.c., la prima rigettata con ordinanza del 4.11.15, sulla base del difetto di attuale esigibilità del credito (essendo prevista nella scrittura la facoltà del promittente di dilazionare il pagamento sino al 30.06.16), la seconda dichiarata improcedibile con ordinanza del 1.12.16, non avendo l’instante provveduto all’instaurazione del contraddittorio.
_________________________
Di seguito l’esposizione dei fatti di parte attrice, per quanto rileva ai fini della decisione.
Con contratto in data 22 agosto 2011 il notaio XXX acquistò dalla *** s.r.l.
l’immobile sito in Roma, Viale *** 15, scala A, piano 5 int. 12 con lastrico sovrastante, cantina, garage e locale deposito al prezzo di € 1.800.000,00.
Nel corso delle trattative l’attore ebbe come interlocutori esclusivi il sig. ZZZ e il sig. YYY, soci della *** srl, società che controllava il 95% del capitale della *** srl.
Solo al momento della sottoscrizione del rogito intervenne (comunque alla loro presenza) il legale rappresentante della società venditrice, il sig. JJJ, che non aveva svolto alcun ruolo nelle relazioni sino ad allora intrattenute dall’attore.
I sigg. ZZZ e YYY richiesero all’attore, quale condizione per concludere la trattativa, il pagamento dell’importo di € 200.000,00. Poiché l’attore non disponeva di questa ulteriore somma e non intendeva sottoscrivere cambiali, i Sigg. ZZZ e YYY gli richiesero di sottoscrivere contestualmente al preliminare di acquisto (25 maggio 2011) un riconoscimento di debito non titolato in cui era previsto il pagamento ripartito in quattro rate uguali di € 50.000,00 ciascuna, scadenti, rispettivamente, il 1° luglio 2013, 1° luglio 2014, 1° gennaio 2015 e 30 giugno 2015.
Nelle more della stipula del rogito i convenuti ZZZ e YYY richiesero all’attore un anticipo di € 10.000,00 sulla rata scadente il 1° luglio 2013 che egli accettò di pagare.
Il contratto di acquisto prevedeva all’art. 1 che l’appartamento veniva venduto “allo stato grezzo, completamente privo di impianti e totalmente da ristrutturare e completare al fine di renderlo agibile ed abitabile”.
In realtà l’appartamento era già stato oggetto di lavori di risanamento da parte della *** Srl e doveva essere ristrutturato dall’attore al fine di renderlo compatibile con le proprie esigenze abitative, con una diversa sistemazione degli spazi interni come da progetto presentato alle competenti autorità amministrative anche per godere dei benefici del “Piano Casa” della Regione Lazio. Precisamente era privo dei collegamenti esterni degli impianti che però erano già stati realizzati dalla *** Srl quanto alle parti sottotraccia. Invece il lastrico sovrastante, il terrazzo, gli infissi e le finestre, il rivestimento dei bagni erano già stati completati dalla *** srl.
Successivamente all’acquisto, il notaio XXX cominciò i lavori di sistemazione dell’immobile, incontrando numerosi problemi e disagi dovuti ai vizi riscontrati nei lavori già eseguiti dalla ***.
La *** srl è stata posta in liquidazione e cancellata dal Registro delle Imprese in data 19.2.2013, chiudendo la liquidazione con un patrimonio netto negativo pari a € 13.905,00.
Con lettera in data 23.4.2013 l’attore ha denunciato i gravi vizi e difetti riscontrati nel corso dei lavori che quantificava in via approssimativa (dovendo ancora completare all’epoca i lavori di ripristino) in € 150.000,00. I lavori, ritardati dai sopravvenuti problemi causati dai difetti originari che man mano emergevano, sono terminati nell’estate del 2013 con l’ultimazione del rifacimento del lastrico solare.
In diritto l’attore, premesso che il riconoscimento di debito non costituisce un’autonoma fonte di obbligazione, avendo il solo effetto di sollevare il promissario dall’onere di provare il rapporto fondamentale, e che è privo di effetti ove si dimostri che il rapporto non si sia instaurato o sia sorto invalidamente, sostiene:
-che la scrittura sarebbe collegata alla vendita dell’immobile di Viale ***, perché rilasciata lo stesso giorno del contratto preliminare e perché sino ad allora alcun rapporto era intercorso con i sig.ri ZZZ e YYY;
-che dovrebbe essere esclusa la gratuità della causa e, trattandosi di importi rilevanti, un’ipotetica donazione avrebbe dovuto rivestire la forma dell’atto pubblico;
-che, ove si tratti di negozio a titolo oneroso, il rapporto sottostante il riconoscimento di debito sarebbe riconducibile o ad una provvigione per la mediazione effettuata od ad una parte del prezzo di compravendita non dichiarato;
-che nel primo caso, non essendo i sig.ri ZZZ e YYY mediatori riconosciuti, il contratto di mediazione sarebbe nullo;
-che la simulazione del prezzo non può essere provata testi né per presunzioni né si può considerare prova scritta della simulazione la promessa di pagamento, poiché questa non evidenzia nel suo testo alcun collegamento con la vendita;
-che pertanto l’obbligazione al pagamento in favore dei sigg. ZZZ e YYY di un ulteriore importo a titolo di integrazione del prezzo di vendita sarebbe nulla;
-che comunque i sig.ri ZZZ e YYY, essendo terzi rispetto alla *** srl, difetterebbero di legittimazione attiva a richiedere il pagamento del prezzo di vendita dissimulato;
-che neanche si potrebbe invocare una cessione parziale del credito del prezzo di vendita da *** srl ai sigg. ZZZ e YYY, non essendo stata notificata né accettata dall’attore.
In tal modo l’attore sostiene dimostrata la nullità di ogni possibile rapporto sottostante alla promessa e che fosse eventualmente onere dei convenuti allegare e provare l’esistenza di un rapporto diverso. Ne desume la nullità ed inefficacia della promessa di pagamento ed il carattere indebito del pagamento di € 10.000 eseguito in esecuzione della stessa.
Sostiene a fondamento della domanda subordinata ed a spiegazione della sua subordinazione alla domanda principale che nell’ipotesi di infondatezza della domanda principale si dovrebbe concludere che il JJJ si sarebbe reso responsabile della distrazione dalle casse della società della quota di prezzo attribuita ai convenuti, e quindi sarebbe responsabile personalmente ex art. 2495 c.c. della assenza di tale posta attiva nel bilancio finale di liquidazione, che avrebbe determinato un attivo, e quindi dell’impossibilità di esigere nei confronti della società il credito risarcitorio conseguente ai vizi dell’immobile venduto; sicché nell’ipotesi di accoglimento della domanda principale non avrebbe titolo a proporre la domanda subordinata, pur avente un diverso oggetto, nei confronti del convenuto JJJ.
I convenuti eccepiscono il mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sull’attore ex art. 1988 c.c.
Il solo convenuto YYY aderisce alla prospettazione di parte attrice secondo cui la promessa di pagamento è collegata alla vendita dell’immobile ma aggiunge che la scrittura di riconoscimento di debito è stata redatta dallo stesso notaio XXX e che è stato l’attore, non disponendo dell’intero importo concordato, a proporre il pagamento dilazionato, da eseguirsi però in favore dei sigg. YYY e ZZZ, effettivi beneficiari della vendita in virtù della loro partecipazione alla società controllante, ciò sia al fine di conseguire un risparmio sull’imposta ipotecaria sia al fine di restare estraneo alla prossima liquidazione della società venditrice, di cui era stato messo a conoscenza.
Il convenuto JJJ contesta di avere consentito alla presunta simulazione del prezzo e di essere stato a conoscenza della promessa di pagamento. Contesta la compatibilità della domanda subordinata proposta nei suoi confronti con lo stato dell’immobile accertato nel contratto di vendita e con le sue pattuizioni. A questo riguardo rileva che nell’atto pubblico di compravendita, le parti hanno dichiarato “…*** S.R.L. … vende con tutti i suoi accessori e pertinenze, al signor XXX, che accetta ed acquista, il seguente compendio immobiliare – attualmente allo stato grezzo, completamente privo di impianti e totalmente da ristrutturare e completare al fine di renderlo agibile ed abitabile … Le parti si danno reciprocamente atto che le porzioni immobiliari in oggetto necessitano di lavori di ristrutturazione al fine di renderle agibili ed abitabili e che le stesse vengono vendute nel loro attuale stato, allo stato grezzo, completamente prive di impianti, essendo a carico della parte acquirente – per patto espresso – la ristrutturazione ed ultimazione delle porzioni immobiliari in oggetto, avendo di ciò tenuto conto le parti nella determinazione del corrispettivo”.
Come è noto, la ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha solo effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando, ex art. 1988 c.c., un’astrazione meramente processuale della causa debendi, da cui deriva una semplice relevatio ab onere probandi che dispensa il destinatario della dichiarazione dall’onere di provare quel rapporto, che si presume fino a prova contraria; grava pertanto sul promittente l’onere di provare che il rapporto suddetto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento ad esso attinente che possa comunque incidere sull’obbligazione derivante dal riconoscimento.
L’attore nel presente giudizio ha ritenuto di formulare un numero chiuso di ipotesi, fra loro alternative, sull’individuazione del rapporto fondamentale, e di argomentare con riferimento a ciascuna di esse l’inesistenza della propria obbligazione, assumendo aprioristicamente, ma in modo del tutto infondato, che nessuna altra ipotesi sia ammissibile.
Invece l’assolvimento dell’onere posto a suo carico presuppone logicamente la previa individuazione del rapporto fondamentale da parte del promittente (salvo l’ipotesi di simulazione assoluta della promessa nella quale il promittente potrà limitarsi, nel rispetto dei limiti posti dalla disciplina legale della prova, a provare la simulazione), essendo evidente che di tale rapporto il promittente è parte e deve necessariamente essere a conoscenza.
Sicché l’eccezione, formulata in particolare da parte del convenuto ZZZ, della possibile esistenza di altre causali non può essere considerata generica o indeterminata, essendo semplicemente rivolta a richiamare la distribuzione legale dell’onere probatorio, e si deve ritenere fondata.
Va comunque considerato che il collegamento fra la dichiarazione promissoria e la compravendita dell’immobile è stato ammesso dal convenuto YYY, ed è compatibile con la contemporaneità fra tale dichiarazione ed il contratto preliminare e con la circostanza, documentata e pacifica, che i destinatari della promessa di pagamento erano soci della società *** s.r.l., controllante *** s.r.l.
In sostanza l’importo della promessa di pagamento corrisponderebbe ad una maggiorazione del prezzo di vendita rispetto a quello indicato in contratto, che però il XXX si sarebbe impegnato a versare ai sigg. ZZZ e YYY quali titolari effettivi della società, e ricorrerebbe un’ipotesi di simulazione del prezzo di vendita con contestuale attribuzione della maggiorazione a dei terzi formalmente estranei al contratto; oppure i convenuti avrebbero semplicemente condizionato il loro consenso all’operazione di vendita al versamento di un corrispettivo nei loro confronti, avvalendosi del loro potere di controllo della società.
L’onere della prova sulla sussistenza dell’una o dell’altra ipotesi, se rilevante ai fini dell’invalidità dell’obbligazione di pagamento graverebbe in ogni caso sull’attore, il quale non può invocare a proprio favore, come invece ha fatto, la disciplina limitativa della prova della simulazione, essendo il soggetto che ne ipotizza l’esistenza.
Decisivo in ogni caso è il rilievo che tali ipotesi non evidenziano, sotto il profilo sostanziale, alcuna possibile ragione di invalidità del rapporto sottostante. Nessuna ragione di invalidità emergerebbe in particolare dai possibili riflessi negativi di tali operazioni sul patrimonio della società, poiché per costante giurisprudenza nell’’ordinamento vigente non esiste alcuna norma che sancisca in via generale la nullità del contratto in frode dei terzi, i quali sono tutelati soltanto in particolari situazioni con l’azione di nullità o con altre azioni specificamente previste (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8600 del 29/05/2003; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6239 del 24/10/1983; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3905 del 16/06/1981; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 240 del 18/01/1977), oltre che, naturalmente, con l’azione di responsabilità in caso di violazione di specifici obblighi contrattuali o ex art. 2043 c.c.; allo stesso modo, nell’ipotesi che il pagamento separato di una parte del prezzo fosse stato determinato da ragioni fiscali, si deve tenere presente che la c.d. frode al fisco, diretta ad eludere le norme fiscali che colpiscono i trasferimenti trova soltanto nel sistema di tali norme la sua sanzione, che non è sanzione di nullità od annullabilità del negozio (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9447 del 20/04/2007 Sez. 3, Sentenza n. 935 del 09/05/1967). Nemmeno sussisterebbero limiti all’operatività della cessione del credito, non essendo questa soggetta a limiti di forma e potendo evidentemente la promessa di pagamento valere come accettazione della cessione.
Pare appena il caso di aggiungere che l’ipotesi che la promessa di pagamento abbia per oggetto un compenso provvigionale richiesto dai sigg. ZZZ e YYY è rimasta del tutto sfornita di prova.
Per queste ragioni le domande proposte in via principale da parte attrice sono infondate e devono essere rigettate.
La domanda subordinata, come già osservato, presuppone l’imputabilità al sig. JJJ, liquidatore della società, dell’impossibilità di esigere nei confronti della società in liquidazione il credito originato dai vizi dell’immobile acquistato. A ben vedere però tale responsabilità non si riferirebbe all’attività compita dal JJJ quale liquidatore ma alla sua precedente attività di amministratore, svolta in concomitanza con la vendita dell’immobile ed il rilascio della promessa di pagamento da parte del notaio XXX. La domanda così proposta è comunque infondata sotto diversi profili.
Sotto un primo profilo si deve rilevare l’assenza di prova del depauperamento del patrimonio sociale e della sua imputabilità al convenuto JJJ, non essendo stata fornita alcuna prova né della imputabilità dell’importo della promessa di pagamento ad una quota del prezzo di vendita dell’immobile né del personale coinvolgimento, nell’operazione posta in essere dai sigg. ZZZ e YYY col notaio XXX, del JJJ, il quale ha contestato anche solo di esserne stato a conoscenza.
Sotto un secondo profilo si deve rilevare come l’attore non abbia invocato la garanzia per vizi dovuta dal venditore ma la responsabilità di *** s.r.l. ex art. 1669 c.c., la quale si dovrebbe ricollegare ai lavori dalla stessa eseguiti sull’immobile.
Come è noto l’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 cod. civ. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e conseguentemente nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (come il progettista ed il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17874 del 23/07/2013; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3406 del 16/02/2006; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13158 del 10/09/2002).
Tale domanda è proponibile anche nei confronti del venditore che sia anche costruttore. Essa presuppone in tale ipotesi che il venditore abbia fatto eseguire sull’immobile successivamente alienato opere di ristrutturazione edilizia ovvero interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti (Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 18891 del 28/07/2017) e l’esistenza di un suo effettivo potere direttivo e di controllo sull’appaltatore (Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 27250 del 16/11/2017).
Viene comunque in rilievo, trattandosi di un rapporto fra contraenti diretti, anche la disciplina contrattuale richiamata dal convenuto JJJ.
Infatti nell’atto pubblico di compravendita, le parti hanno dichiarato “…*** S.R.L. … vende con tutti i suoi accessori e pertinenze, al signor XXX, che accetta ed acquista, il seguente compendio immobiliare – attualmente allo stato grezzo, completamente privo di impianti e totalmente da ristrutturare e completare al fine di renderlo agibile ed abitabile … Le parti si danno reciprocamente atto che le porzioni immobiliari in oggetto necessitano di lavori di ristrutturazione al fine di renderle agibili ed abitabili e che le stesse vengono vendute nel loro attuale stato, allo stato grezzo, completamente prive di impianti, essendo a carico della parte acquirente – per patto espresso – la ristrutturazione ed ultimazione delle porzioni immobiliari in oggetto, avendo di ciò tenuto conto le parti nella determinazione del corrispettivo”.
Secondo quanto sostenuto da parte attrice lo stato grezzo dichiarato in atti si riferirebbe solo al mancato completamento delle rifiniture, ma tale interpretazione si pone in evidente contrasto col significato proprio delle espressioni contenute nel contratto, sia nella parte in cui descrivono lo stato dell’immobile sia nella parte in cui pongono a carico dell’acquirente l’onere di procedere ad una radicale “ristrutturazione ed ultimazione” dell’unità immobiliare, escludendo in radice la rilevanza di qualsiasi interesse dell’acquirente al recupero di eventuali precedenti lavori. A questo proposito assumono particolare rilievo – nel senso di escludere un così evidente contrasto fra l’espressione letterale e l’effettiva volontà delle parti – sia il fatto che la volontà dei contraenti sia consacrata in un atto pubblico sia la specifica qualificazione professionale dell’attore, il quale come notaio è sicuramente attento al senso delle espressioni adoperate negli atti.
Tali dichiarazioni dunque sia per il loro valore ricognitivo e confessorio, sia per il loro valore più specificamente negoziale, risultano incompatibili anche con la garanzia ex art. 1669 c.c., anche in relazione alla effettiva natura e gravità dei vizi lamentati dall’attore, i quali avrebbero determinato la sostituzione del parquet, il rifacimento degli impianti fognario e termico, il risanamento degli infissi esterni, la sostituzione delle soglie, il risanamento della muratura del vano ascensore con relativo adeguamento normativo dello sbarco al piano e all’interno dell’appartamento, il rifacimento della copertura del lastrico solare. Come si vede si tratta di vizi che almeno in gran parte si devono ritenere radicalmente estranei alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c., che non si riferisce esclusivamente a vizi influenti sulla staticità dell’edificio ma richiede comunque che essi incidano sulla struttura e funzionalità globale dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27315 del 17/11/2017; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20307 del 04/10/2011), ma che comunque risultano tutti irrilevanti di fronte all’espressa assunzione da parte dell’acquirente dell’onere di procedere ad una radicale ristrutturazione.
Per queste ragioni anche la domanda subordinata di parte attrice deve essere integralmente rigettata.
Deve essere accolta invece la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto YYY, la quale si fonda sulla medesima promessa di pagamento oggetto della domanda principale, avendo questa superato indenne le censure sollevate da parte attrice ed essendo evidentemente irrilevante l’assenza di un accertamento della effettiva causale dell’obbligazione.
L’attore ha eccepito la parziale estinzione dell’obbligazione per il pagamento di € 10.000,00 del 28.07.11, per il quale ha rilasciato quietanza lo ZZZ, che è documentato e pacifico e deve essere imputato, per espressa previsione negoziale, alla quota di entrambi i creditori (non rileva dunque se esso sia stato integralmente trattenuto dallo ZZZ).
Quindi deve essere detratta la quota del pagamento di € 10.000,00 riferibile alla quota del credito del YYY, da imputarsi alla prima rata in scadenza e quindi, presumendosi le quote paritarie, l’importo dovuto ammonta ad € 95.000,00, da maggiorare con gli interessi convenzionali previsti nella scrittura privata.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dell’attore.
P. Q. M.
il Giudice unico, definitivamente pronunciando, rigetta le domande di parte attrice;
in accoglimento parziale della domanda riconvenzionale proposta dal convenuto
YYY, condanna l’attore XXX al pagamento di € 95.000,00 nei confronti del convenuto YYY, oltre interessi al tasso convenzionale dalla scadenza delle singole rate al soddisfo; condanna l’attore XXX alla rifusione delle spese di lite nei confronti dei convenuti, che liquida come segue:
per YYY in € 13430,00, per ZZZ in € 13430,00, da distrarsi in favore dell’avv. Francesco Lilli, per JJJ in € 13430,00, da distrarsi in favore dell’avv. , oltre IVA, CPA, rimborso spese generali.
Roma, 31.08.18
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