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Riconoscimento della malattia professionale

La sentenza ribadisce il principio della responsabilità del datore di lavoro per la tutela della salute dei lavoratori, anche in caso di adeguamento successivo alle normative di sicurezza, qualora sussista un nesso causale tra attività lavorativa pregressa e patologia.

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RG nr. 668/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO

DI VENEZIA SEZIONE LAVORO Composta dai Signori Magistrati:

dott. NOME COGNOME Relatore dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._141_2025_- N._R.G._00000668_2021 DEL_07_03_2025 PUBBLICATA_IL_07_03_2025

Nella causa promossa in grado di appello con ricorso depositato in data 24/08/2021 rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto in Venezia INDIRIZZO Parte appellante contro – C.F. rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Mestre – Venezia INDIRIZZO Parte appellata Oggetto: appello avverso la sentenza n. 417/2021 resa dal Tribunale di Venezia in data 22.06.2021, non notificata In punto: indennità malattia professionale

CONCLUSIONI

Per parte appellante:

in totale riforma della sentenza impugnata:

– rigettare il ricorso proposto dal Sig. perché infondato in fatto e in diritto;

– conseguentemente riformare la sentenza impugnata anche in ordine alle spese e compensi del giudizio e condannare controparte a restituire all’ quanto già incassato per prestazioni previdenziali e per competenze legali in esecuzione dell’appellata za.

In INDIRIZZO parte appellata: voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita rigettare integralmente l’appello proposto in quanto infondato per le ragioni espresse nella precedente parte espositiva, con conseguente conf della sentenza impugnata.

In via subordinata istruttoria:

si propongono tutte le istanze istruttorie già formulate in primo grado e si chiede che venga ordinato all’ sede di Venezia di produrre in giudizio la documentazione riferita alla m.p. numero NUMERO_DOCUMENTO d 6.2020 e di fornire l’elenco di tutte le malattie al rachide riconosciute agli autisti a partire dal 2021 in poi.

Con rifusione di spese, rimborso forfetario spese generali e compensi nali del presente grado di giudizio con distrazione in favore dei sottoscritti avvocati che hanno anticipato le prime e non riscosso i secondi.

motivazione 1. Con ricorso depositato presso questa Corte, l’ impugnava la sentenza con cui il Tribunale di Venezia accoglieva la domanda di accertamento della malattia professionale azionata da parte ricorrente, quale autista di autobus e tram alle dipendenze di dal 1988, il quale lamentava che la patologia denunciata (ernie discali lombari) fosse riconducibile all’attività lavorativa svolta.

Il giudice di primo grado nel corso del giudizio acquisiva documentazione riferita ad altre analoghe controversie e disponeva CTU medico legale, all’esito della quale accoglieva il ricorso del lavoratore.

In particolare, il giudice de quo condivideva le conclusioni del CTU secondo cui vi era prova dell’esistenza del nesso di causalità tra patologia denunciata – seppur, certamente, di carattere multifattoriale – ed attività lavorativa, rilevando che lo stesso CTU dava atto che vi era una sufficiente evidenza epidemiologica della sussistenza di un rischio specifico nell’esposizione professionale a vibrazioni, in connessione con la durata dell’esposizione stessa e con la postura assunta nell’espletamento dell’attività lavorativa. Ad avviso del giudice veneziano, le caratteristiche del percorso urbano e dei mezzi utilizzati dal lavoratore (alla luce dell’istruttoria espletata in altri giudizi simili) consentivano infatti di accertare la sussistenza del nesso causale tra la patologia del lavoratore e l’attività lavorativa svolta ed inoltre evidenziava come se per un verso i mezzi in uso presso potevano dirsi adeguati, a partire dal 2007, alla normativa in punto limitazione delle vibrazioni, tuttavia la patologia del , era comunque connessa al contesto lavorativo atteso che, come argomentato dallo stesso CTU, <>.

Pertanto, riconosceva la malattia professionale al ricorrente e condannava a corrispondergli un indennizzo rapportato alla misura dell’8%, con interessi legali;

poneva a carico di le spese di lite e di CTU.

2.

Avverso la suddetta sentenza proponeva appello con ricorso depositato in data 24/8/2021 sulla base di due motivi di appello.

2.1.

Con il primo motivo contestava la sussistenza del nesso causale tra contesto lavorativo e patologia rilevando come lo stesso CTU avesse ammesso l’adeguatezza dei mezzi utilizzati dal a decorrere dall’anno 2007 e come, tuttavia, non vi fosse in atti la prova dell’inadeguatezza – in ragione della idoneità degli stessi a generare rilevanti vibrazioni – dei mezzi utilizzati dal medesimo lavoratore dall’anno di assunzione (1988) fino al 2007 invero confermando i DVR acquisiti da presso la fondatezza delle tesi dell’ parte appellante ha contestato la decisione di primo grado nella porzione in cui ha affermato la sussistenza del nesso causale e, soprattutto, nella parte in cui ha detto essere provato che l’appellato aveva utilizzato anche dopo l’anno 2000 automezzi tali da generare vibrazioni pericolose. 2.2.

Con il secondo motivo di appello sempre dubitata della sussistenza del nesso causale sotto il profilo della continuità fenomenica non avendo il CTU, a detta dell’appellante, chiarito come fosse possibile che, a fronte della cessazione del rischio lavorativo nell’anno 2007, la patologia sia stata per la prima volta riscontrata nell’anno 2015 e, quindi, 8 anni dopo ciò tenuto conto anche del fatto che <>.

3. Si costituiva il lavoratore chiedendo l’integrale conferma della sentenza di primo grado.

In primo luogo, richiamava giurisprudenza di merito nell’ambito di analoghi contenziosi evidenziando come i dati risultanti dai DVR aziendali di potevano essere ritenuti rilevanti ai fini del decidere, non consentendone una corretta ricostruzione della reale situazione espositiva del lavoratore relativa al periodo storico di cui è causa.

In particolare l’appellato contestava la valenza dimostrativa del DVR in quanto riportante dati circoscritti ad un determinato lasso temporale – senza quindi tenere conto delle pregresse esposizioni a rischio – e, in ogni caso, dati inesatti – come evidenziato in altri contenziosi – in merito ai tempi di guida (abbondantemente inferiori agli effettivi turni di lavoro).

Rileva inoltre come i dati riportati nel DVR dell’anno 2012 risultavano assunti/rilevati mediante analisi a campione effettuata prevalentemente su mezzi nuovi e, quindi, non su tutti i mezzi, anche quelli più datati, effettivamente utilizzati dagli autisti di (sui 12 mezzi campionati solo due risalgono a periodo anteriore alla metà degli anni ‘90).

Osservava inoltre come il CTU avesse evidenziato, alla luce delle valutazioni del CTP , come i mezzi condotti dal lavoratore erano ben più vetusti e in cattive condizioni rispetto a quelli utilizzati per i campionamenti di cui al DVR, circostanza confermata sia documentalmente che dai testi escussi, considerando che nel parco mezzi aziendale della erano presenti autobus immatricolati tra la metà degli anni ‘70 – ‘80.

Segnala anche come dalle prove testimoniali assunte in giudizi analoghi che l’orario di guida degli autisti era superiore di almeno due ore rispetto a quello indicato dall’azienda, sottolineando che gli autisti spesso guidano ininterrottamente per circa 6,5/7ore 4. La causa iscritta a ruolo in data 24/8/2021, dopo alcuni rinvii disposti per esigenze organizzative (decreti del 3/1/2023, 13/9/2023 e del 9/5/2024), è stata trattata, con anticipazione dell’udienza (decreto del 18/2/2025), nel corso dell’udienza del 6/3/2025 al cui esito è stata decisa. 5. L’appello è infondato e, come tale, deve essere rigettato.

6.

I due motivi di appello, in quanto strettamente connessi, entrambe diretti a genericamente contrastare l’affermazione di sussistenza del nesso causale tra contesto lavorativo e patologia, possono essere trattati congiuntamente.

6.1.

Occorre innanzitutto rilevare come questa Corte – di ciò avendo dato atto la stessa parte appellata che ha prodotto nel corso dell’udienza i relativi pronunciamenti – abbia in precedenti occasioni affrontato vicende in tutto e modalità della prestazione lavorativa sotto il profilo della tipologia dei mezzi in uso negli anni oggetto del presente giudizio e della pericolosità, in rapporto alla patologia normalmente accusata dagli autisti di , dei detti mezzi in quanto vetusti e non dotati delle accortezze adottate, come anche nella presente vertenza riconosciuto dal CTU, sui mezzi utilizzati successivamente all’anno 2007. Si richiama pertanto, proprio perché elaborata sulla base dell’analisi della medesima documentazione qui presente in atti, la pronuncia n. 506/2024 resa nell’ambito del giudizio RG nr 146/2021, qui in appresso riportata, per comodità di lettura, in stralcio.

<

Il giudice di prime cure, dando atto non essere contestate le mansioni, disposta CTU ed effettuata prova orale a conferma della tipologia di veicoli utilizzati dal , ha riconosciuto il diritto azionato La sentenza gravata quindi ha riconosciuto il diritto, pur vertendosi di patologia multifattoriale, nella cui evoluzione <> che <>.

L’appello è infondato e, come tale, deve essere rigettato.

6. Parte appellante contesta le conclusioni cui il giudice di prime cure è pervenuto in merito alla sussistenza di nesso causale tra mansioni lavorative – in particolare le modalità di svolgimento delle stesse – e patologia (questa pacificamente sussistente).

Dubita in particolare, su tale aspetto incentrandosi la critica alla sentenza gravata, che il abbia fatto uso, nello svolgimento delle proprie mansioni, dei mezzi (autobus) che sono notoriamente (non contestando le parti simile dato) in grado di generare quelle vibrazioni che, con il passare del tempo, sono idonee a provocare la patologia in effetti accusata dalla parte appellata.

Evidenzia infatti come dai DVR (anni 2006 e 2012) dell’azienda datrice di lavoro del e da altra documentazione sempre acquisita da presso la medesima azienda emerga un irrisorio indice di pericolosità con riferimento alla concreta patologia di cui il è affetto.

.

Questa Corte, come invero già deciso in precedenti, recenti, occasioni (sentenza n. 578/2023 in data 28/9/2023), non condivide le tesi di parte appellante.

Deve infatti essere ricordato come il testimone – – escusso dal Tribunale di Venezia abbia fatto presente come nell’anno 2000 non abbia affatto dismesso i veicoli più datati e, tra questi, i Fiat TARGA_VEICOLO, i RAGIONE_SOCIALE TARGA_VEICOLO, gli TARGA_VEICOLO prima serie e i avendo invece iniziato la loro lenta sostituzione con altri autobus.

Il Frate ha inoltre precisato come proprio il , al pari dello stesso teste, avesse fatto uso di simili mezzi.

Ora, del suddetto processo di avvicendamento degli autobus vi è conferma, a suffragio della piena attendibilità del teste (come la stessa sentenza gravata in effetti afferma), proprio negli stessi DVR menzionati dall’ Dalla lettura dei detti DVR si apprende come proprio negli anni di redazione degli stessi – qui interessa in particolar modo il DVR dell’anno 2006 in quanto di 4 anni soli antecedente all’insorgenza/diagnosi della patologia – aveva ancora in uso mezzi vetusti;

ed infatti scorrendo l’elenco dei mezzi analizzati per verificare l’indice di pericolosità della mansione da riportare nel DVR dell’anno 2006 è possibile osservare come dei 41 autobus sottoposti a verifica ve ne fossero almeno 10 che risultavano appartenere proprio alla categoria che potremmo definire “pericolosa”, trattandosi proprio della tipologia di mezzi che il CTU e quindi la sentenza gravata hanno indicato – senza essere contestati da alcuna nelle parti, neppure nel presente giudizio di appello – come in grado di genere vibrazioni e, quindi, patologie lombari. Quanto sopra quindi, non solo conferma quanto affermato dal teste circa la lenta dismissione da parte di dei veicoli in grado di generare la patologia accusata dal , ma anche mette in luce come simili mezzi fossero presenti presso in misura non limita (ve ne erano ancora nell’anno 2015).

Tale considerazione viene peraltro avvalorata del fatto, come messo in luce della stessa difesa della parte appellata, che circa il 50% del parco mezzi di era costituito, negli anni che qui interessano, da veicoli vetusti (allegazione che che ha avuto modo di valutare i medesimi documenti, non ha contrastato).

A tal riguardo, e così a conferma delle allegazioni del , è qui sufficiente richiamare l’elenco dei mezzi trasmesso da di cui al doc. 3 dimesso dalla parte appellata e, inoltre, l’elenco dei mezzi ancora in uso ad per come risultante dal DVR datato anno 2015;

elenco quest’ultimo che dà in effetti conto della presenza nel parco mezzi di di veicoli risalenti a periodo anteriore all’anno 2000.

considerazioni potrebbero essere svolte con riferimento al DVR dell’anno 2012 il quale, in ogni caso, contiene dati poco significativi – al pari dell’integrazione del 2015 – in quanto posteriore all’insorgenza della patologia del che, come è detto, è risalente – la diagnosi quantomeno – all’anno 2010.

Da quanto sopra non è quindi affatto possibile evincere una incongruenza tra la modalità della prestazione lavorativa (che ha visto l’utilizzo da parte del di autobus vetusti quantomeno fino all’anno 2012) e la diagnosi della patologia – ovviamente insorta prima – nel corso dell’anno 2010>>.

6.2.

Ora, alle suddette considerazioni ben possibile è fare rimando al fine della soluzione del caso in esame potendosi quindi pervenire ad affermare che fino al almeno l’anno 2007 e, a ben vedere, anche oltre, presso sono stati in uso mezzi vetusti (assieme a quelli più moderni aventi ammortizzazioni tali da limitare, di molto, le vibrazioni) privi di quelle caratteristiche idonee da limitarne la pericolosità in rapporto alla patologia accusata anche dal al pari di suoi colleghi.

6.3.

Quanto al profilo della continuità fenomenica, in relazione al quale si limita ad affermare non avere la pronuncia di primo grado ed il CTU fornito spiegazione, rileva il Collegio come il CTU abbia invero ben chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto rilevante l’esposizione a rischio fino all’anno 2007 a fronte di una patologia riscontrata 7/8 anni dopo.

Ed infatti, in ogni caso richiamato quanto sopra detto in ordine al momento in cui erano ancora in uso mezzi vetusti e, quindi, per così dire pericolosi (ben oltre l’anno 2007), il CTU ha rilevato come il abbia subito vibrazioni, certamente di rilievo, per 19 anni (quindi fino all’anno 2007) e come in seguito sia comunque stato sottoposto a vibrazioni che, seppur di minor rilevanza ed in linea con i limiti previsti dalla normativa di settore, hanno comunque agito su di un fisico in buona parte già lesionato e, quindi, predisposto alla contrazione definitiva della malattia. Il suddetto iter motivazionale, di cui il CTU ha chiaramente dato conto, non risulta, a ben vedere, aggredito dall’atto di appello.

L’appello non può pertanto essere accolto.

7.

Quanto, infine, alle spese di giudizio, le stesse seguono necessariamente la soccombenza e vanno liquidate in base al DM 55/2014 e successive modifiche, in considerazione del valore di causa (da indicato come ) con applicazione delle aliquote medie, tenuto conto che nel presente grado non si è reso necessario lo svolgimento di attività istruttoria.

La Corte, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, rigettata ogni diversa istanza, eccezione e domanda, così provvede:

rigetta l’appello;

condanna la parte appellante alla rifusione delle spese del grado in favore della parte appellata a tale titolo liquidando la complessiva somma di € 6.946,00 oltre a spese generali e accessori di legge (iva e cpa), con la distrazione in favore dei difensori.

Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del D.P.R. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.

Venezia, 6 marzo 2025.

Il Presidente NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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