R.G. N. 16/2023
REPUBBLICA ITALIANA
CORTE D’APPELLO DI VENEZIA – sezione lavoro –
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._84_2025_- N._R.G._00000016_2023 DEL_03_03_2025 PUBBLICATA_IL_05_03_2025
nella causa promossa con ricorso in appello [c.f. ] rappresentata e difesa nel presente procedimento d’appello dall’avv. NOME COGNOME [c.f. ], che ha indicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) ed il proprio numero di fax NUMERO_TELEFONO e digitalmente domiciliata presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) come da mandato in atti, nonché unitamente e disgiuntamente al primo difensore, dall’Avv. NOME COGNOMEc.f. ), con studio in Milano INDIRIZZO, pec: elettivamente domiciliato con la Sig.ra n Mestre (VE), INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME per procura alle liti del 29/01/2025 in atti Parte appellante contro C.F. per legge presso i propri uffici in Venezia, INDIRIZZO INDIRIZZO (PEC fini del processo telematico, Parte appellata nonché contro [c.f. , in persona del legale rappresentante pro tempore [c.f. ], in persona del legale rappresentante pro tempore Parti appellate OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 584/2022 del Tribunale di VENEZIA – sezione lavoro
IN PUNTO: disconoscimento di punteggio ex art. 7, p. 7.7, D.M. 640 del 30.8.2017
Conclusioni:
Per parte appellante:
“riformarsi integralmente la sentenza 21.10.2022 n. 584/2022 del Tribunale di Venezia – Sezione Lavoro – Giudice del Lavoro dott.ssa NOME COGNOME per tutti i motivi esposti e dedotti nel presente ricorso d’appello, e, per l’effetto, accogliersi il ricorso di primo grado e, dunque, accertarsi e/o dichiararsi il diritto della ricorrente, odierna appellante, alla piena valutazione, ad ogni effetto di legge, sia sotto il profilo giuridico che sotto il profilo economico, anche ai fini dell’attribuzione del relativo punteggio, del servizio prestato nel profilo di ‘Collaboratore Scolastico’ con contratti di lavoro a tempo determinato dal 13.10.2020 al 5.6.2021 e condannarsi il (già ), in persona del Ministro pro tempore, l , in persona del legale rappresentante pro tempore, e l’Istituto d’Istruzione Superiore ‘RAGIONE_SOCIALE – Liceo Artistico’ di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore a disporre l’integrale riconoscimento dei servizi di cui sopra, il tutto previo annullamento e/o disapplicazione della nota 6.10.2021 n. 17725 di prot. dell e del decreto 19.10.2021 n. 484 Reg. decreti del Dirigente Scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore RAGIONE_SOCIALE statuizione di legge. Spese, compensi professionali ex D.M. 13.8.2022 n. 147, rimborso forfetario spese generali (15%), CPA e IVA di entrambi i gradi del presente giudizio interamente rifusi, dei quali il sottoscritto procuratore della appellante chiede la distrazione in proprio favore, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., dichiarando di avere anticipato le spese e di non avere riscosso i compensi professionali.
” Per parte appellata:
“Rigettarsi l’appello proposto, siccome inammissibile ed infondato, per i motivi esposti.
Con rifusione dei compensi professionali.
” Svolgimento del processo 1. Con la sopra indicata sentenza il primo giudice ha rigettato le domande della lavoratrice, volte al riconoscimento del servizio prestato a tempo determinato dal 13.10.2020 al 05.06.2021.
Ha altresì condannato la lavoratrice alla rifusione delle spese di lite.
La sig.ra su sua domanda, era inserita nelle graduatorie di Istituto di terza fascia per il personale ATA quale Collaboratore Scolastico per il triennio 2017-2020.
Con detta qualifica prestava servizio presso l’I.I.S. “ – Liceo Artistico” di con contratti di lavoro a tempo determinato dal 13.10.2020 al 05.06.2021.
Con lettera del 10.06.2021, prot. n. 0010258, il Dirigente Scolastico contestava alla lavoratrice di avere dichiarato il conseguimento del diploma di maturità con votazione 48/60 anziché con votazione 38/60 (risultante dai Registri Ufficiali).
Conseguentemente, a seguito di procedimento disciplinare (nota n. 17725 del 06.10.2021 dell ), con decreto n. 484 del 19.10.2021 il Dirigente Scolastico disponeva la rideterminazione del punteggio di graduatoria riducendolo da 8 a 6,3 punti, non attribuendo alcun punteggio ex art. 7, p. 7.7, D.M. 640 del 30.8.2017 per il servizio svolto dal 13.10.2020 al 05.06.2021, considerato servizio svolto in via di fatto.
Pertanto la lavoratrice ha instaurato la presente causa.
Il primo giudice ha rigettato le domande della lavoratrice, così motivando:
“La ricorrente contesta il decreto del 19.10.2021 con il quale è stato rideterminato il suo punteggio nelle graduatorie d’istituto ATA per il triennio 2017-2019 e dichiarato come servizio di mero fatto quello da lei prestato presso il Liceo Artistico ‘INDIRIZZO Polo’ dal 13.10.2020 al 5.6.2021 (doc. 8 ric.).
– e ‘tempestivamente’, essendo peraltro insito nel sistema che la verifica possa anche essere successiva allo spirare dell’incarico conferito.
Infatti, è esplicitamente previsto che vi possa essere prestazione di servizio sulla base di dichiarazioni non veritiere, essendo per questo caso stabilito che ‘l’eventuale servizio prestato dall’aspirante in assenza del titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo e/o ai profili richiesti o sulla base di dichiarazioni mendaci, e assegnato nelle precedenti graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia, sarà, con apposito provvedimento emesso dal Dirigente scolastico già individuato al precedente comma 5,dichiarato come prestato di fatto e non di diritto, con la conseguenza che allo stesso non deve essere attribuito alcun punteggio. ’.
Nel caso di specie i controlli sono stati attivati nell’aprile 2021 (cfr. comunicazioni con la ricorrente per la verifica del diploma di maturità), dunque non ad eccessiva distanza dal momento di conferimento dell’incarico.
Né si può individuare un legittimo affidamento della ricorrente sulla validità ed intangibilità del punteggio attribuitole inizialmente nella graduatoria, considerato che il DM 640/17 prevedeva esplicitamente la doverosità di controlli sulle dichiarazioni.
La circostanza che il decreto contestato sia intervenuto quando la graduatoria non era più utilizzabile – perché terminato il quadriennio di riferimento – non implica che la disposizione di cui all’art. 7 del DM 640/17 non potesse più essere utilizzata, posto che i controlli per un verso servono per rideterminare il punteggio di inserimento in graduatoria ma, per altro verso, anche per valutare l’attribuibilità di punteggi ulteriori riferiti al servizio reso.
Infine, il decreto del 19.10.2021 risulta coerente con le prove acquisite dall’Istituto Marco Polo relativamente al punteggio assegnato alla ricorrente in sede di diploma di maturità, dovendo attribuirsi maggiore attendibilità alle indicazioni contenute nel registro degli esami piuttosto che alla mera copia depositata dalla ricorrente, priva di attestazioni di autenticità, pacifico che la ricorrente non possieda l’originale avendolo smarrito, come da denuncia presentata il 23.4.2021.
Infine, l’applicazione della conseguenza prevista dall’art. 7.7 del DM 640/17 – ovvero l’esclusione del punteggio riferito al servizio prestato – risulta corretta, a fronte della dichiarazione mendace della ricorrente contenuta nella domanda di inserimento in graduatoria, dovendo la nozione di ‘mendacio’ essere intesa in senso meramente oggettivo come ‘non conforme alla realtà’.
Non si tratta infatti di disporre a carico del lavoratore una sanzione – per la quale sì necessiterebbe l’elemento soggettivo del dolo o della colpa – bensì di ripristinare la legalità e non avvantaggiare chi non aveva titolo per l’inserimento in graduatoria ovvero aveva diritto ad un punteggio inferiore rispetto a coloro che hanno reso dichiarazioni corrette.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate secondo quanto dispone l’art. 152 bis c.p.c..
” (pagg. 4-5).
2.
Per la riforma della sentenza ha proposto appello la sig.ra ulla base di quattro motivi di appello.
2.1.
Con il primo motivo di appello la lavoratrice ha impugnato la sentenza per aver ritenuto che l’art. 7 D.M. 640/2017 non prevede precise tempistiche per i controlli e che comunque essi non sono avvenuti ad una eccessiva distanza temporale.
L’appellante lamenta che il primo giudice non ha considerato che i controlli sono stati effettuati soltanto nel 2021, quando le graduatorie avevano perso validità, essendo trascorso il.8.2017) nonché la convalida tacita/implicita/di fatto dei titoli o comunque una rinuncia di fatto ai controlli.
Precisa che il punteggio, eventualmente, avrebbe dovuto essere corretto per il futuro (ex nunc) nei limiti consentiti dall’art. 21-nonies L. 241/1990 e comunque senza le sanzioni e conseguenze previste dall’art. 7, p. 7.7, D.M. 640/2017.
2.2.
Con il secondo motivo di appello la lavoratrice ha impugnato la sentenza per non aver ritenuto applicabile il principio dell’affidamento.
L’appellante evidenzia che, al contrario di quanto sostenuto dal primo giudice, proprio “la doverosità di controlli” previsti dal D.M. 640/2017 ha ingenerato a distanza di quattro anni l’incolpevole legittimo affidamento della correttezza della domanda e delle dichiarazioni rese.
Richiama giurisprudenza amministrativa al riguardo.
2.3.
Con il terzo motivo di appello la lavoratrice ha impugnato la sentenza lamentando che il primo giudice non ha considerato che la copia del diploma di maturità era l’unico documento “ufficiale” in possesso della stessa e riporta la votazione (48/60) dichiarata nella domanda di inserimento in graduatoria.
2.4.
Con il quarto motivo di appello la lavoratrice ha impugnato la sentenza per aver ritenuto mendaci le dichiarazioni rese nella domanda di inserimento in graduatoria.
L’appellante evidenzia che, come espressamente previsto dalla modulistica ministeriale, le “dichiarazioni mendaci” di cui all’art. 7, p. 7.7, D.M. 640/2017 sono soggette alla disciplina prevista dal D.P.R. 445/2000 e in particolare dall’art. 76 dello stesso, che richiede l’elemento psicologico (dolo o colpa) ai fini delle sanzioni amministrative e penali.
Rileva che nel caso di specie la dichiarazione resa è oggettivamente inesatta (votazione di 48/60 anziché di 38/60) ma priva dell’elemento soggettivo, poiché formulata in assoluta e incolpevole buona fede a fronte di quanto riportato nel diploma di maturità.
Pertanto sostiene che i provvedimenti sanzionatori impugnati (nota 06.10.2021 dell e decreto 19.10.2021 del Dirigente Scolastico) devono essere dichiarati illegittimi e annullati, con contestuale accertamento del diritto della lavoratrice alla piena valutazione del servizio prestato dal 13.10.2020 al 05.06.2021.
3.
Si è costituito il contestando l’appello e al primo motivo di appello, il ne afferma l’infondatezza in quanto:
l’Amministrazione può effettuare controlli anche nel triennio successivo dopo una prima convalida dei dati, poiché il punteggio conseguito si riverbera in tutte le graduatorie successive;
è palese l’interesse pubblico a graduatorie corrette, prive di erroneo riconoscimento di titoli non valutabili;
i controlli sono stati effettuati nell’aprile 2021, anche a seguito di segnalazione della Procura della Repubblica, e quindi in costanza di validità delle graduatorie;
comunque l’asserito ritardo nei controlli non può avere la conseguenza di “abbonare” punteggi e titoli, beneficiando di dichiarazioni non veritiere;
non è applicabile l’art. 21-nonies L. 241/1990, invocato da controparte, atteso che in questa sede si tratta di un rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato.
Quanto al secondo motivo di appello, il ribadisce che non è applicabile il principio dell’affidamento in quanto:
la giurisprudenza richiamata ex adverso non riguarda il corretto esercizio del potere datoriale;
non è stato esibito alcun documento originale attestante la votazione di 48/60;
detto principio non rileva nel caso di specie poiché è prevalente e tutelato dall’art. 97 Cost. l’interesse dell’Amministrazione a costituire rapporti di lavoro sulla base dei titoli di cui il lavoratore sia effettivamente in possesso, come da giurisprudenza di legittimità richiamata (Cass. n. 13800/2017);
comunque la lavoratrice era consapevole delle disposizioni del bando di concorso e in particolare degli artt. 7.5, 7.6 e 7.7 D.M. 640/2017.
Quanto al terzo e al quarto motivo di appello, il ne afferma l’infondatezza evidenziando che la denuncia di smarrimento del diploma di maturità è successiva alla segnalazione della Procura della Repubblica e rilevando che:
detto diploma “non ammette equipollenti” ex art. art. 99
R.D. 653/1925 nonché art. 187 e art.199, comma 6, T.U. 297/1994 e dunque il titolo non può essere considerato tale sulla base di una mera copia;
le “dichiarazioni mendaci” di cui all’art. 7.7 D.M. 640/2017 devono essere intese come ogni tipo di dichiarazione non veritiera, in senso più ampio rispetto al D.P.R. 445/2000 e alla luce di quanto osservato da Cass. n. 13800/2017.
4. All’udienza del 13.2.2025
la causa è stata discussa e, all’esito della camera di consiglio, decisa come da dispositivo in atti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
ogni altra questione.
6. Risulta innanzitutto infondato il primo motivo di appello.
Il DM 640/2017 all’art. 7 prevede “4. Nei casi e con le modalità previste dagli artt. 71 e 72 del DPR 28.12.2000 n. 445 sono effettuati i relativi controlli in merito alle dichiarazioni degli aspiranti” e il successivo comma 5 prevede che, una volta assegnata la prima supplenza in applicazione di tale decreto, i controlli devono avvenire “tempestivamente”.
A sua volta, il DPR 445/2000 prevede, per quanto qui rileva, all’art. 71:
“ 1. Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47, anche successivamente all’erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni.
”.
Sicchè, la normativa richiamata non prevede un termine entro cui eseguire i controlli, che possono avvenire anche successivamente al momento in cui, attraverso una dichiarazione non corrispondente al vero (nel caso di specie il punteggio del diploma di maturità) l’interessato ha conseguito il bene della vita a cui aspirava (nel caso di specie, il contratto di lavoro), purchè tempestivamente.
Né potrebbe sostenersi che lo spirare del termine di validità delle graduatorie comporta l’inapplicabilità del DM 640/2017:
le graduatorie in questione restano disciplinate, a tutti gli effetti, dal predetto DM che, in ogni caso, come detto, non prevede un rigido termine finale per l’esecuzione dei controlli.
Infine, deve ritenersi che nel caso di specie i controlli sono avvenuti “tempestivamente”:
la supplenza di cui si discorre riguarda il periodo 13.10.2020 – 5.6.2021 e la contestazione del dirigente circa l’indicazione di un punteggio di diploma di maturità non corrispondente alle risultanze dei registri ufficiali è del 10.6.2021 (doc. 7 , il che implica che i controlli sono verosimilmente iniziati qualche mese prima, in costanza di rapporto di lavoro di cui si discorre.
Non rileva la data della domanda di inserimento/aggiornamento della graduatoria (2017) ma il conferimento del primo impiego:
tale essendo il momento con riferimento al quale deve essere impieghi anteriori al periodo in contestazione nel presente giudizio.
Infine, lo stesso art. 7 del DM 640 prevede, quale conseguenza della rettifica di un punteggio erroneamente attribuito, che il servizio ottenuto sulla base dell’erroneo punteggio si consideri svolto di fatto e non di diritto.
Né rileva l’art. 21-nonies L. 241/1990, vertendosi in materia di impiego pubblico privatizzato.
7. Risultano infondati anche il secondo, il terzo e il quarto motivo di appello, suscettibili di essere trattati congiuntamente, in quanto connessi.
Con riferimento alla tutela del legittimo affidamento invocato dalla lavoratrice, è sufficiente richiamare il consolidato orientamento di legittimità, ribadito da ultimo proprio in una fattispecie in cui venivano in rilievo dichiarazioni non corrispondenti al vero ai fini della collocazione in graduatorie per il conferimento di contratti di lavoro:
“Va, al riguardo, richiamato, pur con il necessario adattamento alla situazione che ci occupa, l’orientamento, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 2316/2020), secondo cui l’instaurazione di un rapporto di impiego in contrasto con norma imperativa determina la nullità del contratto e, pertanto, il lavoratore non può fare leva sul legittimo affidamento riposto sulla validità del negozio per fondare una domanda reintegratoria o indennitaria correlata alla cessazione del rapporto stesso (Cass. n. 20415/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata). ” (Cass. 15813/2024).
Nel caso di specie è pacifico che il punteggio corretto dell’esame di maturità era 38 e non 48, sicchè è pacifico che la lavoratrice, a seguito della conseguente rideterminazione della sua posizione in graduatoria, non avrebbe avuto diritto a stipulare il contratto per cui è causa.
Del resto, sussiste un atteggiamento quantomeno colposo in capo alla lavoratrice che, pur avendo asseritamente perso l’originale del diploma di maturità, ha dichiarato nella domanda di inserimento/aggiornamento delle graduatorie il punteggio di 48 sulla base di una fotocopia non autenticata del diploma medesimo, senza svolgere nessun accertamento presso l’Istituto in cui ha sostenuto l’esame di maturità.
Ed invero, il Registro ufficiale degli esami di maturità (doc. 3 del Ministero) reca la votazione di 38.
Sicchè, anche sotto tale profilo, non si configura alcun affidamento incolpevole.
La lavoratrice insiste sulla circostanza per cui, smarrito l’originale del diploma, la fotocopia documento in suo possesso e su tale documento ella ha formulato le dichiarazioni contestate.
Tale profilo non elide in alcun modo l’atteggiamento quantomeno colposo della lavoratrice che ben avrebbe potuto svolgere degli accertamenti presso le Istituzioni scolastiche, anche al fine della verifica del punteggio corretto e del rilascio di una copia ufficiale del diploma o del registro degli esami.
Né rileva in questa sede se vi sia un “falso”/”mendacio” penalmente rilevante, rileva l’oggettiva e incontestata discrasia tra quanto dichiarato (colposamente) dalla lavoratrice e le risultanze ufficiali (in questa sede non è contestato, come detto, che il registro degli esami contenesse l’indicazione del voto di 38).
8. Per tutto quanto precede, che assorbe ogni ulteriore questione, l’appello deve essere rigettato.
9.
Quanto alle spese di lite del grado di giudizio, per il principio della soccombenza devono essere poste a carico di parte appellante.
Sicché parte appellante deve essere condannata alla rifusione in favore di parte appellata delle spese di lite del grado, nella misura liquidata in dispositivo, facendo applicazione dei criteri di cui al D.M. 55/14 e ss. mod. in un importo pari ai medi dello scaglione di riferimento per valore della causa, oltre al 15% per rimborso spese forfetario, come per legge.
10. Considerato che l’appello è stato rigettato ed è stato depositato dopo il 31.01.13 – data di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (cfr. art. 1 comma 17 l. 228/2012), che ha integrato l’art. 13 DPR 115/2002 – deve darsi atto che sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato in capo alla parte appellante.
PQM
La Corte, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, rigettata e/o assorbita ogni diversa istanza, eccezione e domanda, così provvede:
1) rigetta l’appello;
2) condanna parte appellante alla refusione in favore di parte appellata delle spese di lite del grado che liquida in euro 6.946,00 oltre rimborso forfettario come per legge;
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello a norma del comma 1 quater dello stesso art. 13.
Venezia, il giorno 13.2.2025 Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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