REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO di ROMA SEZIONE VIII
CIVILE– II
Collegio Composta dai magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Rel.
ha emesso la seguente
SENTENZA N._5698_2024_- N._R.G._00004283_2019 DEL_03_09_2024 PUBBLICATA_IL_13_09_2024
nella causa civile iscritta al n° 4283/2019 RG vertente TRA in persona del l.r.p.t.
(p.i. ) elettivamente domiciliato in Legnano, INDIRIZZO/C, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME (c.f
. che unitamente all’ Avv. NOME COGNOMEc.f.)
e all’Avv.NOME COGNOMEc.f.
, lo rappresenta e difende, per procura in calce alla citazione introduttiva.
APPELLANTE in persona del l.r.p.t.
(p.i.. ) elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME c.f. ) che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOMEc.f.
per procura in calce alla comparsa di costituzione.
APPELLATA
OGGETTO : Locazione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e
MOTIVI DELLA DECISIONE
propone appello, nei confronti di avverso l’ordinanza ex art 702 bis cpc, resa ne giudizio di primo grado n. 5155/2019 RG dal Tribunale Civile di Roma, depositata il 22/05/2019 , che ha dichiarato la risoluzione per inadempimento di del contratto di ospitalità, stipulato da quest’ultima nel 2014 con e la ha condannata al pagamento in favore di della somma di € 11.718,71, oltre agli interessi legali dalle singole scadenze al saldo, nonchè al pagamento sempre in favore di di € 150,00 al giorno, dal 22/4/2017 fino all’effettivo rilascio, a titolo di penale ed alla rimozione delle postazioni installate, oltre alla rifusione delle spese di lite in favore dell’ appellata. In primo grado sulla premessa di aver stipulato con un contratto di ospitalità delle proprie postazioni per le trasmissioni televisive in data 09.04.2014 e che non aveva corrisposto i canoni convenuti, aveva domandato di dichiarare la risoluzione contrattuale e la condanna della controparte all’immediata rimozione delle postazioni installate sul proprio terreno ed al pagamento di € 11.718,71, oltre accessori per canoni non pagati, nonché di € 7.812,48, oltre accessori, a titolo di indennità di occupazione e di € 273.500,00, a titolo di penale convenuta in € 500,00 al giorno per la mancata rimozione delle postazioni, ed al risarcimento dei danni. costituitasi in giudizio, aveva eccepito che la penale non era dovuta, poiché il contratto era ancora efficace, avendo inteso proseguire nel rapporto, continuando a fatturare i canoni convenuti ;
che comunque la penale per il ritardo nella rimozione degli apparati era eccessiva;
che il ritardo nell’agire in giudizio rispetto alla data dell’inadempimento, configurava un’ ipotesi di mora credendi.
Il Tribunale provvedeva come dianzi indicato, ritenendo fondata solo l’eccezione della resistente di eccessività della penale convenuta che riduceva ad € 150,00 al giorno.
In questa sede impugna tale decisione lamentando, in ordine di priorità logica :
1)che il primo giudice avrebbe erroneamente escluso la prosecuzione del rapporto contrattuale e l’esistenza della mora credendi, con conseguente non debenza della penale;
2)che comunque la penale, anche dopo la riduzione operata in primo grado, sarebbe ancora eccessiva;
[… 3)che il Tribunale avrebbe, erroneamente, omesso di valutare la parziale soccombenza di nella liquidazione delle spese di lite.
L’appellata, previa contestazione dell’inammissibilità del gravame ex art 342 cpc, per omessa indicazione delle ragioni di contrasto ai motivi posti a fondamento della statuizione impugnata, ha chiesto il rigetto del gravame.
Va disattesa l’ eccezione di inammissibilità dell’appello, essendo certamente percepibili sia i punti della statuizione gravata sottoposti al riesame, sia la portata ed il senso delle critiche svolte, ed emergendo che parte appellata è stata in grado di esercitare compiutamente il diritto di difesa su ciascuna censura.
Nel merito, non è fondata la censura avente ad oggetto l’erronea esclusione della pretesa prosecuzione del rapporto contrattuale, in considerazione della fatturazione d a parte di degli importi dovuti quali canoni derivanti dal contratto di ospitalità , senza indicare, invece, come causale l’ indennità di occupazione sine titulo, nonchè in considerazione della continuità della “ fornitura dell’ospitalità” ed il lungo lasso temporale intercorso tra l’inadempimento di e la domanda giudiziale di In primis l’azione in risoluzione per inadempimento va configurata come azione di accertamento costitutivo, in cui la risoluzione dipende dalla dichiarazione giudiziale, la quale, pertanto, ne forma il fatto costitutivo; conseguentemente, sino alla sentenza di risoluzione è assolutamente corretta la fatturazione dei corrispettivi convenuti come canoni e comunque dalla stessa non può dedursi alcuna manifestazione tacita della volontà di rinuncia alla domanda di risoluzione.
Non conduce a diverso avviso la previsione contrattuale di una clausola risolutiva espressa, non potendo l’appellata conoscere anticipatamente l’esito dell’accertamento giudiziale in ordine alla fondatezza della domanda fondata su tale previsione(che, infatti, in ipotesi di specie è stata rigettata).
Egualmente infondato è il reiterato richiamo al lungo lasso di tempo trascorso tra il primo inadempimento e la proposizione dell’azione giudiziale.
Il solo fatto che il conduttore sia lasciato nel godimento dell’area concessa non è sufficiente a dimostrare la volontà di rinunciare all’azione di risoluzione( cfr. Cass. n. 5949/2004;
Cass. n.13404/2012) poichè occorre che risulti, in termini inequivoci , non solo la volontà del conduttore di mantenere in vita il rapporto, ma anche quella conforme della controparte e la stessa non è desumibile dal mero silenzio, ovvero dal ritardo nella proposizione della domanda di risoluzione e rilascio rispetto al primo inadempimento.
Infine, il Tribunale ha correttamente escluso la configurabilità della mora credendi , non potendo ritenersi integrati i relativi presupposti in base al mero lasso di tempo trascorso tra l’inadempimento e la richiesta di risoluzione del contratto:
non risulta sia stata effettuata alcuna offerta di adempiere da parte della né il disinteresse e l’ inattività di nel domandare i pagamenti dovutile, avendo inviato solleciti di pagamento fin dal 2015(documentati in atti )e proposto nel 2016 domanda monitoria per ottenere la corresponsione di quanto dovutole, positivamente accolta in relazione alla somma di € 32.493,08 dal Tribunale di Roma, con l’emissione del DI n. 14730/2016.
Passando all’esame della seconda censura, avente ad oggetto la permanente eccessività della penale riconosciuta dal primo giudice,pur dopo la riduzione del relativo importo da € 500,00 convenuto nel 2014 per ogni giorno di ritardo nella rimozione delle postazioni ad € 150,00 al giorno, a fondamento della doglianza l’appellante espone che la decisione del Tribunale ha determinato la maturazione, alla data di deposito della domanda (25/01/2019), del notevole importo di € 96.450,00 per 643 giorni di ritardo, a fronte di un canone di ospitalità di € 17.000,00, sestuplicando in sostanza il canone di ospitalità giornaliero convenuto in € 26,30 ,senza fornire alcuna motivazione e senza tener conto del ridotto spazio occupato dalle postazioni installate. ha replicato unicamente che tale determinazione era motivata dal grave e protratto inadempimento di Al riguardo, va premesso che ai fini dell’applicazione delle previsioni dell’art. 1384 cc, il criterio fondamentale per valutare l’eccessività della penale coincide con il dato oggettivo dello squilibrio tra le posizioni delle parti, con riferimento all’interesse del creditore all’adempimento;
pertanto per operare la riduzione della penale convenzionalmente stabilita, devono emergere ex actis le ragioni che inducono a valutarla manifestamente eccessiva rispetto a tale interesse, a prescindere da una rigida correlazione con l’ entità del danno subito.(ex plurimis Cass. n. 19492 del 10/07/2023) Nel caso in esame, a fronte del notevole importo convenuto come penale, rispetto al valore dell’occupazione dell’area, rimasto tale anche dopo la riduzione operata in prime cure, non emerge né dalle risultanze processuali e dalle previsioni contrattuali, alcun dato positivo che consenta di ritenerla proporzionata a garantire l’equilibrio contrattuale e l’interesse di alla libera disponibilità della postazione( potendolo ipotizzare parametrabile al valore convenuto per l’utilizzo della stessa) e la stessa appellata non ha fornito diverso chiarimento, limitandosi a richiamare la protratta durata dell’inadempimento.. Conseguentemente si ritiene meritevole di accoglimento la richiesta dell’appellante di disporre un’ulteriore riduzione dell’importo della penale :
la stessa, pur tenendo conto del sistema concessorio previsto normativamente ed i limiti derivanti dal limitato numero di frequenze utilizzabili ,può stimarsi in € 70,00 giornalieri, pari alla metà di quello stabilito in prime cure,ed a poco più del doppio del valore negoziato per l’utilizzo della postazione.
Il parziale accoglimento del gravame e la parziale riforma della sentenza impugnata importano la rideterminazione delle spese di lite per entrambi i gradi e, conseguentemente, l’assorbimento dell’ultima censura dell’appellante.
Infatti,in considerazione della parziale soccombenza reciproca, le spese di lite possono ritenersi compensate per il 50% e vanno poste a carico dell’appellante, per entrambi i gradi, per restante 50%.
La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, così decide:
-in accoglimento per quanto di ragione dell’appello proposto da nei confronti di ed in parziale riforma dell’ordinanza ex art 702 bis cpc, resa all’esito del giudizio di primo grado n. 5155/2019 RG dal Tribunale Civile di Roma, depositata in data 22/05/2019, condanna l’appellante al pagamento in favore di della somma giornaliera di € 70,00, oltre interessi legali da ciascuna scadenza , con decorrenza dal 22/4/2017 fino all’effettivo rilascio del sito indicato in atti;
– condanna l’appellante alla rifusione in favore di parte appellata, per entrambi i gradi, delle spese di lite in misura del 50% , spese che liquida per intero , per il primo grado in € 5.800,00 per compenso,ed € 286,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario Iva e Cpa e per il secondo grado in € 6.966,00 per compenso, oltre rimborso forfetario Iva e Cpa;
– dichiara interamente compensato il restante 50%.
Roma,27/08/2024 IL PRESIDENTE Dott. ssa NOME COGNOME IL
CONSIGLIERE REL.
Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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