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Codice Penale

Rifiuto di differenze retributive per mansioni superiori

Nel lavoro pubblico, la disciplina delle mansioni superiori è regolata dall’art. 52 D.Lgs. 165/2001. Per il riconoscimento economico è necessario che le mansioni superiori siano state effettivamente svolte in modo prevalente e con pienezza di poteri e responsabilità, non essendo sufficiente lo svolgimento occasionale di alcune mansioni.

Pubblicato il 27 October 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI BARI

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo italiano Il giudice dott.ssa NOME COGNOME verificata la rituale comunicazione a cura della cancelleria del provvedimento con cui si è disposto, ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., che l’udienza di discussione sia sostituita dal deposito telematico e dallo scambio di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, dà preliminarmente atto della predetta modalità di comparizione delle parti e, viste le conclusioni rassegnate dalle parti, adotta ex art. 127 ter c.p.c. la seguente

SENTENZA N._3449_2024_- N._R.G._00011968_2022 DEL_01_10_2024 PUBBLICATA_IL_01_10_2024

nella causa iscritta al n. 11968/2022 del Registro Generale e promossa da , con il procuratore avv. NOME COGNOME Ricorrente nei confronti di con il procuratore avv. COGNOME Resistente

Oggetto:mansioni superiori; differenze retributive; ***

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso del 07.11.2022, l’istante in epigrafe indicata, premesso di essere dipendente dell’ dal 19.02.2009, in servizio presso il DSS3 di Bitonto, dapprima presso l’unità operativa di radiologia e successivamente presso la sala operatoria, inquadrato con profilo professionale di Ausiliario socio-sanitario specializzato in categoria A, fascia economica A2, del CCNL Comparto Sanità Pubblica, ha dedotto di avere, in realtà, svolto mansioni di cura della persona ed del suo ambiente effettivamente sin dall’assunzione, comunque corrispondenti al profilo di Operatore Socio Sanitario, di cui al superiore livello economico Bs, riconducibili alla cat. B del CCNL applicato.

b) accertare e dichiarare il diritto della ricorrente alle differenze di trattamento economico rispetto alla categoria B, livello economico B Super, maturate e maturande sino alla data del soddisfo, e quantificate fino al 30.09.2022 pari ad €.

14.448,20 ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia;

c) per l’effetto, condannare la al pagamento delle differenze di trattamento economico rispetto alla categoria B, livello economico B Super, maturate e maturande sino alla data del soddisfo, e quantificate fino al 30.09.2022 in €. 14.448,20 ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione come per legge”, con il favore delle spese di lite, da distrarsi.

Costituitasi tempestivamente in giudizio, l’azienda sanitaria convenuta ha eccepito, in via pregiudiziale, la nullità della domanda;

in via preliminare di merito, ha eccepito la prescrizione, quantomeno parziale, dei diritti azionati;

in ogni caso, ha contestato le avverse pretese e concluso per il rigetto del ricorso.

Tali essendo le prospettazioni delle parti, la domanda è infondata per i motivi di seguito esposti.

Pregiudizialmente, occorre esaminare l’eccezione di nullità della domanda formulata dal resistente.

L’eccezione è infondata, avuto riguardo all’insegnamento della Suprema Corte secondo cui:

“Nel nuovo rito del lavoro per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell’oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente l’omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è invece necessario che ne sia impossibile l’individuazione attraverso l’esame complessivo dell’atto, effettuabile anche d’ufficio e in grado d’appello con apprezzamento del giudice del merito censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione” (tra le altre, Cass. n. 5794/2004). Alla stregua dei su riportati principi, ritiene questo giudice che il ricorso introduttivo del giudizio sia sufficientemente determinato.

La parte ricorrente ha compiutamente esposto gli elementi in fatto ed in diritto a sostegno della sua domanda;

ha indicato le ragioni a fondamento della sua pretesa con le relative conclusioni.

Nel merito, occorre premettere che nel rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione l’art. 2103 cod. civ. non trova applicazione, in quanto l’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 29/1993 (oggi art. 2, comma 2, d.lgs. n. 165/2001) rinvia alle regole di diritto comune soltanto per quanto concerne gli aspetti del rapporto che non siano specificamente disciplinati in modo diverso dal decreto medesimo, come avviene per l’aspetto delle mansioni di cui all’art. 52 d.lgs. n. 165/2001 si rinviene una disciplina specifica. Al riguardo la Corte di cassazione ha chiarito che l’art. 56 del decreto legislativo n. 29 del 1993 (poi trasfuso nell’art. 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001, disposizione applicabile ratione temporis al caso in scrutinio) ha una portata generale nell’ambito della disciplina dei rapporti di lavoro pubblico privatizzati.

Essa ha inoltre evidenziato che, a norma dell’ultimo comma dell’art. 56 cit. (oggi, come detto, art. 52 d.lgs. 165/2001), nella formulazione introdotta dall’art. 25 del decreto legislativo n. 80 del 1998, le disposizioni del Testo unico sul pubblico impiego trovano applicazione nelle controversie che fanno riferimento a un periodo successivo alla data di decorrenza dell’efficacia del c.c.n.l.

per il comparto sanità stipulato il 7.4.1999 (v. Cass. 20692/04, in motivazione).

Ai sensi dell’art. 52, D. Lgs. n. 165/2001, “1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.

2.

Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.

3.

Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.

4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore.

Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.

5.

Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.

Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.

” La richiamata disposizione di cui all’art. 52 d.lgs. 165/2001 distingue, in linea con la precedente, il problema del riconoscimento del diritto all’inquadramento nella superiore qualifica da quello del riconoscimento del diritto al trattamento economico.

Con riguardo al primo problema la norma disciplina distintamente tre diverse ipotesi:

a) esercizio di mansioni superiori sulla base di una legittima assegnazione da parte del datore di lavoro;

b) esercizio di mansioni superiori sulla base di una assegnazione illegittima;

c) esercizio di mansioni superiori in mancanza di assegnazione (c.d. esercizio di fatto).

La prima ipotesi si verifica allorché l’assegnazione venga disposta per obiettive esigenze di servizio, abbia ad oggetto mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore a quella propria del lavoratore, e trovi fondamento, alternativamente, nella necessità di sopperire a vacanze dei posti in organico (in tal caso nel termine massimo di novanta giorni dall’assegnazione devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti medesimi) o nella necessità di sostituire altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie (art. art. 52, commi 2, 3, 4, d.lgs. n. 165/2001). In tale ipotesi, la norma non riconosce il diritto alla promozione automatica, limitandosi a prevedere (comma 4) che «per il periodo di effettiva prestazione il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore», ma consente all’autonomia collettiva di stabilire in modo difforme.

È infatti previsto (comma 6) che «i contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4» e che, a partire dalla data da questi stabilita, lo svolgimento di mansioni superiori può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del dipendente.

La seconda ipotesi (c.d. assegnazione illegittima) si verifica allorché, sebbene sia intervenuta un’assegnazione a mansioni superiori da parte del datore di lavoro, essa sia stata disposta al di fuori dei casi sopra richiamati.

Questa ipotesi è regolata dal comma 5 dell’art. 52, a mente del quale «al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di dall’autonomia collettiva, la quale non è qui autorizzata a derogare alla diversa disciplina legislativa.

L’ipotesi dell’esercizio di fatto di mansioni superiori, infine, si verifica allorché manchi del tutto un provvedimento di assegnazione, e trova la sua regolamentazione nel comma 1 dell’art. 52 cit., (non derogabile da parte dell’autonomia collettiva), il quale esclude espressamente la c.d. promozione automatica, disponendo che «l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore».

La tripartizione sopra delineata, mentre è rilevante ai fini della c.d. promozione automatica, che però non è oggetto di causa e resta comunque esclusa in assenza di specifica previsione da parte dell’autonomia collettiva, non lo è invece ai fini del diritto alle differenze retributive (v. negli stessi termini, ivi trasposti in virtù dell’art. 118 disp. att. c.p.c., sentenza del Tribunale di Bari, Sez. Lavoro, n. 2025/2016, estensore dott. COGNOME.

L’art. 52 d.lgs. n. 165/2001 attribuisce infatti, in linea generale, al pubblico dipendente che svolga mansioni proprie di una qualifica superiore il diritto al corrispondente trattamento economico, e ciò sia nel caso in cui l’assegnazione sia stata legittima (comma 4), sia nel caso in cui sia stata illegittima (comma 5).

Sebbene, poi, non sia espressamente previsto, questo diritto deve ritenersi riconosciuto anche nell’ipotesi di esercizio di mero fatto di mansioni superiori.

La circostanza che la norma limiti l’irrilevanza dell’esercizio di fatto ai fini dell’inquadramento del lavoratore (comma 1) consente infatti di ritenere, con interpretazione a contrario, che esso esercizio possa rilevare ai fini economici.

Ed invero, come chiaramente desumibile dal comma 5 della disposizione richiamata e, peraltro, come costantemente affermato nella giurisprudenza di legittimità, “In materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscersi nella misura indicata nell’art. 52, quinto comma del d.lgs. n. 165 del 2001, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operatività del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 della Costituzione. ” (cfr. Sez. L, Sentenza n. 14775 del 18/06/2010 e, da ultimo, Ordinanza n. 12193 del 06/06/2011).

Occorre, infine, aggiungere che, ai sensi dell’art. 52, comma 3, d.lgs. 165/2001, può considerarsi svolgimento di mansioni superiori «soltanto l’attribuzione in maniera prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti di dette mansioni».

Ne consegue che a tal fine il giudice di merito deve procedere a una penetrante ricognizione di tutto il contenuto delle mansioni svolte e all’esame delle declaratorie generali delle categorie di inquadramento coinvolte nella controversia e dei profili professionali pertinenti (v. Cass. 20692/04 e 16469/07).

Ed infatti, nel procedi-mento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato non si può prescindere da tre fasi successive, e cioè:

a) accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte dal dipendente;

b) individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria;

c) raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda (v. tra le tante Cass. 26233/08, Cass. 5128/07 e Cass. 3069/05;

in senso conforme v. anche Cass. 20284/09, Cass. 20272/10 e, da ultimo, Cass. sez. VI, L ord. n. 24360 dep.

Ebbene, nel caso di specie, parte ricorrente non ha puntualmente allegato e, in ogni caso, non ha fornito prova ragionevolmente certa, sulla medesima incombente ex art. 2697 c.c., di aver svolto, come dedotto in ricorso, mansioni superiori corrispondenti alla qualifica superiore Bs, cat. B di cui al citato CCNL di comparto.

Invero, l’istante ha testualmente dedotto di aver disimpegnato le seguenti mansioni:

“pulire e sanificare l’intera sala operatoria, affiancare il personale medico ed infermieristico e quindi collaborare con esso, preparare e lavare i ferri, accompagnare ed allettare i pazienti dalla loro stanza in reparto alla sala operatoria e viceversa, posizionare correttamente i pazienti sul lettino operatorio per poi spostarli sulla barella o sulla sedia a rotelle e condurli in stanza, accogliere i pazienti e indicare loro la procedura di vestizione corretta in vista dell’ingresso in sala operatoria, curare l’igiene dei pazienti ed assisterli nei loro bisogni vitali e nella vestizione, trasportare documenti in direzione sanitaria o nei vari reparti ed effettuare fotocopie” (cfr. punto n. 4, pag. 2 del ricorso). Quanto alla riconducibilità delle suindicate mansioni – allegate come svolte dalla parte ricorrente – alle declaratorie contrattuali, giova preliminarmente osservare che secondo il CCNL del 20.9.2001 Comparto Sanità Pubblica, allegato dal ricorrente e la cui applicabilità al caso di specie è pacifica, appartengono alla Categoria A “i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono capacità manuali generiche per lo svolgimento di attività semplici ed autonomia esecutiva e responsabilità, nell’ambito di istruzioni fornite, riferita al corretto svolgimento della propria attività”. In particolare, secondo il CCNL del 20.9.2001 Comparto Sanità Pubblica l’Ausiliario Specializzato, ovvero il profilo professionale di appartenenza dell’odierno ricorrente, “Svolge le attività semplici di tipo manuale che richiedono una normale capacità nella qualificazione professionale posseduta, quali, ad esempio, l’utilizzazione di macchinari e attrezzature specifici, la pulizia e il riordino degli ambienti interni ed esterni e tutte le operazioni inerenti il trasporto di materiali in uso, nell’ambito dei settori o servizi di assegnazione, le operazioni elementari e di supporto richieste, necessarie al funzionamento dell’unità operativa. … L’ausiliario specializzato operante nei servizi socio- assistenziali provvede all’accompagnamento o allo spostamento dei degenti, in relazione alle tipologie assistenziali e secondo i protocolli organizzativi delle unità operative interessate”.

Appartengono, invece, alla Categoria B «i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze teoriche di base relative allo svolgimento dei compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche riferite alle proprie qualificazioni e specializzazioni professionali nonché autonomia e responsabilità nell’ambito di prescrizioni di massima».

Nel livello BS (nel quale chiede di essere inquadrata la parte ricorrente) rientrano «i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che comportano il coordinamento di altri lavoratori ed assunzione di responsabilità del loro operato ovvero richiedono particolare specializzazione».

E tra i profili professionali inseriti all’interno del livello BS vi è anche quello di Operatore sociosanitario, il quale «svolge la sua attività sia nel settore sociale che in quello sanitario in servizi di tipo socio-assistenziali e sociosanitario residenziali e non residenziali, in ambiente ospedaliero e al domicilio dell’utente.

Svolge la sua attività su indicazione – ciascuna secondo le proprie competenze – degli operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella sociale, ed in collaborazione con gli altri operatori, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.

Le attività dell’operatore sociosanitario sono rivolte alla persona e al suo ambiente di vita, al fine di fornire:

a) assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di Orbene, la disamina delle declaratorie contrattuali consente di rilevare che le mansioni descritte dall’odierna ricorrente nell’atto introduttivo sono senz’altro riconducibili alla cat.

A e non certo alla B, né – e a maggior ragione – al livello BS.

Invero, le mansioni descritte in ricorso non indicano lo svolgimento, da parte dell’istante, né di “attività di coordinamento di altri lavoratori”, né tanto meno implicano il possesso di alcuna “particolare specializzazione”, come richiesto dal C.C.N.L. Comparto Sanità per il livello di inquadramento BS.

Inoltre, come può notarsi dal raffronto tra le riportate declaratorie, la differenza tra “Ausiliario Specializzato” e “Operatore sociosanitario” risiede pure nel fatto che il primo operante nei servizi socio-assistenziali si limita all’accompagnamento o allo spostamento dei degenti, mentre il secondo rivolge la propria attività in favore della persona e del suo ambiente di vita.

Invero, nella declaratoria di Operatore Socio-sanitario è centrale la relazione del lavoratore con il paziente, e che essa consiste nell’assistenza diretta attraverso interventi igienico-sanitari e di carattere sociale attinenti a tutti gli aspetti della vita del paziente, anche di tipo ambientale.

Ebbene, le attività asseritamente svolte dalla parte ricorrente, così come elencate in ricorso, non appaiono riconducibili al profilo professionale di “Operatore Socio-sanitario”.

Al riguardo, mette conto di seguito riportare le condivisibili e conferenti argomentazioni rese nella sentenza del 09.11.2023 R.G. n. 1089/2022 dalla Corte di Appello di Bari, Sez. Lavoro, a mente delle quali “… , la Corte reputa comunque infondata la pretesa azionata dal lavoratore in quanto le mansioni dal medesimo espletate sono da considerarsi senz’altro riconducibili alla categoria e al profilo nel quale egli è stato inquadrato dall’ (cfr. nello stesso senso, in fattispecie analoghe alla presente, C.App. Bari, sentenza n. 2411/2022, pubblicata il 04/01/2023, nonché sentenza n. 87/2023 pubblicata il 22/02/2023).

In particolare, a norma delle declaratorie contrattuali, la categoria A, ossia quella di appartenenza del lavoratore, implica il possesso «… di capacità manuali generiche per lo svolgimento di attività semplici ed autonomia esecutiva e responsabilità, nell’ambito di istruzioni fornite, riferita al corretto svolgimento della propria attività».

Segnatamente, a norma del C.C.N.L. Comparto Sanità rientrano nel profilo di ausiliario specializzato, attribuito all’odierno appellante dalla datrice di lavoro, i lavoratori che svolgono <>. In base al contratto collettivo, rientrano, invece nella categoria B, nella quale la parte ha chiesto di essere inquadrata almeno in subordine, i lavoratori che «ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze teoriche di base relative allo svolgimento dei compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche riferite alle proprie qualificazioni e specializzazioni professionali nonché autonomia e responsabilità nell’ambito di prescrizioni di massima».

Il C.C.N.L. di categoria, inoltre specifica che «Appartengono altresì a questa categoria – nel livello all’assistenza (c.d. “operatore socio sanitario”) ovvero colui che «svolge la sua attività sia nel settore sociale che in quello sanitario in servizi di tipo socioassistenziali e sociosanitario residenziali e non residenziali, in ambiente ospedaliero e al domicilio dell’utente.

Svolge la sua attività su indicazione – ciascuno secondo le proprie competenze – degli operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella sociale, ed in collaborazione con gli altri operatori, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.

Le attività dell’operatore sociosanitario sono rivolte alla persona e al suo ambiente di vita, al fine di fornire:

a) assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di vita;

b) intervento igienico sanitario e di carattere sociale;

c) supporto gestionale, organizzativo e formativo».

Orbene, la disamina delle declaratorie contrattuali consente di rilevare che le mansioni descritte dall’odierno appellante nell’atto introduttivo sono senz’altro riconducibili alla cat.

A e non certo alla B, né – e a maggior ragione – al livello BS.

Invero, le mansioni descritte in ricorso non indicano lo svolgimento, da parte dell’odierno appellante, né di “attività di coordinamento di altri lavoratori”, né tanto meno implicano il possesso di alcuna “particolare specializzazione”, come richiesto dal C.C.N.L. Comparto Sanità per il livello di inquadramento BS.

Segnatamente, sotto quest’ultimo profilo deve rilevarsi che:

a) le attività di cura, igiene e assistenza dei malati non possono di certo considerarsi implicanti il possesso di specializzazioni di alcun genere;

b) lo stesso rilievo vale per le piccole medicazioni svolte in autonomia;

c) le medicazioni tecnicamente più importanti sono espletate – come dedotto nell’atto introduttivo – mediante affiancamento agli infermieri, sicché non implicano alcuna assunzione diretta di responsabilità da parte dell’ausiliario che le pratica;

d) anche il supporto ai pazienti per l’assunzione di farmaci ovvero per il corretto utilizzo di apparecchiature medicali, nonché il supporto assistenziale diretto al paziente (a parte ogni rilievo in merito alla genericità della deduzione) non presuppongono alcuna peculiare specializzazione tecnica;

e) le attività di ausilio nell’espletamento delle funzioni fisiologiche e di accompagnamento dei pazienti mediante aiuto nella deambulazione rientrano pienamente nelle mansioni del personale ausiliario specializzato, il quale – come detto – si occupa fra le altre cose di provvedere all’accompagnamento ovvero allo spostamento dei degenti;

f) lo stesso vale per il lavaggio e la disinfezione dei ferri contaminati e per il trasporto del materiale biologico, nonché per la raccolta e lo stoccaggio dei rifiuti, perché in base alla declaratoria contrattuale l’ausiliario è tenuto a svolgere tutte le operazioni inerenti al trasporto di materiali in uso e le operazioni elementari e di supporto necessarie al funzionamento dell’unità operativa;

g) l’attività di “supporto diagnostico” è troppo genericamente descritta, mentre quella di trasporto pazienti e “barellamento” è propria del profilo rivestito, il quale implica anche lo spostamento dei degenti.

Non dissimili considerazioni valgono anche per la richiesta di inquadramento nella categoria B, la quale implica il possesso da parte del lavoratore di conoscenze teoriche di base relative allo svolgimento dei compiti assegnati, nonché autonomia e responsabilità nell’ambito di prescrizioni di massima.

Al riguardo è sufficiente rimarcare che:

I) le attività di cura, igiene e assistenza dei malati non richiedono alcuna conoscenza teorica di base, così come le piccole medicazioni;

II) anche il supporto all’assunzione di farmaci e all’utilizzo di apparecchiature medicali non postula alcuna particolare conoscenza teorica;

III) tutte le altre attività descritte nell’atto introduttivo rientrano pienamente, come detto, nei compiti del personale inquadrato nella categoria A;

IV)

quanto alle medicazioni tecnicamente più importanti, va ribadito che esse sono espletate – per ammissione della stessa parte – in affiancamento agli infermieri, mentre la declaratoria relativa alla categoria B richiede che le mansioni siano svolte “con autonomia e responsabilità nell’ambito di prescrizioni di massima”.

all’inquadramento nella categoria superiore rivendicata, perché l’espletamento di tali compiti non consentirebbe di affermare che il lavoratore abbia svolto le mansioni superiori con “pienezza”.

Costituisce, infatti, principio consolidato che nel pubblico impiego contrattualizzato il dipendente al quale sono state assegnate mansioni superiori al di fuori dei casi consentiti ha diritto alla retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost., sempre che le mansioni superiori siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati esercitati i poteri e assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni (v. per tutte Cass. sez. un. n. 25837 del 2007; nello stesso senso cfr. anche Cass. n. 23741 del 2008 e Cass. n. 4382 del 2010, nonché da ultimo Cass. n. 31156 del 2021, in motivazione).

Pertanto, anche a voler ammettere che il lavoratore abbia realmente espletato le attività sopra descritte, il citato requisito della “pienezza” delle mansioni superiori svolte nella specie difetterebbe senz’altro, perché – a tutto voler concedere – le uniche attività in astratto sussumibili nella categoria d’inquadramento superiore sarebbero quelle relative all’effettuazione di medicazioni tecnicamente più importanti, a patto naturalmente che fosse provato che per l’esecuzione di tali compiti l’ausiliario abbia assunto una responsabilità diretta. Per le ragioni anzidette è irrilevante il fatto che – come dedotto dall’odierno appellante – le attività di riordino e pulizia degli ambienti siano state affidate da anni agli operatori della … omissis ….

E infatti, come si è detto, le attività in concreto espletate dal lavoratore sono comunque riconducibili al profilo di appartenenza e alla categoria di inquadramento, per cui non importa che alcune delle mansioni tipiche del profilo di ausiliario specializzato (“la pulizia e il riordino degli ambienti interni ed esterni”) siano disimpegnate da soggetti non dipendenti del ;

in ogni caso, le mansioni in astratto sussumibili nella declaratoria relativa alla categoria superiore – anche a voler ammettere che siano svolte in maniera autonoma e con assunzione diretta di responsabilità – non consentono di affermare che lo svolgimento di mansioni superiori sia avvenuto con carattere di “pienezza”, sicché non possono fondare il diritto della parte a ottenere l’inquadramento superiore ovvero le relative differenze retributive.

Ne deriva che l’attività istruttoria chiesta dall’odierno appellante si appalesa superflua, giacché, quand’anche fosse dimostrato il reale espletamento delle mansioni dedotte nell’atto introduttivo del giudizio, ciò non consentirebbe di giungere all’accoglimento della domanda attorea” (cfr. sentenza del 09.11.2023 R.G. n. 1089/2022 dalla Corte di Appello di Bari, Sez. Lavoro).

In ogni caso, gli esiti dell’istruttoria svolta nel presente giudizio [escussione testimoniale dei testi indicati da parte ricorrente: dipendente in servizio presso il DSS3 di Bitonto (cfr. dichiarazione testimoniale “ex ospedale convertito in distretto”), con funzioni di coordinatrice dal 2001, collega di lavoro della ricorrente adibita, al pari di quest’ultima, al servizio in sala operatoria;

nonché deposizione del teste dipendente in qualità di dirigente medico anestesista-rianimatore dal 2017 afferente alla sala operatoria del DSS3 di Bitonto ove opera la stessa istante) non hanno confortato l’assunto secondo cui l’istante avrebbe svolto attività precipuamente e prevalentemente riconducibili al profilo professionale di “Operatore Socio Sanitario”, con relativa assunzione di responsabilità di operato.

Segnatamente, la teste sig.ra escussa all’udienza del 05.07.2023, come detto dipendente in servizio presso il DSS3 di Bitonto, con funzioni di coordinatrice dal 2001, collega di lavoro della ricorrente adibita al servizio in sala operatoria, ha meramente confermato le mansioni dedotte come svolte nell’atto introduttivo del giudizio, senza nulla aggiungere o specificare e, in definitiva, senza dare conto della assunzione di responsabilità nello svolgimento dei compiti elencati, né della circostanza che lo svolgimento di mansioni superiori sia avvenuto con carattere di “pienezza”. della ricorrente di supporto agli infermieri “in ragione della … scarsità del personale infermieristico”, ha pure soggiunto che nel caso in cui siano presenti entrambi gli infermieri previsti in turno nella sala operatoria “l’attività collaborativa della è più limitata rispetto alle attività elencate”.

Ebbene, le attività svolte dalla parte ricorrente, così come evidenziate all’esito dell’istruttoria orale espletata, non appaiono riconducibili al profilo professionale di “Operatore Socio-sanitario”.

Esse difatti non sono consistite precipuamente e prevalentemente nello svolgimento di compiti di cura e assistenza alla persona nel proprio ambiente di vita, disimpegnate in via occasionale o, comunque, non sistematica e per limitati archi temporali.

Dunque, pure alla luce delle risultanze dell’istruttoria orale espletata sopra richiamate, da cui si ricava che la parte ricorrente ha svolto principalmente attività che richiedono una normale capacità nella qualificazione professionale posseduta, quali pulizia e riordino dei materiali, operazioni inerenti al trasporto di materiali in uso, operazioni elementari e di supporto richieste necessarie al funzionamento dell’unità operativa, accompagnamento o spostamento dei pazienti, si può comunque affermare che le mansioni svolte dalla parte ricorrente non siano esorbitanti dal perimetro contrattuale del livello riconosciutogli nel periodo in contestazione. In definitiva, le mansioni svolte non risultano riconducibili alla declaratoria di cui al livello di inquadramento odiernamente preteso.

Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato.

Cionondimeno, in considerazione della natura della controversia, della diversa qualità delle parti, nonché della complessità dell’accertamento fattuale, appare congruo disporre la compensazione integrale delle spese processuali.

Il giudice, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da nei confronti di in persona del legale rappresentante pro tempore, con atto depositato il 07.11.2022, così provvede:

rigetta il ricorso;

spese compensate.

Bari, lì 01.10.2024 Il Giudice NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
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