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Riforma Gelli Bianco, applicabilità ai processi in corso

In assenza di norme transitorie, deve ritenersi che la riforma Gelli Bianco debba applicarsi anche ai processi in corso all’entrata in vigore della legge.

Pubblicato il 27 February 2019 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
Il Tribunale di Latina Sezione Seconda

in composizione monocratica in persona del giudice, ha emesso la seguente

SENTENZA n. 506/2019 pubblicata il 26/02/2019

nella causa di primo grado iscritta al n del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2012, riservata a sentenza all’udienza di precisazione delle conclusioni del giorno 6.12.2018 e vertente

TRA

Attore
XXX, YYY, ZZZ, KKK, ZZZ, elett.te domiciliata in , rappresentati e difesi dagli avv.ti in virtù di mandato in atti ;

E

JJJ spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti, giusta delega in atti, ele.tte domiciliata;

Convenuta

Dott. PPP, rappresentato e difeso dall’ avv. ed elett.te domiciliata in, giusta delega in atti;

Convenuto

Dott. III, rappresentato e difeso dall’ avv. ed elett.te domiciliata presso il suo studio legale sito in, giusta delega in atti;

Convenuto

Dott. SSS, rappresentato e difeso dal prof. Avv., giusta delega in atti ed elett.te domiciliato in;

Convenuto

OGGETTO: azione risarcitoria per responsabilità medica.

Conclusioni: all’udienza del 6.12.2018 le parti concludevano come da verbale in atti

Motivi della decisione.

Occorre premettere brevemente in fatto che il thema decidendum delle presente controversia ha ad oggetto l’azione risarcitoria per responsabilità medica proposta da XXX, YYY, ZZZ, KKK, ZZZ , rispettivamente madre, moglie e figli di ***, per i danni non patrimoniali subiti iure proprio, in seguito al decesso del loro stretto congiunto avvenuto in data 4.06.2010; tale domanda veniva proposta nei confronti dell’ ( JJJ spa) nonché dei dott. SSS (primo chirurgo) dott. PPP ( secondo chirurgo), dott. III, anestesista, in relazione all’ intervento in equipe di “ sostituzione della aorta ascendente secondo la tecnica di Tirone-David” eseguito presso la Struttura convenuta in data 3 giugno 2010 e durato per circa 17 ore con exitus alle ore 2,20 del 4.06.2010.

Secondo le prospettazioni attoree, il decesso era ascrivibile, al fallimento dell’ intervento ed in particolare ad una non corretta esecuzione, circostanze evincibile dalle scarne informazioni rinvenute nella cartella clinica in atti.

Rappresentano gli attori, richiamando sul punto le risultanze di una CTP allegata, che il sig. *** è stato sottoposto ad un intervento di David tecnicamente fallito, complicato da imponente sanguinamento intraoperatorio, inefficace correzione della insufficienza aortica, nonché della necessità di effettuare un by-pass in safena sulla coronaria destra, evidentemente per ovviare alla insorgenza di problemi ischemici subentrati dopo il suo reimpianto, nel territorio di distribuzione di detto ramo coronario.

Concludevano pertanto chiedendo il ristoro di tutti i danni non patrimoniali subiti iure proprio (danno da predita del rapporto parentale).

Si costituivano i convenuti, nelle rispettive qualità, resistendo alla domanda e chiedendone il rigetto.

La JJJ spa formulava azione di regresso nei confronti dei sanitari (liberi professionisti) che avevano preso parte all’ intervento ( dott SSS e dott. III) non dipendenti della struttura.

Il dott. SSS, pur chiedendo in via principale rigettarsi la domanda, in caso di accertamento della propria responsabilità, simmetricamente, formulava in via gradata azione di rivalsa nei confronti della JJJ spa e della (eventuale) Compagnia Assicurativa con la quale la predetta società era assicurata.

La causa è stata istruita mediante CTU medico-legale ed acquisizione delle copiose produzioni documentali .

Tanto premesso in punto di fatto, va rilevato che la responsabilita’ dell’ente ospedaliero, sia esso pubblico o privato, per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica ha, in ogni caso, natura contrattuale di tipo professionale, mentre quella del sanitario è, qualificabile come di natura extracontrattuale. Sul punto va richiamato il recente intervento chiarificatore da parte del legislatore, atteso che l’articolo 7 della Legge Gelli – Bianco ( legge n. 24/2017) prevede una bipartizione della responsabilità civile, differenziando la posizione della struttura sanitaria da quella dell’esercente la professione sanitaria. In particolare la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose. La medesima disciplina si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina. In altre parole, la struttura sanitaria risponderà dei fatti illeciti compiuti dagli esercenti la professione sanitaria secondo le regole della responsabilità contrattuale, con importanti conseguenze in termini di prescrizione, onere della prova e danno risarcibile: il termine prescrizionale sarà infatti di dieci anni, il danneggiato dovrà semplicemente provare il titolo da cui deriva l’obbligazione (ad es. c.d. contratto di spedalità) rimanendo in capo alla struttura sanitaria la prova dell’esatto adempimento ovvero dell’inadempimento non imputabile, ed il danno risarcibile è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l’obbligazione, salvo che in caso di dolo.

L’esercente la professione sanitaria, invece, sarà chiamato a rispondere del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile (salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente, ipotesi non ricorrente nel caso di specie non essendo stato allegato alcun contratto), cioè secondo le norme sulla responsabilità extracontrattuale, che prevedono – per quanto qui di interesse – un termine prescrizionale di “soli” cinque anni ed un gravoso onere della prova in capo al danneggiato, che dovrà non solo allegare ma provare il fatto illecito, il danno, l’elemento soggettivo ed il nesso eziologico tra condotta ed evento.

In assenza di norme transitorie sul punto, deve ritenersi che la disciplina sopradescritta debba applicarsi anche ai processi in corso all’ entrata in vigore della legge, atteso che si tratta di disposizioni di natura sostanziale e non processuale di carattere interpretativo ed esplicativo in relazione alla portata applicativa dell’ art 2043 c.c.. ; tali previsioni hanno infatti ad oggetto la qualificazione della natura giuridica della responsabilità medica, attraverso la “ codificazione” di un indirizzo giurisprudenziale che, seppur non maggioritario con riferimento alla responsabilità extracontrattuale del sanitario, sfugge all’ applicazione dell’ art 11 delle preleggi.

Ne consegue la piena responsabilità della JJJ spa, essendo irrilevante la circostanza che il dott. SSS ed il dott. III non fossero dipendenti della struttura convenuta ma solo collaboratori esterni, in quanto per effetto del rapporto contrattuale di “spedalità” la struttura sanitaria risponda a titolo contrattuale nei confronti della paziente e la sua responsabilità conseguentemente scaturisce sia (ai sensi dell’art. 1218 c.c.) dall’inadempimento alle obbligazioni sorte direttamente in capo alla struttura stessa, sia (ai sensi dell’art. 1228 c.c.) dall’inadempimento all’obbligazione di fornire la prestazione medico-sanitaria da parte del medico, il quale, anche se non dipendente della struttura, è comunque considerato un suo ausiliario che esercita la propria attività avvalendosi della struttura (Cass. 18610/2015 e Cass. 6945/2007).

Merita in proposito evidenziare che tale indirizzo giurisprudenziale è stato positivizzato, come già evidenziato, dal legislatore con la L. 24/2017 (Riforma Gelli-Bianco) che, all’art. 7, comma 1, espressamente prevede: “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”.

Va inoltre considerato che con riferimento alla posizione del Sanitario, la limitazione di responsabilita’ professionale ai soli casi di dolo o colpa grave ai sensi dell’art 2236 c.c. attiene esclusivamente alla perizia nella soluzione di problemi tecnici di particolare difficolta’ che trascendono la preparazione media (Cass. civ. 4152/’95), o perche’ la particolare complessità discende dal fatto che il caso non e’ stato ancora studiato a sufficienza o perché non è stato ancora dibattuto con riferimento ai metodi da adottare (Cass 5945/2000; 8045/’95; 4152/’95).

Dunque, alla luce delle considerazioni che precedono tenuto conto delle risultanze della CTU medico-legale allegata e dalla copiosa documentazione in atti, ( relazione medico legale di parte, cartelle cliniche, referti e certificati medici), ritiene questo giudicante che può essere affermata la responsabilità tanto della JJJ spa che del dott. SSS, in relazione al decesso dello stretto congiunto degli attori, in seguito all’ intervento sopradescritto eseguito in data 3.06.2010.

In particolare, va rilevato che in base alla consulenza tecnica d’ufficio, logicamente motivata in base ad argomentazioni scientifiche e condivisibile nelle conclusioni, la condotta del primo chirurgo operante nell’ occasione presso il presidio *** non fu, nell’ esecuzione dell’ intervento, conforme alle leges artis ed alle linee guida temporalmente vigenti.

In particolare, l’ ausiliare del giudice evidenzia che la tecnica e la strategia chirurgica messe in atto dal primo operatore siano state inadeguate, ritenendosi, con criterio di grande probabilità che gli eventi avversi, verificatisi in corso di intervento e nell’ immediato postoperatorio abbiano determinato il decesso del sig. ***.

Rileva il CTU che “il Protocollo Chirurgico messo in atto è consistito nell’ esecuzione di tre diversi tipi di procedure, la prima di tipo conservativo ( Intervento di T. David I), la seconda di tipo sostitutivo (intervento di Bentall), la terza per il confezionamento di by-pass aorto-coronaico con vena safena; quest’ ultima verosimilmente realizzata per avvenuta dissecazione dell’ arteria coronaria destra, arteria dominante e con quadro di normalità, come evidenziato dall’ esame coronarografico eseguito preoperatoriamente in data 20.10.2009 in regime di ricovero ospedaliero. Il tutto ha comportato una lungaggine dei tempi operatori che ha necessitato di circa otto ore di circolazione extra-corporea, di cui cinque ore e ventisei minuti di clampaggio aortico (ischemia miocardica) per una permanenza totale in camera operatoria di quasi quindici ore.

Tutto ciò non è assolutamente conforme alla “normale prassi” di questo tipo di interventi e può essere giustificato come un fallimento del programma operatorio originario.

Nessun intervento di “ rimodellamento” della radice aortica prevede la sostituzione della valvola, essendo esso, per sua natura, un intervento di tipo conservativo; né tanto meno è prevista l’ esecuzione in by-pass ma semplicemente reimpianto degli osti coronarici.

A ciò va aggiunto che sono state trasfuse numerose sacche di sangue ed emoderivati per una non meglio precisata “ emoragia intra-operatoria” da mettere in relazione con maggiore probabilità ad una genesi chirurgica ( cattiva tenuta delle suture, iatrogena disseccazione o perforazione di un vaso) piuttosto che ad una coagulopatia da consumo, in considerazione sia degli esami di laboratorio eseguiti pre e intraoperatoriamente, sia dalla mancata risposta ai presidi farmacologici messi in atto per il controllo dell’ emorragia.

Altresì non è corretto sottoporre il muscolo cardiaco ad un periodo ischemico così prolungato ( cinque ore e ventisei minuti), pur se in “arresto cardioplegico”.

La comparsa di fibbrillazione ventricolare e la necessità di un’ assistenza meccanica di circolo, rappresentano la testimonianza più evidente del fallimento del programma operatorio originariamente previsto”.

Ad avviso di questo giudicante pur riconducendo la responsabilità del sanitario nell’ ambito dell’ illecito aquiliano, gli attori, alla luce della CTU in atti e delle allegazioni documentali, hanno assolto l’ onere probatorio di cui erano gravati ex art 2697 c.c., dando dimostrazione tanto della colposa condotta illecita del dott. SSS, quanto del danno subito ( decesso dello stretto congiunto), nonché del nesso causale tra la condotta e l’ evento.

Con riferimento ad eventuali responsabilità degli altri sanitari convenuti che hanno partecipato in equipe all’ intervento citato, coadiuvando il dott. SSS, va osservato come il CTU escluda categoricamente un loro coinvolgimento.

Sul punto evidenzia l’ ausiliare del giudice che in ambito cardiochirurgico il primo operatore ha il ruolo di principale esecutore dell’ intervento con appannaggio di esclusiva responsabilità poiché ogni singolo gesto chirurgico in questa disciplina ha il carattere della irreversibilità, non vi è modo per gli altri membri dell’ equipe di porre rimedio ad eventuali inadeguatezze di tecnica operatoria.

Conclude pertanto il CTU che, con riferimento tanto all’ aiuto Chirurgo ( dott. PPP) quanto alle altre figure professionali coinvolte nell’ intervento ( in particolare, dott. III, anestetista), dalla cartella clinica in atti e dalle scarne informazioni ivi riportate non si evincono profili di responsabilità ascrivibili alla loro attività da mettere in correlazione con l’ insuccesso dell’ intervento.

Sul punto va rilevato che l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano però evidenti e non settoriali ( cfr. Cass. civ. n. 2060/2018).

Infatti, va riconosciuto il principio di affidamento, secondo cui ogni medico è responsabile della propria posizione e non può essere chiamato a rispondere per il lavoro affidato alla professionalità dei colleghi, principio che non può essere invocato solo nel caso in cui si tratti di violazione del dovere di controllo quando la condotta colposa del collega si concretizzi nell’inosservanza delle leges artis, che costituiscono il bagaglio professionale di ogni medico.

Nel caso di specie nessuna prova è stata fornita dall’ attore in merito a condotte del dott. III e del dott. PPP riconducibili a siffatte violazioni.

Ne consegue il rigetto della domanda nei confronti dei citati sanitari.

Con riferimento alla quantificazione del , gli attori hanno richiesto il cd danno da perdita del rapporto parentale di natura prettamente equitativa che viene liquidato secondo i parametri offerti dalle tabelle del Tribunale di Milano e debitamente personalizzato nei limiti dell’ istruttoria espletata.

In particolare, in applicazione delle citate tabelle (aggiornate al 2018) applicate anche presso questo Tribunale, si perviene ad una quantificazione, pari ad € 240.000,00 ciascuno in favore di *** ( moglie) ed € 240.000,00 in favore di ciascun figlio.

Tali somme sono omnicomprensive della cd “personalizzazione”, ovvero ricomprendono tutte le componenti morali ed esistenziali del danno non patrimoniale subito.

In concreto si è pervenuti alla suddetta quantificazione, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto emerse alla luce dell’ istruttoria espletata, in realtà piuttosto scarne, essendosi limitati gli attori a produrre uno “Storico di Famiglia”, (personalizzazione danno non patrimoniale ex Cass SU 26972/2008) e nella specie li elementi valutati sono stati: l’ età della vittima (anni 62), l’ età dei parenti sopravvissuti che hanno richiesto il ristoro dei danni , la composizione del nucleo familiare, nonché e con riferimento alla posizione dei figli, la dedotta coabitazione con la vittima.

Con riferimento alla posizione della madre di anni 84 al momento del decesso dello stretto congiunto e non convivente con il figlio equa appare la liquidazione della somma di € 180.000,00

Va osservato che non sono stati forniti ulteriori parametri ( nemmeno evincibili dalle articolate prove orali) tesi alla quantificazione dell’ intensità del legame affettivo con il parente defunto che potesse consentire il riconoscimento di importi più elevati a titolo risarcitorio.

Trattandosi di debito di valore sulla somma sopra liquidata andrà calcolato anche il lucro cessante per il mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento, somma che – ove posseduta ex tunc – sarebbe stata presumibilmente investita per ricavarne un lucro finanziario.

Tale importo va determinato equitativamente ex art. 2056 cod.civ. secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. Sez. Un. 17.2.1995 n.1712) con il metodo seguente:

a base di calcolo va posta non la somma sopra liquidata per ciascuno anno( cioè rivalutata ad oggi) ma l’originario importo rivalutato anno per anno;su tale importo va applicato un saggio di rendimento equitativamente prescelto, tenuto conto di quello inferiore tra la media ponderata di rendimento dei titoli di Stato e la media ponderata degli interessi legali ;tale saggio va computato sul predetto importo dalla data dell’evento dannoso ad oggi.

Con riferimento all’ azione di regresso formulata dalla JJJ spa nei confronti del dott. SSS, va osservato che tale domanda non si fonda infatti sul rapporto negoziale intercorso con il professionista, bensì sul diritto riconosciuto dall’ordinamento a ciascun corresponsabile di un evento dannoso di agire in regresso nei confronti degli altri per la ripartizione interna, sulla base della gravità delle rispettive colpe e dell’entità delle conseguenze dannose che ne sono derivate” (art. 2055 comma 2 c.c.).

Sul punto va osservato che la responsabilità a titolo contrattuale della struttura convenuta per i danni occorsi al paziente in conseguenza della condotta del medico, costituisce una responsabilità autonoma, rispetto a quella del sanitario ( oramai ricondotta nell’ alveo dell’ art 2043 c.c.), ed è inquadrabile nello schema dell’art. 1228 c.c. (avente natura oggettiva), dal momento che l’esecuzione dell’intervento chirurgico era avvenuta avvalendosi della struttura stessa e della sua organizzazione ( cfr. Cass. civ. n. 18610/2015).

Pertanto, ai fini del regresso, devono graduarsi le rispettive responsabilità nei rapporti interni tra condebitori tenendo conto della gravità delle colpe e della incidenza delle rispettive condotte nella causazione dell’ evento dannoso.

Nel caso di specie, tenuto conto che dalla CTU in atti, non è emersa alcuna responsabilità della struttura convenuta in relazione alle obbligazioni “tipiche” del contratto di spedalità con il paziente *** , comprensivo accanto a servizi di tipo “latu sensu” alberghieri, anche di obblighi di messa a disposizioni del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze; ne consegue l’ accoglimento in toto dell’ azione di regresso della Struttura essendo stato accertato che il decesso del paziente è ascrivibile ad un errore tecnico ed operativo (perizia) nell’ esecuzione dell’ intervento da parte del dott. SSS.

Pertanto, e in caso di risarcimento del danno da parte della JJJ spa per effetto della presente sentenza, il dott. SSS sarà tenuto a tenerla indenne di quanto dovuto agli attori.

Né vi è spazio per una corresponsabilità, nei rapporti interni, per culpa “ in eligendo” della struttura convenuta, derivante dalla circostanza di essersi avvalsa della collaborazione del professionista autore dell’ illecito ( cfr all. 5 copia contratto di collaborazione libero professionale del dott. SSS con l’ ***), atteso che nessuna dimostrazione a riguardo è stata fornita in merito all’ inadeguatezza professionale del dott. SSS, né che questa fosse “evincibile ex ante” .

Ne consegue in ragioni delle argomentazioni che precedono il rigetto dell’ azione di regresso e rivalsa formulata dal sanitario nei confronti della Struttura non fondata da alcun riferimento normativo e comunque infondata.

Analogamente esplorativa ed inammissibile è l’ azione di manleva proposta dal dott. SSS nei confronti della Compagnia Assicurativa con la quale sarebbe assicurata la JJJ spa, della quale non si conoscono nemmeno gli estremi.

Le spese di giudizio, tra gli attori e la JJJ spa nonché il dott. SSS seguiranno la soccombenza e sono poste in solido a carico di questi ultimi.

Con riferimento ai restanti rapporti processuali, la complessità in fatto delle questioni affrontate, necessitanti di un approfondito esame tecnico (CTU medica) giustifica la compensazione delle spese di causa.

Le spese di CTU graveranno sulla JJJ spa ed il dott. SSS in solido

PQM

il Tribunale, in funzione monocratica, nella persona del dott., definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così provvede:

1) Accerta l’ esclusiva responsabilità del dott. SSS e della JJJ spa in relazione alla morte di *** e, per l’ effetto, accoglie per quanto di ragione la domanda risarcitoria proposta da XXX, YYY, ZZZ, KKK, ZZZ nei confronti della JJJ spa e del dott. SSS e condanna SSS e la JJJ spa in solido al pagamento in favore di XXX della somma di € 180.000,00 oltre lucro cessante ed interessi come in motivazione ed in favore di YYY, ZZZ, KKK, ZZZ della somma complessiva di € 240.000,00 ciascuno, oltre lucro cessante come da parte motiva ed interessi dalla sentenza ad effettivo soddisfo;

2) In accoglimento dell’ azione di regresso proposta dalla JJJ spa condanna il convenuto SSS a manlevare la JJJ spa di quanto pagato agli attori per effetto della presente sentenza;

3) Condanna i convenuti SSS e JJJ spa in solido a rimborsare in favore degli attori le spese del presente giudizio, che si liquidano, in € 1480,00 euro per spese, € 23.000,00 per competenze oltre IVA e CPA come per legge, ponendo definitivamente a carico dei convenuti in solido le spese di CTU medico –legale;

4 ) Rigetta ogni altra domanda;

5) Compensa per il resto le spese di causa.

Così deciso in Latina il 23.02.2019

IL GIUDICE

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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