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Codice Penale

Rigettata opposizione a sanzione per lavoro nero

La sentenza conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in caso di lavoro nero, la regolarizzazione del lavoratore non è sufficiente ad ottenere la riduzione della sanzione se il rapporto non viene mantenuto per almeno tre mesi. L’impossibilità di mantenere in servizio il lavoratore, anche se non dipendente dalla volontà del datore, non consente l’applicazione della diffida e il pagamento della sanzione ridotta.

Pubblicato il 19 September 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale Ordinario di Rimini SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._820_2024_- N._R.G._00000084_2024 DEL_12_09_2024 PUBBLICATA_IL_12_09_2024

nella causa civile iscritta al n. r.g. 84/2024 promossa da: (c.f.)
in proprio e nella qualità di titolare della omonima ditta individuale (p.i. )
con sede legale a Rimini (RN) in INDIRIZZO oggi cessata;
rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME del foro di Rimini e NOME COGNOME del Foro di Forlì-Cesena entrambe con studio in Rimini (RN), alla INDIRIZZO – OPPONENTE – CONTRO (C.F. persona del legale rappresentante pro tempore ;
rappresentato e difeso dai funzionari incaricati NOME COGNOME , NOME COGNOME , NOME COGNOME , NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso la sede dello stesso in Rimini (RN), INDIRIZZO OPPOSTO – Le parti concludono come da rispettivi atti

MOTIVAZIONE

L’opposizione proposta da in proprio e nella qualità di titolare della omonima ditta individuale avverso l’Ordinanza Ingiunzione n. 9504 emessa dal Dirigente dell’ di Rimini in data 04/12/2023 è immeritevole di accoglimento.

I fatti presi a riferimento dell’Ordinanza Ingiunzione n. 9504 del 04/12/2023 sono quelli accertati dagli ispettori dell’ di Rimini a seguito di accesso C.F. Con Con ispettivo effettuato in data 05/06/2018 , contestati con verbale unico di accertamento e notificazione prot. n. 12831 del 24/05/2019 e poi riferiti, ai sensi degli artt. 17 e 35 della L.689/81, con rapporto n. 187/2020, prot. n. 19064 del 17/09/2020.

In particolare vengono contestate la violazione delle seguenti disposizioni in materia di lavoro :
la violazione dell’art. 3, co.3, legge 23/04/2002, n.73, come sost. dall’art. 22, comma 1, D. Lgs. n. 151/2015, per aver impiegato il giorno 05/06/2018 i lavoratori senza aver provveduto ad effettuare la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro nonché la violazione dell’art. 39, commi 1 e 2 D.Lgs n. 112/2008 convertito dalla L. n. 133/2008 come sost. dall’art. 22, comma 5, D. Lgs. n. 151/2015 per avere infedelmente registrato sul LUL i dati relativi al lavoratore con riferimento al mese di giugno 2017.

Nel merito va detto che , avendo il provveduto alla regolare assunzione dei medesimi lavoratori come previsto ex. art. 22 del d.lgs. 14.09.2015 n. 151 effettuando in data 26.09.2019 il versamento F23 dell’importo totale di €. 4.658,25 relativo alle sanzioni per le violazioni contestate , la materia del contendere è limitata alla posizione della lavoratrice adibita al lavoro in assenza di regolarizzazione il giorno dell’accesso ispettivo (05/05/2018) e successivamente regolarizzata con decorrenza dalla predetta data mediante il pagamento della sanzione minima pur non essendo stata la stessa mantenuta in servizio per la durata di tre mesi dalla sua assunzione.

Condizione questa espressamente prevista dalla legge per beneficiare del pagamento delle sanzioni al minimo edittale, disponendo l’art. 22 del D.Lgs n. 151/2015 comma 3-ter , la procedura della diffida, reintrodotta proprio dal predetto decreto, prevede “…in relazione ai lavoratori irregolari ancora in forza presso il datore di lavoro e fatta salva l’ipotesi in cui risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo, la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario di lavoro non superiore al 50% dell’orario a tempo pieno, o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi, nonché il mantenimento in servizio degli stessi per almeno tre mesi. In tale ipotesi, la prova della avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle sanzioni e dei contributi previsti, ai sensi dell’art. 13, comma 5, D.Lgs n. 124/2004, è fornita entro il termine di 120 giorni dalla notifica del relativo verbale…”.

A sostegno delle sue ragioni la parte opponente sostiene che il mancato mantenimento in servizio per tre mesi della lavoratrice non sarebbe imputabile al datore di lavoro essendo dipeso dalla libera scelta della stessa lavoratrice di dimettersi volontariamente :
circostanza di fatto questa estranea alla volontà del datore di lavoro il quale non potrebbe di certo subirne le conseguenze economiche sfavorevoli e punitive previste dalla specifica normativa dianzi richiamata.

L’assunto appare peraltro destituito di fondamento.

L’art. 22 del D. Lgs. 151/2015 (che ha sostituito l’art. 3, comma 3, del D.L. 12/2002, convertito, con modificazioni, nella L. 73/2002) ha apportato importanti modifiche al regime delle sanzioni riferite ad alcune fattispecie di illeciti, fra cui quella in materia di lavoro nero, introducendo una sanzione graduata “per fasce” in relazione alla durata del comportamento illecito:
da € 1.500,00 ad € 9.000,00 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
da € 3.000,00 ad € 18.000,00 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro;
da € 6.000,00 ad € 36.000,00 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.

La medesima disposizione ha reintrodotto, inoltre, la diffidabilità della maxi sanzione ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs.
124/2004.

Nei confronti dei lavoratori irregolari trovati in forza all’atto dell’accesso ispettivo, si ottempera alla diffida nel termine complessivo di 120 giorni dalla notifica del verbale unico, mediante la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, dei seguenti adempimenti che sono cumulativi e non alternativi:
la regolarizzazione dell’intero periodo di lavoro prestato “in nero” secondo le modalità accertate ivi compreso il versamento dei contributi e premi;
la stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma;
il mantenimento in servizio del lavoratore per almeno tre mesi e cioè almeno 90 giorni di calendario, da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi e dei premi scaduti entro il termine di adempimento.

(Sul punto si precisa che il periodo minimo di 3 mesi di mantenimento in servizio del lavoratore deve essere calcolato “al netto” del periodo di lavoro prestato “in nero”, il quale deve essere comunque regolarizzato.

Pertanto il contratto deve decorrere dal primo giorno di lavoro “in nero”, mentre il periodo di 3 mesi di cui sopra andrà calcolato dalla data dell’accesso ispettivo) ;
il pagamento della maxi sanzione.

La circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 26 del 12/10/2015 in merito all’applicabilità della diffida stabilisce chiaramente che:
” …Va inoltre precisato che l’adempimento alla diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima che, in qualche misura, bilancia gli oneri sostenuti dal datore per il mantenimento del rapporto di lavoro.

Ne consegue che, in assenza di un effettivo mantenimento del rapporto di lavoro per almeno 3 mesi entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale, qualunque ne sia la ragione, non potrà ritenersi adempiuta la diffida”.

Ne deriva che , come già ritenuto dalla Corte di Appello di Bologna con sentenza n.3972022 in data 13�52022 e dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 33321 in data 7�62021 , qualunque sia la ragione ostativa al mantenimento del rapporto di lavoro per il periodo prescritto dalla legge – quindi anche nel caso in cui trattasi di cause non imputabili al datore di lavoro – è preclusa l’applicabilità della diffida e dei conseguenti benefici sanzionatori.

Sul punto si è pronunciata anche la Corte di Appello di Genova con sentenza n. 105/2019 del 25/03/2019 con la seguente condivisibile motivazione:

“… Come correttamente evidenziato dal Tribunale, per essere ammessi alla procedura di diffida ai sensi dell’art. I 3 del d.lgs. n.124/2004, con conseguente possibilità di pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 3, occorrono, quindi, due condizioni:
1) il mantenimento in servizio dei lavoratori irregolari ancora in forza presso il datore di lavoro per almeno 3 mesi, 2) il pagamento delle sanzioni e dei contributi e premi previsti entro 120 giorni dalla notifica del verbale.

Nel caso di specie è pacifico che dette condizioni non si sono verificate e deve escludersi, come ritenuto dal Tribunale, che il mancato rispetto di dette condizioni sia giustificato dalla buona fede o dall’impossibilità ad adempiere come sostenuto dagli appellanti Ancora va osservato che il tenore dell’art. 22 comma 3 ter rivela chiaramente come l’adempimento alla diffida costituisca elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima, senza che sussista uno spazio per valutare le ragioni del mancato adempimento e, quindi, anche l’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al datore di lavoro.

E ciò anche considerato che l’ammettere la possibilità di valutare nel merito i motivi dell’inadempimento lascerebbe spazio a condotte anche non legittime, come un accordo fra il datore di lavoro ed il lavoratore finalizzato esclusivamente ad usufruire della riduzione della sanzione evitando nel contempo gli oneri di una regolare assunzione per almeno tre mesi.

Va infine considerato che, proprio perché l’art. 22 comma 3 ter introduce una agevolazione in favore di un soggetto che è sottoposto a sanzione per aver posto in essere una condotta gravemente illecita, è del tutto consequenziale che detta agevolazione non possa operare in mancanza di una delle condizioni richieste, senza possibilità di valutare le ragioni del suo non avveramento e quindi anche se non si sia verificata per causa non imputabile al datore di lavoro. l’interpretazione del primo giudice, condivisa da questa Corte, è in linea con quanto sostenuto dal nella circolare n. 26/2015 e se è vero che la circolare non è certo vincolante, è altresì vero che nulla osta a che, ove convincente, possa essere seguita nell’interpretazione del dato normativo “.

Quanto alle spese , va considerato che il fatto di aver regolarizzato la dipendente dopo l’accesso ispettivo non può certo configurare un giusto motivo per la compensazione.

Se così fosse si ricollegherebbero alla regolarizzazione due effetti favorevoli a chi comunque la normativa l’ha violata:
il primo l’applicazione del beneficio, il secondo la compensazione delle spese nonostante la soccombenza.

Le spese di lite , in dispositivo liquidate , seguono la soccombenza.

PER QUESTI MOTIVI IL TRIBUNALE ORDINARIO DI RIMINI in composizione monocratica

Visto l’art. 22 e segg. L. 68981 pronunziando in via definitiva sulla opposizione proposta da con ricorso depositato in data 11�12024 , disattesa ogni altra istanza, eccezione o deduzione, così provvede, in contraddittorio con l’ di Rimini :
1) Rigetta l’opposizione.
2) Condanna la parte opponente alla rifusione in favore dell’ di Rimini delle spese processuali consistenti nel compenso del difensore che ai sensi del regolamento n. 147 del 2022 e tenuto conto del disposto di cui all’art. 152 bis cpc si liquidano in complessivi euro 1.938,00 ( di cui euro 253,00 a titolo di rimborso spese forfettarie ), oltre I.V.A. e C.P.A. nella misura di legge.
Così deciso in Rimini, all’udienza pubblica del giorno 12�92024.
IL NOME COGNOME
Con

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