TRIBUNALE ORDINARIO di VENEZIA
Sezione specializzata in materia di impresa
RG 9942/2024
Il Tribunale, riunito in camera di consiglio nella persona dei seguenti magistrati Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME relatore ed estensore Dott.ssa NOME COGNOME a scioglimento della riserva assunta ha pronunciato la seguente
ORDINANZA N._R.G._00009942_2024 DEL_01_10_2024 PUBBLICATA_IL_03_10_2024
nel procedimento in epigrafe, proposto ex art. 669 terdecies cpc da con l’avv. NOME COGNOME reclamanti – contro con l’avv NOME COGNOME reclamata – * * * hanno interposto reclamo avverso l’ordinanza 06/05/2024, che ha confermato la descrizione richiesta dalle odierne reclamanti con ricorso depositato in data 11.09.2023, rigettando le altre domande cautelari.
A fondamento del ricorso introduttivo, le società ricorrenti (di seguito anche chiamate unitariamente ), la prima unica socia accomandataria e affittuaria di ramo di azienda della seconda, si sono qualificate come società leader nel settore del mercato dei falsi telai, controtelai e monoblocchi /cassonetti ed hanno premesso di essere, rispettivamente, licenziataria e titolare di due brevetti utilizzati per la realizzazione di strutture di cassonetti prefabbricati.
Hanno allegato di avere intrattenuto, dal 2018 al 2020, rapporti con la società in forza dei quali la resistente acquistava prodotti da (anche cassonetti realizzati utilizzando i suddetti brevetti) e li rivendeva a terzi, provvedendo, in talune occasioni, anche alla loro posa in opera.
Gli accordi prevedevano che detti prodotti potessero essere venduti apponendovi il marchio della Le ricorrenti hanno dedotto che, nel 2020, manifestava a l’intenzione di realizzare anche un catalogo a proprio marchio, contenente i prodotti realizzati con i brevetti , con il fine di proporli sul mercato milanese, in vista di una possibile espansione ulteriore del mercato a vantaggio di entrambe le società.
Hanno esposto di avere dato, nel corso di alcuni colloqui informali, una disponibilità di massima che tuttavia non era poi sfociata in un accordo, essendosi poi interrotti i rapporti commerciali tra le parti nel luglio del 2020.
Le ricorrenti hanno poi esposto di avere appreso, solo in data 29 maggio 2023, che la resistente, senza avere ottenuto l’autorizzazione di , aveva realizzato e pubblicato un catalogo sostanzialmente identico al proprio, che pubblicizzava i prodotti coperti dai brevetti e conteneva, in allegato, anche due disegni tecnici che facevano parte del loro know how.
Sostenevano dunque che , pur cessati i rapporti commerciali con , avesse utilizzato tale catalogo per pubblicizzare e vendere prodotti realizzati utilizzando i loro brevetti:
hanno infatti allegato di avere appreso che almeno tre potenziali clienti, dopo avere ricevuto un preventivo da non avevano concluso l’affare ed avevano invece accettato un’offerta di Tecnico, a prezzi decisamente inferiori, desumendo che tale proposta fosse stata realizzata mediante offerta in vendita di prodotti in contraffazione, e pubblicizzati mediante il catalogo copiato.
Parte ricorrente ha poi rappresentato che il suddetto catalogo (di seguito detto anche primo catalogo) era stato rimosso dalla rete e sostituito da un altro catalogo, pubblicato nel giugno 2023 (di seguito secondo catalogo), il quale, pur non pubblicizzando prodotti realizzati con i brevetti , conteneva molti elementi in comune al catalogo e, in ogni caso, attribuiva ai prodotti ivi pubblicizzati delle caratteristiche proprie dei prodotti , quali il valore fonoisolante e di trasmittanza, che in realtà non erano presenti nei prodotti offerti in vendita. Ha quindi prospettato:
La violazione dei propri brevetti mediante commercializzazione o comunque offerta in vendita dei prodotti di cui al primo catalogo, identico a quello di RAGIONE_SOCIALE;
tale condotta viene prospettata anche quale concorrenza sleale confusoria, e comunque rilevante ex art. 2598 n. 2 e 3 cc;
Violazione degli art. 98 e 99 cpi mediante la pubblicazione, in entrambi i cataloghi, di due disegni tecnici di *** che costituivano segreti commerciali;
Concorrenza sleale per appropriazione di pregi data dalla pubblicazione del secondo catalogo.
Dette condotte sono prospettate anche come illeciti aquiliani ex art. 2043 cc. o comunque inadempimento contrattuale.
Le ricorrenti hanno dunque chiesto la descrizione, l’inibitoria, il ritiro dal commercio, la fissazione di una penale e il sequestro giudiziario di tutti i prodotti di cui al primo catalogo eventualmente presenti La resistente, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito la carenza di legittimazione ad agire di difettando la prova dell’esistenza di un titolo che comprovasse il suo diritto di utilizzare i brevetti azionati.
Quanto al merito, ha affermato che il primo catalogo era stato pubblicato a seguito di accordi intercorsi nel 2018 e nell’ambito dei rapporti commerciali intrattenuti con la ricorrente.
Ha negato di avere di avere realizzato o venduto prodotti interferenti con i brevetti , come del resto confermavano anche le risultanze della descrizione, nel corso della quale alcun prodotto realizzato con i brevetti era stato rinvenuto.
Ha quindi sostenuto che il primo catalogo non era più stato utilizzato dal settembre 2020, quando era stato fatto stampare il secondo catalogo, ed era rimasto sul sito web sino al maggio 2023 solo perché il sito non era stato aggiornato.
Ha contestato che i disegni tecnici allegati ai cataloghi fossero segreti commerciali tutelabili ex art. 98 e 99 cpi, adducendo che si trattava di mere istruzioni destinate a circolare presso il pubblico e comunque non vi era prova del fatto che parte ricorrente avesse adottato misure idonee a mantenerle segrete.
Ha poi osservato che i disegni presenti nel secondo catalogo erano diversi, per tipologia, quote e misure, da quelli di Ha quindi contestato le domande cautelari incentrate sulla pubblicazione del primo catalogo, trattandosi di condotte non attuali essendo pacifica la rimozione dello stesso.
Ha poi negato che la pubblicazione del secondo catalogo integrasse concorrenza sleale, osservando, sul punto, che le caratteristiche, sia grafiche che tecniche, del catalogo erano comuni a tutti i cataloghi dei prodotti del settore.
Ha poi prodotto certificazioni attestanti le caratteristiche tecniche dei propri prodotti.
Ha quindi chiesto il rigetto del ricorso.
Il Giudice designato, respinta l’eccezione di difetto di legittimazione attiva, ha confermato la descrizione ma ha rigettato le altre misure cautelari, adducendo:
che la contraffazione dei brevetti non era stata provata, non essendo stato rinvenuto, in corso di descrizione, alcun prodotto interferente e non essendovi prova alcuna che i prodotti venduti ai clienti asseritamente sottratti a RAGIONE_SOCIALE fossero realizzati utilizzando i brevett i di RAGIONE_SOCIALE;
che nemmeno vi era prova che RAGIONE_SOCIALE avesse effettuato delle offerte commerciali basate sul primo catalogo, che in ogni caso era stato rimosso dal sito web dalla fine di maggio 2023;
che la pubblicazione del secondo catalogo non dava luogo a condotte di concorrenza sleale, poiché la mera copiatura dei dati non è di per sé sufficiente ad integrare la fattispecie di concorrenza sleale per appropriazione di pregi, che richiede un quid pluris, ossia l’indebita acquisizione di meriti non posseduti e posseduti dall’impresa concorrente, in modo da nel settore del riferimento e non costituivano dunque pregio della società ricorrente.
Ha poi osservato che parte resistente aveva prodotto in giudizio i certificati relativi all’isolamento acustico e i valori di trasmittanza termica, rilasciati in favore della stessa, in conformità alle norme ISO;
che i disegni tecnici non potevano qualificarsi come segreti commerciali, non avendo parte ricorrente dimostrato di avere adottato misure idonee a temerli segreti nel caso in cui detti disegni fossero divulgati a soggetti terzi.
Nel proporre reclamo, ha proposto i seguenti motivi:
1) Erronea liquidazione delle spese di lite di descrizione a carico di parte ricorrente:
COGNOME adduce che, avendo il Giudice confermato la descrizione, le spese relative si sarebbero dovute porre a carico di parte resistente, non rilevando la circostanza che, nel corso delle operazioni, non si fossero rinvenute prove dell’usurpazione dei brevetti:
si tratterebbe di un posterius che non farebbe venir meno la sussistenza dei presupposti per la descrizione;
2) Erronea valutazione del Giudice di prime cure circa l’assenza dei presupposti della tutela ex art. 98 e 99 cpi nei disegni tecnici:
La reclamante sostiene che, contrariamente a quanto dedotto dal primo giudice, la dicitura contenuta nel cartiglio dei disegni tecnici di RAGIONE_SOCIALE – dal seguente tenore:
“Il presente disegno è di proprietà “ RAGIONE_SOCIALE” vietata l’a pplicazione, la riproduzione e la divulgazione a termini di legge” – dovrebbe ritenersi sufficiente a mantenere segreti detti documenti anche all’esterno dell’azienda, posto che, dalla lettura della stessa, emergerebbe chiaramente che le imprese costruttrici-clienti, che ricevevano in consegna i disegni in questione, non potessero diffonderli ed utilizzarli per un proprio esclusivo vantaggio.
Il Giudice, ritenendo necessaria la sottoscrizione di accordi di riservatezza, avrebbe dunque erroneamente interpretato la giurisprudenza rilevante in materia.
*** sostiene inoltre che l’ordinanza non si sarebbe pronunciata sulle deduzioni, proposte in via subordinata, che valorizzavano la pubblicazione di tali disegni tecnici anche quale concorrenza sleale o comunque illecito aquiliano o come inadempimento contrattuale;
3) Erronea valutazione delle condotte di concorrenza sleale;
omesso esame delle condotte prospettate come illecito aquiliano o inadempimento contrattuale.
Parte reclamante ha evidenziato che, in sede di descrizione, le indagini si erano soffermate esclusivamente sui prodotti coperti da brevetto e ha dedotto che il mancato rinvenimento di prodotti interferenti con i propri brevetti non escluderebbe la possibilità che la resistente utilizzi ancora il primo catalogo per pubblicizzare o vendere prodotti Quanto al secondo catalogo, , nel ripercorrere le difese di prime cure, si è nuovamente resistente.
In particolare, la reclamante ha sostenuto che i valori di isolamento acustico e i valori di trasmittanza termica, indicati nel secondo catalogo, non corrisponderebbero a quelli, meno performanti, dei prodotti venduti da , ma sarebbero invece propri dei prodotti.
La differenza anche di pochi decibel tra i valori fonoisolanti effettivi e quelli dichiarati sarebbe rilevante, poiché si tratterebbe di prestazioni tecniche determinanti nella scelta del consumatore.
L’ordinanza cautelare sarebbe poi erronea nella parte in cui avrebbe valutato in modo eccessivamente sommario le caratteristiche tecniche illustrate da parte ricorrente come indizi dell’appropriazione di pregi.
Inoltre, il provvedimento reclamato, non avrebbe considerato alcuni aspetti evidenziati dalla parte ricorrente, dati, in particolare, dai disegni di cui alle pagine 54 e 55 del nuovo catalogo Tecnico (pagg. 14 e 15 del primo catalogo) perfettamente uguali alle Tavole 36 e 36a di RAGIONE_SOCIALE
che sarebbero stati esaminati solo nella parte riferita ai segreti commerciali.
L’ordinanza non avrebbe infine considerato che le parti copiate sarebbero numerosissime e che pertanto la loro copiatura, tenendo conto dei dati nel loro insieme, integrerebbe concorrenza sleale per agganciamento parassitario.
ha poi ribadito che applica prezzi inferiori a quelli di con conseguente ulteriore illegittimo sviamento di clientela e confusione.
Parte resistente si è costituita, chiedendo il rigetto del reclamo e reiterando, sostanzialmente, le difese assunte in prime cure.
1) Sulla liquidazione delle spese di lite L’ordinanza reclamata, facendo corretta applicazione dell’art. 669 septies cpc, ha esplicitato in modo chiaro che la liquidazione delle spese di lite si riferiva esclusivamente alle misure cautelari aventi natura anticipatoria e al sequestro giudiziario, tutte rigettate.
L’ordinanza ha invece espressamente riservato alla fase di merito la liquidazione delle spese di descrizione, essendo infatti necessario, in base al disposto dell’art. 669 octies cpc, demandare al merito la statuizione sulle spese riferita ai provvedimenti cautelari destinati a perdere efficacia qualora il giudizio di merito non sia proposto nel termine di legge, tra i quali, appunto, si annovera la descrizione.
L’ordinanza è pertanto corretta, essendo dunque infondato il primo motivo di reclamo.
2) Sul primo catalogo In relazione al primo catalogo, è sufficiente osservare che, per circostanza pacifica, la pubblicazione del dépliant è cessata alla fine del mese di maggio 2023.
l’analisi delle questioni prospettate da parte reclamante, che potranno eventualmente rilevare in relazione alla proponenda domanda risarcitoria.
Le deduzioni di , secondo cui RAGIONE_SOCIALE ben potrebbe utilizzare ancora il primo catalogo, eventualmente in formato cartaceo, per commercializzare i relativi prodotti, oltre a non essere state sviluppate in prime cure si fondano su mere congetture che non trovano alcun supporto probatorio, ancorché di carattere indiziario:
difetta dunque il requisito del fumus boni juris necessario alla concessione delle misure cautelari dell’inibitoria e degli altri provvedimenti richiesti da parte ricorrente.
3) Sui disegni tecnici Le censure riferite ai disegni tecnici si concentreranno, in ragione di quanto esposto circa il primo catalogo, sui disegni allegati al secondo catalogo.
Si tratta di due tavole tecniche, pubblicate da Tecnico alle pag. 54 e 55 del secondo catalogo (cfr. doc. n. 12 di parte ricorrente in prime cure) che, a dire di , riprodurrebbero due disegni tecnici facenti parte del loro know how, denominate tavole 36 e 36 a, e prodotte come doc. n. 24 e 25.
Ritiene il Collegio che sul punto il reclamo sia infondato, per le ragioni che seguono.
Come ben chiarito dal primo Giudice, fine di soddisfare il requisito di cui all’art. 98, lett. c), cpi, è necessario adottare delle misure di sicurezza funzionali a preservare la segretezza dei dati non solo all’interno dell’azienda (attraverso accorgimenti idonei da un lato a rendere nota a dipendenti e collaboratori la natura segreta del dato in questione, dall’altro a prevenire accessi abusivi da parte di dipendenti non autorizzati o di estranei), ma anche al suo esterno, nei confronti dei soggetti terzi che acquisiscano la disponibilità dei dati stessi nell’ambito dei rapporti intrattenuti con il titolare della privativa. L’adeguatezza delle misure deve essere valutata tenendo conto delle peculiarità del caso concreto e quindi della natura delle informative, della loro funzione e delle caratteristiche dei soggetti terzi alle quali dette informazioni vengono divulgate Nel caso in esame, trattandosi di documenti tecnici funzionali alla corretta installazione di cassonetti e destinati pertanto non solo a circolare all’interno di Tecnico, soggetto terzo rispetto alla titolare del disegno, ma anche presso i cantieri ove i prodotti venivano posati in opera, e quindi ad essere maneggiati da una vasta platea di soggetti, quali dipendenti di Tecnico o maestranze da quest’ultima ingaggiate per la posa in opera dei prodotti, ritiene il Collegio che dovesse informare adeguatamente circa il valore segreto dei disegni, ed altresì farle sottoscrivere l’obbligo di non divulgarli a terzi. di una dicitura apposta unilateralmente dall’azienda, la quale tuttavia non ha allegato e nemmeno comprovato di avere adottato delle misure volte a renderla vincolante nei confronti dei soggetti terzi, ad esempio attraverso la stipula di accordi di riservatezza o l’applicazione di sanzioni per il caso di violazioni.
La sentenza del Tribunale di Milano, citata da (doc. n. 48), non è stata interpretata in modo corretto da parte reclamante.
La pronuncia meneghina, dopo avere ribadito i principi più volte enunciati dalla giurisprudenza di merito e di legittimità in relazione ai presupposti di segretezza di cui all’art. 98 cpi, ha rilevato che, nel caso trattato, oltre ad una dicitura analoga a quella utilizzata , il vincolo di segretezza era confermato ed espressamente inserito nel contratto di fornitura.
La pronuncia ha quindi valorizzato non solo la dicitura sul cartiglio, ma anche la presenza di un esplicito accordo di riservatezza, ed ha espressamente ritenuto che l’accesso da parte di terzi ai documenti segreti non comportasse pregiudizio rispetto all’efficacia delle misure adottate dall’impresa al fine di tutelare la segretezza dei dati, poiché era “evidentemente conseguente al rapporto contrattuale esistente con la titolare di tali disegna e della consapevolezza di tali fornitori dell’esistenza di tali vincoli e dei limiti connessi alla ricevuta disponibilità dei documenti stessi” (Cfr. doc. n. 48 di parte reclamante, pag. 44).
Il Collegio ritiene pertanto che il Giudice di prime cure abbia fatto corretta applicazione dei principi rilevanti in materia, non essendovi ragioni per riformare l’ordinanza reclamata.
A ciò si aggiunga che, come riconosciuto dalla stessa reclamante, trattandosi di istruzioni di montaggio, il valore economico dei disegni tecnici in questione era dato dall’insieme dei dati contenuti dei disegni, quali le informazioni per la preparazione del foro architettonico e l’illustrazione degli ingombri del monoblocco, con le relative misure, funzionali da un lato a velocizzare le operazioni di installazione, dall’altro a ridurre il rischio di errori.
La peculiarità dei disegni di è dunque data dalla specifica combinazione di dati utile ad installare un determinato cassonetto, e non altri.
Ebbene, è pacifico che i disegni pubblicati da si riferiscano a cassonetti e impianti diversi da quelli di , e contengano dei dati in parte diversi ( quali misure e quote ), donde , quand’anche si ritenesse che i disegni integrassero informazioni segrete, non sussisterebbe la condotta denunciata, poiché i disegni pubblicati da non riproducono l’esatta combinazione dei dati tecnici che , a detta di parte ricorrente, integravano il know how dei disegni sottratti e che comunque erano destinati a prodotti diversi. Quanto all’asserita omissione di pronuncia sulla concorrenza sleale incentrata sull’utilizzo dei predetti disegni , va ora rilevato che parte ricorrente, per l’ipotesi in cui le tavole tecniche non riservata, la cui sottrazione sarebbe stata comunque idonea ad integrare concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 cc..
In relazione alla concorrenza sleale, parte ricorrente ha invece valorizzato la condotta data dall’utilizzo dei disegni tecnici esclusivamente sotto il profilo della copiatura dei cataloghi e dell’appropriazione di pregi ex art. 2598 n. 2 cc , sulla quale ci si soffermerà nel seguente paragrafo.
4) Sulla pubblicazione del secondo catalogo Appropriazione di pregi In relazione alla pubblicazione del secondo catalogo, va ribadito che, secondo il costante orientamento della Suprema Corte, “La condotta di “appropriazione di pregi”, contemplata dall’art. 2598, comma 1, n. 2, c.c., è integrata dal vanto operato da un imprenditore circa le caratteristiche della propria impresa, mutuate da quelle di un altro imprenditore, tutte le volte in cui detto vanto abbia l’attitudine di fare indebitamente acquisire al primo meriti non posseduti, realizzando una concorrenza sleale per c.d. agganciamento, quale atto illecito di mero pericolo. Segnatamente, “gli atti di appropriazione di pregi si distinguono dagli atti di confusione, in quanto l’illecito sviamento della clientela da essi causato si realizza non a seguito della confusione di identità tra prodotti od attività di imprese distinte, bensì esclusivamente ingenerando nel pubblico la convinzione che un prodotto od un’impresa abbiano le stesse qualità e pregi di quella concorrente.
Il divieto di appropriazione di pregi posto dall’art. 2598, comma 1, n. 2, c.c. intende impedire non propriamente l’inganno del consumatore in ordine alla qualità del prodotto o di un’impresa, ma, ancor prima, la decettività del consumatore riferimento, il quale suggestivamente mutui, da un’esperienza che il consumatore ha fatto con riguardo ad altro prodotto od altra impresa, un risultato positivo, che, invece, il consumatore deve ancora sperimentare per il nuovo prodotto o impresa!
” (Cass. Civ. n. 19954/2021).
Non è dunque sufficiente la mera copiatura di prodotti altrui, ma è necessario che un soggetto attribuisca indebitamente alla propria impresa caratteristiche idonee ad attribuire ad un dato prodotto qualità o requisiti, che lo rendano appetibile sul mercato, appartenenti all’impresa concorrente.
Per integrare l’appropriazione di pregi si deve dunque trattare di qualità specifiche, salienti e peculiari del prodotto concorrente, non standardizzate o comunque non diffuse comunemente tra gli operatori del mercato.
di riferimento.
Diversamente, l’attribuire al proprio prodotto caratteristiche, uguali o anche superiori , rispetto a quelle effettivamente possedute, ancorché coincidenti con quelle di un prodotto altrui, può dare luogo semplicemente a un’enfatizzazione della qualità del proprio prodotto, pratica commerciale assai diffusa che tuttavia non integra concorrenza sleale.
Premesso quanto sopra.
, ritiene il Collegio che le doglianze di parte reclamante siano infondate.
la mera circostanza che alcune fotografie inserite nel catalogo RAGIONE_SOCIALE rappresentino prodotti o particolari di prodotti di RAGIONE_SOCIALE non è sufficiente ad integrare l’illecito denunciato, posto che non viene nemmeno allegata quale sarebbe la peculiare caratteristica tecnica, determinante nell’orientare le scelte del consumatore, e percepibile dalla visione della fotografia, che integrerebbe un pregio di RAGIONE_SOCIALE, e che sarebbe invece assente nei prodotti RAGIONE_SOCIALE.
Si tratta peraltro di prodotti che, come allegato dalla stessa reclamante, sono assai similari tra loro per struttura o conformazione (data ad esempio dall’utilizzo di u formato a U capovolta);
l’utilizzo di diciture similari a quelli di F ALC per catalog ar e i pro pri prodo tti non integra appropriazione di pregi, avendo parte reclamata semplicemente utilizzato codici costituiti da lettere descrittive che costituiscono abbreviazioni di termini tecnici e da numeri rispondenti a determinate caratteristiche o misure, che non possono essere qualificate come un pregio dei prodotti di ***;
l’avere utilizzato un testo simile a quello utilizzato dalla parte reclamante per descrivere le caratteristiche dei propri prodotti integra, al più, l’imitazione di uno stile espositivo di carattere tecnico, che tuttavia non assurge a qualità di pregio della società ricorrente;
la copiatura dei disegni tecnici di cui alle tavole 36 e 36 a) riguarda delle istruzioni sul montaggio dei cassonetti, che non possono essere qualificabili come pregio del prodotto o dell’impresa che le ha realizzate, tale da rendere il prodotto più appetibile sul mercato, né viene allegato che, per la realizzazione di tali disegni tecnici, RAGIONE_SOCIALE abbia ottenuto particolari riconoscimenti nel settore di riferimento;
l’avere inserito, nel catalogo, degli altri disegni tecnici contenenti degli elementi copiati dai disegni tecnici di *** (quali linee trasversali, nomenclature o elementi di dettaglio, o i colori utilizzati per indicare le viti o le guide di alluminio) non integra appropriazione di pregi, poiché non è stato nemmeno allegato, prima ancora che provato, che il disegno copiato si riferisca a delle caratteristiche tecniche che costituiscono in pregio della società ricorrente e che invece siano assenti nella società resistente; nemmeno integra appropriazione di pregi l’avere attribuito, ai propri prodotti, caratteristiche tecniche o valori non possedute da TECNICO, e possedute dall’impresa conco rrente RAGIONE_SOCIALE
Va infatti ribadito che la controversia ha ad oggetto dei beni che, pur con caratteristiche parzialmente diverse, trovano ampia diffusione sul mercato, come dimostra anche la selezione di cataloghi di imprese concorrenti depositati dalla parte reclamante.
Premesso ciò, non è stato nemmeno allegato, prima ancora che dimostrato, che le caratteristiche tecniche di *** meglio indicate nei propri atti difensivi (date ad esempio dai materiali utilizzati, dalle misure , dallo del prodotto, potendosi invece desumere, dalla cognizione sommaria che connota la fase cautelare, e in particolare dall’esame dei cataloghi versati in atti, che tali caratteristiche, pur con le ovvie differenze di dettaglio, siano diffuse nel settore di riferimento.
Con particolare riguardo ai valori fonoisolanti, va precisato che, come emerso dall’istruttoria svolta, parte reclamata non ha falsamente dichiarato di detenere certificazioni non possedute, ma ha indicato dei valori fonoisolanti non esattamente corrispondenti ai propri ma coincidenti con quelli di ***.
Tale circostanza, pur potendo costituire una vanteria, non è sufficiente ad integrare la concorrenza sleale, posto che non viene nemmeno allegato, prima ancora che provato, che i valori fonoisolanti di RAGIONE_SOCIALE, pur frutto di investimenti e ricerche, siano eccellenti o comunque del tutto superiori a quelli delle altre imprese sul mercato, tali appunto da integrare un pregio particolare di RAGIONE_SOCIALE.
Dall’esame dei cataloghi prodotti emerge infatti che molti dei cassonetti pubblicizzati dalle concorrenti posseggono certificazioni analoghe a quelle prodotte dalle odierne contendenti, per valori similari o anche maggiori.
Analoghe considerazioni valgono per il valore di trasmittanza:
RAGIONE_SOCIALE ha allegato che la resistente avrebbe riportato, nella tabella pubblicata sul secondo catalogo, un valore calcolato sul presupposto della presenza di caratteristiche tecniche proprie dei prodotti RAGIONE_SOCIALE ma assenti o comunque incompatibili con i prodotti TECNICO, ma un tanto, per quanto sopra esposto, non integra appropriazione di pregi.
Concorrenza sleale parassitaria.
Nemmeno si ravvisano i presupposti della concorrenza sleale parassitaria ex art. 2598 n. 3 cc.
Sul punto, si osserva che, come correttamente evidenziato dall’ordinanza reclamata, in conformità ai principi più volte espressi dalla Suprema Corte, “La concorrenza sleale parassitaria, ricompresa fra le ipotesi previste dall’art. 2598, n. 3, c.c., consiste in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non tanto dei prodotti ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, mediante comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale; essa si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipici di cui ai precedenti nn. 1 e 2 della medesima disposizione, sicché, ove si sia correttamente escluso nell’elemento dell’imitazione servile dei prodotti altrui il centro dell’attività imitativa (requisito pertinente alla sola fattispecie di concorrenza sleale prevista dal n. 1 dello stesso art. 2598 c.c.), debbono essere indicate le attività del concorrente sistematicamente e durevolmente plagiate, con l’adozione e lo sfruttamento, più o meno integrale ed immediato, di ogni sua iniziativa, studio o ricerca, contrari alle regole della correttezza professionale” ( Cass. Civ. n. 25607/2018). La mera copiatura parziale di un catalogo, e quindi di un’unica iniziativa, peraltro di carattere del tutto ordinario e non integrante un investimento particolarmente rilevante, non può quindi essere Le considerazioni che precedono consentono di escludere anche l’illecito aquiliano, di cui la concorrenza sleale integra una particolare fattispecie, non avendo, parte reclamante, nemmeno allegato gli elementi che consentirebbero di ricondurre la medesima condotta, qualora non ritenuta illecita ai sensi dell’art 2598 cc, nell’alveo del 2043 per ragioni diverse dall’illecito concorrenziale. Va poi escluso l’illecito contrattuale, essendo pacifico che, al momento della pubblicazione del secondo catalogo, i rapporti contrattuali tra le parti erano ormai risolti.
* * * In conclusione ci tutto quanto sin qui esposto, il reclamo va rigettato.
La reclamante, soccombente, va condannata a rifondere, in favore di parte reclamata, le spese di lite, liquidate come in dispositivo, tenendo conto che la tecnica espositiva di parte reclamante (che si presenta disorganica e ridondante) ha appesantito la trattazione.
Sussistono i presupposti per il pagamento, da parte del reclamante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, ai sensi dell’art. 1, comma 17, l. 24/2012 n. 228.
Rigetta il reclamo;
condanna a rifondere, in favore di le spese di lite, che liquida in euro 4.900,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;
dichiara la sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del reclamante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, ai sensi dell’art. 1, comma 17, l. 24/2012 n. 228.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 19 settembre 2024 Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Il Giudice relatore ed estensore Dott.ssa NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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