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Codice Civile
Codice Penale

Rigetto della domanda di nullità di un contratto di mutuo per usura

Il Tribunale ha stabilito che nel caso di un contratto di mutuo con ammortamento alla francese, l’utilizzo dell’interesse composto per la determinazione delle rate non configura anatocismo, in quanto gli interessi sono calcolati solo sul capitale residuo. Inoltre, ha chiarito che la disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi che a quelli moratori, ma non consente la loro sommatoria per la verifica del superamento del tasso soglia. Infine, ha ribadito che l’indice sintetico di costo (ISC) ha solo una funzione informativa e la sua erronea indicazione non comporta la nullità del contratto, ma può dare luogo a responsabilità contrattuale o precontrattuale della banca.

N. R.G. 22753/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO SEZIONE VI
CIVILE in composizione monocratica, in persona del Giudice dott. NOME COGNOME
ha pronunziato la seguente

SENTENZA N._6625_2024_-_N._R.G._00022753_2022_DEL_01_07_2024_PUBBLICATA_IL_02_07_2024

nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale 22753/2022, promossa con atto di citazione notificato in data 1.6.2022 (C.F. ) e (C.F. ), elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende per procura in calce all’atto di citazione, ATTORI CONTRO (C.F. ), in persona di un procuratore speciale, elettivamente domiciliata in Milano INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME, l’avv. NOME COGNOME, l’avv. NOME COGNOME NOME COGNOME l’avv. NOME COGNOME l’avv. NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME che la rappresentano e difendono per procura generale in atti, C.F. C.F. CONVENUTA

OGGETTO: contratto di mutuo.

Gli attori hanno così concluso:
“Voglia l’On.le Tribunale adito, contrariis reiectis, in accoglimento dei motivi esposti in premessa, in fatto e diritto:
1) Accertare che il mutuo de quo sia illegittimo, in ragione del fatto che non è stato, in contratto, stabilito se il T.A.N. abbia un divisore relativo all’anno civile o commerciale;
2) l’Istituto mutuante, per quanto in premessa, ha, nonostante le reiterate formali richieste, di parte ricorrente, volutamente omesso di provare, a mezzo validi documenti contabili, sia il possesso, presso le proprie casse, della somma mutuata, al momento della stipula del mutuo, sia di aver costituito, contestualmente all’emissione degli assegni circolari di cui in contratto, della cauzione di Legge;
3) che, per quanto in premessa, TEG (ai fini antiusura) calcolato è 4,030% e che, per quanto in atto dedotto, atteso il costo (stimato) delle garanzie personali rilasciate dalla sig.ra , il TEG (ai fini antiusura) è pari a 6,740% (superiore al tasso soglia alla stipula pari a 6,255%);
4) per quanto dedotto in atto, in merito al TAEG, in relazione alla normativa in materia di trasparenza, il relativo calcolo dà come risultato dell’applicazione della formula di Legge il valore del 3,905%, difforme da quello indicato in contratto (3,83504%);
5) relativamente alla cd.
“usura in concreto”, il mutuo viola, per quanto dedotto in atto, la Legge n. 108/1996 e successive modificazioni ed integrazioni;
6) la convenuta ha applicato una commissione per la estinzione anticipata del mutuo, del 1% e che tale commissione (peraltro regolarmente incassata) ha determinato un superamento del tasso di soglia di usura, per quanto sopra argomentato;
7) non è stato allegato al contratto il piano di ammortamento, costituendo tale lacuna grave violazione avverso le norme imperative di cui agli artt. 1346 e 1418 II Co.
c.c., accertando, pertanto, la nullità parziale del contratto, quale conseguenza di tale illegittimità;
8) l’Istituto di credito, per quanto verificato nell’elaborato tecnico di parte (non avendo la mutuante consegnato il piano di ammortamento), ha utilizzato, per l’ammortamento del mutuo, il regime di capitalizzazione composta, violando le norme imperative di cui agli artt. 821, 1175, 1195, 1284, 1337, 1346, 1375, 1418 e/o 1419 c.c., 117 e 125 bis.
TUB, 640 c.p. e della normativa antiusura (art. 644 c.p. e Legge n. 108/1996 e successive modificazioni ed integrazioni).
9) Accertare, conseguentemente, per quanto eccepito nel corso del suesteso atto, che le direttive della Banca di Italia, sulla base dell’Ordinamento e per la Cassazione, hanno un mero valore strumentale e non derogativo delle stesse norme.
10) Accertare che la commissione per l’estinzione anticipata, come le altre commissioni e remunerazioni tutte, sulla base del disposto di legge, facciano parte del teg al momento della pattuizione.
11) Ritenere perciò che, per effetto del primo comma dell’art. 644 c.p e dell’art. 1815 c.c secondo comma, il mutuo de quo sia usurario e non sono dovuti interessi, intesi per quanto argomentato in premessa e sulla base del noto principio di unicità della nozione di interessi nella materia di usura, quale non debenza di alcuna commissione e remunerazione.
11) accertare, in ogni caso, come l’istituto avverso abbia agito in dispregio delle norme di Legge sopra indicate, perpetrando, tra l’altro, il reato di usura, trasmettendo, se del caso, gli atti del presente giudizio alla Procura della Repubblica competente.
12) Condannare, perciò, l’Istituto di credito convenuto alla refusione, in favore dei mutuatari, delle somme complessivamente pagate a titolo di interessi per il mutuo, oltre interessi legali e rivalutazione delle somme dalle singole scadenze.
Col favore delle spese, onorari, spese generali e degli emolumenti di causa, da attribuirsi al sottoscritto difensore, i quali dichiarano di averne fatto anticipo ex art. 93 c.p.c..

Ai fini istruttori si chiede al Tribunale, l’ammissione della C.T.U. volta ad accertare le violazioni di Legge eccepite nel presente atto, a seguito di ricostruzione, giuridico – contabile del mutuo oggetto di giudizio, sulla base dei documenti prodotti e producendi.

Ai sensi dell’art. 210 c.p.c. si chiede al Tribunale adito di voler ordinare, alla convenuta, il deposito dei documenti contabili relativi all’erogazione (copia mastrino di cassa della Banca, del giorno dell’erogazione, attestante il materiale possesso delle somme mutuate, nonché copia dei documenti contabili attestanti l’accantonamento delle somme indicate nell’assegno circolare di erogazione del mutuo), nonché i documenti contabili relativi ai ratei del mutuo, menzionati in premessa, volutamente non prodotti a seguito di reiterata diffida ai sensi e per gli effetti dell’art. 119 TUB da parte degli attori.

La convenuta ha così concluso:
“Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione (anche istruttoria) previo inoltre ogni più opportuno accertamento e/o declaratoria sia di rito sia di merito, così giudicare:

Nel merito:
– rigettare tutte le domande formulate da parte attrice, in quanto infondate in fatto e in diritto, per i motivi esposti in atti;
In ogni caso:
– con vittoria di spese e compensi del presente giudizio oltre IVA, CPA e oneri di legge”.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 1.6.2022 hanno convenuto in giudizio la banca sponendo che:
-in data 18.6.2004 hanno sottoscritto un contratto di mutuo fondiario dell’importo di euro 145.000.000 da rimborsare mediante il pagamento di 360 rate mensili di cui 3 di preammortamento e le restanti di ammortamento, pari al 3,731%, tasso di interesse variabile determinato dal valore dell’Euribor 3 mesi maggiorato dello spread dell’1,60% e commissione per l’estinzione anticipata pari all’1% del capitale rimborsato in anticipo;
-il contratto stabiliva le seguenti spese:
euro 175,00 per spese di istruttoria; euro 362,50 per l’imposta sostitutiva;
euro 2,00 euro per spese di gestione RID, euro 945,00 per spese assicurative ad eccezione di quelle occorrenti per la perizia dell’immobile;
-nel contratto non è specificato se la modalità di calcolo degli interessi è parametrata all’anno commerciale o all’anno civile;
-in data 18.6.2004 la convenuta ha erogato la somma asseritamente mutuata tramite assegni circolari.

Deducono:
-la mancata precisazione se la modalità di calcolo degli interessi sia parametrata all’anno civile o all’anno commerciale;
-la mancata prova del possesso della somma mutuata e dell’avvenuta costituzione della cauzione prevista dall’art. 82 comma 2 R.D. n 1736/1933;
-l’erroneo calcolo del TEG, dovendo essere inclusa anche la garanzia relativa alla fideiussione specifica rilasciata da -l’assenza del piano di ammortamento e l’applicazione di un piano di ammortamento calcolato secondo la modalità dell’interesse composto dal quale deriva un costo occulto e l’indeterminatezza del contratto di mutuo;
-la difformità del TAEG/ ISC indicato in contratto pari al 3,83504% da quello in concreto applicato pari al 3,905% -l’applicazione di interessi usurari per superamento del tasso soglia;
-l’usura soggettiva.

Sulla base di quanto esposto e dedotto hanno chiesto la condanna della convenuta alla refusione delle somme incassate a titolo di interessi maggiorate degli interessi al saggio legale e della rivalutazione monetaria.

Si è costituita in giudizio la convenuta la quale contesta quanto ex adverso dedotto e chiede il rigetto delle domande attoree poiché infondate.

Contesta la ricostruzione dei fatti ed eccepisce l’infondatezza della domanda ex art. 2033 c.c. poiché gli attori non hanno assolto all’onere della prova.

Allega giurisprudenza dalla quale emerge che chi agisce in giudizio per la ripetizione di indebito ha l’onere di provare sia l’avvenuto pagamento delle somme di cui domanda la restituzione sia la mancanza di causa debendi del pagamento asseritamente indebito avendo l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute.

Eccepisce:
-l’infondatezza della doglianza relativa alla mancata precisazione se la modalità di calcolo degli interessi sia parametrata all’anno civile o commerciale poiché a pagina 17 del contratto di mutuo è stato previsto che “per il calcolo degli interessi si fa riferimento all’anno commerciale”.
-l’infondatezza della doglianza relativa alla mancata prova da parte della convenuta del possesso della somma mutuata nonché della costituzione della cauzione di cui all’art. 82 comma 2 R.D. n. 1736/1933 poiché la doglianza attiene alla normativa sugli assegni circolari e pertanto non ha nessuna attinenza con il rapporto oggetto del giudizio;
espone che la somma mutuata è stata concessa per consentire agli attori l’acquisto dell’immobile sito Milano INDIRIZZO ove gli stessi risultano ancora residenti;
-l’infondatezza della doglianza relativa all’assenza del piano di ammortamento poiché l’omessa allegazione da un lato non comporta la nullità del finanziamento le cui condizioni applicate risultano sufficientemente specificati nel documento di sintesi e dall’altro lato non viola l’art. 117 T.U.B. posto che il contratto rimane valido ed efficace e non risulta nemmeno inficiata la sussistenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità delle somme indicate;
-l’infondatezza della doglianza basata sull’asserita discrepanza tra TAEG/ISC indicato in contratto e quello effettivo poiché da un lato non è stata fornita la prova e dall’altro lato dall’eventuale divergenza non conseguirebbe l’applicazione dell’art. 117 commi 6 e 7 T.U.B. in quanto non vi è alcun “rinvio agli usi” e il TAEG/ISC non può essere classificato né come “prezzo” né come “tasso” o “condizione” rappresentando, al contrario, il costo totale del credito;
deduce che il contratto de quo non ricade nella disciplina del credito ai consumatori e, dunque, nell’ambito applicativo dell’art. 125 bis T.U.B. poiché è stato stipulato prima dell’introduzione di tale norma e l’art. 122 comma 1, lett. A) e F) escludono che la disciplina sul credito ai consumatori si applichi ai finanziamenti di importo superiore ad euro 75.000,00 e a quelli garantiti da ipoteca su beni immobili;
rileva che l’unico danno che potrebbe essere invocato deve essere condotto nell’alveo della responsabilità precontrattuale e, in particolare, nella responsabilità da errata informazione e tale voce di danno non è stata neppure prospettata;
-l’infondatezza della doglianza relativa all’asserita violazione del divieto di anatocismo in relazione al piano di ammortamento in regime di capitalizzazione composta dal quale sarebbero conseguiti costi occulti, con conseguente usurarietà del mutuo, o, in subordine, indeterminatezza del tasso di interesse;
deduce che l’ammortamento alla francese prevede il rimborso, a rate costanti, di una quota di capitale progressivamente crescente e di una quota di interessi decrescente nel tempo e non implica alcun costo occulto poiché è una tecnica di ripartizione degli interessi dovuti, calcolati ex ante e sul solo capitale residuo;
-l’infondatezza della doglianza dell’avvenuta pattuizione di interessi asseritamente usurari poiché è errato il calcolo contenuto nell’atto di citazione e nella perizia allegata in quanto nel parametro unilateralmente definito “TEG” includono una serie di spese tra le quali vi compaiono quelle assicurative, la mediazione creditizia, il costo delle garanzie personali prestate da la commissione per l’estinzione anticipata ed un asserito “onere implicito derivante dalla capitalizzazione composta” che non sussiste; deduce che il tasso corrispettivo indicato nel contratto di mutuo è pari al 3,73100% ed il tasso di mora è pari al 5,73100% e rileva che il tasso soglia usura risulta essere pari rispettivamente al 6,255 % e al 9,405%;
allega che, ai fini della rilevazione dell’usurarietà del tasso di interesse, l’unico parametro raffrontabile al TSU è il TEG del contratto calcolato secondo le Istruzioni della Banca d’Italia poiché da un lato devono essere ricomprese solo le voci previste dalle citate Istruzioni e dall’altro lato è l’unico metodo in grado di assolvere al principio di certezza del diritto e all’esigenza di omogeneità dei parametri che vengono in rilievo ai fini della determinazione dell’usura.

Orbene, ritiene il Tribunale che le domande di parte attrice siano infondate.

Preliminarmente, va rilevato che in base al condivisibile insegnamento della Suprema Corte (v. Cass. n. 12652/20 e Cass. n. 21830/21), il Giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132 n. 4 c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. E’ priva di pregio la doglianza inerente la mancata precisazione nel contratto di mutuo de quo se la modalità degli interessi sia parametrata all’anno civile o all’anno commerciale ed invero a pagina 17 del contratto le parti hanno pattuito che “Per il calcolo degli interessi si fa riferimento all’anno commerciale” (v. doc. n. 1 attori).

E’, altresì, priva di pregio la doglianza inerente la mancata prova della traditio del denaro tramite assegni circolari, atteso che all’art. 1 gli stessi attori danno quietanza dell’erogazione dell’importo di euro 145.000,00.

Con riferimento alla doglianza relativa alla mancata approvazione del tipo di piano di ammortamento e quindi del regime di capitalizzazione e all’indeterminatezza conseguente del tasso, osserva il Tribunale -premesso che nessuna norma di legge impone la redazione e la consegna del piano di ammortamento- che dalla documentazione prodotta ed in particolare dal contratto de quo emerge che sono stati pattuiti e indicati -ed in maniera dettagliata- gli elementi sufficienti a costruire in modo univoco e determinato il piano dei pagamenti necessari all’estinzione del finanziamento e in particolare nel contratto (v. doc. n. 1 attori) sono indicati: l’importo finanziato pari ad euro 145.000,00, il rimborso del capitale mediante il versamento di 360 rate mensili posticipate, il tasso di interesse come disciplinato dettagliatamente all’art. 5;
nel documento di sintesi si afferma, inoltre, che si tratta di un piano di ammortamento alla francese.

Con riferimento alla doglianza inerente all’asserita erronea indicazione del TAEG/ISC del contratto di mutuo de quo, rileva il Tribunale che il TAEG è un indice del costo globale del finanziamento introdotto con normativa primaria dalla L. n. 142/1992 nella disciplina del “credito al consumo”, applicandosi quindi ai finanziamenti concessi alle sole persone fisiche che agiscono al di fuori dell’attività d’impresa.

Sino al 18.9.2010 l’art. 124 comma 5 TUB prevedeva che, in caso di assenza o di nullità del TAEG, la clausola era sostituita di diritto dal tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali, emessi nei dodici mesi antecedenti la conclusione del contratto;
la norma, quindi, non si applicava in caso di TAEG errato e, pertanto, in tal caso il cliente poteva solo dedurre e provare la sussistenza di un danno di cui chiedeva il risarcimento.

Dal 19.9.2010 è vigore l’art. 125 bis TUB, il quale specifica al comma 6 che anche in caso di TAEG erroneo la clausola è nulla e ne prevede la sostituzione di diritto.

In ogni caso, la tutela del consumatore non è applicabile nella fattispecie in esame ai sensi dell’art. 122 lett. a) ed f) T.U.B. perché il finanziamento concesso, stipulato peraltro nel 2002, è superiore all’importo di euro 75.000,00 euro ed è garantito da ipoteca su beni immobili.

Premesso che nel contratto de quo l’ISC è indicato espressamente ed è pari al 3,83504%, osserva il Tribunale che, a differenza del TAEG, l’Indice Sintetico di Costo (ISC) non deriva da norma primaria, ma esclusivamente dalle disposizioni dettate dalla Banca d’Italia in materia di trasparenza bancaria ed è stato introdotto dall’art. 9 della delibera CICR del 4.3.2003, con le stesse modalità di calcolo del TAEG, ma con disciplina normativa differente.
non costituisce, difatti, un tasso di interesse o una specifica condizione economica da applicare al contratto, ma svolge soltanto una funzione informativa.

Ne consegue che l’erronea indicazione dell’ non può certamente comportare addirittura la nullità della clausola relativa agli interessi, con applicazione di un tasso Part Part sostitutivo, in quanto essa non determina nessuna incertezza sul contenuto effettivo del contratto stipulato e del tasso di interesse effettivamente pattuito;
la stessa può comportare esclusivamente il risarcimento dell’eventuale danno dedotto e dimostrato dal mutuatario per aver confidato in un errato.

Difatti, secondo il condivisibile insegnamento della Suprema Corte (v. Cass. n. 4597/23 e Cass. 39169/21), in tema di contratti bancari, l’indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell’operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 del D. Lgs. n. 385/93;
l’applicazione di condizioni più sfavorevoli di quelle pubblicizzate può, tuttavia, determinando la violazione di regole di condotta della banca, dar luogo a responsabilità contrattuale o precontrattuale di quest’ultima.

Gli attori non hanno allegato -e poi provato- di aver subito un concreto danno specifico causalmente derivante dalla asserita difformità tra il TAEG/ISC indicato in contratto e quello asseritamente applicato in concreto.

Pertanto, la domanda di dichiarazione della difformità tra il TAEG/ISC indicato in contratto e quello applicato in concreto dalla banca, con conseguente applicazione dell’art. 117 TUB, è infondata e va rigettata.

E’ del parti infondata la doglianza relativa all’ipotizzato illegittimo anatocismo nell’ammortamento alla francese che caratterizza il piano di rimborso del finanziamento de quo;
invero occorre considerare che il predetto piano di ammortamento è caratterizzato da rate di rimborso costanti nel tempo comprensive di un quota di capitale e di una quota di interessi corrispettivi, che di per sé non comporta l’applicazione dell’anatocismo, in quanto gli interessi vengono calcolati solo sul capitale residuo, ancora da restituire, e non già sugli interessi prodotti (si tratta dunque di interessi semplici e non già di interessi composti);
sul punto si richiama la giurisprudenza di Part questo Tribunale: sez. VI sent. del 28/10/2014; Sez. VI sent. n. 1242 del 29/01/2015;
Sez. VI sent. n. 3549 del 17/03/2015:
“nel mutuo con ammortamento a rate costanti (c.d. alla francese), quale è quello oggetto di causa, al solo fine di determinare la misura delle rate costanti si fa uso di una formula di matematica finanziaria che utilizza anche l’interesse composto.

Ma il profilo decisivo è che, anche nel mutuo alla francese, gli interessi delle singole rate di ammortamento siano calcolati solo sul capitale residuo e ciò esclude ogni anatocismo.

La circostanza che, a parità di condizioni economiche, un piano di ammortamento alla francese comporti un esborso complessivo a titolo di interessi superiore a quello determinato da un piano di ammortamento “all’italiana” (ossia comportante una costanza della rata solo per la quota capitale e una differente incidenza della quota di interessi mano a mano che si riduca il capitale da restituire per effetto del pagamento delle rate precedenti) discende non da un illegittimo effetto anatocistico proprio del primo programma di rateizzazione dell’obbligazione restitutoria, quanto più semplicemente dal fatto che la necessità di mantenere costanti le rate per tutta la durata del mutuo impone di diluire maggiormente la restituzione del capitale e, quindi, di confezionare un piano di ammortamento di durata maggiore, a cui inevitabilmente corrisponde un maggiore importo complessivo spettante a titolo di interessi (essendo maggiore il tempo che il mutuatario richiede per restituire la somma a suo tempo erogatagli) Anche la Suprema Corte (v. Cass. n. 27823/23) ha affermato che “Il metodo “alla francese” comporta invece che gli interessi vengano comunque calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata e non anche sugli interessi pregressi. In altri termini, nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti (ed unicamente de) gli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce.

Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va ad estinguere il capitale.

Ciò non comporta tuttavia capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti.

In tale prospettiva, l’applicazione dell’interesse composto non provoca comunque alcun fenomeno anatocistico nel conteggio degli interessi contenuti in ogni singola rata (in tal senso, in tema di interessi convenzionali applicati ai contratti di mutuo e di leasing, v. Cass. n. 16221/2022; Cass. n. 9237/2020; Cass. n. 34677/2022).

La capitalizzazione composta è quindi, nel caso di specie, del tutto eterogenea rispetto all’anatocismo ed è solo un modo per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto concluso tra loro;
è, in altre parole, una forma di quantificazione di una prestazione o una modalità di espressione del tasso di interesse applicabile a un capitale dato.

”, Di recente, anche le Sezioni Unite del Supremo Collegio (v. Cass. S.U. n. 15130/24) hanno affermato che “In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento “alla francese” di tipo standardizzato tradizionale, la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori non è causa di nullità parziale del contratto, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti. ”.

Parte attrice si duole, inoltre, della pattuizione di tassi usurari.

Rileva in primo luogo il Tribunale che, secondo l’insegnamento del Supremo Collegio (v. Cass. n. 5324/03, Cass. 5598/17, Cass. n. 27442/18 e da ultimo Cass. S.U. 19597/20), in tema di contratto di mutuo l’art. 1 della legge n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso-soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi sia gli interessi moratori.

Tuttavia, al fine della verifica del superamento del tasso-soglia non si può effettuare la sommatoria degli stessi (v. in tal senso da ultimo Cass. n. 27442/18 e Cass. S.U. n. 19597/2020).

Ed invero, in tema di interessi convenzionali, la disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi (e ai costi posti a carico del debitore per il caso di regolare adempimento del contratto) sia agli interessi moratori (e ai costi posti a carico del medesimo debitore per il caso, e come conseguenza dell’inadempimento), ma non consente di utilizzare il cd.
criterio della sommatoria tra tasso corrispettivo e tasso di mora, poiché gli interessi corrispettivi e quelli moratori si fondano su presupposti diversi e antitetici, essendo i primi previsti per il caso di (e fino al) regolare adempimento del contratto e i secondi per il caso di (e in conseguenza dell’) inadempimento del contratto (v. Cass. n. 14214/22).

Del resto, le Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura emanate dalla Banca d’Italia escludono dal calcolo del TEG, tra l’altro, gli interessi di mora, gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo e le penali previste in caso di estinzione anticipata del rapporto.

Non sono condivisibili i calcoli del perito di parte attrice, il quale per calcolare il TEG del contratto (v. alleg.1 alla memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. attori) include, oltre agli interessi moratori, anche un onere implicito derivante dalla capitalizzazione composta, che si è detto in realtà non essere stata effettuata e il costo della garanzia personale offerta dalla che non si comprende come sia stato ricavato perché gli attori non hanno mai dedotto se e quale spese hanno affrontato per l’ottenimento della fideiussione. Peraltro, non si comprende come mai il perito calcoli il TAEG del contratto come pari a 3,905% – pur dando atto che si calcola come il TEG- e giunga ad affermare invece valori superiori del TEG del contratto, che invece dovrebbe esse inferiore al TAEG, posto che queto si calcola come il TEG ma contiene in più le tasse e le imposte.

Dal contratto di mutuo de quo stipulato tra le parti in data 18.6.2004 (v. doc. n. 1 attori), risulta in primo luogo che i contraenti hanno convenuto l’applicazione di un tasso d’interesse corrispettivo pari al 3,73100% (per le prime tre rate:
Euribor 3M 365 pubblicato su “Il Sole 24 ore” in essere per valuta il giorno di decorrenza della rata, quotazione due giorni lavorativi precedenti).

Risulta, quindi, priva di pregio la doglianza di parte attrice concernente l’applicazione di interessi corrispettivi ad un tasso usurario;
difatti, tenuto conto che la categoria di operazioni in cui inserire il contratto di mutuo de quo è quella denominata “Mutui”, il tasso-soglia di riferimento risulta pari al 6,255%, come da tabella allegata al Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 17.3.2004, applicabile alle operazioni effettuate nel periodo compreso tra l’1.4.2004 e il 30.6.2004, tra cui rientra dunque il mutuo de quo.

Considerato che il TAN convenuto dalle parti è pari a 3,73100%, ne consegue che il tasso degli interessi corrispettivi pattuito non è usurario.

Con riferimento agli interessi moratori, rileva il Tribunale che, secondo il condivisibile insegnamento recente del Supremo Collegio (v. Cass. S.U. n. 19597/20), la disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (TEGM) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2 comma 1 della L. n. 108/96, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest’ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal TEGM, incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (TEG) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il TEGM così come rilevato nei suddetti decreti. Ed allora, considerato che l’art. 3 comma 4 del citato decreto ministeriale prevede che la maggiorazione contrattuale media per i casi di ritardato pagamento è pari a 2,1, il tasso- soglia di riferimento risulta pari al 9,405% così determinato:
TEGM pari al 4,17% + maggiorazione 2,1% = 6,27%, aumentato poi della metà.
Pertanto, il tasso convenzionale degli interessi di mora pattuito dalle parti pari al 5,73100% è inferiore al suddetto tasso-soglia.

Anche la doglianza di cd. usura oggettiva in relazione sia agli interessi corrispettivi sia agli interessi moratori è, dunque, priva di pregio.
Per quanto concerne l’asserita usura soggettiva, ritiene il Tribunale che l’allegazione svolta dagli attori sia infondata, poiché l’art. 644 comma 3 secondo periodo c.p. richiede, a tal fine, la ricorrenza di altri requisiti, quali la sproporzione degli interessi rispetto alla prestazione di denaro e la condizione di difficoltà economica o finanziaria di chi li ha promessi, in ordine ai quali nulla è stato dedotto in modo specifico e provato.

La mera allegazione di una situazione di difficoltà economica o finanziaria del cliente della banca, di per sé considerata, non vale infatti a dimostrare lo stato soggettivo di approfittamento.

Pertanto, essendo tutte infondate, le domande proposte dagli attori vanno rigettate.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e pertanto, gli attori vanno condannati a rimborsare, in solido, alla convenuta le spese come liquidate in dispositivo.

– il Tribunale di Milano, sezione sesta civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione o istanza disattesa, così provvede:
-rigetta le domande proposte da e da -condanna a rimborsare, in solido, a le spese di giudizio che si liquidano nell’importo di euro 9.500,00 per compenso, oltre al rimborso spese forfettarie e agli accessori di legge.
Milano, 1 luglio 2024 Il Giudice dott. NOME COGNOME

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