fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Rigetto dell’appello e conferma del decreto ingiuntivo per fideiussione

La sentenza chiarisce che la prova della fideiussione può essere fornita anche tramite testimonianza e presunzioni, qualora non siano richiesti specifici formalismi. Inoltre, l’onere di richiesta di autorizzazione preventiva al fideiussore, previsto dall’art. 1956 c.c., non sussiste quando il fideiussore è anche legale rappresentante della società debitrice principale.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dai seguenti Magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente;
dr. NOME COGNOME Consigliere;
dr. NOME COGNOME Consigliere rel.
; ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._896_2024_- N._R.G._00000322_2022 DEL_07_06_2024 PUBBLICATA_IL_07_06_2024

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 322/22 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2022, promossa (C.F. , rappresentato e difeso, in virtù di pro- cura speciale alle liti, dall’Avv. NOME COGNOME
appellante CONTRO (C.F. , contumace;
appellata CON L’INTERVENTO DI (C.F. ), che partecipa a presente giudizio per il tramite di (C.F. , quest’ultima rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale alle liti, dall’Avv. NOME COGNOME
intervenuta avente ad oggetto:
opposizione a decreto ingiuntivo in tema di fideiussione e contratti bancari;
C.F. P.:
parte appellante ha concluso come da note depositate ed in data 5.2.2024, il cui contenuto ivi si abbia per integralmente richiamato;
parte intervenuta ha concluso come da note depositate in data 2.2.2024, il cui contenuto ivi si abbia per integralmente richiamato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Lo svolgimento del giudizio di primo grado è adeguatamente delineato nell’atto di appello, nella comparsa di costituzione di parte appellata e nella sentenza impugnata, cui si rinvia e che ivi si abbiano per integralmente richiamati, dai quali, peraltro, emerge compiutamente il thema decidendum, così come appunto consolidatosi nel corso del giudizio.

Appare, pertanto, superfluo indugiare nella ricapitolazione degli accadimenti processuali e delle correlate deduzioni difensive svolte dalle parti e, di contro, risulta più proficuo procedere all’immediata delibazione degli otto motivi di impugnazione cui è affidato il tempestivo appello.
******

I. Con il primo motivo, la difesa appellante lamenta la nullità della sentenza impugnata quale conseguenza della mancata interruzione dell’intero giudizio di primo grado all’esito del fallimento di Business cofideiussore ed opponente unitamente al fideiussore Il motivo è infondato.

Al riguardo, è sufficiente osservare che “in caso di cumulo di cause scindibili, l’evento interruttivo relativo a una delle parti, (nella specie, apertura del fallimento ex art. 43, comma 3, l.fall. , non spiega effetti nei confronti delle altre, le quali, pertanto, anche laddove il giudice non disponga la separazione delle cause, non sono tenute a riassumere il processo;
conseguentemente, qualora la riassunzione non sia stata tempestivamente effettuata nell’interesse della parte colpita dal suddetto evento, l’estinzione si verifica nei soli confronti di quest’ultima, continuando il processo nei confronti degli altri litisconsorti (così, tra tante, Ordinanza della Corte di Cassazione n. 8123 del 23/04/2020)”.

II. Il secondo motivo censura la sentenza impugnata laddove non ha accolto l’eccezione incentrata sulla carenza di adeguata prova dell’avvenuta cessione del credito veicolato in via in favore di che ha partecipato al giudizio di primo grado per il tramite di Il motivo è infondato.

Ponendo a latere la questione dell’irrilevanza della mancata prova dell’allegata successione a titolo particolare (verificatasi in epoca successiva alla pronuncia del decreto ingiuntivo) ai fini della caducazione del provvedimento monitorio, e tralasciando l’ulteriore circostanza che non ha impugnato la sentenza nei confronti di (sicché qualora si volesse aderire alla prospettazione difensiva ora in esame si giungerebbe alla conclusione dell’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza che ha rigettato l’opposizione e confermato il decreto ingiuntivo), vi è che la cessione del credito è un negozio consensuale privo di particolari stampi formali e non richiede il rispetto della forma scritta nemmeno ad probationem (in tal senso, in tal senso, Sentenza della Corte di Cassazione n. 7919 del 26/04/2004, Sentenza della Corte di Cassazione n. 1396 del 15/05/1974, Sentenza della Corte di Cassazione n. 18016 del 09/07/2018, nonché, con riferimento alla fattispecie, in esame Ordinanza n. 17944 del 22/06/2023 ). In tale ottica e con precipuo riferimento al caso di specie, occorre osservare che:

ha prodotto l’estratto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1.12.2018, relativo all’avviso ex art. 58 T.U.B., il cui contenuto ivi si abbia per integralmente richiamato, ove si dà atto dell’avvenuta cartolarizzazione dei crediti in sofferenza vantati da e da essa acquistati in blocco;

tale documento concorre a sostenere, sotto il profilo probatorio, la deduzione difensiva relativa all’avvenuta successione a titolo particolare (in tal senso, Sentenza della Corte di Cassazione n. 4277 del 10/02/2023);

ha prodotto tutte le scritture private e i documenti relativi alla stipulazione e all’esecuzione delle fonti negoziali dell’obbligazione principale e dell’obbligazione di garanzia;

la disponibilità di tale documenti non può ragionevolmente spiegarsi, né la difesa opponente ha tentanto di fornire una qualche chiave di lettura alternativa, se non presupponendo l’avvenuta cessione del credito tanto più che, come noto, il cedente deve consegnare al cessionario i documenti probatori del credito, giusto il disposto della norma di cui al primo comma dell’art. – nonostante la regolare notificazione dell’atto di citazione con cui è stata instaurata l’opposizione al decreto ingiuntivo, non si è costituita, assumendo un atteggiamento di totale inerzia che, invero, non può spiegarsi se non dando per certa l’avvenuta cessione, tanto più che è intervenuta tempestivamente, dimostrando di avere piena contezza dell’avvenuta pronuncia del decreto ingiuntivo e della successiva instaurazione dell’opposizione, eventi verosimilmente appresi dal cessionario; non ha provato, ed invero tampoco allegato, di essere stato escusso da confermando dunque, sebbene in via implicita, la sostanziale inerzia del creditore originario, ciò che appare assolutamente ragionevole laddove si accolga l’evidenza, ossia che il credito vantato (anche) nei confronti del fideiussore fu oggetto della cartolarizzazione di cui all’avviso ex art. 58 T.U.B. pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale del 1.12.2018.

Ad avviso del Collegio, i riferiti elementi probatori (anche di consistenza presuntiva), vagliati singolarmente nonché in ragione delle reciproche interazioni, conducono al seguente convinci- mento:
che ha partecipato al giudizio di primo grado per il tramite della rappresen- tante processuale è stata cessionaria dei crediti vantati da ei confronti di (già

II.1.
Con note depositate in data 20.2.2023, la difesa appellante ha eccepito la carenza di ade- guata prova della sopravvenuta ed ulteriore cessione del credito in favore di L’eccezione è infondata.

Nel compiere ulteriore applicazione dei principi sopra richiamati, occorre osservare che:
ha prodotto l’estratto pubblicato nella Gazzetta Uffi- ciale del 28.1.2013, relativo all’avviso ex art. 58 T.U.B. e il cui contenuto ivi si abbia per inte- gralmente richiamato, ove si dà atto dell’avvenuta cartolarizzazione (anche) dei crediti in soffe- renza vantati da e da essa acquistati in blocco;
ha la disponibilità degli atti e documenti relativi al pri- – nonostante la regolare notificazione dell’atto di appello, non ha partecipato al pre- sente giudizio;
diversamente, è intervenuta nei termini di cui agli artt. 166 e 167 c.p.c., dimostrando di avere piena contezza della pendenza del proces- so;
al pari di partecipa al giudizio per il tra- mite di non ha provato, ed invero tampoco allegato, di essere stato escusso da tale inerzia, ancor più incomprensibile poiché successiva alla definizione del giudi- zio di primo grado ove (per il tramite del rappresentante processuale) ha profuso energie per la conferma del decreto ingiuntivo, non può essere spiegata se non dando per certo che il credito vantato (anche) nei confronti del fideiussore , già oggetto di una prima cessione in blocco, è stato oggetto della seconda cartolarizzazione di cui all’avviso ex art. 58 T.U.B. pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale del 28.1.2013. Ad avviso del Collegio, i riferiti elementi probatori (anche di consistenza presuntiva), vagliati singolarmente nonché in ragione delle reciproche interazioni, conducono al seguente convinci- mento:
è la cessionaria ultima dei crediti sottesi al decre- to ingiuntivo opposto.

III. Con il terzo motivo, la difesa appellante lamenta nuovamente che il decreto ingiuntivo è stato concesso in carenza dei necessari presupposti probatori.

Al riguardo, nell’atto di appello si legge quanto segue:
“la prova scritta sulla quale si fonda l’attivata procedura monitoria, è rappresentata da un semplice estratto del “saldaconto” certificato come conforme alle scritture contabili e dichiarato come documento giustificativo di un da un Funzionario della Banca ricorrente.

Sul punto è, tuttavia, noto che a seguito dell’abrogazione dell’art. 102 L.B. ed in virtù dell’art. 50 del vigente T.U. delle leggi in materia bancaria, il cosiddetto “saldaconto” non costituisce prova idonea per l’ingiunzione di pagamento, essendo a tale scopo necessaria la produzione, debitamente certificata, dell’estratto analitico del conto, completo di documentazione contabile dei depositi e dei prelievi effettuati dalla pretesa debitrice”.
norma di cui all’art. 50 T.U.B., implementando le disposizioni di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c., riconosce all’estratto conto certificato la consistenza di prova scritta al fine della pronuncia dell’ingiunzione.

La doglianza, peraltro, intercetta una questione priva di rilevanza in ragione dell’avvenuta instaurazione del giudizio a cognizione piena e degli ulteriori documenti prodotti nel rispetto dei termini di preclusione.

IV. Il quarto motivo censura la sentenza impugnata laddove ha affermato la sussistenza di adeguata prova dell’obbligazione di garanzia.
Con più precisione, la difesa appellante lamenta che il Tribunale di Pesaro ha compiuto errato scrutinio critico del materiale istruttorio poiché:
– ha riconosciuto efficacia probatoria alla scrittura privata del 11.5.2010, per il cui tramite fu rilasciata la fideiussione sottesa al decreto ingiuntivo, nonostante l’avvenuto tempestivo disconoscimento della sottoscrizione;
– non ha correttamente valutato le dichiarazioni testimoniali assunte.

Il motivo è infondato.

In adesione all’eccezione formulate dalla difesa appellante, il Tribunale di Pesaro ha inteso dare continuità al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui “a seguito del disconoscimento della fotocopia della scrittura privata, la parte che intende avvalersene è tenuta a produrre l’originale (e, in caso di ulteriore disconoscimento, a chiederne la verificazione), atteso che solo con l’originale si realizzano la diretta correlazione e l’immanenza della personalità dell’autore della sottoscrizione, che giustificano la fede privilegiata che la legge assegna al documento medesimo, così da fondare una presunzione legale superabile dall’apparente sottoscrittore solo con l’esito favorevole della querela di falso (così, tra tante, Sentenza della Corte di Cassazione n. 16551 del 06/08/2015, cui occorre aderire per esigenze di nomofilachia)”. Preso atto del mancato deposito della scrittura originale e dunque dell’impossibilità di dar luogo al procedimento di verificazione, ciò che si traduce nell’obliterazione dell’efficacia probatoria della scrittura, il primo giudice, con ordinanza recante la data del 31.5.2019, ha osservato che la dell’oggetto dell’obbligazione di garanzia può essere fornita anche attraverso la testimonianza e le presunzioni.

Tali statuizioni si palesano immuni da censure tanto sul piano astratto che sul piano concreto.

Sul piano astratto, occorre osservare che la norma di cui all’art. 1937 c.c., laddove esige che che la volontà di prestare la fideiussione sia espressa, non pone un’eccezione al principio generale della libertà delle forme ma si limita alla previsione di un requisito che attiene unicamente alla consistenza del proposito negoziale che, appunto, deve essere predicato dai connotati dell’univocità e chiarezza.

In altri e più compiuti termini, “l’art. 1937 c.c., nel prescrivere che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, si interpreta nel senso che non è necessaria la forma scritta o l’utilizzo di formule sacramentali, purché la volontà sia manifestata in modo inequivocabile, potendosi fornire la relativa prova con ogni mezzo e, dunque, anche con presunzioni (così, Sentenza della Corte di Cassazione n. 3628 del 24/02/2016)”.

Sul piano concreto, ad implementazione del percorso motivazionale della sentenza impugnata, va rilevato che, secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, la fideiussione rilasciata a garanzia dell’adempimento di un’obbligazione derivante da un contratto bancario non rientra nel perimetro precettivo della norma di cui al primo comma dell’art. 117 T.U.B. poiché non si configura come atto negoziale per il cui tramite sono realizzate operazioni e servizi bancari e finanziari.

Invero, “in tema di fideiussione rilasciata a garanzia di crediti bancari, non si applicano in modo automatico al rapporto fra banca e garante le disposizioni del d.lgs. n. 385 del 1993 dettate per i contratti relativi alle operazioni ed ai servizi stipulati con il cliente;
né appare fondata, sul punto, la questione di illegittimità costituzionale ex art.3 Cost.,per ingiustificata disparità di trattamento tra la posizione del debitore principale e quella del fideiussore, ciò in ragione della diversità di situazione in cui essi si trovano a contrattare (così, Sentenza della Corte di Cassazione n. 23391 del 09/11/2007)”.

Altresì, “in tema di contratti bancari, il patto di riempimento del modulo fideiussorio, nella specie sottoscritto in bianco, non deve essere stipulato in forma scritta, non essendo per essonel territorio della Repubblica dalle “banche e dagli intermediari finanziari”, senza estendersi alla fideiussione, quand’anche rilasciata in favore di una banca, mentre, ai sensi dell’art. 1352 c.c., la previsione convenzionale di tale requisito deve essere provata per iscritto (così, Ordinanza della Corte di Cassazione n. 7804 del 17/03/2023)”.

Ancora, “in tema di fideiussione per obbligazioni future, se l’indicazione dell’importo massimo garantito, prevista dall’art. 1938 c.c., è oggetto di un accordo orale di futuro riempimento del testo scritto, non si verifica una ipotesi di nullità della fideiussione – non essendo prevista la forma scritta del patto, né per legge, ai sensi dell’art. 117 TUB, né per contratto, ex art. 1352
c.c. – potendo, peraltro, valutarsi la condotta della banca che non rispetti il “pactum ad scribendum” come inesatto adempimento per comportamento contrario a buona fede oggettiva (così, Ordinanza della Corte di Cassazione n. 7891 del 22/03/2024)”.

Esigenze di nomofilachia inducono ad aderire a tale indirizzo giurisprudenziale.

Infine, sempre ad implementazione del percorso motivazionale nella sentenza del Tribunale di Pesaro, occorre evidenziare, ciò che peraltro appare ovvio, che il totale annichilimento del coefficiente probatorio della scrittura privata prodotta in copia, conseguenza del disconoscimento della sottoscrizione e del mancato deposito della scrittura originale, non preclude che il negozio sia provato tramite testimonianza e presunzioni, qualora, come nel caso di specie, sottratto a stampi formali rigidi.

In altri termini, “in caso di disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione di scrittura privata prodotta in copia fotostatica, la parte che l’abbia esibita in giudizio e intenda avvalersi della prova documentale rappresentata dall’anzidetta scrittura deve produrre l’originale al fine di ottenerne la verificazione;
altrimenti, del contenuto del documento potrà fornire la prova con i mezzi ordinari, nei limiti della loro ammissibilità (così, tra tante, Ordinanza della Corte di Cassazione n. 7267 del 27/03/2014)”.

Tanto premesso, l’attenzione si concentra sulle dichiarazioni testimoniali rese da , sentito all’udienza del 12.2.2020.

Come emerge dall’esame del correlato verbale di udienza, il cui contenuto ivi si abbia per integralmente richiamato, il teste ha riferito plurime circostanze che conducono ad una omnibus, per l’importo massimo di euro 307.500,00, a garanzia delle obbligazioni assunte da (poi divenuta nei confronti di e derivanti dai contratti bancari stipulati tra il debitore principale e il creditore garantito.

Tali dichiarazioni si palesano adeguatamente circostanziate, immuni da tratti di inverosimiglianza e non contraddette da alcun elemento probatorio.

Nello specifico, le dichiarazioni rese da , sentito all’udienza del 13.11.2019, ivi si abbia per integralmente richiamato il correlato verbale, lungi dal veicolare circostanze in rapporto di assoluta inconciliabilità con quanto riferito da , esitano in un apporto conoscitivo totalmente insoddisfacente.

Invero, il teste indotto dalla difesa opponente si è limitato ad affermare di non essere stato informato della vicenda negoziale in esame da , che, invece, in passato era solito mostrargli le scritture private relative alle fideiussioni.

Orbene, il fatto che, con riferimento alla fideiussione da cui origina il decreto ingiuntivo opposto non vi sia stato il coinvolgimento diretto di , non implica di per sé che quanto riferito da , peraltro con dovizia di particolari, non sia mai accaduto.

Dunque, le dichiarazioni rese da che peraltro muovono dall’assunto inferenziale che la banca era solita acquisire fideiussioni prima di erogare finanziamenti, circostanza appunto confermata anche da , meritano piena valorizzazione e si elevano a prova adeguata del sorgere dell’obbligazione di garanzia oggetto del decreto ingiuntivo opposto.

V. Quanto testè osservato conduce all’assorbimento, e dunque al rigetto, del quinto motivo, incentrato sulla reiterazione dell’eccezione dell’abusivo riempimento della scrittura priva del 11.5.2010, eccezione, peraltro, che non è evoluta nella proposizione di querela di falso.

Al riguardo, è sufficiente ribadire che la prova della sussistenza della fideiussione è stata conseguita tramite testimonianza.

VI. Con il sesto motivo, la difesa appellante lamenta che il Tribunale di Pesaro ha errato nel non ammettere le prove orali su tutti i capitoli indicati nella seconda memoria di cui al sesto comma richiamato, nonché a non accogliere l’istanza ex art. 210 c.p.c., articolata nel medesimo atto difensivo.

Il motivo è infondato.

Con riferimento alle prove orali, occorre osservare quanto segue:
– i capitoli nn. 1 e 3 hanno ad oggetto circostanze irrilevanti in ragione del previo disconoscimento della sottoscrizione della scrittura privata;
– il capitolo n. 2 è stato ammesso;
– i capitoli nn. 4,5,6,7, oltre ad essere connotati da estrema genericità ed inadeguatezza a far emergere i presupposti della concessione di ulteriore credito e del peggioramento della situazione finanziaria di rispetto al momento del rilascio della fideiussione, hanno ad oggetto circostanze irrilevanti poiché l’eccezione di cui all’art. 1956 c.c. non può essere utilmente esperita qualora il debitore principale sia una società e il fideiussore ne sia l’amministratore e, dunque, abbia necessaria conoscenza (maggiore, peraltro, di quella del creditore garantito) dell’andamento della situazione economica e patrimoniale del debitore principale; nel caso di specie, era l’amministratore di Tali ultime considerazioni evidenziano anche la superfluità dell’istanza ex art. 210 c.p.c., peraltro connotata da estrema genericità laddove non opera adeguata specificazione dei documenti oggetto della richiesta di ostensione, in quanto anch’essa strumentale all’accoglimento dell’eccezione ex art. 1956 c.c., tuttavia, come testè osservato, infondata.

VII. Il settimo motivo censura la sentenza impugnata laddove ha rigettato le eccezioni incentrate sulla nullità parziale dei contratti da cui origina la complessiva pretesa creditoria calata nel decreto ingiuntivo, in ragione della ritenuta carenza di adeguata prospettazione dei lamentati profili di invalidità.

Il motivo è infondato.

ha lamentato:
l’indebita capitalizzazione anatocistica degli interessi;
la nullità della commissione di massimo scoperto;
la nullità della clausola relativa all’applicazione di interessi convenzionali;
l’errato conteggio dei giorni di valuta.

Tali doglianze, tuttavia, sono state veicolate tramite deduzioni difensive totalmente astratte e , vicenda negoziale intercorsa tra il creditore garantito e il debitore principale, così come in concreto sorta e sviluppatasi in ragione del contratto di conto corrente concluso tramite scrittura privata del 18.5.2009, del contratto di mutuo chirografario, concluso tramite scrittura privata del 19.7.2010, dei contratti relativi alle anticipazioni salvo buon fine (c.d. castelletto di sconto), dei quali la difesa opposta pure ha prodotto le relative scritture private, alcune prive di data, recanti la sottoscrizione non disconosciuta del debitore principale. A fronte di una pluralità di fonti negoziali delle obbligazioni, le doglianze relative alla sussistenza di profili di nullità parziale e di pagamenti indebiti risultano assolutamente astratte, ossia sviluppate con dovizia di richiami alla giurisprudenza (alcuni orientamenti richiamati sono, tuttavia minoritari) ma senza riferimento alcuno alla concreta vicenda contrattuale, oltre che sprovviste di ogni sostegno probatorio.

Esse, pertanto, veicolano un coefficiente di persuasività sostanzialmente nullo sicché risulta pienamente condivisibile la scelta del Tribunale di Pesaro di non avvalersi dell’ausilio di un consulente tecnico d’ufficio.

In particolare, l’esame delle scritture relative al contratto di conto corrente e ai negozi attuativi delle forme di finanziamento c.d. autoliquidante riferisce:
– la conformità della clausola relativa alla capitalizzazione anatocistica degli interessi alla norma di cui all’art. 120 T.U.B., nella lettera in vigore nella pendenza della relazione negoziale;
– l’avvenuta determinazione per iscritto degli interessi superiori al tasso legale, con conseguente rispetto della norma imperativa di cui al terzo comma dell’art. 1284 c.c.;
la difesa opponente non ha operato alcuna deduzione difensiva relativa all’ipotetica consistenza usuraria degli interessi corrispettivi e moratori, omettendo ogni riferimento al TEG applicato e al TEGM;
– la debenza di una commissione di massimo scoperto parti allo 0% sui conti anticipo salvo buon fine, ciò che, ad avviso del Collegio, conferma che la relativa eccezione sia stata formulata in via del tutto generica.

Altresì, risulta assolutamente gratuito, ossia sprovvisto di ogni sostegno probatorio, l’assunto secondo cui l’intermediario finanziario avrebbe conteggiato i giorni di valuta in modo errato e pregiudizievole per il cliente. .

L’ottavo motivo censura la sentenza impugnata laddove non ha accolto l’eccezione incentrata sulla violazione della norma di cui all’art. 1956 c.c.

Il motivo è infondato.

Ivi si abbia per integralmente richiamato quanto già osservato nel rigettare il sesto motivo.

Con più precisione, vi è che “nella fideiussione per obbligazione futura, l’onere del creditore, previsto dall’art. 1956 c.c., di richiedere l’autorizzazione del fideiussore prima di far credito al terzo, le cui condizioni patrimoniali siano peggiorate dopo la stipulazione del contratto di garanzia, assolve alla finalità di consentire al fideiussore di sottrarsi, negando l’autorizzazione, all’adempimento di un’obbligazione divenuta, senza sua colpa, più gravosa;
tale onere non sussiste allorché nella stessa persona coesistano le qualità di fideiussore e di legale rappresentante della società debitrice principale, giacché, in tale ipotesi, la richiesta di credito da parte della persona obbligatasi a garantirlo comporta di per sè la preventiva autorizzazione del fideiussore alla concessione del credito (così, Ordinanza della Corte di Cassazione n. 7444 del 23/03/2017)”.

Altresì, “la banca che concede finanziamenti al debitore principale, pur conoscendone le difficoltà economiche, fidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest’ultimo dell’aumentato rischio e senza chiederne la preventiva autorizzazione, incorre in violazione degli obblighi generici e specifici di correttezza e di buona fede contrattuale.

La mancata richiesta di autorizzazione non può tuttavia configurare una violazione contrattuale liberatoria se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune, o dev’essere presunta tale, come nell’ipotesi in cui debitrice sia una società nella quale il fideiussore ricopre la carica di amministratore (così, Sentenza della Corte di Cassazione n. 3761 del 21/02/2006)”.
, giova ripeterlo, era amministratore di circostanza pacifica e che, comunque, emerge senza dubbio alcuno dalla documentazione tempestivamente prodotta (si esamini, ad esempio, del 19.7.2010 per cui il tramite fu stipulato il contratto di mutuo chirografario, pure sotteso al decreto ingiuntivo opposto).

Infine, in termini ancor più generali, va osservato che, muovendo dalla dicotomia tra regole di buona fede oggettiva, lungi dall’essere cagione di ricadute reali e dunque comportare la caducazione della fonte negoziale del credito o l’inefficacia di essa (salvo ipotesi tipiche, come ad esempio il caso disciplinato dall’art. 1956 c.c., che appunto non ricorre nella fattispecie in esame), possono dar luogo unicamente al risarcimento del danno., tuttavia, non ha formulato alcuna domanda di risarcimento del danno.

IX. L’infondatezza di tutti i motivi conduce al rigetto dell’appello e all’integrale conferma della sentenza impugnata.

X. La regolazione delle spese del presente grado deve avvenire in ragione della soccombenza attesa la carenza di circostanze idonee a giustificare ipotesi di compensazione integrale o parziale.

La difesa di parte appellata ha svolto attività nelle fasi studio, introduttiva, decisionale.

In ragione dell’impegno effettivamente profuso e resosi necessario, occorre attenersi ai valori medi per la fase studio ed introduttiva nonché a quelli minimi per la fase decisionale.

L’esito dell’appello evidenzia di per sé la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r.
n. 115 del 2002.

La Corte d’Appello di Ancona, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda ed eccezione assorbita o rigettata, così decide:
– rigetta l’appello e conferma integralmente la sentenza impugnata;
– condanna all’immediato pagamento, in favore di delle spese del presente grado, che si liquidano in euro 9.991,00 per compenso, oltre rimborso forfetario in misura massima, c.p.a.
ed IVA;
– dà atto della sussistenza, nei confronti di dei presupposti contemplati dall’art.13, comma 1 quater, del d.p.r.
n. 115 del 2002.
Ancona, 6.6.2024 Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Il Consigliere Est.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati