N. R.G. 5768/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VENEZIA SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA Composto dai seguenti Magistrati:
dr. NOME COGNOME presidente rel.
NOME
NOME COGNOME giudice dr.
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._3529_2024_- N._R.G._00005768_2022 DEL_04_10_2024 PUBBLICATA_IL_09_10_2024
nella causa civile iscritta al n. 5768/2022 R.G. promossa C.F. , con sede in INDIRIZZO – INDIRIZZO INDIRIZZO520, in persona del Consigliere di Amministrazione e legale rappresentate Signor rappresentata e difesa in giudizio dall’avv. NOME COGNOME, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con domicilio presso lo studio di quest’ultimo sito in Venezia (VE), INDIRIZZO in forza di procura unita agli atti;
RAGIONE_SOCIALE contro , C.F. , con sede legale in Pieve di Soligo (TV), INDIRIZZO in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e rappresentante legale dell’impresa Sig. , rappresentata e difesa in giudizio, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio presso lo studio degli stessi sito in Milano (MI), INDIRIZZO, in forza di procura unita agli atti;
CONVENUTA Causa trattenuta in decisione ex art. 127ter c.p.c. con ordinanza del 18/4/2024, comunicata lo stesso giorno Conclusioni dell’attrice:
“IN INDIRIZZO
Disporre la Consulenza Tecnico-Contabile d’Ufficio, finalizzata all’accertamento del reale valore aziendale di e del suo capitale economico, di cui gli amministratori avrebbero dovuto tenere conto al momento della fissazione del prezzo di emissione delle nuove azioni in occasione del deliberato aumento oneroso del capitale sociale, sulla base della proposta di quesito peritale formulato in narrativa;
IN INDIRIZZO
Annullare e/o a dichiarare nulle tutte le deliberazioni dell’assemblea ordinaria e straordinaria di (poi del 27 Maggio 2022, di cui in narrativa, e specialmente quella di aumento del capitale sociale, con ogni conseguente statuizione di legge;
IN OGNI CASO:
Con vittoria di onorari, competenze e spese di lite, oltre al rimborso delle spese generali in misura del 15%, IVA e CPA.
” Conclusioni della convenuta:
“(i) rigettare, in quanto inammissibili e infondate, tutte le domande di (ii) in via istruttoria:
(a) previa revoca o modifica dell’ordinanza istruttoria del 19 luglio 2023, ammettere i capitoli di prova di parte convenuta n. 3, 5, 6 e 7 formulati ai §§ 85 e 86 della seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., nonché disporre la consulenza tecnica informatica richiesta al § 87 della seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. di parte convenuta;
(b) confermare il rigetto delle istanze istruttorie di parte attrice e, segnatamente, sia della richiesta di disporre una CTU, sia delle istanze di prova testimoniale e, nella denegata ipotesi di ammissione di queste ultime, ammettere a prova contraria, come richiesto nella terza memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. di parte convenuta.
(iii) con vittoria di spese e compensi professionali.
” [… MOTIVI Con l’ atto di citazione, notificato il 3/8/2022, la società attrice impugnava la delibera dell’assemblea dei soci della convenuta (poi del 27 maggio 2022.
L’attrice riprendeva una precedente vicenda intercorsa fra terzi, e che aveva determinato l’assunzione di una nuova denominazione da parte della società oggi convenuta:
infatti in data 28 gennaio 2022, a seguito di contratto preliminare del 17/12/2021, RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato da RAGIONE_SOCIALE, società riconducibile ai fratelli , il 79,74% del capitale sociale della convenuta.
RAGIONE_SOCIALE è una società quotata in borsa appartenente al uno dei principali operatori nazionali nel settore della distribuzione del gas naturale nel Nord Italia.
Anche l’attrice, sola titolare del restante pacchetto partecipativo, non acquistato da RAGIONE_SOCIALE (20,26%) è riconducibile a , oltre che ad un terzo socio, A seguito della delibera in questo giudizio impugnata, con la quale è stato anche deliberato l’aumento di capitale a pagamento scindibile da euro 42.200.000
sino all’importo massimo di euro 57.000.000, e della sottoscrizione da parte di RAGIONE_SOCIALE della quota in sua opzione, la quota di minoranza di RAGIONE_SOCIALE veniva ridotta al 15,83%.
Evocando il contratto preliminare tra *** e del 17 dicembre 2021, parte attrice rappresentava che l’articolo 17 prevedeva, ex art. 1411 c.c., una opzione put a favore della socia di minoranza , per vendere all’acquirente (RAGIONE_SOCIALE l’intera sua partecipazione al valore nominale di euro 8.550.000, calcolata pro quota secondo lo stesso criterio valevole per le paciscenti;
opzione esercitabile entro sei mesi dalla data di esecuzione del contratto preliminare stesso.
Inoltre, il contratto preliminare prevedeva al punto 17.3 che nel caso in cui l’opzione put non fosse stata azionata dal socio di minoranza , l’acquirente RAGIONE_SOCIALE si sarebbe impegnata a negoziare in buona fede con la stessa un patto parasociale che disciplinasse la governance della società, la circolazione delle quote nonché il meccanismo di opzioni put e call per consentire l’uscita di allo scadere del quinto anno dalla data di esecuzione.
Lamentava dunque l’attrice come la società convenuta, approfittando della situazione di illiquidità di , avesse proposto ed attuato l’aumento di capitale al solo fine di diminuire la partecipazione societaria della società attrice in , e confinarla in una posizione di minoranza ancora più marcata.
Nel frattempo NOME aveva operato affinché essa non esercitasse l’opzione.
A tale proposito contestava alla società convenuta di non aver rispettato l’obbligo contrattuale previsto al punto 17.3 di negoziare in buona fede il patto parasociale a garanzia ed a tutela del socio di minoranza, secondo i principi previsti dallo stesso contratto preliminare all’allegato 17.3.
Sosteneva poi l’attrice che l’aumento di capitale fosse stato deliberato recando un prezzo di emissione delle nuove azioni assolutamente incongruo, pari al valore nominale di 1 euro, inferiore a quello effettivo (indicato in 1,25 euro), e quindi senza sovraprezzo, scelta non conforme all’interesse sociale.
Contestava inoltre che l’aumento del capitale sociale, non fosse mai stato discusso precedentemente, né in alcun modo motivato.
Tutto ciò era allegato per sostenere la natura abusiva e illecita della deliberazione.
Quale ulteriore vizio della delibera, aveva convocato per il 27 maggio 2022 l’assemblea, avente anche altri oggetti all’ordine del giorno (approvazione del bilancio 2021, sostituzione del revisore, trasformazione in s.p.a.) mediante lettera raccomandata ricevuta da solo in data 20 maggio 2022, 7 giorni prima dell’assemblea prevista, in ritenuta violazione della norma statutaria che avrebbe richiesto la prova della ricezione della convocazione dell’assemblea nello stesso termine previsto per la spedizione, ovvero prima di otto giorni dalla convocazione. Rappresentava fra l’altro parte attrice di non avere poi esercitato l’opzione put prevista dall’art. 17.1 dell’accordo preliminare, in quanto non ritenuta economicamente conveniente dalla maggioranza del capitale e dagli amministratori di Concludeva come sopra.
Si costituiva in giudizio la società sostenendo in primo luogo che l’aumento del capitale sociale oggetto della delibera del 27 maggio 2022 era motivato e finalizzato a ridurre il livello di indebitamento bancario di la quale aveva in essere finanziamenti bancari particolarmente onerosi ed in definitiva insostenibili.
Inoltre, la riduzione dell’indebitamento bancario sarebbe stato necessario e funzionale anche a creare le condizioni perché la società potesse sostenere interventi sugli impianti;
oltre a evidenziare le rilevanti esigenze di liquidità ed il rischio di peggioramento dei risultati operativi della società, stante l’entrata in vigore dei cosiddetti provvedimenti legislativi sugli extra profitti e stanti i rischi di siccità, la quale ultima nei primi 5 mesi del 2022 già aveva portato una riduzione delle precipitazioni di circa il 60% e per l’effetto la contrazione delle produzioni idroelettriche di oltre il 50%.
La proposta di aumento di capitale, contrariamente a quanto sostenuto da parte attrice, non costituirebbe comunque un abuso da parte del socio di maggioranza, alla luce dei principi applicabili e in ragione dei fatti, che illustrava anche confutando le avversarie argomentazioni.
In relazione alla tardività della convocazione assembleare, la convenuta eccepiva che la raccomandata era stata inviata in data 12 maggio 2022, ed era stata ricevuta dalla società attrice in data 20 maggio 2022, ciò che era perfettamente conforme alla normativa statutaria.
Eccepiva infine l’inammissibilità e l’infondatezza delle conclusioni dell’atto di citazione, posto che solo in tale ultima parte dell’atto si chiedeva l’annullamento di tutte le delibere assunte dall’assemblea in data 27 maggio 2022, in quanto dalla prospettazione contenuta nell’atto di citazione la reale volontà di parte attrice era quella di impugnare la delibera unicamente in relazione al punto relativo all’aumento di capitale sociale.
Concludeva pertanto chiedendo il rigetto integrale della domanda avversaria.
Concessi i termini ex art. 183, comma 6, cpc, parte convenuta eccepiva che solo con memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 e pertanto tardivamente, parte attrice avesse formulato una nuova domanda concernente l’invalidità della delibera in relazione alla mancata informazione dei soci dell’avvenuto deposito del fascicolo di bilancio presso la sede sociale con quindici giorni di anticipo rispetto alla data dell’assemblea.
Svolta attività istruttoria tramite l’assunzione dei testi, la causa viene in decisione dopo che le parti hanno precisato le conclusioni e avuto termini di legge per conclusionali e repliche.
Le domande attoree Procedendo preliminarmente alla interpretazione della domanda, e muovendo dalle allegazioni e contestazioni attoree, va osservato che parte attrice ha richiamato nel suo atto introduttivo quali fossero i vari argomenti posti all’ordine del giorno della assemblea del 27/5/2022, aggiungendo che, non avendo essa partecipato alla seduta, tutte le proposte del CdA (come richiamate, si intende, nell’ordine del giorno) erano state approvate con il voto della sola altra socia, di larga maggioranza. E’ certo vero poi che parte attrice ha posto quale prima parte della sua espositiva la materia della invalidità della deliberazione per abuso del voto di maggioranza, motivando per questo aspetto solo rispetto alla condotta della socia di maggioranza relativamente alla delibera di aumentare il capitale:
onde questo vizio, e la conseguente domanda, possono dirsi prospettati solo con riguardo a tale parte del deliberato assembleare.
Tuttavia, date le premesse in fatto sull’odg e sulla sua approvazione, la materia della invalidità per violazione dello Statuto – pervero da esaminare in via logicamente prioritaria – è evidentemente introdotta con riferimento a tutti i deliberati, e non solo a quello cui era stata dedicata la prima parte delle doglianze.
E’ poi effettivamente nuova, diversa e tardiva, la ulteriore domanda – l’impugnativa concreta domanda afferente un diritto eterodeterminato, e fondata su diverse circostanze di fatto e diverso vizio – che l’attrice ha introdotto nella memoria istruttoria n. 1, e afferente la invalidità della delibera per violazione delle regole (2429 comma 3 c.c.)
che prescrivono il deposito del progetto di bilancio nei 15 giorni anteriori la seduta;
invalidità peraltro suscettibile di rifluire su un singolo deliberato – quello di approvazione del bilancio – diverso da quello aggredito dalle censure di abuso.
La tardiva convocazione.
L’art. 11 comma 3 dello statuto prevede che “Le convocazioni delle assemblee saranno fatte dall’organo amministrativo con lettera raccomandata, spedita almeno otto giorni prima dell’adunanza, ovvero con ogni altro mezzo idoneo ad assicurare la prova del ricevimento entro lo stesso termine.
” Il testo per la prima parte (convocazione con raccomandata) ripercorre il dettato dell’art. 2479bis comma 1 c.c., che nella interpretazione giurisprudenziale va inteso nel senso letterale, e quindi con convocazione valida alla sola condizione che la raccomandata sia spedita nel termine, salva la prova, a cura del socio, della impossibilità di partecipare derivante da causa non a lui imputabile, quale è per esempio nel caso di pervenimento della raccomandata in tempo non utile (Cass. 23218/2013).
A tale parte lo statuto se ne aggiunge una seconda, che ammette il ricorso ad altre modalità di convocazione, non determinate, alla condizione che consentano la prova di ricevimento entro otto giorni.
Non è corretta la interpretazione proposta da parte attrice, secondo cui la seconda parte del comma, fissando la condizione della prova di ricevimento entro “lo stesso termine” cioè otto giorni, dovrebbe applicarsi anche alla prima parte:
e ciò sia per il fatto che la prima parte riproduce appunto un dettato già normato e ormai pacificamente interpretato, mentre la seconda è una aggiunta;
sia per il fatto che sarebbe contraddittorio chiedere, per la convocazione con raccomandata, sia la spedizione che la prova di ricezione entro lo stesso termine, dato che tale forma di convocazione per sua natura non è ad effetto istantaneo.
Stanti tali ragioni testuali e logiche, non basta certo a fare ritenere diversamente il fatto che sia utilizzata nella seconda frase, anziché la espressione “entro otto giorni”, una espressione di rimando allo “stesso termine”.
Piuttosto, la richiesta di una prova di effetto entro un termine “di sicurezza” per gli strumenti di convocazione diversi dalla raccomandata, pare correlarsi piuttosto alla indeterminatezza del mezzo:
la società ammette anche mezzi che la tecnica, sempre in evoluzione, potrà offrire tempo per tempo, a condizione che ne sia certo l’effetto con sufficiente anticipo.
Pertanto la censura va respinta.
Va solo aggiunto che ove anche la si fosse accolta, la parte di delibera che approvava la trasformazione della società, nel frattempo portata ad effetto, avrebbe trovato verosimilmente salvaguardia nell’art. 2500bis c.c.
L’abuso di maggioranza La materia dell’abuso richiede trattazione più estesa, anche considerando il continuo sviluppo di argomenti portato da parte attrice che, nel condurre la lite, si è profusa largamente in nova in parte del tutto inammissibili (la produzione di documento – bilancio 2023 – con la comparsa conclusionale di replica, nella quale su tale documento ha fondato ulteriori argomentari) e in parte comunque scarsamente rispettosi del contraddittorio, quali lo sviluppo di argomenti del tutto nuovi, fondati sulla lettura critica dei bilanci della convenuta, e relativi ai fabbisogni sociali, argomenti introdotti solo con la memoria istruttoria di replica (n. 3) Va ricordato che l’abuso di maggioranza costituisce, in diritto, un esercizio del diritto di voto in modo contrario alla buona fede, il che si ha quando il socio di maggioranza, che sempre ha diritto di votare nel proprio interesse, eserciti il voto allo scopo di ledere il socio di minoranza, oppure intenda avvantaggiarsi ingiustificatamente in danno del socio di minoranza (Cass. 1361/2011). In questo contesto l’interesse sociale al risultato del voto così esercitato non costituisce elemento dirimente, ma piuttosto un rilevante elemento di riscontro:
nel senso che talvolta l’interesse sociale in realtà resta neutro, oppure astrattamente sussiste comunque (così per l’aumento di capitale), ciò che non vieta comunque di ravvisare un abuso.
L’aumento di capitale approvato aveva carattere scindibile, e doveva avvenire mediante emissione di azioni al valore nominale di euro 1 da offrire ai soci (con termine di sottoscrizione di 60 giorni) in proporzione delle rispettive quote;
con facoltà di sottoscrivere l’inoptato a vantaggio dei soli soci entro ulteriori giorni 60.
L’abuso avrebbe avuto lo scopo esclusivo di ledere RAGIONE_SOCIALE e i pilastri dell’abuso poggiano su una serie di circostanze indiziarie, e inoltre su circostanze pertinenti la delibera stessa.
Queste ultime sarebbero:
1) l’assenza di informazione preventiva al socio, 2) la genericità delle giustificazioni riguardo all’interesse sociale e comunque l’assenza di interesse sociale, 3) la mancata previsione di un sovrapprezzo.
Rispetto alle circostanze indiziarie, parte attrice richiamava uno sfondo fattuale più ampio.
Nello stesso contratto preliminare fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE oltre al patto a favore di terzo (RAGIONE_SOCIALE) per l’esercizio di una opzione put di sei mesi, alle stesse condizioni del contratto medesimo, RAGIONE_SOCIALE si impegnava, in caso questa opzione non fosse stata esercitata da RAGIONE_SOCIALE a negoziare con essa in buona fede un patto parasociale che prevedesse fra l’altro la concessione di una ulteriore opzione di vendita, da esercitare in cinque anni, a favore della socia di minoranza, a condizioni di mercato e secondo criteri che sarebbero stati fissati in un allegato al contratto definitivo da stipulare fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Ciò premesso, riguardo alla circostanze indiziarie si ritiene quanto segue.
a) la socia di maggioranza RAGIONE_SOCIALE avrebbe cercato di indurre l’attrice a uscire da esercitando la opzione put semestrale, e l’operazione di aumento di capitale sarebbe stata volta a spingerla in tale direzione;
in questo quadro secondo l’attrice andrebbe letto il carteggio sviluppatosi fra le parti a partire dalla missiva legale di parte attrice del 25/5/2022, e l’andamento, allegatamente andato a rilento, delle trattative sulla stipula di un patto parasociale successive al rifiuto dell’offerta put semestrale.
In realtà, con la lettera legale del 25/5/22 parte attrice intendeva ottenere informazioni sui criteri di stima della opzione put quinquennale prevista dal preliminare far RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, a suo beneficio;
ottenendo la corretta risposta secondo cui essa non poteva vantare in quel momento alcun diritto conoscitivo in tal senso, in quanto tale opzione sarebbe stata oggetto di trattativa successiva;
si era infatti ancora nella pendenza del termine entro il quale avrebbe potuto esercitare l’opzione put semestrale, e solo dopo che essa avesse declinato tale opzione (il che avvenne nel luglio successivo) si sarebbe dovuta dare, secondo il tenore degli accordi RAGIONE_SOCIALE, apertura alla trattativa che prevedeva la concessione di una diversa opzione put a diverse condizioni (e secondo i criteri fissati nel definitivo).
Poiché declinò l’opzione put semestrale solo a luglio 2022, quindi ben dopo la delibera qui aggredita, non hanno comunque capacità probatoria nel senso richiesto le condotte successive, riguardanti la negoziazione del patto parasociale, e ciò anche considerato che nel frattempo era stata proposta la presente impugnativa (notifica citazione 3/8/2022) non certamente giovevole ai rapporti fra soci.
Per il resto, non vi sono elementi che facciano ravvisare in capo ad RAGIONE_SOCIALE condotte volte a costringere a uscire spontaneamente da era in situazione di crisi, e non avrebbe potuto disporre della liquidità sufficiente a sottoscrivere l’aumento.
La circostanza, comunque non affatto dirimente, dato che lo sviluppo sociale non è tenuto a sottostare alle indisponibilità dei soci, non è comunque adeguatamente provata.
Non ha utilità in tal senso il fatto che l’attrice appartenga allo stesso gruppo di RAGIONE_SOCIALE, che cedette le sue partecipazioni a seguito di gara competitiva indetta sotto la pressione dell’indebitamento bancario e del rischio di perdita del credito:
non è detto infatti che la crisi di una società del gruppo implichi la crisi delle altre.
Né rilevano generiche osservazioni sulla crisi del comparto tessile, in cui il gruppo operava.
Produce poi la attrice la convenuta propri bilanci dal 2017 al 2020 (si tratta invero di riepiloghi estremamente sintetici in lingua francese) assumendo dapprima genericamente che da essi si comprenderebbe il suo stato di crisi, e, poi, allegando che da tali bilanci risulterebbero le perdite di esercizio;
e allora, muovendosi sulla scorta di quanto allegato, e non essendo tenuto il giudice a esplorazioni non indicate, va detto che se pure i documenti 2019 e 2020, nella loro estrema sintesi, sembrino mostrare mostrano risultati di esercizio negativi, si tratta di elementi eccessivamente imprecisi in quanto dati singoli non coordinati in una lettura più ampia dei bilanci, e comunque riferiti ad anni ben anteriori la vicenda che occupa.
Né rileverebbe (ove anche dimostrato) il fatto che abbia come unico asset la partecipazione in , o il fatto che la sua compagine sociale non sia in buona armonia.
c) La società e il notaio rogante avrebbero ostacolato alla attrice la conoscenza della delibera, consegnandola solo dopo richiesta:
si tratta di circostanza il cui valore indiziario, ove anche risultasse vera, sarebbe assolutamente labile.
Risulta in concreto che parte attrice abbia richiesto il verbale il 14 giugno e lo abbia ottenuto il 15.
Venendo alle circostanze afferenti la stessa deliberazione, valga quanto segue.
Quanto al diritto informativo del socio, parte attrice lo prospetta in vari modi.
A fronte della sua iniziale allegazione di mancata anteriore discussione della questione, parte convenuta aveva richiamato il verbale di Cda del 27/4/2022 in cui si legge che:
“A seguire, l’Amministratore delegato relaziona il CdA in merito al piano di rifacimento delle centrali così come da documentazione precedentemente trasmessa agli amministratori e da cui emerge che, su 4 dei 18 impianti idroelettrici attivi non è stato fatto alcun intervento di revamping da più di 30 anni (riferimento alle parti elettromeccaniche, quali turbine, alternatori, ecc.).
Pertanto, si pone la necessità di valutare interventi sugli stessi.
Di questi quattro impianti, per sono stati identificati puntualmente potenziali interventi di revamping.
In particolare, l’Amministratore delegato fa presente che tali costi di rifacimento per revamping non sono previsti all’interno del business plan che viene sottoposto all’odierno Consiglio.
Fa altresì presente che delle 6 centrali che necessitano di revamping nei prossimi anni, l’attenzione, per quest’anno, è stata posta con riferimento alle centrali di (costo previsto circa Euro 1,5 Mln) e di (costo previsto circa Euro 1,25 Mln) dove sono state completate le attività così da permettere l’iscrizione al registro del decreto FER 2019;
questo con l’obiettivo per poter accedere agli incentivi” Era dunque dato conto della necessità di procedere a revamping (rilevanti interventi di rinnovamento) per 4 impianti, già precedentemente rilevata;
ed inoltre di procedervi anche per altre 6;
in ogni caso veniva presentato un business plan nel quale non erano (ancora) previsti interventi di revamping.
Parte attrice persisteva a ritenere del tutto generica questa giustificazione, e proponeva una nuova versione del principio, sia invocando un generico dovere di buona fede, sia invocando il diritto informativo del socio ex art. 2476 comma 2 c.c. Quest’ultimo articolo, tuttavia, riguarda diritti informativi che il socio può attivare, rivolgendo alla società le sue richieste, che nella specie non consta siano state proposte;
e non già doveri generici da adempiere dagli amministratori, a prescindere da richieste.
In concreto, peraltro un mandatario di parte attrice aveva provveduto prima della seduta a ritirare i documenti messi a disposizione dei soci in vista dell’assemblea, che ritiene però insufficienti, ma senza invocare la sussistenza e violazione di obblighi legali di informativa specificamente valevoli per la delibera di aumento di capitale.
Quanto all’interesse sociale alla dotazione economica, va premesso che parte attrice non può dolersi, dopo avere disertato l’assemblea, della giustificazione allegatamente scarna dell’aumento, quale la ricava dal verbale.
Partecipando, avrebbe potuto chiedere ulteriori ragguagli.
Inoltre, la verifica della necessità od opportunità dell’aumento non è da limitarsi alle sole ragioni trasfuse nel verbale.
Il verbale comunque riporta le spiegazioni del Presidente:
“tale aumento è volto a dotare la Società delle risorse necessarie per ripianare parte dell’indebitamento, per operare una parziale ricapitalizzazione della Società e per far fronte ai piani di intervento e revamping già approvati dal Consiglio di Amministrazione e relativi agli impianti esistenti” Come segnalato da parte convenuti, la società portava in bilancio 2021, come già l’anno precedente, debiti verso banche per 35 milioni di euro, di cui 18,354 milioni a scadere nell’esercizio (nel 2020 erano 13,768 milioni a scadere nell’esercizio; e ad colorandum, si osserva che fin dal 25/2/2020 il Collegio sindacale, rilevando la situazione economica e finanziaria della società, abbisognevole di interventi, si era per questa ragione dimesso).
Pertanto, alla data della delibera la società era gravata di debiti verso le banche (scaduti nel 2021) per oltre 18 milioni di euro, e ciò richiedeva urgentemente liquidità, ovviamente non reperibile presso le Banche.
Il testimoniale ( ) commentando i dati contabili ha dato conto dell’effettivo ripianamento del debito verso (17,5 milioni) a seguito dell’aumento di capitale.
I testi successivi ( Morgan, ) hanno invece riferito del piano di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, programmati per il biennio 2022/2023, evidentemente riferiti a quanto contenuto nel business plan presentato ad aprile 2022 in CdA (il Morgan sedeva in CdA allora) e che come sopra evidenziato non prevedeva ancora interventi di revamping.
Si tratta di interventi che , data la natura e il numero degli impianti (18 impianti idroelettrici) erano evidentemente dovuti, anche a tamponare le necessità in attesa di procedere ai veri e propri revamping.
In assemblea del 27/5/2022, il Presidente faceva riferimento sia al piano già approvato, sia alle necessità future, quali annunciate in CdA, e pertanto non era affatto peregrino l’avvio di procedure volte, oltre che ad alleggerire la società del debito bancario, assi oneroso (e anche di quello non ancora scaduto, per potere evitare il pagamento di interessi), a dotarla di risorse per potere programmare interventi già previsti come necessari.
Oltre a ciò, e come già accennato nelle relazione al bilancio 2021, la società viveva le gravi incertezze legate alle vicende del mercato energetico, che proprio nei primi mesi del 2022 aveva visto una (favorevole) impennata dei prezzi, ma anche interventi legislativi (d.l. 4/2022) volti a calmierare il mercato, e in particolare previdenti forme di prelievo a carico delle aziende del settore.
Si apprende dalle difese finali che la società ha un debito verso l’Ente impositore a questo titolo di circa 14,5 milioni di euro, il che dà la misura dell’entità dei valori in gioco.
Ben poco importa che tale somma non sia stata ancora versata, che pendano impugnative contro atti amministrativi attuativi della normativa primaria (al d.l. 4/2022 seguì il d.l. 21/2022, poi più volte modificato), e che poi a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 111/2024 il prelievo si profili minore del previsto, potendo essere depurato dei valori delle accise già pagate:
nella assoluta mobilità del panorama normativo, il minimo che si doveva chiedere ad un amministratore prudente all’epoca era di accantonare adeguate risorse;
restando irrilevanti le argomentazioni in parte ex post (esiti proposizione, nell’anno 2023, e decisione, nel 2024, delle questioni di costituzionalità, una sola delle quali accolta) o addirittura de futuro (esiti di impugnative avanti al giudice amministrativo, o Cont successive modifiche normative).
Un altro tema introdotto nella relazione al bilancio 2022 era il possibile impatto di periodi di siccità ulteriori a quello già verificatosi nel 2021; questione che alla luce del dibattito sul clima, il quale investe ormai anche il comune cittadino, parte convenuta vorrebbe risolvere con argomentazioni ancora ex post (fondate sul quanto accaduto negli anni successivi, e stimato “a braccio”) se non negando, di fatto, lo stesso principio di prudenza, a fronte delle oggettive irregolarità climatiche degli ultimi anni. Nella sua argomentazione di memoria n. 3 poi parte attrice commenta anche i dati di bilancio della convenuta affermando che da essi si evincerebbe l’esistenza di un conto attivo “Tesoreria v/controllante” di euro 15.221.000 euro da essa qualificato un “prestito” a favore della socia controllante, la cui appostazione dimostrerebbe – in una con la liquidità entrata in cassa nei primi mesi del 2022 – che sovrabbondava in realtà di risorse, indebitamente dunque chiedendo sacrificio alla attrice:
tali argomenti, tardivi e generici, non meritano alcun approfondimento, tanto più dopo le osservazioni della convenuta, non ribattute, per cui il conto “Tesoreria” riguarda i versamenti effettuati da sul conto *** in essere con la capogruppo nell’ambito del cash pooling, e che la liquidità generata nel corso dell’esercizio 2022 e versata sul conto *** doveva però essere tenuta a disposizione proprio per far fronte ai debiti della Società nei confronti del GSE e dell’Erario relativi ai contributi straordinari legati all’entrata in vigore dei provvedimenti sui c.d. “extraprofitti”. Quanto alla liquidità in entrata nei primi mesi del 2022, cui pure l’attrice fa cenno come risorsa non tenuta in conto nell’imporre alla socia di minoranza oneri di aumento di capitale, tale liquidità non viene affatto indicata dall’attrice come anormalmente alta, ed era quindi evidentemente destinata a coprire le spese correnti Mancata previsione del sovrapprezzo.
L’aumento di capitale offerto in opzione ai soci non necessita, per legge, di imposizione di sovrapprezzo:
il sovrapprezzo è infatti strumento che ha la principale funzione di non ledere i soci e beneficio di terzi investitori.
Quando la differenza fra valore nominale e valore effettivo delle quote/azioni è molto rilevante, la mancata previsione di un sovrapprezzo, particolarmente nei casi di seria e nota difficoltà finanziaria del socio minoritario, può essere segno di volontà lesiva;
nel caso trattato da questa Sezione, e più volte citato da parte attrice, sent. 1879/2020 del 9/12/2020, n. 1488/2018 r.g., si trattava però di aumento con emissione di azioni collocate al prezzo di euro 10 l’una, di contro ad un valore contabile unitario inespresso delle azioni già emesse di molte decine di volte superiore.
Diversamente, nel presente caso già stando alle allegazioni attoree, quali versate in atto di citazione, di contro al valore nominate (e deliberato) di euro 1, il valore reale sarebbe stato di euro 1,25, o, ricavando dal contratto stipulato da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, di euro 1,36.
Ulteriori allegazioni contenute in memoria n. 2 attorea, fondate su perizia di parte, portano ad una allegazione di valore reale fra euro 1,70 e 2,40.
Non si tratta, in ogni caso, di divario fra valore reale e valore nominale paragonabile al caso citato, nel quale i sottoscrittori avrebbero realizzato un anomalo e ingiustificato accaparramento di posizione in società.
Non è poi coerente con la prospettazione della attrice, che afferma di essere in difficoltà economica e di non potere (comunque) sottoscrivere l’aumento, che essa, contemporaneamente, si dolga del fatto che l’aumento non sia stato con sovrapprezzo:
tale profilo è privo di qualunque nesso causale rispetto al suo danno.
Nel contempo parte attrice ritiene che la società non avrebbe interesse all’aumento senza sovrapprezzo, in quanto con sovrapprezzo essa percepirebbe maggiori somme.
Vale la pena di sottolineare, a questo proposito, che non può affermarsi che la società “non abbia interesse” ad un aumento se esso non sia fatto con sovrapprezzo, in quanto per la società il solo dato rilevante è solo quello dell’ammontare di entrata patrimoniale.
In definitiva, pare che il socio faccia coincidere il vantaggio per il socio che legittimamente sottoscriva senza aumento, disponendo di risorse, con il danno per la società e per sé.
In realtà la vicenda si muove nell’ambito di dinamiche societarie che non presentano anomalie, cioè sensibili discostamenti dallo schema legale che ammette l’aumento senza sovrapprezzo quando vi sia opzione.
Nella vicenda non pare poi senza rilievo la circostanza per la quale il termine di sottoscrizione fosse fissato in giorni 60, quindi con un margine di manovra al socio per provvedersi di finanza.
Si rigettano dunque nel merito le domande attoree – quali ammissibilmente proposte – e si regolano le spese secondo soccombenza.
Ai fini del valore, essendo cumulate domande di impugnativa della delibera di aumento, di valore determinato, con altre di valore non determinabile, la causa si ritiene di valore indeterminabile, tuttavia si ritiene applicabile l’art. 5 ultimo comma ultima parte della tariffa, e si applicano gli importi dello scaglione più elevato, in misura più che media.
Definitivamente pronunciando, 1) Rigetta le domande di parte attrice;
2) Condanna l’attrice a rifondere le spese di lite della convenuta, per euro 25.000,00 in compensi, oltre 15% spese generali, oltre iva e cpa Venezia, 2/10/2024 Il presidente est. dr.
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La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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