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Rigetto ricorso ex art. 700 c.p.c. per carenza di periculum in mora

L’ordinanza ribadisce il principio per cui la concessione di un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. richiede la sussistenza di un pregiudizio imminente ed irreparabile, non risarcibile per equivalente. Tale requisito deve essere rigorosamente provato dal ricorrente.

Pubblicato il 02 January 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 2024/1154

TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA RAGIONE_SOCIALE

Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 1154/2024 promosso da: P.I. ), già rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME RICORRENTE contro (P.I. ), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME RESISTENTE Oggetto: provvedimenti d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c..

Il Giudice dr.ssa NOME COGNOME attesa l’intervenuta sostituzione dell’udienza con il deposito di note scritte ai sensi dell’art. 127, comma terzo, c.p.c.;

letti gli atti ed esaminati i documenti di causa;

lette le rispettive note scritte depositate dai procuratori delle parti ed avuto riguardo ai relativi contenuti ed alle richieste ivi formulate;

ha emesso la seguente

ORDINANZA R.G._00001154_2024 DEL_11_11_2024 PUBBLICATA_IL_11_11_2024

ex artt. 127ter e 700 c.p.c Con ricorso ex art. 700 c.p.c., promosso ante causam, (di seguito anche solo ) chiedeva la condanna della (di seguito anche solo alla immediata riconsegna dell’impianto per la distribuzione di carburanti, nonché di ogni altro bene oggetto dei.

La ricorrente chiedeva, altresì, l’emissione di un provvedimento ai sensi dell’art. 614bis c.p.c..

A sostegno della propria pretesa cautelare la società ricorrente deduceva, in sintesi e per quanto di interesse:

di essere proprietaria di un’area sita nel Comune di Falconara Marittima (AN), sulla SINDIRIZZO in località Rocca INDIRIZZO KM 286+600 SN, dove è ubicato un impianto per la distribuzione di carburanti destinato a punto vendita e ad attività di bar (documentazione fotografica allegata al doc. n. 1);

che l’intera gestione dell’area era stata affidata alla mediante distinti contratti:

contratto di comodato (doc. n. 1) per l’attività di distribuzione di carburanti e combustibili;

contratto di fornitura (doc. n. 1) per i beni e le attrezzature costituenti l’impianto;

contratto di affiliazione ed affitto di ramo d’azienda con annesso sistema RAGIONE_SOCIALE in aree stradali (doc. n. 2) per il servizio di car wash;

contratto di affitto di ramo d’azienda bar senza affiliazione commerciale (doc. n. 3) per il servizio bar;

che in data 7.2.2024 la Guardia di Finanza, notando un dipendente della intento a rifornire una bombola ad uso domestico dalla pistola erogatrice della colonnina GPL e scovando altre 19 bombole targate RAGIONE_SOCIALE nascoste all’interno dell’impianto, contestava allo stesso e al sig. -nella sua qualità di gestore dell’impianto- la commissione di fatti integranti i reati di cui agli artt. 7, comma 1, del d.lgs. n. 128/2006 e 679 c.p. disponendo altresì il sequestro probatorio delle bombole, dell’adattatore in metallo, della colonnina GPL e delle due pistole erogatrici (doc. n. 4 e doc. n. 5); che il sig. aveva comunicato ad quanto accaduto solo quando, non risultando più attività di erogazione dalla colonnina GPL dell’impianto, era stato contattato dal personale della società ricorrente per avere spiegazioni.

che con comunicazione del 23 febbraio 2024, aveva quindi dichiarato alla controparte, ai sensi degli artt. 11.2 e 17.1 lett. e) del contratto di comodato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa -per la ritenuta violazione degli artt. 6, 8, 10, 11, 13, 17- con conseguente immediata risoluzione di tutti i rapporti in essere (doc. n. 6).

La ricorrente lamentava che, nonostante la predetta comunicazione, la avesse in questi termini la vicenda, la società ricorrente sosteneva pertanto:

sussistere il fumus boni iuris in quanto la avrebbe violato le disposizioni contrattuali citate, integrando il grave inadempimento giustificante la comunicazione del 23 febbraio 2024;

sussistere il periculum in mora in quanto, attese le descritte condotte imputabili alla resistente, sarebbe venuta meno l’affidabilità della stessa, sussistendo, altresì, il rischio di reiterazione di tali condotte, con conseguente pericolo la salute pubblica;

inoltre, il permanere della gestione in capo alla avrebbe potuto comportare il rischio di una pronuncia autoritativa da parte della PA di sospensione dell’attività di distribuzione carburanti per motivi di pubblico interesse o di sicurezza, nonché il rischio di un provvedimento comunale di decadenza dell’autorizzazione.

Infine, la protratta interruzione di servizio di pubblico interesse avrebbe potuto determinare un gravissimo danno economico e all’immagine commerciale di , con perdita del relativo avviamento per sviamento della clientela;

sussistere la strumentalità della cautela, visto che la richiesta di emissione del provvedimento sarebbe stata funzionale a conseguire l’anticipazione dell’esito di una causa volta al riconoscimento dell’intervenuta legittima risoluzione di diritto dei rapporti contrattuali e di occupazione sine titulo, con conseguente condanna alla restituzione dell’Impianto e dell’Esercizio bar con ogni annesso;

sussistere la residualità della cautela atipica invocata, dal momento che solo la restituzione anticipata dell’impianto avrebbe consentito di rimettere a reddito il bene ed evitare l’ulteriore dispersione di potenzialità commerciali riconnesse all’avviamento.

La società ricorrente rassegnava quindi le seguenti conclusioni:

“(i) il Tribunale, in accoglimento del ricorso, ritenuto sussisterne i presupposti, emetta in via d’urgenza un provvedimento con cui disponga in capo alla “ in persona del suo legale rappresentante p.t. l’obbligo alla immediata riconsegna ad dell’Impianto di distribuzione, e delle attività e strutture di costituenti l’Esercizio bar, nonché di ogni bene oggetto dei contratti in essere;

nonché della documentazione amministrativa e doganale ad esse funzionali, fissando da subito un termine/data immediati per la presenza sull’area del l.r.

per facilitare le operazioni di consegna;

ed al contempo – nel caso di mancata presenza di COGNOME – che con l’emanando provvedimento sia già data di lucchetti, sostituzione serrature e rimozione di ogni ostacolo esistente per la ripresa in pieno possesso dei beni.

(ii) che ai sensi dell’art. 614bis cpc il Tribunale indichi una somma dovuta dalla resistente per ogni giorno di ritardo nella esecuzione del provvedimento emanando, proporzionata al danno con tale ritardo cagionato ad suggerendo la somma di € 500,00 per ogni giorno di ritardo – pari alla penale già concordata dalle Parti (art. 22 Contratto comodato).

(iii) attesi gli evidenti presupposti di urgenza, ed il corredo probatorio fornito, che il provvedimento sia reso inaudita altera parte fissando, in ogni ipotesi, la data di comparizione delle Parti per la conferma/modifica in contraddittorio dell’emanando provvedimento, con concessione di un termine per le notifiche a parte convenuta.

sin da ora (iv) che l’udienza di comparizione delle parti sia tenuta in presenza.

Con condanna alle spese e compensi della procedura”.

Successivamente al deposito del ricorso, la ricorrente avanzava un’istanza per l’anticipazione dell’udienza del 9.5.2024, con la quale dava atto che l’Autorità Giudiziaria aveva disposto il dissequestro delle pompe erogatrici di gpl e, conseguentemente, la aveva ripreso ad erogare il prodotto, senza, peraltro, darne notizia ad Parte ricorrente motivava tale istanza ritenendo concretato un incremento del pericolo di reiterazione delle condotte contestate, con conseguente pericolo per la pubblica sicurezza.

Costituitasi in giudizio, la società resistente deduceva, in punto di fatto:

come i rapporti contrattuali tra le parti fossero ormai pluridecennali, visto che il primo accordo risaliva al 1994, allorquando la aveva gestito un impianto a Matera, luogo da cui si era spostata nelle Marche su richiesta della ricorrente al fine di gestire un nuovo impianto, gestendone attualmente due (oltre a quello per cui è giudizio un altro impianto sito ad Ancona, sito in INDIRIZZO);

che il dipendente aveva agito all’insaputa del gestore e la maggior parte delle bombole sequestrate erano risultate peraltro vuote;

che la condotta contestata al dipendente, ed in solido al sig. non avrebbe integrato un reato bensì un illecito amministrativo punito ai sensi dell’art. 18, comma 5 del d.lgs. n. 128/2006, così come il sequestro eseguito avrebbe dovuto essere qualificato come amministrativo e non probatorio;

di avere contestato, mediante missiva in data 26 febbraio 2024, l’intervenuta risoluzione unilaterale, per mancanza dei relativi presupposti, rifiutando per tale ragione -e in ragione della mancata disponibilità al contradditorio della ricorrente- la punto di diritto parte resistente deduceva ed eccepiva:

la carenza di legittimazione e di interesse ad agire della , dato che parte resistente aveva stipulato i contratti oggetto di disamina con la irregolarità della procura speciale rilasciata da soggetto (avv. , il cui ruolo ed i cui poteri all’interno della società risulterebbero ignoti;

la carenza della strumentalità dell’azione per la mancata indicazione dell’azione di merito da instaurare;

la carenza della residualità dell’azione, potendo la ricorrente avvalersi del rimedio cautelare di cui all’art. 670 c.p.c.;

la carenza del fumus boni iuris, non sussistendo i paventati danni subiti dalla società ricorrente, sia perché la colonnina non era stata in funzione per pochi giorni (dal 7.02 al 29.02), sia perché non vi era stata alcuna manomissione dell’impianto e dunque non si era neppure creato alcun rischio per la sicurezza pubblica;

la clausola risolutiva espressa sarebbe peraltro stata nulla per genericità e, comunque, quanto occorso non avrebbe integrato alcuna delle ipotesi ivi contemplate;

difetterebbe, infine, il collegamento funzionale fra tutti i contratti stipulati con conseguente inammissibilità della pretesa di ottenere la riconsegna di tutto l’impianto;

la carenza del periculum in mora, dal momento che non vi erano stati danni né manomissioni all’impianto;

la resistente evidenziava in proposito di essere dotata di Certificato di Prevenzione Incendi (doc. n. 11);

di essere in procinto di nominare un responsabile della Sicurezza (doc. n. 12);

di aver superato anche le più recenti ispezioni in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro senza aver mai ricevuto sanzioni né provvedimenti riguardanti rischi sul lavoro;

di essere dotata di DVR (documento di valutazione dei rischi);

di adoperarsi per implementare il Modello Organizzativo “231” e di avere sempre garantito la massima sicurezza sia per il proprio personale che per i fruitori del servizio offerto.

La resistente rassegnava quindi le seguenti conclusioni:

“Tutto ciò premesso, la società in accomandita semplice “ , come sopra rappresentata e difesa chiede che il Giudice adito Voglia a. IN VIA PRELIMINARE ➔ Accertare e delibare la carenza di legittimazione attiva e/o di interesse ad agire nonché l’invalidità della costituzione in giudizio della parte ricorrente, la quale non ha prodotto in giudizio (i) né l’asserito contratto di cessione di ramo aziendale (ii) né la procura ricorrente o, a sua volta, un procuratore;

sul punto si anticipa sin d’ora che, alla luce del rito ex adverso prescelto, non si consentiranno rinvii né sanatorie dei gravi vizi quivi eccepiti, dovendosi decidere la vicenda processuale de qua rebus sic stantibus;

➔ Nella denegata e non creduta ipotesi in cui i vizi uti supra eccepiti dovessero essere oggetto di sanatoria, ci si riserva ogni contestazione in ordine al contenuto dell’asserito atto di cessione del ramo d’azienda, che – per dirsi efficace inter partes – dovrebbe espressamente e specificamente prevedere l’inclusione dei contratti stipulati con l’odierno resistente;

➔ Dichiarare l’inammissibilità/nullità dell’avverso ricorso anche ai sensi dell’art. 164 cpc per carenza del requisito della strumentalità, da intendersi come utilità del rimedio cautelare rispetto ad una futura azione di merito, che la parte ricorrente non ha minimamente dettagliato né anticipato nelle proprie conclusioni, che pur integrano il petitum immediato del giudizio di merito;

➔ Dichiarare l’inammissibilità/nullità del ricorso avversario per carenza del requisito della residualità, attesa la presenza dello strumento tipico del sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. (pur in assenza di qualsivoglia presupposto, nel caso di specie) del bene di cui è controverso il possesso;

si ha infatti controversia sulla proprietà o sul possesso non soltanto quando sia esperita azione di rivendica ma anche in ipotesi di azioni personali aventi ad oggetto la restituzione di cose da altri detenute, in quanto il termine ‘possesso’ usato dall’art. 670 c.p.c. unitamente a quello di proprietà non va inteso in senso strettamente letterale, rientrando in esso anche la detenzione.

b. IN ORDINE AL FUMUS BONI IURIS ➔ Accertare come l’avversa domanda non contempli alcuna richiesta di preventivo accertamento circa la legittimità dell’esercizio della clausola risolutiva espressa, dichiarando per l’effetto inammissibile la domanda stessa per carenza di un suo indefettibile prodromo, consistente nell’accertamento – seppur sommario – della fondatezza dell’esercitata risoluzione ex art. 1456 c.c.;

➔ Accertare e dichiarare come la clausola risolutiva espressa ex adverso esercitata ex artt. 17.1 lett. e) e 11.2 del Contratto di RAGIONE_SOCIALE sia invalida/nulla per evidente indeterminatezza, tanto più che lo stesso Contratto di RAGIONE_SOCIALE non prevede affatto la sanzione dello scioglimento unilaterale del rapporto per i casi oggetto di questo procedimento, limitandosi a genericamente prevedere l’attivazione del rimedio ex art. 1456 c.c. per “grave o ripetuta violazione” e solo in caso di “danni alla elementi del tutto assenti nel caso di specie (basti pensare al fatto che la ricorrente non ha nemmeno anticipato di volersi attivare per il ristoro di danni patiti e patendi, segno avversario, anche per l’assenza di danni alla ricorrente e di pericolo per la salute dei terzi, anche alla luce dell’intervenuto dissequestro, tanto più che nello stesso Verbale di Sequestro gli stessi Militari intervenuti non parlavano di violazioni accertate in maniera inequivocabile, ma si limitavano a formulare ipotesi “verosimili” ma giammai accertate; c.

IN ORDINE AL PERICULUM

➔ Accertare come non sia fondata né tanto meno provata la sussistenza di un grave ed irreparabile danno per la ricorrente e/o per terzi, anche alla luce dell’intervenuto provvedimento di dissequestro e per l’effetto rigettare l’avverso ricorso per assenza del requisito del periculum in mora;

d. IN OGNI CASO ➔ Rigettare l’avversa domanda, giacchè nelle proprie conclusioni la ricorrente domanda l’”immediata riconsegna ad dell’Impianto di distribuzione, e delle attività e strutture costituenti l’Esercizio bar, nonché di ogni bene oggetto dei contratti in essere”, tuttavia (i) l’art. 4.4.

del Contratto di precisa come lo stesso sia “strettamente collegato al contratto di fornitura” ma non già – come vorrebbe farci credere la ricorrente – a tutti i contratti stipulati inter partes, che pertanto non risultano affatto funzionalmente collegati tra di loro (né tanto meno è stata formulata domanda di accertamento da parte della ricorrente sull’eventuale collegamento funzionale) di tal ché dovrà essere dichiara inammissibile e/o rigettata l’avversa domanda nella parte in cui pretende di ottenere la riconsegna anche delle “attività e strutture costituenti l’Esercizio bar”; ➔ Rigettare l’avversa domanda – in quanto infondata e/o parimenti inammissibile – nella parte in cui pretenderebbe di ottenere giudizialmente la riconsegna di “ogni bene oggetto dei contratti in essere” stante la profondissima genericità di tale formulazione, che non consente minimamente di circoscrivere il perimetro dei beni da riconsegnare;

e. IN INDIRIZZO COGNOME f. Nella denegata e non creduta ipotesi in cui le contestazioni sovra spiegate non dovessero essere accolte, si valuti come la domanda avversaria appaia palesemente esorbitante rispetto allo stesso dettato contrattuale, che non prevede affatto la riconsegna d’urgenza – in assenza del previo accertamento sui presupposti dell’esercitata risoluzione ex art. 1456 c.c. – dell’Impianto né tanto meno consente alla ricorrente di ottenere in via cautelare la riconsegna dei beni oggetto di distinti Contratti (es. bar, autolavaggio ecc.), a seguito di un (asserito ma indimostrato) parziale inadempimento su una parte minima dell’impianto concesso in godimento. Pertanto, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento dell’avversa domanda, si chiede che l’eventuale ordinanza di accoglimento venga limitata ai soli beni oggetto di asserita violazione, ovverosia la di fornitura limitata al GPL).

In ogni caso con vittoria di diritti, spese ed onorari di lite, oltre accessori come per Legge”. Disposta la prima comparizione delle parti avanti al GOP delegato, la causa perveniva infine in decisione avanti al Giudice titolare all’udienza del 11.7.2024, sostituita mediante il deposito di note scritte ex artt. 127, comma terzo, e 127ter c.p.c..

Il presente ricorso ex art. 700 c.p.c. deve essere rigettato, in ossequio al principio della ragione più liquida, alla luce della carenza del basilare presupposto del periculum in mora.

Non appare superfluo ricordare, in diritto, che:

– Chi “ha fondato motivo di ritenere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, può chiedere con ricorso al Giudice i provvedimenti d’urgenza che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito” (cfr. l’art. 700 c.p.c.).

– I provvedimenti atipici di urgenza, previsti dall’art. 700 c.p.c., hanno natura cautelare ed esplicano la funzione provvisoria e strumentale di assicurare che “il diritto” da far valere in via ordinaria non resti medio tempore pregiudicato da fatti o atti ostativi e che la futura pronunzia del giudice non risulti inutile (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3473 del 09/04/1999; Cass. Sez. L, Sentenza n. 15986 del 20/12/2000; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6785 del 24/05/2000).

– Ai fini della legittima concessione di un provvedimento ex art. 700 c.p.c. è comunque necessario, oltre alla prova sommaria dell’esistenza della situazione di diritto di cui si invoca la tutela urgente, anche la prova sommaria (ovviamente a carico del ricorrente ex art. 2697 c.c.) del fatto che “durante il tempo occorrente per far valere quella situazione di diritto in via (non urgente bensì) ordinaria, quella situazione sarebbe minacciata da un pregiudizio imminente ed irreparabile”.

Orbene, tanto precisato e in virtù della ragione più liquida, nel caso di specie si appalesa insussistente l’elemento del periculum.

E infatti le doglianze della società ricorrente, oltre a far ritenere incerta (in punto di fumus) la sussumibilità della vicenda concreta nella previsione contrattuale di cui all’art. 17 lett. e) del relativo articolato- non delineano, all’evidenza, alcun pregiudizio imminente e Si osserva, in particolare, come parte ricorrente abbia motivato la propria istanza di concessione dei provvedimenti d’urgenza ex 700 c.p.c. rilevando che, attesa la condotta illecita posta in essere dalla controparte, vi fosse il pericolo di reiterazione immediata della stessa, con successiva impossibilità di conseguire la riconsegna dell’impianto integro e funzionante. A supporto di quanto dedotto, la stessa si è, tuttavia, limitata ad allegare i verbali della GDF, deducendone il venir meno dell’affidabilità del gestore e la conseguente sussistenza del pericolo di reiterazione di condotte rischiose.

Orbene, posto che l’illecito, perpetrato da un dipendente della si è effettivamente verificato, deve, tuttavia, rilevarsi che trattasi di un unico caso isolato in un rapporto di collaborazione pluridecennale (a far data dall’anno 1994) nella gestione di due punti vendita.

Parte resistente ha, inoltre, allegato documentazione a riprova della propria persistente affidabilità (inter alia Certificato di Prevenzione Incendi e proposta di incarico per il coordinatore dell’unità gestionale (gsa) del sistema di gestione della sicurezza antincendio (sgsa)).

Non può ritenersi quindi integrata la prova dell’attualità del pericolo di reiterazione della condotta illecita.

L’avvenuta revoca del provvedimento di sequestro, inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, sembra sopire anche l’allegato rischio di un provvedimento di sospensione dell’attività o di decadenza dall’autorizzazione.

E infatti, come riferito da entrambe le parti, l’impianto di distribuzione dei carburanti ha regolarmente ripreso la integrale fornitura dei propri servizi.

Per le medesime ragioni non può ritenersi concretato il rischio di un gravissimo danno economico e all’immagine commerciale di con la dedotta perdita dell’avviamento per sviamento della clientela.

Tale circostanza, peraltro, oltre a far dubitare, come detto, circa la sussistenza del dedotto fumus della pretesa cautelanda, rileva, in punto di periculum, sotto un ulteriore dirimente profilo.

Deve infatti ricordarsi come la giurisprudenza di merito, anche di questo Tribunale, abbia ripetutamente chiarito che l’operatività della tutela di cui all’art. 700 c.p.c. richiede, tra i , quello non adeguatamente rifuso per equivalente, cioè mediante assegnazione di somme di danaro a titolo risarcitorio.

Tale non può quindi intendersi quello (il pregiudizio) già ab origine di natura patrimoniale.

Analoghe considerazioni valgono per quanto riguarda le doglianze relative al mancato guadagno verificatosi nella vigenza del sequestro della colonnina GPL, trattandosi di un credito che parte ricorrente potrà parimenti far valere in sede di giudizio risarcitorio ordinario.

I dirimenti rilievi effettuati in punto di insussistenza di un periculum rilevante ex art. 700 c.p.c. dispensano il Tribunale dall’approfondimento degli ulteriori -e parimenti critici- profili in ordine al fumus (come sopra già accennato) nonché alla residualità del mezzo (anche questa di dubbia configurazione alla luce della evidente sovrapposizione con l’ambito applicativo del sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c.).

Alla luce di tutto quanto osservato, rilevato e ritenuto il ricorso va conclusivamente rigettato.

Le spese di lite, in virtù del principio della soccombenza, ex art. 91 c.p.c., vanno poste a carico di parte ricorrente e sono liquidate, in assenza di deposito di nota spese, in applicazione del D.M. 147/2022, (parametri minimi previsti per le cause di valore indeterminabile di complessità bassa), in considerazione della semplicità delle questioni trattate e dell’attività processuale concretamente svolta.

RIGETTA il ricorso.

CONDANNA la parte ricorrente a rifondere alla parte resistente le spese processuali anticipate, liquidate nella somma di € 1.615,00, oltre rimborso spese forfettarie, C.P.A. e I.V.A. come per legge.

Si comunichi.

Ancona, 11.11.2024 Il Giudice dr.ssa NOME COGNOME

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