N. R.G. 1196/2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TRENTO SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del giudice dott. NOME COGNOME pronunzia la seguente
S E N T E N Z A N._906_2024_- N._R.G._00001196_2024 DEL_04_10_2024 PUBBLICATA_IL_04_10_2024
nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 1196/2024 tra:
in proprio ex art. 86 c.p.c. ATTRICE C O N T R O , in persona del Ministro pro tempore rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato CONVENUTO
OGGETTO: pagamento somma
CONCLUSIONI
Parte attrice così conclude:
“In INDIRIZZO
per i motivi tutti, i titoli e le argomentazioni di cui in narrativa, accertato e dichiarato che l’avv. ha espletato l’attività difensiva quale procuratore speciale e difensore della sig.ra nel procedimento penale sub RGNR CODICE_FISCALE/18 avanti il Tribunale di Trento, in riforma del decreto di liquidazione emesso dal Tribunale di Trento in data 16.03.2024, disporsi la liquidazione del compenso nell’importo di € 3.420,00 oltre 15% rimborso spese generali ed accessori di legge, o in quella diversa somma ritenuta di giustizia. In ogni caso: liquidarsi in favore del sottofirmato difensore ed a carico del resistente anche i compensi e spese della presente procedura, oltre accessori, oltre tassa di registrazione del decreto, come da nota spese che si depositerà in prefiggendo termine.
In via istruttoria: acquisirsi ex art. 15 D.L.vo 150/2011 il fascicolo contenente l’istanza di liquidazione e gli ulteriori documenti e atti penali” Parte convenuta così conclude:
“Respingersi il ricorso in quanto inammissibile e/o infondato.
In ogni caso, col favore delle spese processuali o, in subordine, in caso di accoglimento del ricorso, con loro integrale compensazione”
FATTO E DIRITTO
Premesso di aver difeso che, quale persona offesa, si era costituita parte civile nel procedimento penale n° 4340/2018 RGNR nei confronti di , ivi beneficiando del patrocinio a spese dello Stato, nel ricorso ex art. 281 decies c.p.c. l’avv. esponeva, in estrema sintesi, che:
➢ nel definire il detto giudizio con la sentenza n° 833/2022 dd. 9.12.2022, il giudice procedente aveva condannato l’imputato, fra l’altro, “a rifondere alla parte civile le spese di costituzione, difesa e rappresentanza…come da nota spese”;
➢ in tale nota erano stati indicati i valori medi del DM n° 55/2014, per il complessivo importo di € 3.420,00, oltre rimborso spese forfettarie del 15% e accessori di legge;
➢ con l’istanza di liquidazione del proprio compenso presentata il 9.1.2024 essa ricorrente aveva fatto riferimento alla detta nota;
➢ nel successivo decreto le era stato liquidato, non già l’importo dovutole di € 3.420,00, ma quello inferiore di € 1.500,00, oltre rimborso spese forfettarie del 15% e accessori di legge;
➢ la somma liquidata era inferiore a quella dovuta in base ai minimi tabellari e inoltre non coincideva con quella che, per effetto della sentenza di condanna, l’imputato doveva versare alla parte civile.
La ricorrente chiedeva, quindi, di riformare il decreto di liquidazione dd. 16.3.2024 e, per l’effetto, di aumentare l’importo dovutole sino a € 3.420,00 o comunque al diverso ammontare ritenuto di giustizia.
Costituitosi in giudizio, il chiedeva di dichiarare inammissibile il ricorso o comunque di rigettarlo per infondatezza.
Il ricorso non appare fondato e, pertanto, non può trovare accoglimento.
Va preliminarmente considerato che la sentenza di questo tribunale n° 833/2022, che ha condannato , fra l’altro, alla rifusione delle spese processuali in favore della costituita parte civile risulta emessa in data 9.12.2022 e che, pertanto, in difetto di elementi di segno contrario, la prestazione professionale espletata dall’odierna ricorrente deve intendersi esaurita con la formulazione delle conclusioni effettuata in quella data, il che sta a significare che, stante il disposto dell’art. 6 Decreto del Ministero della Giustizia 13 agosto 2022, n. 147, sono applicabili ratione temporis le tabelle ad esso allegate, deponendo peraltro in tal senso anche l’espresso riferimento al decreto in questione ravvisabile nel provvedimento impugnato. Ciò premesso e venendo all’esame del primo motivo di opposizione con il quale la ricorrente ha eccepito la violazione dei minimi di tariffa, mette conto rilevare, da un lato, che, dopo le modifiche apportate dal DM n° 147/2022, la tabella n. 15 allegata al DM n. 55/2014 quantifica, per i giudizi penali innanzi al tribunale monocratico, i valori medi relativi allo studio della controversia, alla fase introduttiva del giudizio, alla fase istruttoria e/o dibattimentale e alla fase decisionale, rispettivamente in € 473,00, € 567,00, € 1.134,00 e € 1.418,00; e dall’altro che, per quanto qui rileva, tali importi possono essere diminuiti non oltre il 50% in base ai parametri di cui al 1° co. dell’art. 12 del DM n° 55/2014;
di conseguenza i valori minimi per le dette fasi processuali risultano, in caso di applicazione della detta riduzione massima, pari a € 236,50, € 283,50, € 567,00 e € 709,00.
Tali importi minimi, ove si ritenga di applicarli in sede di liquidazione di compenso spettante al difensore di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, devono essere comunque ulteriormente ridotti di 1/3 in ragione del disposto dell’art. 106 bis d.P.R. n° 115/2002 e, quindi, diminuiti, rispettivamente, a € 157,66, € 189,00, € 378,00 e € 472,66.
Il giudice che ha emesso il decreto impugnato, tenuto conto, l’altro, che “i parametri possono essere…diminuiti fino al 50% a seconda del livello di complessità”, ha liquidato, al netto della riduzione di un terzo imposta dalla disposizione normativa da ultimo citata, € 290,00 per la fase di studio, € 270,00 per la fase introduttiva, nonché € 400,00 per la fase istruttoria e € 500,00 per la fase decisoria, dunque importi tutti superiori ai minimi come sopra calcolati, se si considera la previa riduzione effettuata ai sensi dell’art. 12, 1° co., del DM n° 55/2014. Considerato poi che parte opponente non ha provato, e invero neppure dedotto, specifici e concreti elementi di fatto in base ai quali ritenere incongrua, con riguardo ai parametri indicati nell’art. 12, 1° co., DM n° 55/2014, la prima riduzione dei valori medi implicitamente effettuata dal giudice procedente, il primo motivo di opposizione non può trovare accoglimento.
Ad analoga conclusione appare fondato addivenire anche in ordine al secondo motivo di opposizione, con il quale la ricorrente ha eccepito “la mancata coincidenza tra la sentenza penale e il decreto di liquidazione”, assumendo che per costante insegnamento giurisprudenziale, “la somma che il giudice con la sentenza deve porre a carico dell’imputato per la rifusione delle spese di difesa sostenute dalla parte civile vincitrice deve coincidere con quella che lo stesso giudice deve liquidare al difensore della parte civile”. Parte ricorrente ha, dunque, inteso fare riferimento a quell’orientamento interpretativo secondo cui “in tema di patrocinio dei non abbienti, l’importo che l’imputato, condannato a rifondere le spese sostenute dalla parte civile ammessa al beneficio del patrocinio, è tenuto a corrispondere allo Stato “ex” art. 110 del d.P.R. n. 115 del 2002 deve coincidere con la somma che il giudice liquida in favore del difensore della parte civile stessa “ex” art. 82 del d.P.R. cit., dovendo quindi anche tale liquidazione essere contenuta nel dispositivo della sentenza di condanna” (v. Cass., n° 46537/11; richiamata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte nella sentenza n° 5464/2020).
Secondo tale impostazione, in ragione del generale principio di divieto dell’ingiustificato arricchimento (per effetto del quale lo Stato non potrebbe ricevere dall’imputato, per la prestazione del difensore della parte civile, più di quanto è poi tenuto a corrispondere al medesimo professionista proprio per quella specifica prestazione) e di quello altrettanto generale dell’evitare ingiustificati danni erariali (verificabili se si consentisse all’imputato di versare allo Stato meno di quanto da quest’ultimo dovuto al difensore della parte civile), nel processo penale vi deve, dunque, essere coincidenza tra la quantificazione delle spese legali che l’imputato è condannato a corrispondere in favore dello Stato/Erario ex art. 110, 3° co., d.P.R. n. 115/2002 e la quantificazione della somma liquidata al difensore della parte civile con il decreto ex art. 82 dello stesso testo normativo; il che però presuppone che il giudice procedente abbia provveduto ai sensi dell’art. 110, 3° co. , d.P.R. n. 115/2002 e che, quindi, nel condannare l’imputato non ammesso al beneficio al pagamento delle spese in favore della parte civile ammessa al beneficio, abbia contestualmente disposto il pagamento di tali spese in favore dello Stato.
Tale presupposto nel caso di specie non è ravvisabile, visto che la citata sentenza n° 833/2022 non impone all’imputato di pagare allo Stato le spese liquidate in favore della parte civile.
Siffatta omissione, non emendabile in questa sede, in quanto la detta regolamentazione degli oneri di procedura esula dall’ambito cognitivo del presente giudizio, appare condizione ostativa all’applicazione del principio dell’orientamento giurisprudenziale richiamato da parte ricorrente e, quindi, a una declaratoria di accoglimento del motivo di opposizione in esame.
Per tutto quanto esposto il ricorso deve, essere, quindi, rigettato.
La controvertibilità delle questioni esaminate appare comunque valorizzabile ai fini di un’integrale compensazione delle spese di lite.
Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa proposta da nei confronti del , in persona del Ministro pro tempore, disattesa ogni diversa domanda, istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: rigetta il ricorso;
compensa le spese di lite.
Così deciso in Trento in data 4.10.2024
Il giudice dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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