R.G. 511/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PESCARA SEZIONE CIVILE nella persona della dott.ssa NOME COGNOME COGNOME in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._20_2025_- N._R.G._00000511_2023 DEL_07_01_2025 PUBBLICATA_IL_08_01_2025
nella causa civile di primo grado, iscritta al n. 511 ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2023, vertente TRA (C.F. ), rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da procura in atti ATTORE (C.F. , in persona del legale rappresentante “pro tempore“, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME come da procura in atti CONVENUTA OGGETTO:
pagamento somma.
CONCLUSIONI
come in atti.
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
P. al pagamento della somma di euro 25.850,35, oltre interessi dalla domanda al saldo, quale somma residua dovuta a titolo di rimborso di due buoni fruttiferi postali della serie “Q/P”, sottoscritti dall’attore rispettivamente il 14 gennaio 1987 e il 9 maggio 1987, per i quali l’ufficio postale di Catignano gli aveva corrisposto nel gennaio 2018 la somma totale di euro 20.034,31 (di cui euro 13.431,94 per il primo ed euro 6.602,37 per il secondo) a fronte dell’asserito maggiore importo dovuto secondo il calcolo indicato sul retro dei buoni fruttiferi in oggetto. In particolare, il lamentava che al momento della riscossione dei buoni, aveva errato nel liquidare la somma suddetta, non avendo applicato il tasso di interesse in- dicato sul retro dei titoli dal 21° al 30° anno;
rappresentava, altresì, di avere promosso un ricorso all’Arbitrato Bancario Finanziario, organismo che, all’esito, gli aveva riconosciuto il diritto di ottenere “gli importi determinati nella misura indicata sul retro dei titoli per il periodo successivo alla scadenza del 20° anno dall’emissione, dedotto quanto già rimborsato”, conformemente all’orientamento giurisprudenziale (Cass. SS.UU. n. 13979/07) in base al quale andava senz’altro tutelato l’affidamento del cliente sulle risultanze letterali del buono fruttifero. Si costituiva in giudizio contestando puntualmente l’assunto avversario, di cui chiedeva il rigetto.
La domanda è infondata e, pertanto, deve essere rigettata.
In via preliminare, si osserva come privo di rilevanza sia il riferimento dell’attore al pronunciamento dell’Arbitrato Bancario Finanziario del 30 aprile 2021, attesa la natura stragiudiziale e non vincolante di tale procedura e della conseguente decisione (cfr. Tribunale di Brescia e Tribunale di Roma, 8 marzo 2022 n. 3654).
Ciò posto, risulta dagli atti che il ha sottoscritto con rispettivamente il 14 gennaio 1987 e il 9 maggio 1987, due buoni fruttiferi contrassegnati dai nn. 000.028 e 000.120;
su detti buoni, redatti utilizzando i moduli cartacei della serie “P”, sono stati apposti due timbri:
uno sulla parte frontale, recante la scritta “RAGIONE_SOCIALE Q/P”, ed uno sulla parte posteriore, da cui risultano i tassi di interesse che sarebbero stati applicati fino al ventesimo anno.
Sostiene l’attore che, con riferimento al decennio seguente (dal 20° al 30° anno), mancando nel timbro qualsivoglia indicazione circa il rendimento dei buoni, al momento della riscossione anda- vano liquidati gli interessi originariamente previsti dal titolo, ossia quelli riguardanti i buoni della serie “P”, essendosi creato nel sottoscrittore il legittimo “affidamento in ordine al non mutamento , il Tribunale non condivide tale assunto, considerata la normativa nella specie applicabile, rappresentata dall’art. 173 D.P.R. 156/1973 e dal D.M. del 13 giugno 1986.
Ed invero, secondo quanto previsto dall’art. 5 del suddetto D.M., “Sono a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera Q, i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie P emessi dal 1° luglio 1986.
Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri:
uno sulla parte anteriore, con la dicitura “Serie Q/P”, l’altro sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi”.
I buoni fruttiferi in oggetto, dunque, emessi nell’anno 1987, appartengono a tutti gli effetti alla serie “Q” ed agli stessi va applicata la modifica dei rendimenti intervenuta in virtù dell’art. 4 del richiamato D.M., ovvero gli interessi risultanti dalle tabelle allegate al medesimo decreto.
L’art. 6, comma 1, D.M. dello stesso D.M. prevede, inoltre, che “Sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con lettera “Q”, compresa quella speciale riservata agli italiani residenti all’estero, maturato alla data del 1° gennaio 1987, si applicano, a partire dalla stessa data, i saggi di interesse fissati col presente decreto, per i buoni della serie “Q”.
Per i buoni della serie “RAGIONE_SOCIALE” emessi dal 1° gennaio 1986 al 30 giugno 1986, i nuovi saggi decorreranno dal 1° luglio 1987 e si applicheranno sul montante maturato a questa ultima data.
I buoni di cui al primo comma del presente articolo beneficeranno dell’attribuzione degli interessi bimestrali a decorrere dal 1° marzo 1987 e quelli di cui al secondo comma, a decorrere dal 1° settembre 1987, da calcolarsi secondo gli indici di cui alla tabella allegata al presente decreto.
Gli interessi sono corrisposti insieme al capitale all’atto del rimborso dei buoni”.
L’art. 173 del D.P.R. n. 156/1973 – all’epoca vigente – prevedeva poi che “Le variazioni del saggio d’interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale;
esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie.
Ai soli fini del calcolo degli interessi, i buoni delle precedenti serie, alle quali sia stata estesa la variazione del saggio, si considerano come rimborsati e convertiti in titoli della nuova serie e il relativo computo degli interessi è effettuato sul montante maturato, in base alle norme di cui al primo comma del precedente art. 172, alla data di entrata in vigore del decreto previsto dal presente articolo.
Per i periodo.
Gli interessi vengono corrisposti sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni;
tale tabella, per i titoli i cui tassi siano stati modificati dopo la loro emissione, è integrata con quella che è a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali” (art. 173 nella sua formulazione successiva all’entrata in vigore del D.L. 460/74).
Come previsto dall’art. 7, comma 3, del d.lgs. 284/99, il menzionato art. 173 (abrogato per il futuro) continua ad applicarsi ai rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei decreti che stabiliscono nuove caratteristiche dei buoni fruttiferi postali (27/12/2000).
In base a tale normativa era dunque possibile che, con decreto del Ministro del Tesoro, il rendimento dei buoni fruttiferi postali riportato sul retro degli stessi venisse modificato in peius, anche con riferimento ai buoni emessi prima dell’approvazione di siffatto decreto.
Con la conseguenza che il rimborso dei predetti buoni non avvenisse secondo il piano di rimborso stampato sulla parte retrostante, ma alla luce della citata variazione introdotta con decreto mini- steriale.
Tale essendo la normativa applicabile al caso di specie, deve allora ritenersi che l’odierna convenuta abbia correttamente operato nel momento in cui ha provveduto al rimborso dei buoni in questione (emessi, si ricorda, nell’anno 1987 e quindi soggetti alla disciplina di cui all’art. 173 citato) non secondo quanto sugli stessi riportato, ma alla luce della tabella ministeriale allegata al D.M. del giugno 1986, come previsto dal relativo art. 4. A tale riguardo, si richiama la più recente giurisprudenza di legittimità secondo la quale “In tema di buoni postali fruttiferi, la disciplina contenuta nell’abrogato art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, come novellato dall’art. 1 del d.l. n. 460 del 1974, conv. in l. n. 588 del 1974 – che consentiva variazioni, anche “in pejus”, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l’interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore) e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. la statuizioni negoziali della parti:
ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal d.m. che ne disponeva l’emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle seconde, anche relativamente alla serie – istituita con effetto dal 1 luglio 1986 con d.m. 13 giugno 1986 – di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera “Q”, fissando per tutte le serie precedenti, e con decorrenza 1 gennaio 1987, un regime di calcolo degli interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo Per altro verso, del tutto inconferente è il richiamo effettuato dall’attore alla pronuncia delle SS.UU della Corte di Cassazione n.13979/07, afferente ad una fattispecie diversa da quella che ci occupa, in cui l’allora amministrazione postale era incorsa in errore facendo sottoscrivere al risparmiatore buoni indicanti un rendimento superiore a quello effettivamente dovuto in relazione alla serie cui gli stessi appartenevano, tenuto conto del Decreto Ministeriale precedentemente approvato ed agli stessi applicabile. La stessa Suprema Corte a sezioni unite, con la pronuncia n. 4751/22, ha affermato che la citata sentenza n. 13979/07 “concerne un caso peculiare, diverso da quello odierno” e che “non v’e’ nessuno spazio per applicare l’argomento svolto dalle Sezioni Unite nel 2007, nel caso allora considerato, al caso, totalmente diverso, oggi in esame”.
E, ancor prima, nella pronuncia n. 3963/19, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che “Le Sezioni Unite, in quella controversia, hanno affermato che la discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione non può far ritenere che l’accordo negoziale, in cui l’operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia un contenuto divergente da quello enunciato dai titoli.
Le Sezioni Unite non hanno affatto affermato, come pretenderebbe il ricorrente, la prevalenza in ogni caso del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamente alla emissione e ciò evidentemente non avrebbero potuto fare, e anzi hanno esplicitamente negato, a fronte all’inequivoco dato testuale dell’art. 173 del codice postale che prevedeva un meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile alla disposizione dell’art. 1339 c.c. e destinato ad operare, nei termini sopra descritti, per effetto della modifica, da parte della pubblica amministrazione, del tasso di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo”. Pertanto, privo di pregio è l’assunto di parte attrice per cui, mancando nel timbro stampigliato qualsivoglia indicazione circa il rendimento dei buoni dal 20° al 30° anno, al momento della ri- scossione andavano liquidati gli interessi originariamente previsti dal titolo, ossia quelli riguardanti i buoni della serie “P”.
Infatti (e come già evidenziato), appartenendo alla serie “Q” anche i buoni della serie “Q/P” come quelli in esame, non avrebbero potuto trovare applicazione tassi di interesse relativi ad una serie diversa dovendosi, al contrario, a tal fine far riferimento alle tabelle allegate al D.M. 13 giugno 1986 per la serie “Q” e successive modifiche intervenute in costanza di rapporto.
Tanto in base al chiaro disposto di cui al citato art. 173 per cui i D.M. possono apportare modifiche Nè può ragionevolmente sostenersi l’applicazione degli interessi di cui al timbro apposto a tergo fino al 20° anno e, per il periodo successivo, in difetto di espressa previsione, di quelli indicati nel buono cartaceo con riferimento alla precedente serie “P”.
Infatti, come condivisibilmente sostenuto, “non sembra si possa seriamente dubitare che l’apposizione di un timbro di dimensioni inferiori alla precedente stampigliatura, che non sia perciò fisicamente idoneo a coprirla integralmente, lasciandone viceversa scoperto un pezzo, e cioè una mera imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro, non sia qualcosa che possa avere in qualche modo, anche lontanamente, a che vedere con una manifestazione di volontà concludente, rilevante sul piano negoziale. Si vuol dire che, nel caso in esame, non si è in presenza di un errore sulla dichiarazione, ossia di una manifestazione di volontà, che l’ordinamento impone di considerare nella sua oggettività, quale estremo limite cui si spinge il principio di tutela dell’affidamento sull’altrui dichiarazione, tanto da far prevalere la volontà dichiarata o la dichiarazione trasmessa sulla reale volontà del dichiarante, qualora, per ipotesi, l’errore manchi del requisito della riconoscibilità (art. 1433 in relazione all’art. 1428 c.c. ):
qui non solo non c’è la volontà dell’ente di pattuire la misura degli interessi che oggi il sottoscrittore richiede, ma non c’è neppure la univoca dichiarazione che il sottoscrittore invoca, giacché egli la fa discendere dalla forzata giustapposizione, dal collage, di due clausole che stanno invece ognuna per proprio conto:
l’una, apposta a timbro, concernente i buoni della serie “TARGA_VEICOLO“, l’altra, preesistente, quelli della serie “TARGA_VEICOLO” (Cass., SS.UU. n. 4748/22, in motivazione;
si veda anche Corte d’Appello di L’Aquila 15 settembre 2022 e 30 giugno 2023).
D’altra parte, stante la vigenza del ripetuto art. 173 al momento dell’emissione dei buoni in questione nonchè lo specifico riferimento, nei buoni medesimi, alla serie “Q/P”, nessun legittimo af- fidamento può ritenersi ingenerato nel sottoscrittore in ordine al tasso di interesse applicabile.
Inoltre, la possibilità di una variazione dei saggi di interesse poteva essere conosciuta dai risparmiatori con l’uso dell’ordinaria diligenza, attesa la pubblicazione della norma sulla Gazzetta Ufficiale, regime di pubblicità legale che genera una presunzione giuridica di conoscenza da parte della generalità dei cittadini.
Nessun ulteriore adempimento contrattuale o precontrattuale poteva essere richiesto alla società convenuta, che ha operato nel rispetto della legislazione in materia ed alla quale non può essere, dunque, ascritta alcuna violazione del principio di buona fede.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Il Tribunale di Pescara, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da nei confronti di in persona del legale rappre- sentante pro tempore, ogni ulteriore istanza, difesa ed eccezione disattesa, così provvede:
a) rigetta la domanda;
b) per l’effetto, condanna il alla refusione delle spese di lite in favore della controparte, liquidate nella misura di euro 2.540,00 per compenso professionale, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Pescara, il 7 gennaio 2025 Il Giudice Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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