N. R.G. 97/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TRENTO SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del giudice dott. NOME COGNOME, ha emesso la seguente
S E N T E N Z A N._281_2025 -_N._R.G._00000097_2022 DEL_01_04_ 2025 PUBBLICATA_IL_01_04_2025
nella causa civile di I grado iscritta al n° 97/2022 R.G. promossa da: residente in Trento, INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ATTRICE C O N T R O , residente in Trento, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME PARTE CONVENUTA
OGGETTO: pagamento somma
CONCLUSIONI
Parte attrice così conclude:
“Voglia l’On. Tribunale contrariis reiectis, previ gli accertamenti e declaratorie del caso, per i motivi di cui alla narrativa, con espresso richiamo ai contenuti dei precedenti atti e memorie ed a quanto emerso nella fase istruttoria, tenuto conto altresì della CTU del 13.02.2024 a firma del geom. – accertare e dichiarare il diritto dell’attore al rimborso ovvero alla restituzione della somma relativa alle spese sostenute, anche in termini di manodopera, per l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione, sistemazione, ammodernamento o manutenzione straordinaria sul bene immobile di proprietà della sig.ra , per i motivi in narrativa dedotti, e, per l’effetto, condannare la sig.ra a corrispondere all’attore la somma complessiva di € 63.953,00 con rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della prima richiesta di rimborso o, in subordine, dalla domanda sino al soddisfo; in subordine, – accertare e dichiarare il diritto dell’attore al rimborso ovvero alla restituzione della somma relativa ai costi tutti sostenuti per l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione, sistemazione, ammodernamento o manutenzione straordinaria sul bene immobile di proprietà della sig.ra ovvero di un’indennità commisurata all’incremento di valore del bene in questione, in ragione delle spese sostenute per le opere di ristrutturazione, sistemazione, ammodernamento manutenzione straordinaria dell’abitazione di esclusiva proprietà di quest’ultima e, per l’effetto, condannare la sig.ra a corrispondere all’attore la somma complessiva di € 32.153,92, oltre ai costi che residuano in termini di manodopera nella somma che questo On. Tribunale riterrà equa o di giustizia, con rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della prima richiesta di rimborso o, in subordine, dalla domanda sino al soddisfo;
in ulteriore subordine, – accertare e dichiarare il diritto dell’attore al rimborso ovvero alla restituzione della somma relativa ai costi tutti sostenuti nella misura di € 23.653,92 ovvero nella somma che risulterà di giustizia, e comunque non inferiore ad € 20.250,00, e per l’effetto, condannare la sig.ra al pagamento dell’importo così determinato, per l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione, sistemazione, ammodernamento o manutenzione straordinaria sul bene immobile di proprietà della medesima convenuta, con rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della prima richiesta di rimborso o, in subordine, dalla domanda sino al soddisfo; in ogni caso, condannare la sig.ra alla rifusione in favore dell’attore dell’importo di € 3.383,08, anticipate da quest’ultimo a titolo di spese di CTU;
in ogni caso, rigettare la domanda formulata da parte convenuta, in via riconvenzionale, in quanto infondata in fatto ed in diritto, per tutte le ragioni esposte nell’atto introduttivo e nelle precedenti difese;
in via subordinata istruttoria:
– si insiste nell’ammissione delle prove per testi, già indicati, sulle circostanze di cui all’atto di citazione e formulate con la seconda memoria ex art. 183, co. VI cpc, di fatto non ammesse.
In ogni caso, con vittoria di spese e compensi, oltre a spese generali ed accessori nella misura di legge.
” Parte convenuta così conclude:
“piaccia all’Ill.mo Giudice adito, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, in accoglimento di tutte le argomentazioni, in fatto e diritto, eccezioni e deduzioni svolte in narrativa:
in via principale, nel merito: rigettare le domande formulate da parte attrice in quanto infondate in fatto e diritto, per tutte le ragioni esposte in narrativa;
in via subordinata, nel merito:
nella denegata ipotesi in cui Codesto Giudice rilevasse una posizione debitoria di nei confronti di previo accertamento degli importi dovuti alla convenuta per tutti i motivi di cui alla domanda riconvenzionale, ordinare la compensazione dei relativi importi;
in via riconvenzionale:
previo accertamento dei lavori eseguiti per la rimessa in pristino dell’appartamento di proprietà di , condannare alla restituzione, in favore di , della somma di €. 15.000,00 ovvero quella diversa, maggiore o minore, che dovesse risultare in causa;
in ogni caso, con vittoria di spese e compensi oltre il 15% per rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge oltre alle spese anticipate della CTU.
in via istruttoria:
si riporta alla memoria istruttoria e di replica”
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato conveniva in giudizio con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale ultradecennale, per chiedere di accertare e dichiarare il proprio diritto “al rimborso ovvero alla restituzione della somma relativa alle spese sostenute, anche in termini di manodopera, per l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione, sistemazione, ammodernamento o manutenzione straordinaria sul bene immobile di proprietà della sig.ra ovvero a vedersi riconosciuta un’indennità commisurata all’incremento di valore del bene immobile stesso” e, per l’effetto, di condannare la convenuta a versargli la somma complessiva di € 63.953,87 ovvero un’indennità commisurata all’incremento di valore del bene, oltre accessori; in subordine chiedeva di condannare a versargli la somma di € 15.927,45, pari “ai costi tutti sostenuti per l’esecuzione degli interventi ristrutturazione, sistemazione, ammodernamento o manutenzione straordinaria sul bene immobile”, oltre alle “spese sostenute in termini di manodopera”.
A sostegno di tali domande in citazione si esponeva, in estrema sintesi, che:
avendo le necessarie competenze tecniche, l’attore aveva eseguito, nell’immobile sito al civico INDIRIZZO di INDIRIZZO in Trento, di esclusiva proprietà dell’ex compagna, “interventi di impiantistica elettrica…ed idraulica…, oltre a dedicarsi alla ‘progettazione’, lavorazione ed installazione di mobilia ed arredi…”;
l’attore aveva sostenuto la quasi totalità dei costi di acquisto dei materiali occorrenti per i detti lavori, sborsando il complessivo importo di € 7.427,45, a cui doveva essere aggiunto il controvalore pecuniario, pari a € 8.500,00, dei materiali già in suo possesso;
a lavori quasi ultimati aveva interrotto il rapporto sentimentale, intimando al compagno di lasciare l’appartamento;
nell’esecuzione dei lavori in questione l’attore aveva impiegato circa 4800 ore, equivalenti a una remunerazione pari a € 48.000,00 in base al minimo salariale del settore artigiani;
l’attività svolta dall’attore aveva comportato “un oggettivo arricchimento” della convenuta, risultato del tutto privo di giustificazione, visto che i due non avevano mai convissuto nell’immobile;
“l’esosa e rilevante prestazione economica”
del esulava “dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti da un rapporto di convivenza ovvero da doveri di qualsivoglia natura morale e sociale”, in quanto non proporzionata e adeguata alle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della coppia;
convenuta era, dunque, tenuta, sensi dell’art. 2041 c.c., rimborsare/restituire/indennizzare la diminuzione patrimoniale subita dall’attore”.
Costituitasi in giudizio, contestava in fatto e in diritto la prospettazione di controparte e chiedeva di rigettare le domande formulate in citazione;
in caso di accertamento di un proprio debito, chiedeva di accertare la somma dovutagli dall’attore a titolo di risarcimento dei danni da lui arrecati all’immobile e di “ordinare la compensazione dei relativi importi”;
in via riconvenzionale, chiedeva, “previo accertamento dei lavori eseguiti per la rimessa in pristino” dell’appartamento di sua proprietà, di condannare a versarle la somma di € 15.000,00 o il diverso importo ritenuto di giustizia.
Premesso che la relazione tra le due parti era durata oltre dodici anni e che a partire dal 2012 i due avevano convissuto in un appartamento di proprietà dei genitori della convenuta, in comparsa di costituzione si esponeva, fra l’altro, che:
aveva deciso “autonomamente” di apportare all’immobile oggetto di causa alcune modifiche all’impianto elettrico, nonché di installare un sistema di allarme e di antincendio;
le fatture relative al materiale acquistato e agli arredi erano state intestate e pagate dalla convenuta;
nonostante la crisi di coppia insorta nella seconda metà del 2018, il aveva continuato a occupare da solo l’immobile sino al mese di novembre, senza versare alcuna indennità di occupazione;
dal 2012, quindi anche durante la convivenza, il era stato disoccupato e ogni spesa della coppia era stata sostenuta dalla convenuta;
l’incompleta e inadeguata esecuzione di alcuni interventi da parte dell’attore, nonché l’omessa restituzione delle chiavi dell’immobile avevano costretto a vari interventi (reimpostazione di password dell’impianto di videosorveglianza, sostituzione della serratura della porta di ingresso, sistemazione di pareti, impianto elettrico e antifurto, adeguamento del locale bagno);
le attribuzioni patrimoniali effettuate in favore del convivente more uxorio nel corso del rapporto costituivano adempimento di obbligazione naturale, sicché non erano ripetibili;
i lavori in questione erano stati eseguiti “in adempimento spontaneo di un dovere morale” e comunque non erano stati ultimati, di talché l’immobile era stato lasciato “nelle condizioni di un cantiere aperto”;
gli interventi occorsi per far fronte ai danni causati dall’attore avevano comportato alla convenuta un costo di € 15.000,00.
Sulle domande di parte attrice Nel rendere l’interrogatorio formale in udienza, ha dichiarato, fra l’altro, che fu lei a sostenere il costo dell’impianto antincendio e antifurto, poi installato dall’ex compagno.
Ha, inoltre, ammesso che è stato l’attore a eseguire i lavori relativi ai battiscopa, al controtelaio per serramenti con zanzariere, ai fari e faretti interni ed esterni, alla centralizzazione delle tapparelle e ai muretti di giardino.
L’espletata attività istruttoria non ha consentito di accertare l’esecuzione, da parte di opere ulteriori e diverse da quelle indicate dalla convenuta.
La teste , residente nello stesso stabile ove è ubicato l’immobile oggetto di causa, in cui è entrata tra il 2016 e il 2018 non più di cinque volte, trovandolo l’ultima volta ancora sprovvisto di cucina e mobili, ha fatto intendere di aver avuto modo di vedere e sentire che in quegli anni il eseguiva lavori all’interno di tale abitazione;
non ha però indicato specificamente una o più opere determinate, facendo nel contempo intendere di aver ritenuto all’epoca l’appartamento inabitabile e, quindi, non idoneo al pernottamento, e di non essersi avveduta di tale modalità d’uso neppure da parte dell’odierno attore.
Nel confermare la corrispondenza al vero del capitolo 12 di parte attrice, e, quindi, di aver consegnato a l’appartamento in questione privo di finiture interne e di arredi, nonché incompleto di accessori, il teste (amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, che ebbe ad alienare alla l’immobile di cui trattasi, come si desume dal contratto dd. 28.12.2016, depositato da parte convenuta sub 1), dopo aver collocato nel 2016 la detta consegna, precisando che “in quel momento mancavano le porte interne, i pavimenti ed i sanitari”, ha rammentato che fu la sua ditta a eseguire, prima della consegna del bene, la tinteggiatura e, dopo la consegna, i lavori di pavimentazione e posa delle piastrelle, facendo presente anche di aver consegnato i sanitari come da capitolato, senza però ricordarne anche l’installazione. Con riguardo alle attività svolte nell’immobile dall’attore, ha dichiarato testualmente “so che dopo la consegna dell’immobile alla sig.ra il sig. ha eseguito dei lavori all’interno di quell’appartamento ed al riguardo l’ho visto personalmente perché la mia impresa, in quel periodo, era impegnata nella costruzione di un edificio di fronte all’immobile in questione.
Altro non so”;
ha poi aggiunto di averlo visto intento, tra il gennaio e il novembre 2017, a “eseguire i seguenti lavori:
controsoffitti in tutte le stanze, l’impianto di allarme, i piatti doccia in acciaio, i serramenti esterni”.
Per quanto, invece, attiene all’effettiva consistenza e al costo dei detti lavori edilizi riferibili all’attore, nonché alla loro incidenza sul valore dell’immobile di esclusiva proprietà della convenuta, occorre fare riferimento alla relazione depositata dal Ctu nominato in corso di causa, le cui conclusioni possono essere poste a fondamento della presente sentenza, in quanto rassegnate all’esito di approfondite valutazioni tecniche, oltre che sorrette da congrua e logica motivazione, non contraddette da oggettivi e univoci elementi di fatto di segno contrario, né significativamente inficiate da rilievi critici dei Ct di parte, a cui l’ausiliare ha risposto con adeguate argomentazioni (v. pagg. 8-12 dell’elaborato), da intendersi qui integralmente richiamate per brevità, non ravvisandosi alcuna valida ragione per disattenderle. Premesso (i) che “nell’immobile oggetto di causa sono tutt’ora presenti i battiscopa, il controtelaio per serramenti con zanzariere, i fari ed i faretti interni ed esterni, le tapparelle centralizzate, lo ed i muretti del giardino…nonché la controsoffittatura” e (ii) che si è trattato di “lavori svolti dall’attore in economia diretta, quindi senza alcun affidamento a ditte esterne”, di talché “si è scomputata la singola opera secondo l’incidenza della fornitura, della posa e dell’utile di impresa comprensivo dei costi generali”, anche “per carenza di documentazione agli atti, inerente in particolare la fornitura dei materiali, mentre risulta accertata la manodopera svolta dall’attore sui lavori considerati”, il Ctu ha fatto presente, per quanto qui rileva, che: “si è accertata la sussistenza di una sola fattura riconducibile all’attore e segnatamente quella della RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 347,85 oltre ad un bonifico di € 81,83, riferiti ad opere di elettronica per sistemi di allarme”;
sono rinvenibili in atti vari “scontrini, taluni con codice cliente riconducibile all’attore, in particolare quelli del Gruppo RAGIONE_SOCIALE, che ammontano a circa Euro 2.000”, senza però che sia possibile “accertare se nell’alloggio della convenuta sono stati utilizzati i materiali menzionati nelle fatture intestate all’attore”, tanto più che trattasi di “scontrini per minuteria”, nessuno dei quali comunque sicuramente riferibili alle opere, quali faretti, battiscopa, lastre di cartongesso, zanzariere, oggetto di causa; “il resto degli scontrini vedono l’importo di circa Euro 265 per materiali edili (essenzialmente TopHaus ma sempre riferiti a minuteria come viti, nastro, stucco un pannello in poliestere, ecc., anch’essi riconducibili a lavori svolti dall’attore nell’alloggio della convenuta) ed € 3.675,68 per l’impianto di allarme…opera presente nell’appartamento della convenuta”;
l’attore ha “sicuramente prestato la propria manodopera nell’esecuzione delle opere trattate…, mentre riguardo alla fornitura del materiale, nulla si può esprimere su chi effettivamente abbia sostenuto la spesa”;
“il totale fra scontrini e fatture depositati agli atti per l’acquisto di materiale è nell’ordine degli Euro 6.500, ma eccetto l’impianto di allarme e gli accessori elettrici, essi non si riferiscono ai beni principali posati dall’attore (faretti, battiscopa, lastre di cartongesso, zanzariere)”;
“il valore di mercato delle opere eseguite dall’attore…è stato elaborato sulla base del valore di costruzione della singola opera, considerata eseguita in economia diretta;
motivo per cui si è separata la componente della fornitura, dalla posa e riportata l’incidenza dell’utile di impresa”;
trattandosi per lo più “di lavorazioni riconducibili all’uso e soggette ad una più rapida vetustà, usura e deprezzamento”, l’incremento di valore dell’immobile “è pertanto pari al costo dell’opera stessa”, che ammonta, per l’impianto di allarme, a € 5.000,00 e, per tutte le altre opere, a € 15.251,16, di cui € 6.844,21 per “fornitura”, € 5.810,23 per “posa” ed € 2.596,72 per “utile e spese generali d’impresa”;
le opere relative all’impianto elettrico sono state eseguite senza consegnare la relativa “dichiarazione di conformità e collaudo del lavoro svolto a regola d’arte”, mentre quelle riguardanti il controsoffitto hanno causato “una riduzione dell’altezza utile dei locali oltre i limiti imposti dalle norme igieniche sanitarie del regolamento edilizio del Comune di Trento”;
anche, con riferimento al sistema di allarme, l’incremento di valore apportato all’immobile è pari al “costo di fornitura ed installazione”, quantificabile in € 5.000,00, di cui € 1.500,00 per la sola installazione, ivi compreso il costo della fornitura limitatamente all’unica fattura in atti intestata all’attore.
Stando, dunque, a quanto accertato dal Ctu:
➢ gli scontrini prodotti dall’attore riguardano esborsi effettuati, per un importo prossimo a € 2.000,00, presso la ditta COGNOME con codice cliente riconducibile ➢ trattandosi per lo più di “scontrini per minuteria”, non è possibile un “consuntivo analitico”;
➢ anche gli scontrini relativi a prodotti per edilizia della ditta RAGIONE_SOCIALE per un totale di circa € 265,00 riguardano minuteria varia, come viti, nastro, stucco, di talché sono sostanzialmente generici;
➢ più specifici sono, invece, quelli riferibili all’impianto di allarme per complessivi € 3.675,68, a cui vanno aggiunti l’importo di € 347,85, portato da fattura intestata all’attore e l’importo di € 81,83 pagato dallo stesso con bonifico bancario.
Ciò detto, va, dunque, considerato, da un lato, che gli scontrini allegati da parte attrice, avendo per lo più a oggetto minuteria varia, non sono riferibili con un tranquillante margine di certezza proprio ai lavori oggetto di causa, né peraltro consentono di individuare l’effettivo autore dell’esborso, non apparendo a tal fine ascrivibile decisivo rilievo al solo fatto che sia e non la convenuta, ad averne la materiale disponibilità, visto che, stando a quanto dedotto in atti, il predetto ha sempre svolto l’attività di artigiano nel settore edilizio, ragion cui può averli conseguiti anche in occasione di acquisti di materiale impiegato in opere ulteriori e diverse da quelle realizzate presso l’immobile di ; e dall’altro, che la fattispecie in esame incontestatamente esula dall’ambito di un contratto di prestazione d’opera.
Il primo rilievo induce a ritenere che, con riguardo a tutti i lavori, ad eccezione dell’impianto di allarme, ai fini per cui si procede non possono essere considerati gli importi che, nell’allegato 1 alla relazione peritale recante “analisi costi delle singole opere”, il Ctu ha riferito alla “fornitura”;
l’altro, invece, impone di pretermettere le somme riferite dall’ausiliare all’“utile d’impresa”, non avendo l’attore agito come prestatore d’opera.
Pertanto, possono venire in rilievo i soli importi relativi alla “posa”, il cui totale è stato quantificato dall’ausiliare a € 5.810,23.
Per quanto, invece, attiene all’impianto di allarme può farsi riferimento al solo importo di € 1.500,00, in tale misura avendo il Ctu quantificato “la parte imputabile all’installazione” (che risulta senz’altro effettuata dall’attore), comprendendovi anche il costo della fornitura limitatamente all’unica fattura (per € 347,85) in atti intestata al e all’importo di € 81,83 bonificato dallo stesso.
Tanto precisato, ritiene il giudicante che la pretesa pecuniaria azionata dall’attore ex art. 2041 c.c. non sia fondata neppure in ordine al totale dei detti importi, pari a € 7.310,00 (€ 5.810,23 + € 1,500,00).
Come è noto, l’azione di indebito arricchimento disciplinata dall’art. 2041 c.c. è esperibile in tutti i casi in cui tra due soggetti si verifica uno spostamento patrimoniale, tale che uno subisca danno e l’altro si arricchisce “senza una giusta causa”, ossia in difetto di una ragione in grado, secondo le norme vigenti, di giustificare il profitto o il vantaggio dell’arricchito, il che si verifica quando l’arricchimento è correlato a un impoverimento non remunerato, né consegue a un atto di liberalità e neppure all’adempimento di un’obbligazione naturale. Con specifico riferimento a quest’ultimo profilo, e in particolare, per quanto qui rileva, alle attribuzioni patrimoniali effettuate durante un rapporto di convivenza more uxorio, la Suprema Corte è costante nell’affermare che “le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro, doveri che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale, sicché le attribuzioni finanziarie a favore del convivente “more uxorio”, effettuate nel corso del rapporto per far fronte alle esigenze della famiglia…configurano l’adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, per la cui valutazione occorre tener conto di tutte le circostanze fattuali, oltre che dell’entità del patrimonio e delle condizioni sociali del “solvens”.. ” (così, per tutte, Cass., n° 16864/2023).
In applicazione di tale consolidato principio di diritto, da cui non vi è ragione di discostarsi, appare fondato escludere, nel caso di specie, la fondatezza della domanda di parte attrice.
Al riguardo, va innanzi tutto rilevato che, nel deporre in udienza, madre della convenuta, ha dichiarato “dal 2012 sino al 2017/2018 mia figlia ed il sig. hanno convissuto presso l’abitazione residenziale mia e mio marito ed entrambi non hanno contribuito alle varie spese”.
Tale deposizione non appare inequivocabilmente inficiata dalle acquisite risultanze anagrafiche (da cui si desume che prima del 2018 le parti non hanno mai avuto la stessa residenza), atteso che “la circostanza secondo la quale nell’indirizzo risultante dai registri anagrafici si trovi la residenza effettiva (o la dimora o il domicilio) del destinatario costituisce mera presunzione superabile con qualsiasi mezzo di prova…” (così, per tutte, v. Cass., n° 4274/2019).
A parte ciò, va comunque tenuto presente che nella prassi applicativa della giurisprudenza di legittimità si è avuto modo di sostenere che, ai fini della sussistenza di una relazione more uxorio, non è ineludibile la stabile comunanza di una dimora quotidiana, in quanto “l’evoluzione dei costumi e delle abitudini di vita comporta la necessità, sempre più di frequente, che le persone, pur legate da stabili legami affettivi, abbiano i loro centri di interesse esistenziali e lavorativi in luoghi tra loro non vicini, anche considerata la maggiore emancipazione economica e lavorativa raggiunta dalla donna” (così, in motivazione, Cass., n° 3465/2023, ove si è rammentato, da un lato, che “sulla non indispensabilità della coabitazione ai fini della individuazione di una famiglia di fatto si è espressa la Corte EDU (sentenza 21 luglio 2015, COGNOME contro RAGIONE_SOCIALE”, per aver ritenuto che «l’esistenza di un’unione stabile è indipendente dalla convivenza. Infatti, nel mondo globalizzato di oggi diverse coppie, sposate, o che hanno contratto un’unione registrata, attraversano periodi in cui vivono la loro relazione a distanza, dovendo mantenere la residenza in paesi diversi, per motivi professionali o di altro tipo»;
e dall’altro che anche per Cass., n° 9178/2018 «ai fini dell’accertamento dell’esistenza della convivenza “more uxorio” – intesa quale legame affettivo stabile e duraturo in virtù del quale siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale” non è decisiva l’assenza di coabitazione).
Pertanto, ove pure si volesse ritenere non sufficientemente provato che dal 2012 il e il abbiano vissuto sempre sotto lo stesso tetto, non vi sarebbe comunque ragione di escludere che il loro rapporto sentimentale abbia assunto la connotazione di una relazione more uxorio, ove si consideri che in sede di interrogatorio formale lo stesso attore ha dichiarato “le spese per la vita quotidiana di coppia le sostenevamo entrambi, senza una suddivisione ben precisa, nel senso che erano suddivise sulla base del rispetto reciproco. Le spese relative all’utenza telefonica le sosteneva la sig.ra mentre la tassa di circolazione…e l’assicurazione sulla vettura targata TARGA_VEICOLO a me intestata le sostenevo io…Per il resto delle spese di coppia si dividevano a metà, nel senso che talvolta pagavo io e talvolta pagava lei”;
con ciò ha fatto intendere che, in sostanza, entrambi contribuivano in modo più o meno paritetico al menage di coppia nell’ambito di una stabile e continuativa condivisione della vita quotidiana, il che va valutato in coordinazione logica con l’apprezzabile durata della relazione sentimentale (che si è incontestatamente protratta per oltre un decennio) e con il progetto che i due avevano di trasferirsi proprio nell’immobile oggetto di causa, acquistato dalla sola convenuta.
Vi è, quindi, ragione di ritenere che la realizzazione, da parte del delle opere accertate dal Ctu nei termini sopra precisati sia riconducibile nell’alveo di un’obbligazione naturale, nel senso che l’attore le abbia eseguite nello spontaneo adempimento del dovere di reciproca assistenza e solidarietà connesso alla relazione sentimentale more uxorio che lo legava alla convenuta, avendo presumibilmente inteso contribuire in tal modo all’andamento del rapporto di coppia e, in particolare, alla soddisfazione della primaria esigenza abitativa di entrambi, a cui la convenuta aveva in precedenza fatto fronte con la messa a disposizione di un alloggio dei propri genitori, per poi acquistare quello oggetto dei lavori per cui è causa con il proposito (all’epoca condiviso con l’attore) di destinarlo all’uso comune. Alla detta qualificazione giuridica non osta la consistenza economica delle prestazioni offerte dal non constandone un contenuto eccedente la soglia di proporzionalità ed adeguatezza rispetto ai mezzi di cui all’epoca disponeva l’attore, avendo questi affermato in sede di interrogatorio formale, “ho sempre svolto l’attività di artigiano in proprio con tanto di aperura della partita Iva ed utile medio all’anno di 55.000,00 euro, che fatturavo regolarmente”, per poi far presente che durante la relazione sentimentale con la convenuta egli sosteneva la spesa annua per l’assicurazione della propria auto, dell’apprezzabile ammontare di € 4.000,00, “trattandosi di una Ferrari”, la cui disponibilità fa di per sé ragionevolmente presumere una più che florida situazione patrimoniale e reddituale. Tenuto conto di ciò e del riferito del reddito annuo dell’attore, da valutare in uno alla limitata consistenza quantitativa del controvalore pecuniario riferibile alle opere rilevanti ai fini per cui si procede, appare fondato addivenire alla conclusione che nel caso di specie non siano stati superati i limiti di proporzionalità e adeguatezza rispetto agli ordinari doveri di assistenza morale di regola esistenti tra due soggetti stabilmente legati da una relazione sentimentale more uxorio.
E tale rilievo, avuto riguardo anche alla non trascurabile durata dei lavori in questione, protrattisi per circa due anni (ciò significando che il conferimento di denaro e di tempo libero è stato diluito in un ampio arco temporale), appare fondato ove pure si volesse prendere in considerazione l’intero costo dei lavori indicato dal Ctu, sempre al netto dell’utile di impresa, e, quindi, l’importo di € 17.654,44 (=€ 20.251,16 – € 2.596,72 per utile d’impresa), anche se maggiorato dal costo dell’installazione dell’impianto antincendio (presumibilmente pari a quello dell’impianto di allarme), tanto più ove si si tiene presente che la risultante complessiva somma sarebbe suscettibile di riduzione. Al riguardo, devesi, infatti, considerare che, stando a quanto accertato dal Ctu, i controsoffitti e le modifiche all’impianto elettrico “hanno fatto venire meno aspetti importanti per la commerciabilità del bene”, imponendo, i primi, costi di lavori di ripristino, in ragione del “mancato rispetto dell’altezza utile dei locali abitabili controsoffittati”, e le seconde, costi “per l’ottenimento delle relative certificazioni”, in quanto eseguite senza il rilascio delle necessarie dichiarazioni di conformità previste dalla normativa di settore. Di conseguenza, ai fini per cui si procede, in ogni caso non possono venire in rilievo le somme di fornitura e posa riferite dall’ausiliare ai lavori di controsoffittatura (€ 1.591,51) e all’impianto elettrico (€ 1.425,00, € 435,00 e € 1.104,00), il che induce a ritenere superfluo un approfondimento istruttorio di natura tecnica sul punto, al fine di stimare un eventuale conseguente deprezzamento dell’immobile e la spesa occorrente per il ripristino di un’altezza interna conforme ai limiti vigenti, che pure potrebbero rilevare nella quantificazione della somma astrattamente dovuta ex art. 2041 c.c., in quanto l’indennizzo ivi previsto deve essere contenuto nei limiti della locupletazione, se questa è inferiore all’altrui impoverimento (arg. da Cass. n° 3564/1978). Per tutto quanto esposto le domande attoree non appaiono meritevoli di accoglimento.
Sulla domanda riconvenzionale della convenuta Come esposto nella narrativa iniziale, ha sostenuto che gli interventi edilizi eseguiti dall’ex compagno hanno danneggiato il proprio immobile, al punto da rendere necessarie opere di sistemazione delle pareti in cartongesso, del locale bagno e dell’impianto antifurto, la riparazione dell’impianto elettrico, la reimpostazione della password dell’impianto di videosorveglianza;
ha altresì asserito che la mancata spontanea riconsegna delle chiavi della porta d’ingresso le ha imposto di provvedere alla sostituzione della serratura.
In considerazione di ciò ha chiesto la condanna del a versarle la somma di € 15.000,00 o il diverso importo ritenuto di giustizia a titolo di risarcimento dei detti danni.
Tale domanda non appare fondata e, pertanto, non può trovare accoglimento.
L’espletata attività istruttoria non ha evidenziato affidabili elementi di prova da cui desumere l’effettiva sussistenza dei detti inconvenienti descritti in comparsa di costituzione e la loro riferibilità alle opere eseguite dall’attore.
La convenuta non ha neppure provato di aver effettivamente commissionato i lavori per porre rimedio ai dedotti pregiudizi e di aver pagato i relativi costi.
Tale carenza probatoria impone una declaratoria di rigetto.
Sulle spese di lite L’oggettiva controvertibilità delle questioni di fatto e di diritto esaminate, l’incontestata esecuzione di opere da parte dell’attore all’interno dell’immobile di esclusiva proprietà della convenuta, la difficoltà di ricostruire analiticamente i rapporti economici tra le parti nel corso della relazione sentimentale e comunque la reciproca soccombenza inducono a compensare integralmente le spese di lite e a porre gli oneri di ctu, liquidati come in atti, a carico dell’attore, maggiormente soccombente.
Il Tribunale di Trento, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa proposta da nei confronti di , disattesa ogni diversa domanda, istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
rigetta le domande dell’attore;
rigetta la domanda della convenuta;
compensa integralmente le spese di lite tra le parti;
pone gli oneri di ctu, liquidati come in atti, a carico di parte attrice.
Così deciso in Trento in data 1.4.2025 Il giudice dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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