REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
SEZIONE LAVORO
all’udienza del 20/11/2018 ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 4391/2018 pubblicata il 30/11/2018
nella causa civile in grado di appello n. 61/2017
TRA
XXX domiciliato in con l’avv.
APPELLANTE
E
YYY domiciliato in con l’avv.
APPELLATA
OGGETTO: appello contro la sentenza del 12.7.2016 del Tribunale di Velletri.
CONCLUSIONI: Come da rispettivi atti di appello e di memoria di costituzione.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 5.1.2017 XXX proponeva appello avverso la sentenza emessa in data 12.7.2016, con cui il Tribunale di Velletri, in funzione di giudice del lavoro, aveva rigettato la domanda di condanna della YYY appellata al pagamento della somma di € 3.500,00 a titolo di rimborso delle spese sostenute per il patrocinio legale in un giudizio dinanzi alla Corte dei Conti, estinto per mancata riassunzione da parte della Procura, o, in subordine, a titolo di risarcimento del danno o di indebito arricchimento.
Contestava le argomentazioni del Tribunale e chiedeva quindi la riforma della sentenza con l’accoglimento della domanda.
Si costituiva l’Azienda, contestando l’appello e chiedendone il rigetto.
Alla odierna udienza la causa è stata decisa come da separato dispositivo.
Motivi della decisione
Il Tribunale, premesso che con Deliberazione del Direttore Generale n. era stato previsto un preciso onere di comunicazione in applicazione della norma contrattuale, ha rigettato il ricorso, affermando che l’art. 25 del CCNL di categoria, che prevede il rimborso delle spese di lite del dirigente coinvolto in un procedimento di responsabilità civile, contabile o penale in caso di esito favorevole della causa, va coordinato con l’art. 3 comma b) n. 2 bis legge 639/96, relativo ai giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, che prevede il rimborso solo in caso di proscioglimento. Sostiene il primo giudice l’inapplicabilità del primo comma dell’art. 25 per la sussistenza di un conflitto di interessi in re ipsa e che nel caso in esame la valutazione della rimborsabilità delle spese era demandata alla Corte dei Conti, che, tuttavia, non aveva disposto nulla sulle spese. Rileva, peraltro, che, in applicazione del 2 comma dell’art. 25 il rimborso era dovuto solo in caso di proscioglimento da ogni addebito e quindi solo in caso di assoluzione nel merito, con esclusione del dolo o della colpa grave e non nel caso di mera estinzione del giudizio.
L’art. 25 stabilisce:
“1. L’azienda, nella tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile, contabile o penale nei confronti del dirigente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio ed all’adempimento dei compiti di ufficio, assume a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interesse, ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento e per tutti i gradi del giudizio, facendo assistere il dipendente da un legale, previa comunicazione all’interessato per il relativo assenso.
2. Qualora il dirigente intenda nominare un legale di sua fiducia in sostituzione di quello indicato dall’azienda o a supporto dello stesso, i relativi oneri saranno interamente a carico dell’interessato. Nel caso di conclusione favorevole del procedimento, l’azienda procede al rimborso delle spese legali nel limite massimo della tariffa che sarebbe stata a suo carico qualora avesse trovato applicazione il comma 1, che comunque non potrà essere inferiore alla tariffa minima ordinistica. Tale ultima clausola si applica anche nei casi in cui al dirigente, prosciolto da ogni addebito, non sia stato possibile applicare inizialmente il comma 1 per presunto conflitto di interesse.
3. L’azienda dovrà esigere dal dirigente, eventualmente condannato con sentenza passata in giudicato per i fatti a lui imputati per averli commessi con dolo o colpa grave, tutti gli oneri sostenuti dall’azienda per la sua difesa.
4. E’ disapplicato l’art. 41 del DPR 270/1987”.
Con il primo motivo l’appellante censura la sentenza, sostenendo che la pronuncia di estinzione ha liberato il dirigente da ogni responsabilità contabile, escludendo quindi dolo o colpa grave e quindi ogni pretesa risarcitoria; con il secondo motivo contesta l’obbligo di comunicare l’inizio del procedimento; con il terzo censura l’affermazione del primo giudice, secondo cui l’art. 25 non sarebbe applicabile perché la Corte dei Conti non aveva disposto la condanna alle spese; con il quarto insiste sulla domanda di risarcimento del danno o illecito arricchimento.
Va esaminato, in ordine logico, preliminarmente il secondo motivo d’appello in merito all’obbligo di comunicazione.
Va osservato in proposito che il primo giudice, richiamando la relativa disposizione, ha implicitamente accolto l’eccezione di tardività proposta dall’YYY, pur valutando successivamente anche il merito. D’altra parte l’appellante ha così interpretato la motivazione, proponendo un preciso motivo d’appello al riguardo, e, in ogni caso, l’eccezione è stata riproposta dalla YYY nella memoria di costituzione.
Ciò premesso, l’appellante non contesta la vigenza e validità della Deliberazione del Direttore Generale n., che impone, ai fini dell’applicazione dell’art. 25, l’onere di comunicare l’inizio del procedimento a suo carico entro dieci giorni.
L’appellante sostiene, tuttavia, che nel caso in esame non vi sarebbe onere di comunicazione, poiché vi era un conflitto di interessi in re ipsa, perché era stata la stessa azienda ad attivare il procedimento dinanzi alla Procura e ne era quindi pienamente a conoscenza.
In ordine al tale ultimo rilievo l’YYY osserva giustamente che la denuncia alla Procura della Corte dei Conti non comporta l’automatico inizio del procedimento, che è solo eventuale, e quindi non può escludere l’onere di comunicazione, non potendosi presumere la conoscenza da parte dell’Azienda dell’inizio del procedimento.
Quanto al conflitto di interessi va richiamata la giurisprudenza della Suprema Corte relativa a fattispecie analoghe, a cui ha fatto riferimento il primo giudice.
Oltre alla sent. n. 4978/2014, richiamata dal Tribunale, occorre far riferimento alla sent. n. 13675/2010, secondo cui “ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 335 del 1990 – concernente l’assunzione a carico delle aziende o delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo delle spese legali per la difesa dei dipendenti in relazione a procedimento penale per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio -, presupposto del diritto del dipendente al rimborso delle spese sostenute è, oltre alla predetta connessione ed all’assenza di un conflitto di interessi con l’Amministrazione, la preventiva comunicazione al proprio ente di appartenenza, da parte del dipendente coinvolto in un procedimento di responsabilità, con richiesta o sollecitazione alla nomina di un difensore, essendo tale comunicazione necessaria ai fini della valutazione “ex ante” da parte dell’ente in ordine all’assunzione a proprio carico di ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento. Ne consegue che, in mancanza di qualsiasi comunicazione o sollecitazione da parte del dipendente, deve ritenersi esclusa la possibilità del rimborso delle spese relative al legale nominato dal dipendente”.
E recentemente la Suprema Corte ha confermato che “in tema di rimborso delle spese legali del personale dipendente del servizio sanitario nazionale, l’art. 41 del d.P.R. n. 270 del 1987, pur in assenza di una esplicita previsione, presuppone la preventiva comunicazione all’ente di appartenenza, da parte del dipendente, del proprio coinvolgimento in un procedimento di responsabilità, con richiesta della nomina di un difensore, essendo la stessa necessaria ai fini della valutazione “ex ante” da parte dell’ente in ordine all’assunzione a proprio carico di ogni onere di difesa fin dall’apertura del procedimento. Ne consegue che, in mancanza, non è configurabile alcun obbligo dell’azienda di farsi carico delle spese di difesa, né il diritto del lavoratore al rimborso delle spese sostenute per il difensore di fiducia” (Cass. n. 18946/2016).
La Suprema Corte, quindi, ritiene che la comunicazione preventiva costituisca presupposto necessario per il rimborso delle spese.
Né è possibile distinguere, con riguardo all’onere di comunicazione, sulla base del tipo di procedimento, escludendo tale onere nel caso di responsabilità contabile per la pretesa esistenza di un conflitto di interessi in re ipsa.
In primo luogo perché la Deliberazione citata non distingue, prevedendo l’obbligo di comunicazione anche per i procedimenti di responsabilità contabile (cfr. doc. 11 di parte ricorrente di primo grado). In secondo luogo l’onere di comunicazione non ha lo scopo solo di consentire la valutazione in ordine all’assunzione della difesa, ma anche di conoscere, ai fini della programmazione della spesa (cfr. al riguardo la motivazione della sent. n. 4978/2014 della Suprema Corte), gli eventuali rischi di rimborso nel caso di esito del processo favorevole al dirigente.
Tutto ciò senza considerare che, in caso di responsabilità contabile, il conflitto di interessi è pienamente verificabile solo ex post, e cioè in caso di accertamento della responsabilità del dirigente, ma non necessariamente ex ante, perché l’Azienda potrebbe dubitare dell’effettiva responsabilità, il che non si pone in contraddizione con la denuncia alla Procura della stessa YYY, che costituisce un obbligo in presenza di elementi di fatto sospetti.
In conclusione l’omessa comunicazione esclude “l’obbligo dell’azienda di farsi carico delle spese di difesa” e “il diritto del lavoratore al rimborso delle spese sostenute per il difensore di fiducia” (Cass. n. 18946/2016).
L’appello va quindi rigettato, assorbiti gli altri motivi d’appello, seppure con diversa motivazione.
Le spese del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
rigetta l’appello;
condanna la parte appellante a rifondere alla YYY appellata le spese di lite del
grado, liquidate in € 915,00, oltre 15% per spese forfettarie.
Si dà atto che sussistono le condizioni oggettive richieste dall’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115/2002 per il versamento dell’ulteriore importo del contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Roma, 20.11.2018
Il Presidente estensore
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.