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Rinunce e transazioni, diritti del prestatore di lavoro

Rinunce e transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale

Pubblicato il 15 November 2018 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
Il TRIBUNALE DI ROMA
Terza Sezione Lavoro

Il Giudice dr. ssa all’udienza del 13/11/2018, all’esito di Camera di Consiglio, ha emesso la seguente

SENTENZA n. 8640/2018 pubblicata il 13/11/2018

Ex art.429 ,I c.CPC ,nella causa iscritta al n.R.G.promossaDa

XXX, YYY, ZZZ, rappresentati e difesi dall’avv.toricorrenti

contro

JJJ, rappresentato e difeso dagli avv.ti Resistente

Esposizione dei motivi di fatto e di diritto

Con ricorso depositato in data 20.3.2017 e regolarmente notificato, XXX, ZZZ, YYY proponevano le seguenti conclusioni:“accertato e dichiarato che le somme corrisposte a titolo di corrispettivo della transazione hanno natura retributiva in quanto di fatto risultano essere direttamente ricollegabili al rapporto di lavoro quali emolumenti arretrati ed alle spettanze dovute in favore dei lavoratori in conseguenza della sua intervenuta risoluzione

a) Quanto alla signora XXX, accertare e dichiarare la nullità parziale del verbale di conciliazione sottoscritto tra le parti il 16/12/2014, limitatamente alla clausola V del medesimo, in ordine alla pattuizione in essa contenuta circa la tipologia di imposizione fiscale da applicarsi alle somme erogate in favore dei lavoratori e, conseguentemente:

accertare e dichiarare che l’importo netto di € 15.619,00, alla medesima corrisposto a titolo di corrispettivo della transazione, secondo quanto indicato nel verbale di conciliazione 16/12//2014 è assoggettato alla sola imposizione fiscale come reddito diverso, è, nella misura di € 13.019,00 netti, somma direttamente ricollegabile all’intercorso rapporto di lavoro poichè corrispondente a quanto dovuto dalla JJJ alla lavoratrice per le competenze di fine rapporto e così a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, per ratei per ferie e permessi non goduti e per rateo 13ma mensili come risultanti dal relativo cedolino di chiusura rapporto (cfr doc.009) e, soltanto per la minor somma di € 2.500,00 dovuta a titolo di corrispettivo della 13.019,00 è soggetta ad obbligo contributivo ed al regime fiscale previsto per i redditi assimilabili a quelli da lavoro dipendente e conseguentemente:

accertare e dichiarare che JJJ in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha omesso il versamento dei contributi dovuti sulla somma netta complessiva di € 13.019,00 corrisposta alla signora XXX, nonché condannare e dichiarare tenuta la stessa JJJ al risarcimento del danno patito dalla signora XXX per l’errata tassazione della somma di € 13.019,00 quale reddito diverso, anzichè come reddito assimilato a quello da lavoro dipendente, da quantificarsi nella prudenziale somma di € 5.249,93 per i titoli e le ragioni di cui in atto, ovvero nella veriore somma che risulterà provata in corso di causa e, comunque ritenuta di giustizia.

b) Quanto alla signora YYY, accertare e dichiarare la nullità parziale del verbale di conciliazione sottoscritto tra le parti il 16/12/2014, limitatamente alla clausola V del medesimo, in ordine alla pattuizione in essa contenuta circa la tipologia di imposizione fiscale da applicarsi alle somme erogate in favore dei lavoratori e, conseguentemente accertare e dichiarare che l’importo di € 6.109,00, alla medesima corrisposto a titolo di corrispettivo della transazione, secondo quanto indicato nel verbale di conciliazione 16/12//2014 e assoggettato alla sola imposizione fiscale come reddito diverso, è, nella misura di € 5.109,00 netti, somma direttamente ricollegabile all’intercorso rapporto di lavoro poichè corrispondente a quanto dovuto dalla JJJ alla lavoratrice per le competenze di fine rapporto e così a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, per ratei per ferie e permessi non goduti e per rateo 13ma mensili come risultanti dal relativo cedolino di chisura rapporto (cfr doc.010) e, soltanto per la minor somma di € 1.000,00 dovuta a titolo di corrispettivo della transazione, per l’effetto:

ad obbligo contributivo ed al regime fiscale previsto per i redditi assimilabili a quelli da lavoro dipendente e conseguentemente accertare e dichiarare che JJJ, in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha omesso il versamento dei contributi dovuti sulla somma netta complessiva di € 5.109,00 corrisposta alla signora YYY, nonché condannare e dichiarare tenuta la stessa JJJ al risarcimento del danno patito dalla signora YYY per l’errata tassazione della somma di € 5.109,00 quale reddito diverso, anzichè come reddito assimilato a quello da lavoro dipendente, da quantificarsi nella prudenziale somma di € 1.995,00, per i titoli e le ragioni di cui in atto, ovvero nella veriore somma che risulterà provata in corso di causa e, comunque ritenuta di giustizia.

c) Quanto al sig. ZZZ, accertare e dichiarare la nullità parziale del verbale di conciliazione sottoscritto tra le parti il 16/12/2014, limitatamente alla clausola V del medesimo, in ordine alla pattuizione in essa contenuta circa la tipologia di imposizione fiscale da applicarsi alle somme erogate in favore dei lavoratori e, conseguentemente accertare e dichiarare che l’importo di € 8.995,00, al medesimo corrisposto a titolo di corrispettivo della transazione, secondo quanto indicato nel verbale di conciliazione 16/12//2014 e assoggettato alla sola imposizione fiscale come redditi diversi, è, nella misura di € 7.99,00 netti, somma direttamente ricollegabile soltanto per la minor somma di € 1.000,00 dovuta a titolo di corrispettivo della transazione, per l’effetto:

ad obbligo contributivo ed al regime fiscale previsto per i redditi assimilabili a quello da lavoro dipendente e conseguentemente certare e dichiarare che JJJ, in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha omesso il versamento dei contributi dovuti sulla somma netta complessiva di € 7.995,00 corrisposta al sig. ZZZ, nonché dichiarare tenuta e condannare la stessa JJJ al risarcimento del danno patito dal sig. ZZZ per l’errata tassazione della somma di € 7.995,00 quale reddito diverso, anzichè come reddito assimilato a quello da lavoro dipendente, da quantificarsi nella prudenziale somma di € 3.066,54 per i titoli e le ragioni di cui in atto, ovvero nella veriore somma che risulterà provata in corso di causa e, comunque ritenuta di giustizia.

L’oggetto del ricorso è l’impugnazione del verbale di conciliazione in data 16.12.2014, intervenuto in sede sindacale nell’ambito di un licenziamento collettivo posto in essere dall’azienda per riduzione di personale presso la sede operativa di Torino; in particolare, i ricorrenti rilevano la nullità della clausola V che prevede la corresponsione di una somma ulteriore “a titolo di transazione generale complessiva novativa ex art. 1965 II c. CC (assoggettati pertanto alla sola disciplina ex art.67 I comma lett.C) quinquies punto 1 del TUIR)”.

Deducono di avere subito un danno contributivo, per omesso versamento di contributi previdenziali da parte dell’azienda, e un danno patrimoniale, derivante dalla maggiore imposizione fiscale applicata alle somme percepite  quali “redditi diversi” piuttosto che quali “redditi da lavoro dipendente”. Parte resistente eccepisce l’inoppugnabilità ex art. 2113 ultimo comma del verbale di conciliazione , la piena conoscenza dei fatti a seguito di trattative sindacali che hanno condotto alla sottoscrizione da parte dei ricorrenti, l’inammissibilità e l’infondatezza della dedotta nullità della clausola V del verbale impugnato, precisando che la tassazione prescelta è corretta e che sono state interamente versate all’Agenzia delle entrate le imposte previste, mentre le somme di cui alla clausola V non sono soggette ad obbligo contributivo; chiede nel merito il rigetto delle domande.

A seguito di istruttoria documentale , la causa è stata discussa e decisa con la presente sentenza.

L’art.2113 C.C. prevede:

“Le rinunzie e transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili dalla legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’art. 409 del codice di procedura civile, non sono valide.

L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411 del codice di procedura civile”.

Viene in primo luogo in rilievo la inoppugnabilità del verbale in questione, in quanto sottratto al regime dell’impugnazione di cui alla norma suindicata.

La Cassazione peraltro ha precisato che “ In materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l’assistenza prestata dai rappresentanti sindacali – della quale non ha valore equipollente quella fornita da un legale – sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura, nonché, nel caso di transazione, a condizione che dall’atto stesso si evinca la questione controversa oggetto della lite e le “reciproche concessioni” in cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell’art. 1965 cod. civ.”. (v. Cass. Sentenza n. 24024 del 23/10/2013).

Nel caso di specie, parte ricorrente non ha allegato alcun difetto di rappresentanza o di conoscenza dei fatti con riferimento alla procedura in oggetto, né ha dedotto un vizio del consensoin proprio danno , tale da comportare l’annullamento del verbale di conciliazione sottoscritto in sede sindacale.

L’unico aspetto rilevato riguarda la scelta del regime di tassazione , che , come sottolineato dalla stessa parte ricorrente, è materia sottratta alla disponibilità delle parti, e in relazione alla quale la clausola potrebbe anche mancare, in quanto è l’ente competente ad assoggettare le somme ad un regime piuttosto che ad un altro (l’accordo cioè è inopponibile al soggetto impositore).

E’ dunque avverso gli atti impositividegli enti che devono essere proposte le eventuali impugnazioni, in quanto si tratta di materie che vanno trattate nel contraddittorio con gli stessi.

Per ciò che concerne l’omesso versamento di contributi a causa dell’errata tassazione , ad abundantiam si osserva che la conciliazione aveva carattere novativo e che come tale essa costituisce l’unica ed originaria fonte dei diritti e degli obblighi successivi alla risoluzione, con la conseguenza che le somme dovute al lavoratore, ancorché aventi natura retributiva, restano disancorate dal preesistente rapporto e il relativo importo non può essere computato per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale. (v. Cass.Sentenza n. 19587 del 04/08/2017).

Deve aggiungersi, infine , che mettere in discussione il carattere novativo della conciliazione significa mettere in discussione il contenuto della stessa;come già detto, questo non è possibile stante l’inoppugnabilità ex art.2113 u.c. CC.

Il ricorso in conclusione deve essere rigettato ; le spese possono ritenersi compensate trattandosi di questione in parte interpretativa.

PQM

Definitivamente pronunziando: Rigetta il ricorso;spese compensate.

Roma 13.11.2018

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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