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Codice Civile
Codice Penale

Rinuncia tacita al canone di locazione e modifica del contratto

La sentenza in esame affronta il tema della rinuncia tacita ad un diritto e della sua rilevanza nell’ambito della modifica delle condizioni contrattuali, con particolare riferimento al contratto di locazione. La Corte ha affermato che la prolungata accettazione, da parte del locatore, di un canone ridotto rispetto a quello pattuito, unitamente ad altri elementi indiziari, può configurare una rinuncia tacita al diritto di pretendere il canone integrale. Tale comportamento concludente, integrato da ulteriori circostanze, come il pagamento della tassa di registro calcolata sul canone ridotto e la dichiarazione fiscale del reddito corrispondente, può comportare la modifica dell’accordo originario.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA Sezione Civile per le Controversie in Materia di Locazione composta dai magistrati:
1.
NOME
NOME COGNOME Presidente 2. dr.sa NOME COGNOME Consigliere rel.
3. dr.
NOME COGNOME Consigliere riunita in camera di consiglio all’esito dell’udienza del 11 aprile 2024 fissata ai sensi dell’art.127-ter;
lette le note illustrative, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._897_2024_- N._R.G._00000998_2022 DEL_06_06_2024 PUBBLICATA_IL_07_06_2024

Nel procedimento iscritto al n. 998/2022 r. g., vertente tra rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME elett.te dom.to COGNOME contro:
rappresentati e difesi dall’avv. COGNOME elett.te dom.to in Macerata INDIRIZZO

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 26 ottobre 2022, la società impugna la sentenza civile n. 799/2022 del 21.09.2022 del Tribunale ordinario di Macerata notificata il 26.10.2022 che ha dichiarato la risoluzione del contratto di locazione commerciale concluso il 22.01.2008 in relazione all’immobile in Montecassiano , in catasto al Foglio , p.lla 2, per inadempimento del conduttore dell’integrale pagamento del canone di locazione, condannando la appellante a rilasciare ***l’immobile libero da persone e cose in favore degli intimanti locatori entro il 3.11.2022. Ritiene l’appellante l’erroneità della sentenza di primo grado in quanto inficiata da errata valutazione delle prove e da errata applicazione di legge.

Nel giudizio di appello si sono costituiti i locatori resistendo al gravame e chiedendone il rigetto.

La Corte, fissata udienza di trattazione scritta in seguito all’introduzione dell’art. 127 ter c.p.c., sulle conclusioni come in atti, si è riservata di decidere.

L’appello, deciso allo stato degli atti, deve ritenersi fondato.

Si premette, in fatto, che con contratto del 22.1.2008 i sigg.ri concedevano in locazione alla “ una unità immobiliare sita nel comune di Montecassiano in piano terra costituita da un vano locale già destinato a ristorante e un locale cucina più accessori per una durata di 6 anni a partire dall’1.2.2008, che veniva tacitamente rinnovato per n. 2 volte per un ulteriore periodo di 6 anni ogni volta, in assenza di disdetta dalle parti.

L’ammontare del corrispettivo della locazione veniva pattuito “in complessivi € 18.000.00 (diciottomila/00) annui, da pagarsi al domicilio del locatore in 12 eguali rate anticipate di € 1.500,00, scadenti il giorno 5 di ciascun mese” con previsione di aggiornamento “a partire dal terzo anno della locazione nella misura del 75 per cento della variazione ISTAT.”.

Con atto denominato “Accordo tra le parti” datato 24.12.2013, registrato presso l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Macerata, il 13.1.2014 le parti “in relazione al contratto di locazione, registrato il 20.02.2008 al n. 1189 presso l’Agenzia delle Entrate di Macerata, riguardo al prezzo del canone” pattuivano che:
– “l’importo viene temporaneamente stabilito in […euro 1.200,00 mensili;
“tale variazione ha effetto dal mese di dicembre 2013 al mese di febbraio 2015 inclusi;
” – “il termine di pagamento rimane come convenuto nel contratto originario”.

Sempre in tale atto le parti specificavano che “alla scadenza del presente accordo e pertanto dal mese di marzo 2015, il canone risulterà pari all’importo praticato nel mese di novembre 2013”.

Risulta pacifico che, nonostante la scadenza temporale di tale accordo di riduzione del canone di locazione, la conduttrice abbia continuato, anche dopo il marzo 2015, a corrispondere sempre il canone ridotto di euro 1.200,00, senza che risultino atti di protesta o richieste di pagamento dei locatori fino all’intimazione di sfratto del febbraio 2022.

Ebbene, il primo giudice ha ritenuto non sufficientemente provata l’esistenza di un accordo di riduzione anche per il periodo successivo al 2015 alla luce dell’unico indizio costituito dalla prolungata inerzia del locatore e non potendo considerare le ulteriori circostanze addotte in quanto dipendenti dalla condotta della conduttrice, avendo i locatori denunciato le somme effettivamente riscosse in misura inferiore e contribuito al pagamento della tassa di registro del contratto nella misura indicata dal locatore che vi ha materialmente provveduto. Ebbene, ritiene, al contrario, questo Collegio che il comportamento assunto dalla parte locatrice e protrattosi per ben sette anni costituisca manifestazione implicita di rinuncia al pagamento del canone integrale, così dovendosi ritenere modificate le condizioni contrattuali inizialmente pattuite.

È, infatti, noto che, seppure l’inerzia o il ritardo nell’esercizio del diritto non costituiscono elementi sufficienti, di per sè, a dedurne la volontà di rinunciare del titolare, potendo essere frutto di ignoranza, di temporaneo impedimento o di altra causa, tuttavia, ciò vale salvo che tale ritardo sia la conseguenza fattuale di una inequivoca rinuncia tacita o di una modifica della disciplina contrattuale, potendosi la volontà tacita di rinunziare ad un diritto desumersi da un comportamento concludente del titolare che riveli la univoca volontà di non avvalersi del diritto stesso (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5240 del 15/03/2004). Nel caso di specie, risulta che le parti avessero espressamente pattuito la riduzione del canone, seppure temporaneamente fino a febbraio 2015, per, poi, pacificamente continuare a porre in esecuzione tale variazione contrattuale, quand’anche scaduta.

Tale comportamento della parte locatrice non costituisce manifestazione di mera inerzia o ritardo nel far valere le proprie ragioni, essendo accompagnata da altri elementi indiziari.

Seppure è vero che il rilascio delle ricevute di pagamento dei canoni veniva probabilmente precompilata dal conduttore (le scritture sono sempre identiche nelle varie ricevute), significativo appare, invece, il fatto che la tassa di registro sia stata sempre pagata sulla base del canone ridotto.

Infatti, non assume rilevanza la circostanza che tale tassa fosse anticipata dal conduttore che poi la recuperava dai locatori, in quanto obbligati, per legge e per contratto, al pagamento dell’imposta di registro sono sia il locatore che il conduttore i quali ne rispondono in solido nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

Pertanto, l’avvenuto pagamento dunque, riconoscimento dell’importo della tassa di registro, calcolata sul canone ridotto costituisce ulteriore comportamento, anche da parte dei locatori, da cui desumere il tacito accordo per la proroga dell’accordo di riduzione oltre il termine inizialmente pattuito.

Peraltro, la stessa sentenza di primo grado (come già l’ordinanza di rigetto del rilascio) prende atto del fatto allegato da parte del conduttore dell’avvenuta denuncia da parte dei locatori nelle proprie dichiarazioni fiscali del reddito commisurato al canone ridotto;
si tratta, a quanto pare, di allegazione non contestata e, comunque, fatta propria dal giudice di primo grado, senza che sul punto sia stata mossa contestazione in questo grado, il che rende superflua la richiesta istruttoria avanzata in proposito dall’appellante.

Si tratta, dunque, di un’ulteriore circostanza significativa dell’accordo di variazione contrattuale, essendo noto che nelle dichiarazioni fiscali debbano essere dichiarati i canoni pattuiti in contratto, a prescindere dal loro incasso.

Pertanto, la pacifica accettazione, per ben sette anni, del canone ridotto, pur dopo la scadenza dell’accordo di variazione contrattuale nonché il calcolo su tale diverso importo delle tasse di registro, unitamente alle dichiarazioni fiscali rappresentano elementi univocamente significativi della rinuncia da parte dei locatori al maggiore importo del canone come inizialmente previsto e, dunque, dimostrano, per comportamento concludente, l’avvenuta modifica dell’iniziale contratto.

In assenza di morosità, pertanto, la domanda di risoluzione del contratto e di conseguente rilascio dell’immobile e di pagamento dei canoni scaduti va respinta, così dovendosi riformare la sentenza di primo grado.
Considerato l’esito del giudizio, le spese di entrambi i gradi del giudizio vanno poste a carico dell’appellato soccombente.

La Corte così provvede:
1) Accoglie l’appello e in riforma della decisione impugnata, rigetta la domanda di risoluzione del contratto e di rilascio dell’immobile;
2) Condanna parte appellata a rifondere all’appellante le spese del primo grado così come liquidate in sentenza, nonché le spese del presente grado che liquida in euro 4.000,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge.
Ancona, 11 aprile 2024 Il Consigliere est. Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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