N. R.G. 18708/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Prima Sezione Civile
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._4414_2024_- N._R.G._00018708_2021 DEL_01_08_2024 PUBBLICATA_IL_02_08_2024
nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 18708/2021 promossa da:
(P.I. , con il patrocinio dell’Avv. NOME COGNOME contro (C.F./P.I. , con il patrocinio dell’Avv. NOME COGNOME CONVENUTA OGGETTO:
contratti bancari
CONCLUSIONI
DELLE PARTI
Per l’attrice:
“Chiede che l’Ill.mo Tribunale adito, previa ogni più utile declaratoria del caso e di legge, ogni diversa e contraria istanza ed eccezione disattesa, anche in via istruttoria ed incidentale Voglia accertare e dichiarare:
a)la illegittimità della applicata prassi di capitalizzazione degli interessi a debito, prodotti sul conto corrente ordinario per esposizione propria e per effetto del “giroconto” di interessi provenienti dal conto d’ordine, sino alla data del 28 maggio 2001, per inefficacia e inapplicabilità della Delibera CICR 9/2/2000 ai rapporti de quibus;
b) con riferimento al conto corrente ordinario, la illegittimità della applicazione di un tasso di interesse debitore intra-fido superiore a quello legale sino al 31.12.1993 e dal 01.01.1994 a quello previsto dalla norma di cui all’art. 117 d.lgs. 385/93 dalla prima e sino all’ultima contabile disponibile e la illegittimità di un tasso di interesse debitore extra fido superiore a quello legale sino alla data al 31.12.1993 e dal 01.01.1994 sino al 28 maggio 2001 a quello previsto dalla norma di cui all’art. 117 d.lgs. 385/93; c) con riferimento al conto corrente accessorio, la illegittimità della applicazione di un tasso di interesse debitore superiore a quello legale sino al 31.12.1993 e dal 01.01.1994 a quello previsto dalla norma di cui all’art. 117 d.lgs. 385/93 dalla prima e sino all’ultima contabile disponibile;
d) la illegittimità dell’addebito di somme per CMS dalla prima all’ultima contabile disponibile e per spese di chiusura periodica dalla prima contabile disponibile sino al 28 maggio 2001;
e) il mancato riconoscimento degli interessi creditori, al tasso sostitutivo, sino alla pattuizione del 28 maggio 2001, che sarebbero maturati sul conto corrente ordinario qualora, al netto della epurazione degli indebiti, lo stesso fosse divenuto creditore o maggiormente creditore;
ed ad effetto di tutto quanto sopra, Voglia l’Ecc.mo adito Tribunale accertare e dichiarare che è stata illegittimamente addebitata sul conto corrente ordinario, anche per girocontazione da quelli d’ordine, per il periodo di cui è causa ed alla data della ultima contabile prodotta in giudizio la somma di € 49.349,61 (cfr.
doc. 3 CTU – file “Rettifiche b” – Colonna “COMPETENZE DA RETTIFICARE” (Eliminazione c.m.s. intero periodo.
Eliminazione anatocismo sino al I trimestre 2001.
Eliminazione spese non pattuite.
Applicazione tassi sostitutivi sino al I trimestre 2001, dal II trimestre 2001 solo a partite intra-fido.
Eliminazione effetto conto anticipi) come risultante dalla esperita istruttoria, conseguentemente condannando la convenuta a pagare alla attrice la medesima somma di € 49.349,61, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, a titolo di ripetizione in indebito.
In ogni caso con vittoria di spese e competenze oltre rimborso forfettario, Iva e CPA per il presente procedimento da liquidarsi in via di distrazione a favore del sottoscritto procuratore antistatario che dichiara di avere anticipato le spese e non riscosso diritti ed onorari”.
Per la convenuta:
“Disattese tutte le domande, eccezioni ed istanze avversarie, anche istruttorie- dichiari prescritte, ovvero inammissibili, le domande attoree e in ogni caso le respinga siccome infondate in fatto e diritto”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con atto di citazione del 30/09/2021 la (d’ora in avanti anche solo la ) conveniva in giudizio la (già (d’ora in avanti anche solo o “ ”), riferendo:
– di aver intrattenuto con la convenuta un rapporto contrattuale di conto corrente di corrispondenza, nr.
10/19218, con fido di cassa, nonché un ulteriore credito con lo strumento dell’anticipo fatture salvo buon fine, sino al 01.08.2008, data di estinzione;
– di aver formulato in data 19.07.2018 istanza ex art. 119 TUB per la consegna dei documenti contrattuali (contratto di apertura del c/c; contratto di apertura di credito in c/c e eventuali contratti di rinegoziazione), che la aveva riscontrato solo parzialmente;
– che, infatti, con comunicazione del 21.10.2019, la inoltrava il contratto di apertura del conto corrente 10/19218 ma informava che non esistevano né contratti di apertura credito in c/c né accordi di rinegoziazione);
– che, in ogni caso, diversamente da quanto aveva comunicato , il contratto inviato dalla stessa non era l’apertura del conto corrente bensì una richiesta -peraltro priva di data- di adesione al “Conto RAGIONE_SOCIALE”, evidentemente successiva all’apertura del conto;
– che, pertanto, era evidente che i rapporti contrattuali erano sorti ed erano stati intrattenuti in assenza di qualsivoglia pattuizione, con conseguente illegittimità delle condizioni praticate, sia per l’unilateralità di applicazione sia per palese violazione del TUB;
– che, nel dettaglio, sulla scorta della documentazione disponibile consistente negli estratti conto prodotti, veniva commissionata una verifica peritale che determinava e quantificava la presenza di addebiti illegittimi;
– che, in particolare, veniva riscontrata:
— l’illegittima applicazione del saggio degli interessi debitori, spese e commissioni varie;
— l’illegittima pratica di capitalizzazione periodica degli interessi, il tutto per un importo complessivo di addebiti illeciti pari ad 47.861,19 (di cui € 12.903,78 riferiti all’effetto anatocistico illecito, € 11.190,76 per interessi ultra-legali non pattuiti, € 19.593,74 per i maggiori interessi attivi che sarebbero maturati in conto se sullo stesso non fossero state applicate le pratiche illegittime, € 1.349,38 per spese fisse non pattuite, € 2.823,52 per CMS non pattuita), che la doveva restituire.
Formulava, pertanto, parte attrice domanda di condanna alla ripetizione di addebiti illegittimi.
La convenuta costituitasi con comparsa del 10.01.2022, contestava le domande attoree, rilevando:
– in via preliminare l’intervenuta prescrizione con riferimento alle rimesse accreditate sul conto corrente prima del 19.07.2008 (cioè i dieci anni a decorrere a ritroso dal primo atto interruttivo della prescrizione costituito dalla lettera del 19.07.2018), attesa la natura solutoria dei versamenti eseguiti;
– in subordine, che il conto corrente oggetto di causa recava, alla data del 30.06.2007, un saldo attivo, come si evinceva dagli estratti conto, dunque, avendo il correntista sanato in quella data tutte le sue posizioni debitorie, le rimesse non potevano che avere natura solutoria, con conseguente prescrizione dei pagamenti effettuati prima del 30.06.2007;
– ancora, che in data 25.07.2008 la aveva accreditato la somma di € 5.999,74, con un versamento che, avendo azzerato l’esposizione debitoria, aveva riconosciuto la correttezza di tutte le operazioni compiute dalla in data anteriore al 25.07.2008, dal che la prescrizione con riferimento alle rimesse anteriori a tale data;
– che parte attrice non aveva assolto al proprio onere probatorio e, avendo prodotto solo una parte degli estratti conto scalari, non aveva provato la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto;
– nel merito, la legittimità della capitalizzazione trimestrale con pari periodicità degli interessi per il periodo successivo al 09.02.2000, in ottemperanze delle disposizioni dettate in materia (CICR 09.02.2000);
mentre per il periodo precedente l’eccepita prescrizione rendeva infondata la domanda;
– che la pattuizione degli interessi ultra legali era stata stipulata per iscritto (contratto di conto RAGIONE_SOCIALE del 28.05.2001) ed era, pertanto, legittima;
mentre per il periodo precedente l’eccepita prescrizione rendeva infondata anche questa domanda;
– che le spese di chiusura trimestrale erano pienamente legittime ai sensi dell’art. 119 TUB, nonché oggetto di specifica pattuizione (contratto 28.05.2001);
– che la domanda di ripetizione delle CMS era inammissibile per assoluta indeterminatezza e genericità, non avendo parte attrice specificato l’ammontare delle singole poste attive addebitate a tale titolo e a quali trimestri si riferissero i relativi addebiti;
nonché infondata nel merito perché pattuita espressamente con il contratto del 28.05.2001 e prescritta per il periodo precedente;
– che, comunque, la CMS aveva un’autonoma giustificazione causale, costituita dalla funzione di remunerare la per compensarla “dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto”;
– che nessun interesse attivo era maturato a favore della avendo le poste passive, correttamente calcolate dalla determinato la situazione debitoria di cui agli estratti conto e che, comunque, il pagamento del 25.07.2008 per portare il conto a zero, escludeva l’esistenza di un credito a favore dell’attrice.
Concludeva, pertanto, la per il rigetto delle pretese attoree.
All’udienza del 22.02.2022, dato atto dell’avvenuto esperimento del tentativo di mediazione, venivano concessi, su richiesta delle parti, i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c..
Con ordinanza del 02.11.2022 veniva disposta CTU, all’esito della quale, ritenuta la causa matura per la decisione, veniva fissata udienza di precisazione delle conclusioni per il 10.01.2024;
la causa veniva poi trattenuta a decisione con concessione dei termini per le comparse conclusionali e le memorie di replica ex art. 190 c.p.c. 2) Le domande dell’attrice vanno parzialmente accolte.
2.1)
LA DOCUMENTAZIONE DI CAUSA
Parte attrice produce copia dell’estratto conto nr. 10/19218 a partire dal quarto trimestre 1986 e sino al 01.08.2008 (data di chiusura), nonché copia dell’estratto conto sbf nr. 10/19218 dal quarto trimestre 1986 sino al terzo trimestre 2007 (cfr. docc. 7-135).
Produce, altresì, copia dell’istanza ex art. 119 TUB, inviata il 19.07.2018, avente ad oggetto la richiesta di invio del contratto di apertura del conto corrente, dei contratti di apertura di credito in conto corrente e degli eventuali contratti di rinegoziazione dei rapporti contrattuali (cfr. doc. 1).
A fronte della doglianza attorea in ordine all’assenza di un accordo scritto (di cui, peraltro, fa istanza ex art. 119 TUB), la Banca è tenuta a dare prova dell’esistenza di una pattuizione scritta e l’obbligo della stessa di produrre il contratto di conto corrente e quello di apertura credito- nascendo dall’art. 117, comma 1, TUB, per cui in assenza di produzione del contatto di accensione del c/c o di altra rinegoziazione successiva munita di data, va ritenuta l’assenza delle pattuizioni contrattuali-, non rientra nei rigidi parametri del limite decennale di cui all’art. 119 TUB. Nella fattispecie in esame, dal riscontro a suo tempo pervenuto dalla Banca (lettera del 21.10.2019- cfr. doc. 3 attoreo) , nonché dalla documentazione che la stessa ha prodotto nel presente giudizio (cfr. doc. 5 comparsa di costituzione) emerge una pattuizione scritta a partire dal 28.05.2001, data di adesione al “Conto RAGIONE_SOCIALE”, pertanto, a partire da tale momento (e solo da tale momento) vanno ritenute sussistenti e regolarmente pattuite per iscritto (salvo quanto si dirà infra nel dettaglio di ogni singola pattuizione) le condizioni che regolano il rapporto contrattuale tra le parti in causa.
La doglianza attorea in ordine alla mancanza di data nel contratto RAGIONE_SOCIALE è infondata.
Invero, dal documento 5 della convenuta emerge chiaramente la richiesta di mantenere in essere il conto corrente nr.
10/19218 “d’ora in poi denominato RAGIONE_SOCIALE”;
richiesta sottoscritta e che alla pagina 2 indica espressamente la data del 28.05.2001, a cui seguono le condizioni contrattuali, anche esse regolarmente firmate dalla Il documento 4 prodotto dall’attrice e dal quale, secondo la stessa, emergerebbe l’assenza di data (cfr. pag. 3 prima memoria istruttoria di parziale, trattandosi della sola pagina1 della pattuizione scritta del 28.05.2001, prodotta completa dalla convenuta quale, appunto, documento 5.
Diverso è, invece, il discorso in ordine agli estratti conto.
Atteso, infatti, che il correntista che agisce in giudizio ha l’onere di produrre la documentazione posta a fondamento delle sue richieste (“il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto alla prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida causa debendi” – cfr. Cass. Civ. 07.08.2023, nr. 24032 che ha escluso l’applicabilità del principio di vicinanza della prova e, dunque, sancito l’impossibilità di porre a carico della l’onere della dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto azionato dal cliente) e che l’istanza formulata dalla con missiva del 19.07.2018 ha ad oggetto solo i contratti di apertura e non gli estratti conto (cfr. doc. 1 atto di citazione), le domande dell’attrice devono essere analizzate sulla base degli estratti conto prodotti dalla stessa e relativamente al solo periodo di cui agli estratti medesimi.
In giurisprudenza poi si è oramai consolidato il principio secondo il quale nei giudizi di accertamento promossi dal correntista, la rielaborazione del rapporto prende le mosse dal saldo – eventualmente anche debitore – risultante dal primo estratto resosi disponibile, incombendo sul correntista/attore l’onere di dimostrare che il saldo del rapporto risulti gravato da addebiti illegittimi, pertanto, non si applica il criterio del “saldo zero” (secondo il quale il saldo debitore riportato sul primo estratto conto versato in atti deve essere azzerato) ma si parte dal primo estratto conto, esattamente come è, prodotto dall’attrice/correntista. 2.2) LA PRESCRIZIONE In via preliminare parte convenuta lamenta l’intervenuta prescrizione della domanda di ripetizione di indebito formulata dall’attrice per il periodo ante 19.07.2008, tenuto conto del primo valido atto interruttivo del 19.07.2018 consistente nella istanza ex art. 119 TUB, contenente anche richiesta di ripetizione dell’indebito.
Al riguardo occorre fare rinvio alla decisione delle Sezioni Unite (Cass. Civ. SU nr. 24418/2010) che si sono pronunciate sulla prescrizione dell’indebito, operando una distinzione tra rimesse solutorie, in cui la prescrizione decorre dal momento del pagamento e rimesse ripristinatorie, per le quali la prescrizione decorre dal momento della chiusura del conto.
A seconda della natura della rimessa, quindi, muta il dies a quo della prescrizione.
L’azione del cliente, che evochi in giudizio l’istituto di credito per ottenere la ripetizione (ossia la restituzione) di quanto indebitamente pagato a titolo di interessi e spese, relativamente ad un contratto di apertura di credito regolato in conto corrente, è soggetta alla prescrizione decennale.
Come dianzi specificato, la prescrizione dei versamenti con funzione ripristinatoria della provvista decorre non già dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto.
Il pagamento, che può dar vita ad una pretesa restitutoria, è solo quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del cliente (solvens), con conseguente spostamento patrimoniale in favore della banca (accipiens).
Infatti, il diritto ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente corrisposto sorge dal momento in cui sia stato compiuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che secondo il cliente è indebito (ossia non dovuto).
Prima di quel momento, non è ipotizzabile alcun diritto alla restituzione.
Il versamento si considera alla stregua di un pagamento – suscettibile di essere restituito in quanto corrisposto indebitamente – solo allorché abbia lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca.
Questo accade quando si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista e quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’affidamento.
Viceversa, ciò non si verifica quando i versamenti in conto hanno natura ripristinatoria della provvista, poiché il passivo non ha superato il limite dell’affidamento concesso al cliente.
Al lume di quanto sopra, è, dunque, decisiva la distinzione tra versamento avente natura di pagamento (rimessa solutoria) e il versamento volto a integrare la provvista (rimessa ripristinatoria).
Infatti, ai fini dell’azione di ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.), solo le rimesse solutorie si considerano pagamenti e la prescrizione decorre dal momento in cui abbiano avuto luogo.
I versamenti ripristinatori, invece, “non soddisfano il creditore ma ampliano (o ripristinano) la facoltà d’indebitamento del correntista:
sicché, con riferimento ad essi, di pagamento potrà parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia percepito dal correntista il saldo finale, in cui siano compresi interessi non dovuti” (cfr. cit Cass. Civ. SU nr.
24418/2010).
Riassumendo, ricorre una rimessa solutoria se il versamento avviene su conto con un saldo oltre il limite del fido oppure su rapporto non affidato e una rimessa ripristinatoria, se il versamento avviene su un conto con saldo entro il limite del fido.
Quanto all’onere probatorio in ordine alla natura solutoria o ripristinatoria della rimessa, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 10955 del 2002, hanno chiarito che l’elemento costitutivo della prescrizione estintiva è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di detta inerzia, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, è come una quaestio iuris riguardante l’identificazione del diritto e del regime prescrizionale previsto dalla legge;
la riserva alla parte della possibilità di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare tale elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell’effetto.
Pertanto, in tema di onere di allegazione, in generale, e di onere di allegazione riferito all’eccezione di prescrizione, nei rapporti di conto corrente bancario, qualora sia stata eccepita dalla la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito richiesto dal correntista/attore, spetta a quest’ultimo provare l’esistenza di un versamento come mero ripristino della disponibilità accordata.
Fatta questa doverosa premessa e venendo ad esaminare il caso di specie, occorre rilevare che le rimesse solutorie sono da considerarsi prescritte per il periodo antecedente il 19.07.2008 (il primo valido atto interruttivo è, infatti, la missiva PEC del 19.07.2018) mentre quelle ripristinatorie non risultano prescritte atteso che il conto è stato chiuso in data 01.08.2008 (dies a quo del termine decennale) e l’atto interruttivo è la citata PEC del 19.07.2018.
Tenuto poi in considerazione che l’onere probatorio sulla natura della rimessa ricade sul correntista, la documentazione da prendere in considerazione a tal fine consiste negli estratti conto prodotti dall’attrice, sulla base dei quali è stata espletata nel presente giudizio una Consulenza Tecnica d’Ufficio, da non potersi considerare meramente esplorativa, come sollevato da parte convenuta nella propria memoria istruttoria nr. 3, ma necessaria al fine di comprendere da un punto di vista tecnico la natura delle rimesse indicate negli estratti conto attorei.
Considerato, ancora, che gli estratti conto in oggetto risalgono al 1986 e che, come ricordato dalla Corte di Cassazione con la sentenza nr. 5610 del 13.12.2019-28.02.2020, l’obbligo della forma scritta per i contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari è stato stabilito dalla L. n. 154 del 1992, art. 3, e prima della sua entrata in vigore il contratto di apertura di credito veniva considerato un contratto a forma libera, suscettibile di conclusione anche per fatti concludenti, per il periodo antecedente l’entrata in vigore della Legge dianzi citata, è stato chiesto al CTU di verificare, dalla documentazione in atti, la presenza anche di affidamenti di fatto.
Dunque, il CTU, correttamente condotta l’indagine sulla natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse attoree a partire dal primo estratto conto disponibile e sino al trimestre in cui si deve ritenere non più operante la prescrizione (decennio antecedente il 19.07.2018), ha rilevato rimesse solutorie oggetto di prescrizione, prospettando però diversi scenari, a seconda che si debba utilizzare il “saldo banca” o “il saldo rettificato”, con o senza sterilizzazione della CMS.
2.2.1)
Saldo banca e saldo rettificato Con la lunga ed articolata ordinanza nr. 7721 del 16 marzo 2023, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema di ripetizione e prescrizione di pagamenti indebiti nei rapporti bancari di conto corrente, in particolare, sulla tipologia di saldo contabile da utilizzare per la ricerca e l’individuazione delle rimesse solutorie:
se quello bancario, che offre una ricostruzione delle operazioni contabili come si sono susseguite nel tempo, oppure un “saldo rettificato”, epurato dalle annotazioni illegittime effettuate dall’istituto di credito.
Sulla scia di altri precedenti giurisprudenziali, la Corte di Cassazione, con la pronuncia sopra citata, ha confermato l’adesione al secondo orientamento, che questo Giudice condivide, sul presupposto che la natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse effettuate dal correntista va individuata non con valutazione ex ante, ma solo dopo aver eliminato dal saldo tutti gli addebiti illegittimamente effettuati dall’istituto di credito:
trattandosi, infatti, di addebiti che non avevano ragione di esistere, essi non devono essere tenuti in considerazione ai fini della natura solutoria o ripristinatoria della rimessa e, dunque, della sua prescrizione.
Il conto passivo extra-fido è pertanto solo quello che supera il limite del fido, epurato da tutte le competenze illegittime derivanti da nullità originarie.
Ciò dedotto, tra gli scenari illustrati dal CTU devono necessariamente essere presi in considerazione quelli con “saldo rettificato”.
2.2.2.)
La Commissione di Massimo Scoperto La commissione di massimo scoperto per essere valida deve essere determinata contrattualmente o, comunque, determinabile nel suo ammontare e nella modalità di computo.
Sul punto, richiamando le considerazioni svolte al sub capo 2.1, non può considerarsi legittimo l’addebito della CMS per il periodo anteriore al 28.05.2001, in assenza di espressa pattuizione per iscritto.
Con l’adesione al “RAGIONE_SOCIALE”, appunto del 28.05.2001, le parti hanno pattuito una commissione di massimo scoperto dello “0,75% trimestrale” (cfr. pag. 13 relazione tecnica d’ufficio”).
La clausola, così formulata, è da ritenersi illegittima, atteso che la stessa, per essere valida e non affetta da nullità per indeterminatezza dell’oggetto, non solo deve essere pattuita e indicata nel contratto ma deve anche esplicitare i criteri e le modalità di calcolo della stessa.
Nel caso di specie, la pattuizione della CMS allo 0,75% trimestrale è nulla perché indica semplicemente la misura percentuale, senza specificare su quale importo base deve essere applicata, così da impedire al correntista di sapere quando e come sorgerà l’obbligo di dover corrispondere la suddetta commissione alla Ne consegue che la c.m.s.
deve essere espunta dai ricalcoli per l’intero periodo di indagine e, quindi, anche dopo il 28.05.2001.
Ciò premesso, ritornando all’eccezione di prescrizione, dalle risultanze della CTU è emerso che per lo scenario del “saldo rettificato”, prospettazione b (c.m.s. espunta per l’intero periodo), “le rimesse solutorie – tempo per tempo manifestatesi- sono capienti rispetto alle competenze addebitate sino al 31.03.2007 compreso;
giacché (…) il perimetro di indagine decorre dal II trimestre 2007” (cfr. pag. 22 CTU).
Le rimesse precedenti al 01.04.2007 compreso risultano, dunque, coperti da prescrizione.
2.3)
GLI INTERESSI ULTRA LEGALI
Affinché una convenzione relativa agli interessi ultra-legali sia validamente stipulata, deve avere forma scritta e contenere l’indicazione della percentuale del tasso di interesse in ragione di un periodo predeterminato, ai sensi dell’art. 1284, comma 3, c.c..
In difetto di pattuizione gli interessi vanno applicati al saggio legale sino al 31.12.1993 e al tasso sostitutivo ex art. 117 TUB dal 01.01.1994, data di entrata in vigore della norma testé citata.
Sulla scorta di tali principi e tenuto conto che la prima pattuizione scritta è del 28.05.2001 (TAN 0,12% e TEF 0,12005% per il tasso creditore;
TAN 14,25% e TEF 15,02% per il tasso debitore per scoperto di conto e di mora) il CTU ha applicato i tassi di interesse debitori (extra-fido) pattuiti a partire dal 28 maggio 2001, tenendo correttamente conto delle successive variazioni in forza della specifica approvazione ex art. 1341 c.c. – ab origine – della clausola dello “ius variandi”.
Quanto alle partite intra-fido, per le quali non è stato pattuito nemmeno con il Conto RAGIONE_SOCIALE un tasso ultra-legale, nonché per il periodo antecedente la pattuizione del saggio di interesse extra-fido, sono stati applicati i seguenti tassi sostitutivi:
“tasso legale sino al IV trimestre 1993;
tassi ex art. 117 t.u.b. dal I trimestre 1994”.
Correttamente il CTU ha conteggiato anche gli interessi creditori al tasso sostitutivo (legale sino al 1993, ex art. 117 TUB dal 01.01.1994), sino alla pattuizione scritta del 28 maggio 2001;
così anche per le anticipazioni su portafoglio s.b.f. , (tasso legale sino al IV trimestre 1993 e, dal I trimestre 1994, il tasso di cui all’art. 117 t.u.b., in assenza della relativa pattuizione) (cfr. pagg. 14 e 15).
2.4)
GLI INTERESSI ANATOCISTICI In materia di anatocismo, tenuto conto del periodo di indagine oggetto di causa, risulta fondamentale ripercorrere l’iter normativo e giurisprudenziale, di seguito, riassunto.
L’art. 1283 c.c. pone un divieto generale di anatocismo (cioè applicazione degli interessi sugli interessi), salvi casi marginali.
Ad un certo punto sono state apportate deroghe a tale divieto:
• Modifica dell’art. 120 TUB-d.lgs. 385/93 ad opera dell’art. 25 d.lgs. 342/1999:
1. La rubrica dell’articolo 120 TUB è sostituita dalla seguente: “Decorrenza delle valute e modalità di calcolo degli interessi”.
Dopo il comma 1 dell’articolo 120 TUB è aggiunto il seguente:
“2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori”.
3.
Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità e i tempi dell’adeguamento.
In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l’inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente”;
• Delibera Cicr 9/2/2000: Art. 6:
I contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l’entrata in vigore della presente delibera indicano la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato.
Nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione.
Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto”;
art. 7:
“1. Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1° luglio.
2. Qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, possono provvedere all’adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla pima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000.3.
Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”;
• La Corte Cost.: con la sentenza 17/10/2000 n. 425 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, co. 3, d.lgs. 342/1999, specificando, nella motivazione, che è illegittima la ivi prevista disciplina retroattiva validante (che rende «valide ed efficaci», sino alla data di entrata in vigore della deliberazione del CICR, tutte indistintamente le clausole anatocistiche previste nei contratti bancari già prima della legge delegata 19/10/1999 o comunque stipulate anteriormente all’entrata in vigore della suddetta deliberazione -22 aprile 2000-);
con sentenza 341/2007, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342 (previsione della capitalizzazione trimestrale con pari periodicità).
art. 120, co. 2, TUB-d.lgs. 385/93- come modificato dall’art. 4, co. 2, d.lgs. 141/2010 e modificato da art. 3 d.lgs. 218/2010:
“Il Cicr stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientele la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori”.
Art. 120, co. 2, TUB, come modificato ad opera dell’art. 1, co. 629, l. 27/12/2013 n. 147:
“Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”;
Art. 120, co. 2, TUB come modificato dall’art. 17 bis del d.l. 14/2/2016 n. 18 conv. nella l. 8/4/2016 n. 49, e Delibera Cicr 3/8/2016:
“Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che (…) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.
In definitiva:
nel periodo anteriore al 30/6/2000 va accertato se si sia verificato l’anatocismo e in caso positivo lo stesso va espunto (considerata la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 25, co. 3, d.lgs. 342/1999, che prevedeva la validità delle clausole anatocistiche contenute nei contratti anteriori all’entrata in vigore della delibera Cicr 9/2/2000);
nel periodo successivo al 30/6/2000 va controllato se siano seguiti i criteri della Delibera Cicr 9/2/2000 (sono sufficienti, per l’applicazione di essa, la mera pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e l’indicazione negli e/c solo se si tratta di modifica non peggiorativa rispetto alle clausole contrattuali antecedenti);
in tale caso, cioè per il periodo in cui la capitalizzazione degli interessi è ammessa a patto della prevista pari periodicità tra interessi attivi e passivi, si nota che non rileva la notevole diversità fra il tasso attivo ed il tasso passivo, posto che la normativa non prevede quale requisito di liceità della clausola un valore corrispondente dei tassi di interesse;
per il periodo a partire dall’1/1/2014 la capitalizzazione trimestrale è vietata, tranne che sia stata specificamente pattuita con il cliente (secondo quanto sotto argomentato) ma non interessa nella fattispecie in esame, atteso che il periodo di indagine termina al 01.08.2008.
Per quanto riguarda proprio il periodo successivo all’entrata in vigore della Delibera Cicr 9/2/2000, si osserva:
-che la mera pubblicazione sulla GU dell’adeguamento delle clausole anatocistiche al nuovo regime previsto dalla citata Delibera Cicr non è sufficiente laddove tale adeguamento comporti un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate ed è allora necessario che la capitalizzazione disciplinata dalla Delibera Cicr (capitalizzazione trimestrale con pari periodicità) sia specificamente approvata dal cliente della banca (art. 7 Delibera Cicr 9/2/2000, co. 2 e 3);
-che l’intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della previsione dell’art. 25, co.
3 d.lgs. 342/1999 (laddove esso prevede la validità delle clausole anatocistiche anteriori all’entrata in vigore della Delibera Cicr- prevedenti una capitalizzazione annuale senza reciprocità-), illegittimità con effetti retroattivi, ha comportato la nullità di dette clausole, per cui nei contratti stipulati anteriormente all’entrata in vigore della Delibera Cicr citata non era applicabile l’anatocismo e la reintroduzione nello stesso, sia pure nei limiti di cui alla citata Delibera Cicr, ha comportato un peggioramento delle condizioni contrattuali; -che, pertanto, la dichiarazione di illegittimità costituzionale intervenuta nell’ottobre 2000 ha fatto scattare l’obbligo della Banca, previsto dal comma 3 dell’art. 7 della Delibera Cicr 9/2/2000, di richiedere il consenso scritto (art. 6 della citata Delibera) del correntista per poter applicare la capitalizzazione trimestrale prevista dalla delibera.
Nel presente caso, sulla scorta dei principi sopra riportati, il CTU ha correttamente espunto l’effetto anatocistico sino al primo trimestre 2001 (variazione rilevante avendo preso in considerazione il saldo rettificato ai fini della prescrizione), in assenza della specifica approvazione, da parte del correntista, della clausola di reciprocità nella capitalizzazione dare-avere
(cfr. pag. 15 relazione tecnica).
Quanto al conto tecnico collegato, il CTU ha evidenziato l’assenza di effetto anatocistico “giacché gli interessi sono periodicamente girocontati sul conto corrente principale di riferimento” (cfr. pag. 15 CTU).
2.5) LE CMS E LE ALTRE SPESE
Sul punto, in ordine alla CMS del conto principale si rinvia a quanto argomentato al sub capo 2.2.2;
per il conto anticipi s.b.f.
il consulente tecnico non ha riscontrato l’applicazione di tale commissione.
Quanto alle altre spese transitate negli estratti conto scalari (in particolare parte attrice ha lamentato l’illegittimità delle spese di chiusura), esse, come rilevato dal CTU, risultano conteggiate come da pattuizione scritta del 28.05.2001:
“commissione annua lire 300.000; comprensiva di costo per operazioni, produzione estratto conto, comunicazioni di legge, spese fisse di chiusura, costo assegni, domiciliazione, ritiro effetti” (cfr. pagg. 13 e 17 della relazione).
2.6) LA RIDETERMINAZIONE DEL SALDO DARE-AVERE
Seguendo i principi sopra riportati il CTU ha concluso per un saldo ricalcolato a favore del correntista pari ad € 1.697,50:
la prescrizione – che coinvolge gli addebiti sino al 31.03.2007- è stata calcolata tenendo conto del saldo rettificato ed eliminando la CMS per l’intero periodo di indagine;
sono stati applicati i tassi sostitutivi a partite intra fido e vi è stata eliminazione dell’effetto conto anticipi e spese, secondo quanto sopra ampiamente argomentato.
Pertanto, la domanda di ripetizione formulata da parte attrice andrà accolta nella minor somma di € 1.697,50.
Competono, altresì, sul presupposto che il giudice è tenuto ad individuare la disciplina degli interessi concretamente applicabile alla fattispecie, in quanto compresi ex lege nel titolo restitutorio (si veda tra le tante Cass. Civ., III Sez., 12/11/2021 nr.
34011), gli interessi nella misura legale dal 19.07.2018 (data di diffida – doc. 1 citazione) e in misura moratoria, ex art. 1284, comma 4, c.c., dalla domanda giudiziale (30.09.2021- data di notifica dell’atto di citazione).
L’art. 1284, comma 4, c.c. ha, infatti, inteso estendere l’applicazione della disciplina speciale prevista per gli interessi nei ritardi di pagamento relativi alle transazioni commerciali (D.lgs. 09/10/2002, n. 231) a ogni obbligazione pecuniaria, ma a partire dal momento in cui sia stata proposta la relativa domanda giudiziale.
Tenuto conto della notevole differenza tra la somma richiesta in ripetizione (€ 49.349,61 come da precisazione delle conclusioni) e quella effettivamente accertata in causa (€ 1.697,50) le spese processuali (ivi comprese le spese di CTU) vengono compensate per 2/3.
Il restante 1/3 segue il criterio della soccombenza e viene liquidato come da dispositivo, sulla base dei valori medi dello scaglione di riferimento, tenuto conto del criterio del decisum (e non del disputatum).
Il criterio del decisum (contenuto effettivo della decisione assunta) è quello prescelto nei giudizi di pagamento della prestazione oggetto di obbligazioni pecuniarie, al fine di fronteggiare il rischio di una quantificazione iniziale ingiustificata dell’importo preteso ed una lievitazione delle spese di lite.
In caso di accoglimento anche parziale della domanda, pertanto, si guarda alla somma liquidata (cfr. Cass. n. 16440/2017;
Cass. n. 536/2011; Cass., Sez. Un. , n. 19014/2007).
Definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti;
ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa o respinta;
-Dichiara
prescritte le domande della parte attrice con riferimento al conto corrente ordinario n. 1019218 e al conto anticipi s.b.f. n. 1019218 sino al I trimestre 2007 compreso;
-Ricalcola il saldo del conto corrente ordinario n. 1019218 e del conto anticipi s.b.f. n. 1019218, intercorrente tra le parti, accertando un saldo a favore della di € 1.697,50 e, per l’effetto, condanna a corrispondere all’attrice la somma di € 1.697,50, oltre interessi nella misura legale dal 19.07.2018 (data di invio della richiesta stragiudiziale di ripetizione) e nella misura ex art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda giudiziale (30.09.2021- data di notifica dell’atto di citazione) al saldo;
– Compensa nella misura di 2/3 le spese del presente giudizio;
– Condanna in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere alla il restante 1/3 delle spese del presente giudizio;
1/3 che liquida nella complessiva somma di € 852,00 (di cui € 142,00 per fase di studio, € 142,00 per fase introduttiva, € 284,00 per fase istruttoria ed € 284,00 per fase decisoria), oltre IVA e CPA come per legge e rimborso forfettario 15%, oltre 1/3 del CU e delle anticipazioni forfettarie versate all’atto di iscrizione a ruolo, da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME procuratore antistatario.
-Pone definitivamente le spese di CTU, come liquidate con provvedimento del giudice del 29.05.2023, a carico di entrambe le parti (per metà a carico della parte attrice e per metà a carico della parte convenuta) nella misura di 2/3;
mentre pone il restante 1/3 a carico di Così deciso dal G.I. in funzione di Giudice unico in data 1/8/2024 Il Giudice Dr.ssa NOME COGNOME redatta con l’assistenza della tirocinante GOP Dr.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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