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Codice Penale

Risarcimento danni da decesso per emotrasfusione infetta

La sentenza affronta il tema della responsabilità del Ministero della Salute per i danni conseguenti a trasfusioni di sangue infetto. Il Tribunale ha affermato che sussiste la responsabilità del Ministero per omesso controllo e vigilanza in materia di emoderivati, anche in assenza di una specifica evidenza scientifica del virus al momento del contagio. La responsabilità sussiste a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B, in quanto i virus trasmessi tramite sangue infetto sono da considerarsi forme di manifestazione patogene dello stesso evento lesivo. Il riconoscimento dell’indennizzo ex lege 210/1992 costituisce un forte indice presuntivo del nesso causale tra la trasfusione e l’infezione. Il danno da perdita parentale è stato liquidato in favore dei familiari della vittima, tenendo conto delle Tabelle di Milano.

Pubblicato il 10 September 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 5597/2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di PERUGIA Seconda Sezione Civile

Il Tribunale di Perugia, Seconda Sezione Civile, in persona del Giudice dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

Sentenza N._1186_2024_- N._R.G._00005597_2017 DEL_02_09_2024 PUBBLICATA_IL_03_09_2024

nella causa civile iscritta al n. 5597 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2017, avente ad oggetto “azione di risarcimento danni derivanti da morte” Tra (C.F. , nato a , nonché quest’ultimo e , quali esercenti la responsabilità genitoriale sul minore (C.F. , nato a , (C.F. , nata a , nonché quest’ultima e , nato a , quali esercenti la responsabilità genitoriale sui minori (C.F. ), nato a , e (C.F. ), nato a , tutti rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Perugia, INDIRIZZO come da procura rilasciata in calce all’atto di citazione Attori C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. (C.F. ), in persona del rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, presso i cui uffici in INDIRIZZO è domiciliato ex lege Convenuto

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

nonché , in qualità di esercenti la responsabilità sul minore quali esercenti la responsabilità genitoriale sui minori rispettivamente quali coniuge, figli e nipoti di hanno convenuto in giudizio il per sentirlo condannare al risarcimento del danno subito iure proprio in conseguenza del decesso di A fondamento della domanda, hanno dedotto che, in data 13/09/1975, era stata ricoverata presso l’Ospedale “RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO” di , ove veniva sottoposta a trasfusioni di sangue proveniente da soggetto portatore di HCV, in seguito alle quali contraeva a sua volta l’epatite C, come accertato dalla Commissione medica ospedaliera con verbale n. 634 del 07/08/2003, con cui le veniva riconosciuto il diritto all’indennizzo previsto dalla L. n. 210/1992.

Hanno poi rappresentato che, nel corso degli anni, la salute di si aggravava sempre di più, sinché, il 15/01/2013, a seguito di un periodo di degenza presso l’Ospedale di Città della Pieve, si verificava il suo decesso all’età di 66 anni per sindrome epatorenale, con cirrosi epatica HCV correlata.

Gli attori hanno quindi affermato che a causa del mancato o tardivo adempimento da parte del degli obblighi di controllo e vigilanza in materia di raccolta, preparazione, conservazione e distribuzione del sangue umano per uso trasfusionale, hanno subito danni non patrimoniali per la morte di di cui hanno chiesto il ristoro.

Si è costituito tempestivamente il , il quale ha, innanzitutto, eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, assumendo la decorrenza del termine al momento della presentazione della domanda ex L. 210/1992 da parte di nonché l’intervenuto giudicato sulla domanda proposta, avendo già adito il Tribunale di Perugia per ottenere la condanna del convenuto al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del contagio da epatite C e rappresentando come, a seguito dell’interruzione del processo per l’intervenuto decesso dell’attrice, questo Tribunale aveva rigettato la domanda riassunta iure hereditatis per prescrizione del diritto al risarcimento del danno. ha inoltre eccepito il proprio difetto di “legittimazione passiva”, assumendo di aver ottemperato agli obblighi sul medesimo gravante e dovendosi semmai ritenere responsabile l’Ospedale “RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO” di , ove veniva effettuata la trasfusione asseritamente infetta.

Ad avviso del , inoltre, difetterebbero comunque i presupposti della responsabilità ex art. 2043 c.c., atteso che il preteso contagio è avvenuto nel febbraio 1975, ben prima della scoperta della patologia da epatite b, intervenuta solo nel 1978 e, in ogni caso, non vi sarebbe prova del nesso causale tra le trasfusioni e la contrazione del virus e tra il preteso contagio e il decesso.

Ha altresì ritenuto sussistenti cause di giustificazione, quali il consenso dell’avente diritto, l’esercizio di attività medico-chirurgica e lo stato di necessità, tali da escludere l’antigiuridicità del fatto.

Il Ministero della Salute ha poi sostenuto il difetto di “legittimazione attiva” di in quanto nato successivamente al decesso e ha negato la dedotta assistenza quotidiana del nipote da parte della de cuius.

Infine, ha eccepito la non cumulabilità del risarcimento del danno domandato con gli indennizzi richiesti e percepiti dalla de cuius e dagli attori in proprio.

Ha pertanto concluso per il rigetto della domanda attorea.

Scambiate le memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., la causa è stata istruita documentalmente e a mezzo C.T.U. medico-legale, mentre non è stata espletata la prova per testi, avendo il precedente giudice istruttore dichiarato la decadenza dalla prova all’udienza del 30/06/2020.

Il precedente giudice istruttore ha anche ordinato ex art. 210 c.p.c. la produzione in giudizio della cartella clinica relativa al ricovero del 1972 di e quella relativa alla domanda ex l. n. 201/1992 presentata, comprensiva della documentazione medica allegata.

Il fascicolo cartaceo relativo ai documenti in possesso della C.M.O. di Perugia, comprensivo di parte della documentazione relativa alla cartella clinica del 1972, è stato acquisito dal C.T.U. durante le operazioni peritali.

Mutata la persona del Giudice istruttore, dopo una serie di rinvii per il carico del ruolo, all’udienza del 23/01/2024, le parti hanno precisato le conclusioni come segue:

– gli attori, come da note di trattazione scritta depositate il 05/01/2022, come già rassegnate con la memoria ex art. 183, VI n. 1) c.p.c., ossia “Voglia l’Ill.mo Tribunale di Perugia, rigettata ogni avversa istanza, eccezione e domanda, previe le necessarie pronunce e declaratorie e per le causali di cui alla parte espositiva, in accoglimento delle domande attoree :

1) accertare e dichiarare per le causali di cui alla parte espositiva il diritto degli attori al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti da ciascuno di essi per la perdita della congiunta 2) accertare e dichiarare la responsabilità del per il danno per la morte di , per le ragioni tutte indicate alla parte espositiva e per l’effetto condannare l’amministrazione convenuta al risarcimento dei danni tutti subiti e subendi dagli attori, nella somma per ciascuno di essi accertata in corso di causa e/o ritenuta di giustizia; ovvero in subordine della somma che sarà determinata con metro equitativo;
il tutto con svalutazione monetaria ed interessi a far data dalla domanda.
3) condannare l’amministrazione convenuta alla refusione di spese e compensi di lite”;

– il , richiamate le note di trattazione scritta depositate il 29/12/2021, come da comparsa di costituzione e risposta, ossia:

“Il comparente conclude affinché l’On. Tribunale adito voglia preliminarmente dichiarare il difetto di legittimazione passiva del comparente e, per l’effetto, respingere la domanda;
nel merito, accertata anche la prescrizione del diritto e l’intervenuto giudicato, nonché il difetto di legittimazione attiva di , Voglia rigettare tutte le domande ex adverso proposte in quanto inammissibili e infondate.
Con vittoria di spese, anche generali”;

in via istruttoria, ha concluso come da memoria ex art. 183, comma 6 n. 2 c.p.c. Il Giudice ha concesso i termini di cui all’art. 190 c.p.c. Le parti hanno depositato le comparse conclusionali e le memorie di replica.
*****

1. Innanzitutto, va respinta l’eccezione di prescrizione formulata dal Nel presente giudizio, gli attori hanno agito, quali prossimi congiunti di per il risarcimento del danno dai medesimi sofferto iure proprio per perdita parentale in conseguenza del decesso della dovuto a complicazioni correlate alla contrazione dell’epatite C a seguito di trasfusione di sangue infetto, avvenuta nel 1975.
Il termine di prescrizione, trattandosi di danno derivante da omicidio colposo (cfr. ex plurimis, Cass. n. 20882/18), ai sensi dell’art. 2947 comma 3 c.c., corrisponde al termine di prescrizione del reato di omicidio colposo.

Tenuto, quindi, conto del disposto dell’art. 589 comma 1 c.p. e dell’art. 157 c.p. nella formulazione vigente alla data del fatto lesivo, il termine di prescrizione del reato di omicidio colposo, decorrente dalla data del fatto, è di sei anni.

Sei anni è, pertanto, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

Tale termine inizia a decorrere dalla data in cui il soggetto ha acquisito piena conoscenza dell’esistenza e gravità del danno, nonché della sua riconducibilità eziologica alla trasfusione che, nel caso di morte, non può che essere successiva al decesso, atteso che, facendo il congiunto valere iure proprio il danno da perdita del rapporto parentale, è ovvio che non può essere esercitato prima della perdita del congiunto.

Sul punto, si richiama l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “in tema di responsabilità del per i danni da emotrasfusione infetta, in caso di decesso del soggetto emotrasfuso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni iure proprio, patiti dai congiunti, decorre dal giorno in cui il decesso venga percepito – o possa essere percepito usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, dovendo farsi riferimento non al momento della verificazione materiale dell’evento di danno, bensì al momento della conoscibilità del danno inteso nella sua dimensione giuridica” (cfr. Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 34570 del 11/12/2023, Rv. 669516).

Il dies a quo, quindi, è stato individuato nel momento in cui, verificatosi il fatto lesivo ovvero il decesso del congiunto, quell’evento è stato percepito come ingiusto in quanto correlato al comportamento del Nel caso in esame, stante la conoscenza da parte dei congiunti della patologia di cui era affetta la della percezione da parte della stessa dell’indennizzo di cui alla legge 25 febbraio 1992 n. 210 e delle cause della morte consistenti proprio nella sindrome epatorenale correlata alla cirrosi epatica, il dies a quo deve farsi decorrere dal decesso della avvenuto in data 15/01/2013. Ne discende che la domanda risarcitoria proposta nel 2017 non può dirsi prescritta.

2.
Il convenuto eccepisce anche il giudicato sulla domanda di risarcimento del danno proposta, assumendo che vi sarebbe identità soggettiva e di causa petendi con il giudizio instaurato innanzi al Tribunale di Perugia e concluso con sentenza n. 877 del 2015 di rigetto della domanda.

L’eccezione è infondata.

Non vi è identità di causa petendi tra i due giudizi.

Nel giudizio concluso con sentenza n. 877/2015, hanno riassunto il giudizio instaurato da fine di sentir condannare il al risarcimento del danno subito iure hereditatis dalla vittima dell’emotrasfusione infetta.

Nel presente giudizio, invece, i richiamati attori, unitamente a quali esercenti la responsabilità genitoriale sui minori hanno agito per ottenere il risarcimento del danno iure proprio da perdita parentale in conseguenza del decesso della per complicazioni dovute alla contrazione del virus da epatite C trasmesso mediante trasfusione con sangue infetto.

3.
Tanto premesso e passando al merito, la domanda di risarcimento del danno da perdita parentale è fondata.

3.1.
Sussiste, infatti, la responsabilità del per l’omesso adempimento degli obblighi di controllo e vigilanza in ordine alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell’uso degli emoderivati.
risponde, infatti, ex art. 2043 c.c., dei danni conseguenti a epatite e a infezione da HIV contratte da soggetti emotrasfusi.

Ciò in quanto sussistono specifici obblighi in capo al per la prevenzione, programmazione, vigilanza e controllo in materia di emoderivati, dovendosi indicare in particolare:

– l’art. 1 L. n. 296 del 1958, che attribuisce al il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica, di sovrintendere ai servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e dagli enti pubblici, provvedendo anche al relativo coordinamento, nonché ad emanare, per la tutela della salute pubblica, istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari;

– l’art. 1 L. n. 592 del 1967, che attribuisce al Ministero le direttive tecniche per l’organizzazione, il funzionamento ed il coordinamento dei servizi inerenti la raccolta, la preparazione, la conservazione, la distribuzione del sangue umano per uso trasfusionale, nonché la preparazione dei suoi derivati, e per l’esercizio della relativa vigilanza;

– l’art. 20 L. n. 592 del 1967, che attribuisce al Ministero il compito di proporre l’emanazione di norme relative all’organizzazione, al funzionamento dei servizi trasfusionali, alla raccolta, alla conservazione e all’impiego dei derivati, alla determinazione dei requisiti e dei controlli cui debbono essere sottoposti;

– l’art. 21 L. n. 592 del 1967, che attribuisce al il compito di autorizzare l’importazione e l’esportazione di sangue umano e dei suoi derivati per uso terapeutico;

– l’art. 22 L. n. 592 del 1967, che attribuisce al il potere di autorizzare l’autorità sanitaria a disporre la chiusura del centro, del laboratorio o dell’officina autorizzati;

– il D.P.R. n. 1256 del 1971 (recante regolamento di attuazione della L. n. 592/1967), contenente norme concernenti i poteri di controllo e vigilanza in materia del , e contenente (art. 44) l’obbligo di controllare se il donatore di sangue fosse affetto da epatite virale, vietando in tal caso la trasfusione;

– il D.M. Sanità 7 febbraio 1972, contenente norme regolanti l’attività del Centro nazionale per la trasfusione del sangue, nonché la previsione che il Ministero della sanità sia costantemente informato delle attività del Centro;

– il D.M. Sanità 15 settembre 1972, disciplinante l’importazione e l’esportazione del sangue e dei suoi derivati, contemplante l’autorizzazione ministeriale (almeno nel caso di provenienza da Paesi nei quali non vi sia una normativa idonea a garantire la sussistenza dei requisiti minimi di sicurezza) agli ospedali ed ai centri gestori per la produzione di emoderivati ed alle officine farmaceutiche che siano risultati idonei ad eseguire i controlli sui prodotti importati, previo accertamento dell’ di sanità; – la L. n. 519 del 1973, attribuente all’ compiti attivi a tutela della salute pubblica.

Il complesso normativo richiamato, quindi, fonda la responsabilità del per omessa vigilanza e controllo in materia di emoderivati.

Non solo.

Anche la giurisprudenza ha, da tempo, dato conto come fosse ben noto già agli inizi degli anni 60’ e 70’ il rischio di trasmissione di epatite virale e la sussistenza, già all’epoca, di obblighi normativi relativi ai controlli volti ad impedire la trasmissione di malattie mediante sangue infetto.

Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, sin dalla metà degli anni 60’ erano esclusi dalla possibilità di donare il sangue coloro i cui valori delle transaminasi e delle GPT – indicatori di funzionalità epatica – fossero alterati rispetto ai limiti prescritti (cfr. Cass. Civ. 20/04/2010 n. 9315).

Lo stesso , ben a conoscenza del fenomeno, ha, con circolari n. 1188 del 30/06/1971, 17/02/1972 e 15/09/1972, disposto la ricerca sistematica dell’antigene Australia (antigene che si trova sul rivestimento esterno del virus epatite B e, con circolare n. 68 del 1978, ha poi reso obbligatoria la ricerca della presenza del virus dell’epatite B in ogni singolo campione di sangue e plasma.
, dunque, anche prima dell’entrata in vigore della legge 4 maggio 1990 n. 107, contenente la disciplina per le attività trasfusionali e la produzione di emoderivati, sulla base della Legislazione vigente in materia, era tenuto ad attività di controllo, direttive e di vigilanza in materia di sangue umano.

L’omissione delle attività funzionali alla realizzazione dello scopo per il quale l’ordinamento gli attribuisce il potere espone il responsabilità extracontrattuale allorquando, come nel caso di specie, dalla violazione del vincolo costituito dal dovere di vigilanza nell’interesse pubblico derivi la violazione di interessi giuridicamente rilevanti dei cittadini-utenti (cfr. Cass. Civ., S.U. 11/01/2008 n. 576).

Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite, il risponde anche del contagio degli altri virus già a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B, trattandosi non già di eventi autonomi e diversi ma solamente di forme di manifestazione patogene dello stesso evento lesivo dell’integrità fisica da virus veicolati dal sangue infetto (Cass. Civ., S.U. 11/01/2008 n. 576).

Merita di essere evidenziato comunque che, con l’affermazione di siffatto principio, la giurisprudenza di legittimità non hanno voluto limitare la rilevanza del fenomeno e la relativa responsabilità alla data di conoscenza dell’epatite B, come sostiene parte convenuta.

Questa tesi era stata fatta propria da un precedente della Corte di Cassazione, ovvero la sentenza 31/05/2005 n. 11609, che aveva affermato che, fino a quando non sono stati conosciuti dalla scienza medica i virus della HBV HIV e HCV, rispettivamente nel 1978, 1985 e 1988, non può dirsi sussistente il nesso causale tra la condotta omissiva del e l’evento contagio, argomentando che, in tema di illecito aquiliano colposo mediante omissione all’interno della serie causale può darsi rilievo solo a quello che al momento in cui si verifica l’omissione appaia non del tutto inverosimile, con la conseguenza che deve escludersi la colpa del per non essere questi in grado di conoscere la capacità infettiva di detti virus prima ancora della comunità scientifica. Detta impostazione è stata, però, superata proprio dall’intervento nomofilattico del 2008, con il quale la Corte di Cassazione ha evidenziato come si tratti di un “rischio antico quanto la necessità delle trasfusioni”, legittimando la conclusione che il non può non ritenersi tenuto a controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni o per gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione alle transaminasi (vedi, in questi termini, Cass. Civ. n. 18520 del 2018).

Ed infatti, con successiva pronuncia n. 20765 del 2009 la Cassazione, ripercorrendo le argomentazioni delle Sezioni Unite, ha evidenziato come già dai primi anni ’ 70 era nota la contrazione dell’epatite B in conseguenza dell’assunzione di sangue infetto e che, quindi, già a partire dalla data di rilevazione diagnostica dell’epatite B, e non più dalla data di identificazione dei singoli virus della HBV, HIV ed HCV, e, cioè, rispettivamente da 1978, 1985 e 1988, sussiste la responsabilità del per aver omesso di dirigere, autorizzare e sorvegliare sulla circolazione del sangue e degli emoderivati, tanto più in un periodo in cui l’approvvigionamento proveniva anche dall’estero, rendendo in tal modo possibile la diffusione del contagio virale, a prescindere dal tipo di infezione contratta. A tale stregua, la trasmissione del virus resa possibile dalla condotta colposa di chi tale evenienza era chiamata ad impedire comporta di dover causalmente ricondurre al medesimo la malattia che da quel virus si sviluppi, anche in conseguenza della relativa evoluzione o mutazione, costituendo tale evento integrazione del rischio specifico che la regola violata tendeva ad evitare (vedi, in questi termini, Cass. Civ. n. 18520 del 2018).

È, quindi, infondata la tesi sostenuta dal secondo cui si dovrebbe escludere la propria responsabilità in quanto al momento del contagio non risulta evidenza scientifica del virus da epatite C, tenuto conto – come detto – che, trattandosi di forme di manifestazione patogene dello stesso evento lesivo dell’integrità fisica da virus veicolati da sangue infetto, il risponde del contagio dell’epatite C già a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B e, comunque, già dagli anni sessanta era conosciuto il rischio di trasmissione da prodotti emoderivati di epatiti virali, sicché deve dirsi che le conoscenze dell’epoca già imponevano l’adozione di misure precauzionali che, se compiutamente attuate, avrebbero grandemente ridotto le possibilità di contagio del donatario e di procurargli danno (permanente) alla salute. 3.1.2.

Il sostiene, inoltre, che non si possa predicare la propria responsabilità mancando la prova – gravante sugli attori – dell’omesso controllo delle transaminasi soggetti donatori quindi, del rispetto delle raccomandazioni impartite dal nell’esecuzione delle trasfusioni, con la conseguenza che alcuna responsabilità al per omesso controllo potrebbe davvero affermarsi.

La tesi non merita condivisione.

Ebbene, nel caso di specie, deve ritenersi raggiunta la prova della responsabilità del per omesso controllo attraverso il ricorso a presunzioni, atteso che è senza dubbio ragionevole ritenere che, ove le prescrizioni fossero state rispettate e fossero state verificate le transaminasi sul soggetto donatore, ci si sarebbe avveduti dell’infezione e il sangue infetto non sarebbe stato trasfuso.

D’altra parte, siffatta presunzione non è stata nemmeno superata da elementi di segno contrario che possano far ritenere, invece, effettuati i controlli dovuti, non essendoci in atti traccia di alcun documento comprovante l’avvenuta esecuzione di un controllo dei soggetti che hanno donato il sangue poi trasfuso alla 3.2.

Non risulta fondata nemmeno la tesi secondo cui non vi riscontrerebbe l’antigiuridicità della condotta posta in essere dal , sul presupposto che l’attività di emotrasfusione e il ricorso a farmaci emoderivati, ove non eseguita, avrebbe comportato un pregiudizio notevolissimo per la salute pubblica, con la conseguenza che ricorrerebbero non meglio specificate cause di giustificazione, volte ad escludere l’antigiuridicità del fatto.

Ebbene, ciò che si rimprovera al non è aver consentito emotrasfusioni o l’utilizzo di farmaci emoderivati, bensì non aver vigilato e controllato che il sangue utilizzato per le emotrasfusioni e gli emoderivati non fosse infetto.

Ciò è sufficiente a sconfessare quanto asserito dal sull’assenza dell’antigiuridicità della condotta ascritta.

3.3.

Sussiste, poi, il nesso di causalità tra la trasfusione a cui è stata sottoposta e la contrazione del virus.

Sul punto, è sufficiente richiamare l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “nel giudizio risarcitorio promosso nei confronti del per i danni derivanti dalla trasfusione di sangue infetto, il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto all’indennizzo ai sensi della l. n. 210 del 1992, pur non integrando una confessione stragiudiziale, costituisce un elemento grave e preciso da solo sufficiente a giustificare il ricorso alla prova presuntiva e a far ritenere provato, per tale via, il nesso causale, sicché il , per contrastarne l’efficacia, è tenuto ad allegare specifici elementi fattuali, non potuti apprezzare in sede di liquidazione dell’indennizzo, o sopravvenute acquisizioni della scienza medica, idonei a privare la prova presuntiva offerta dal danneggiato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che la caratterizzano” (Cass. Civ., Sez. U, Sentenza n. 19129 del 06/07/2023, Rv. 668217).

Ebbene, nel caso in esame, risulta aver ricevuto il riconoscimento del diritto all’indennizzo, essendo stata prodotta in atti la comunicazione con la quale l ha dato atto dell’avvenuto riconoscimento, con decisione amministrativa n. 280 del 2002, dell’indennizzo dovuto ai sensi della legge n. 210 del 1992, nonché il successivo verbale della Commissione medica ospedaliera del 7/08/2003 di rivalutazione clinica con il quale è stata confermata la sussistenza del nesso causale tra la trasfusione e l’infermità (HCV) ed è stato accertato un aggravamento della patologia. Come detto, quindi, il riconoscimento dell’indennizzo costituisce un forte indice presuntivo della sussistenza del nesso di causalità, non sconfessato da alcuna allegazione da parte del circa la sussistenza di circostanze atte ad escludere che vi sia siffatto collegamento causale tra la trasfusione ricevuta e la contrazione del virus HCV.

Peraltro, risulta anche svolta CTU sul punto, per mezzo della quale si è avuta conferma del collegamento causale tra la trasfusione e la contrazione del virus.

3.5.

Sussiste, poi, anche il nesso tra la contrazione del virus e le cause di decesso della Risulta, infatti, sulla scorta della consulenza tecnica svolta – che si pone a fondamento della decisione in quanto immune da vizi logici e metodologici, esaustiva e coerente –, che “la paziente decedeva per le complicanze di epatopatia cirrotica HCV-relata, scompensata, evoluta in sindrome epato-renale”, dovendosi quindi concludere per la riconducibilità dell’evento morte alle conseguenze patologiche derivanti dalla contrazione del virus HCV. 3.6.
Ravvisati – alla luce delle considerazioni e dei rilievi svolti – tutti i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria da perdita dal rapporto parentale, ne consegue che il va condannato a risarcire agli attori i danni patiti iure proprio in conseguenza del fatto illecito.

L’interesse fatto valere nel caso di danno da uccisione di un congiunto è quello alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale che è la famiglia, la cui tutela trova fondamento nelle norme costituzionali, di cui agli artt. 2, 29 e 30 Cost. Trattandosi di un pregiudizio che si proietta nel futuro – a differenza di quanto accade con il danno morale soggettivo – e dovendosi avere riguardo al periodo di tempo, per il quale si sarebbe presumibilmente esplicato il godimento del congiunto, è ammesso il ricorso a valutazioni prognostiche e per presunzioni, pur sulla base di elementi oggettivi. Occorre, dunque, valutare l’età della scomparsa, la gravità del fatto illecito, l’intensità del vincolo di sangue esistente tra la vittima e gli attori, l’età del congiunto danneggiato, nonché tutti gli elementi peculiari della fattispecie concreta, così che il risarcimento risulti, il più possibile adeguato rispetto al danno.

Ai fini della liquidazione del danno parentale, il Tribunale reputa utile far riferimento alle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, che – al pari di quelle di Roma utilizzate da questo giudice prima dell’adozione delle Tabelle milanesi del 2022 stante l’inadeguatezza delle Tabelle milanesi del 2018 a garantire la corretta valutazione del caso concreto e l’uniformità di giudizi in casi analoghi (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 10579 del 21/04/2021, Rv. 661075) – costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema “a punto variabile” (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione “a forbice”) che prevede l’attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all’età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa “pura”, purché sorretta da adeguata motivazione (cfr. Cass. Civ., sez. III, 16/12/2022, n.37009; Cass. Civ., sez. III, 16/12/2022, n.37009). Su questi presupposti va liquidato il danno da perdita parentale lamentato dagli attori.

3.5.1.
In particolare, va liquidata in favore coniuge di (cfr. certificato di matrimonio doc. 1 di parte attrice) la somma di euro 265.948,00, calcolata tenendo conto dei cinque parametri indicati dalle Tabelle di Milano e, quindi:
età della vittima:
66 anni;
– età del danneggiato:
63 anni;
– convivenza con il de cuius (cfr. doc. 3 – certificato di residenza di – e doc. 7 di parte attrice);
– sopravvivenza di altri congiunti;
– qualità e intensità della relazione affettiva da valutarsi anche in via presuntiva.

Sulla predetta somma va calcolata anche la rivalutazione monetaria e gli interessi secondo il noto meccanismo elaborato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 1712 del 1995, secondo cui gli interessi vanno calcolati sulla somma devalutata alla data del fatto e poi rivalutata anno per anno dal giorno del fatto sino alla data della sentenza, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza sino al soddisfo.

A tal fine, spetta a la somma di euro 298.256,56, oltre interessi al tasso legale dal dì della pronuncia sino al soddisfo.

Dalla predetta somma va, però, scomputato quanto percepito da a titolo di indennizzo una tantum di cui all’art. 2 comma 3 della legge n. 210 del 1992 per l’importo di euro 77.468,53, come risulta dal documento n. 6 prodotto dal Sul punto è appena il caso di precisare che “nel giudizio promosso nei confronti del per il risarcimento dei danni conseguenti al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo “una tantum”, previsto dall’art. 2, comma 3, della l. n. 210 del 1992 in favore dei congiunti del danneggiato che sia deceduto a causa del contagio, dev’essere scomputato – in applicazione del principio della “compensatio lucri cum damno” – dalle somme liquidabili in loro favore a titolo di risarcimento del danno parentale, spettandogli tale beneficio “iure proprio” e non “iure hereditario”, e dunque anche quando la persona contagiata, prima di morire, abbia ottenuto il riconoscimento dell’indennizzo di cui all’art. 1 della medesima legge” (cfr. Cass. Civ., Sez. VI – III, Ordinanza n. 8773 del 17/03/2022, Rv. 664448).

Non deve, invece, essere scomputato quanto riconosciuto in vita alla andando siffatto indennizzo a ristorare il danno alla salute alla medesima procurato dall’attività medica posta in essere, mentre il risarcimento del danno parentale spetta agli eredi iure proprio, in ragione del danno non patrimoniale procurato a seguito della perdita del congiunto.

In altre parole, indennizzo e risarcimento vanno a ristorare due danni diversi, l’uno alla vittima del contagio per la lesione della salute e l’altro agli eredi per la perdita del rapporto parentale a seguito del decesso, in relazione ai quali non opera la compensatio lucri cum damno.

Spetta, dunque a la somma di euro 220.788,03 oltre interessi al tasso legale dal dì della pronuncia sino al soddisfo.

3.5.2.
Va poi liquidata in favore di sulla cui qualità di figlio di non vi è contestazione, la somma di euro 226.838,00 calcolata tenendo conto dei cinque parametri indicati dalle Tabelle di Milano e, quindi:
– età della vittima:
66 anni;
– età del danneggiato:
40 anni;
– assenza di convivenza;
– sopravvivenza di altri congiunti;
– qualità e intensità della relazione affettiva da valutarsi anche in via presuntiva.

Sulla predetta somma va calcolata anche la rivalutazione monetaria e gli interessi secondo il noto meccanismo elaborato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 1712 del 1995, secondo cui gli interessi vanno calcolati sulla somma devalutata alla data del fatto e poi rivalutata anno per anno dal giorno del fatto sino alla data della sentenza, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza sino al soddisfo.

A tal fine, spetta a la somma di euro 254.395,28, oltre interessi al tasso legale dal dì della pronuncia sino al soddisfo.

3.5.3.
Va liquidata in favore di sulla cui qualità di figlia di non vi è contestazione, la somma di euro 226.838,00 calcolata tenendo conto dei cinque parametri indicati dalle Tabelle di Milano e, quindi:
– età della vittima:
66 anni;
– età del danneggiato:
37 anni;
– assenza di convivenza;
– sopravvivenza di altri congiunti;
– qualità e intensità della relazione affettiva da valutarsi anche in via presuntiva.

Sulla predetta somma va calcolata anche la rivalutazione monetaria e gli interessi secondo il noto meccanismo elaborato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 1712 del 1995, secondo cui gli interessi vanno calcolati sulla somma devalutata alla data del fatto e poi rivalutata anno per anno dal giorno del fatto sino alla data della sentenza, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza sino al soddisfo.

A tal fine, spetta a la somma di euro 254.395,28, oltre interessi al tasso legale dal dì della pronuncia sino al soddisfo.

3.5.4.
Va poi liquidata in favore di quali esercenti la responsabilità genitoriale su nipote di la somma di euro 71.324,00 calcolata tenendo conto dei cinque parametri indicati dalle Tabelle di Milano e, quindi:
– età della vittima:
66 anni;
– età del danneggiato:
3 anni;
– assenza di convivenza;
– sopravvivenza di altri congiunti;
– qualità e intensità della relazione affettiva da valutarsi anche in via presuntiva.

Sulla predetta somma va calcolata anche la rivalutazione monetaria e gli interessi secondo il noto meccanismo elaborato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 1712 del 1995, secondo cui gli interessi vanno calcolati sulla somma devalutata alla data del fatto e poi rivalutata anno per anno dal giorno del fatto sino alla data della sentenza, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza sino al soddisfo.

A tal fine, spetta a quali esercenti la responsabilità genitoriale su la somma di euro 79.988,74, oltre interessi al tasso legale dal dì della pronuncia sino al soddisfo.

3.5.5.
Va riconosciuto il risarcimento del danno anche quali esercenti la responsabilità genitoriale su nipote concepito e non ancora nato al momento del decesso di Il danno parentale si configura anche in presenza di mera lesione del danno da perdita del rapporto parentale ed esso rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché nella sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto e/o dall’inevitabile atteggiarsi di quel rapporto in modo differente (Cass. 28/09/2018, n. 23469). Concretizza, pertanto, un errore di diritto sottoporre ad un regime probatorio diverso la pretesa risarcitoria del concepito non nato (cfr. in argomento Cass. Civ. sez. III, 14 febbraio 2023 n. 4571).

Va pertanto liquidata in favore di quali esercenti la responsabilità genitoriale su la somma di euro 66.229,80 calcolata tenendo conto dei parametri indicati dalle Tabelle di Milano e, quindi:
– età della vittima:
66 anni;
– età del danneggiato:
0 anni;
– assenza di convivenza;
– sopravvivenza di altri congiunti;

Sulla predetta somma va calcolata anche la rivalutazione monetaria e gli interessi secondo il noto meccanismo elaborato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 1712 del 1995, secondo cui gli interessi vanno calcolati sulla somma devalutata alla data del fatto e poi rivalutata anno per anno dal giorno del fatto sino alla data della sentenza, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza sino al soddisfo.

A tal fine, spetta a quali esercenti la responsabilità genitoriale su la somma di euro 74.275,69, oltre interessi al tasso legale dal dì della pronuncia sino al soddisfo.

3.5.6.
Va, infine, liquidata in favore di quali esercenti la responsabilità genitoriale su nipote di la somma di euro 71.324,00 calcolata tenendo conto dei cinque parametri indicati dalle Tabelle di Milano e, quindi:
– età della vittima:
66 anni;
– età del danneggiato:
8 anni;
– assenza di convivenza;
– sopravvivenza di altri congiunti;
– qualità e intensità della relazione affettiva da valutarsi anche in via presuntiva.

Sulla predetta somma va calcolata anche la rivalutazione monetaria e gli interessi secondo il noto meccanismo elaborato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 1712 del 1995, secondo cui gli interessi vanno calcolati sulla somma devalutata alla data del fatto e poi rivalutata anno per anno dal giorno del fatto sino alla data della sentenza, oltre interessi al tasso legale dalla sentenza sino al soddisfo.

A tal fine, spetta a quali esercenti la responsabilità genitoriale su la somma di euro 79.988,74, oltre interessi al tasso legale dal dì della pronuncia sino al soddisfo.

4.
L’esito del giudizio depone per la condanna del pagamento delle spese di lite in favore di parte attrice.
Le spese di lite sono liquidate come da dispositivo ai sensi del d.m. 5572014 e s.m.i. tenuto conto del valore della causa e dell’attività difensiva svolta.
Sono a carico del anche le spese di CTU

Il Tribunale di Perugia, in composizione monocratica, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, definitivamente pronunciando, così provvede:
– condanna il al pagamento in favore di della somma di euro 220.788,03 oltre interessi al tasso legale ex art. 1284 comma 1 c.c. dal dì della sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno da perdita parentale;
– condanna il al pagamento in favore di della somma di euro 254.395,28 oltre interessi al tasso legale ex art. 1284 comma 1 c.c. dal dì della sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno da perdita parentale;
– condanna il al pagamento in favore di della somma di euro 254.395,28 oltre interessi al tasso legale ex art. 1284 comma 1 c.c. dal dì della sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno da perdita parentale;
– condanna il al pagamento in favore di quali esercenti la responsabilità genitoriale su della somma di euro 79.988,74 oltre interessi al tasso legale ex art. 1284 comma 1 c.c. dal dì della sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno da perdita parentale;
– condanna il al pagamento in favore di quali esercenti la responsabilità genitoriale su della somma di euro 74.275,69 oltre interessi al tasso legale ex art. 1284 comma 1 c.c. dal dì della sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno da perdita parentale;
– condanna il al pagamento in favore di quali esercenti la responsabilità genitoriale su della somma di euro 79.988,74 oltre interessi al tasso legale ex art. 1284 comma 1 c.c. dal dì della sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno da perdita parentale;
– condanna il al pagamento in favore degli attori delle spese di lite che liquida in euro 29.193,00 oltre rimborso forfettario spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge.
– pone le spese di CTU definitivamente a carico del come liquidate con separato decreto.
Così deciso, in Perugia il 2 settembre 2024 Il Giudice dott.ssa NOME COGNOME

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