REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D’Appello di Ancona Sezione Imprese R.G. 271/2022 La Corte di Appello di Ancona composta dai seguenti magistrati:
Dr.ssa NOME COGNOME Presidente Est.
Dr.ssa NOME COGNOME Dr.
NOME COGNOME Consigliere Ha pronunziato la seguente
SENTENZA N._871_2024_- N._R.G._00000271_2022 DEL_03_06_2024 PUBBLICATA_IL_04_06_2024
nella causa civile in secondo grado, iscritta a ruolo al n. 271/2022 e promossa con atto di citazione nata a (c.f. ), rappresentata e difesa dal prof. avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con questi domiciliata in Macerata, ,presso lo studio prof. avv. NOME COGNOME e associati – APPELLANTE -appellata incidentale-
CONTRO C.F. nato a ed ivi residente in (C.F. ), rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Fabriano (AN), – APPELLATO-appellante incidentale-
Oggetto:
appello avverso sentenza n. 1067/2021 del Tribunale di Ancona, pubblicata il 14.9.2021 emessa nell’ambito del procedimento n. 968/2019 r.g., non notificata.
CONCLUSIONI
Per l’appellante voglia la Corte d’appello di Ancona, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa e reietta, in riforma dell’impugnata sentenza, accogliere le domande spiegate in primo grado e in particolare la n. 2 e, in subordine, la n. 3, qui integralmente richiamate 2 – IN INDIRIZZO SUBORDINATA accertare e dichiarare la natura contrattuale e in ogni caso la vincolatività dell’accordo del 12 gennaio 2017 (di cui al doc. n. 4) per cui è causa nonché il grave inadempimento di agli obblighi da esso nascenti, risolvere per effetto dell’inadempimento il contratto e condannare il convenuto al risarcimento dei danni in favore dell’odierna attrice pari alle perdite subite e al mancato guadagno e a ogni pregiudizio economico comunque subito, quantificando detta somma: (iii) nella differenza tra il valore della quota al 27 febbraio 2017 (o relativo al momento in cui il tribunale reputasse dover essere concluso il definitivo di vendita se del caso stabilendo il termine ai sensi dell’art. 1183 c.c. ovvero al momento reputato più di giustizia dal tribunale) e il prezzo di 1.131.760,00 previsto nel contratto 12 gennaio 2017 (ovvero il prezzo come rettificato in forza del meccanismo di cui all’art 2.2 del contratto 12 gennaio 2017), o comunque nella diversa somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta di giustizia, (iv) in ogni altro importo equivalente al pregiudizio economico sofferto da ivi incluse le perdite subite a causa C.F. non inferiore ad euro 150.000,00 oltre a quella da liquidare in via equitativa a ristoro del danno per il tempo e le occasioni perdute a causa della condotta del convenuto, per una somma complessivamente non inferiore ad euro 180.000,00, o comunque nella somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta di giustizia, il tutto sempre oltre interessi, rivalutazione e maggior danno. 3 –
IN VIA ULTERIORMENTE SUBORDINATA accertare in ogni caso la responsabilità, se del caso di natura precontrattuale, di per i motivi di cui in narrativa nonché per quanto di ragione e di giustizia, e condannarlo al risarcimento dei danni subiti da quantificare:
III) sulla base dell’interesse positivo in una somma comprensiva delle perdite subite e del mancato guadagno e di ogni pregiudizio economico comunque subito, quantificando detta somma (iii) nella differenza tra il valore della quota al 27 febbraio 2017 (o relativo al momento in cui il tribunale reputasse dover essere concluso il definitivo di vendita se del caso stabilendo il termine ai sensi dell’art. 1183 c.c. ovvero al momento reputato più di giustizia dal tribunale) e il prezzo di 1.131.760,00 previsto nel contratto 12 gennaio 2017 (ovvero il prezzo come rettificato in forza del meccanismo di cui all’art 2.2 del contratto 12 gennaio 2017), o comunque nella diversa somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta di giustizia, e/o (iv) in ogni altro importo equivalente al pregiudizio economico sofferto da ivi incluse le perdite subite a causa dell’inadempimento del convenuto come meglio allegate e descritte in narrativa per somma non inferiore ad euro 150.000,00 oltre a quella da liquidare in via equitativa a ristoro del danno per il tempo e le occasione perdute a causa della condotta del convenuto, per una somma complessivamente non inferiore ad euro 180.000,00, o comunque nella somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta di giustizia. Il tutto oltre interessi, rivalutazione e maggior danno,
IV) nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della quantificazione di cui sub (I) quantificare la somma da corrispondere a titolo risarcitorio in quella pari al c.d. interesse negativo e dunque alle perdite subite a causa della condotta illecita del convenuto come meglio allegata e descritta in narrativa per somma non inferiore ad euro 150.000,00 oltre a quella da liquidare in via equitativa a ristoro del danno per il tempo e le occasioni perdute a causa della condotta del convenuto, per una somma complessivamente non inferiore ad euro 180.000,00, o comunque nella diversa somma, maggiore o minore, che sarà ritenuta di giustizia, il tutto oltre interessi, rivalutazione e maggior danno. Il tutto oltre interessi, rivalutazione e maggior danno.
” – condannare in ogni ipotesi l’opposta alla refusione delle spese processuali del doppio grado di giudizio, oltre al costo del contributo unificato;
il tutto avendo previamente rimesso in istruttoria la causa e nominato il CTU come in atti richiesto.
Per l’appellata Nel merito, in via incidentale:
“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, accertati i fatti per cui è causa, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, in parziale riforma della sentenza n.1067/2021 del Tribunale di Ancona del 14.09.2021 e in accoglimento dell’appello incidentale sopra spiegato per i motivi espressi in narrativa, riformare tale sentenza rigettando tutte le domande avanzate in primo grado dalla sig.ra , ivi compresa di quella di accertamento e declaratoria della natura contrattuale e vincolatività dell’accordo del 12.01.2017 e di risoluzione dello stesso per inadempimento del sig. escludendo nei confronti di quest’ultimo qualsivoglia forma di responsabilità, anche precontrattuale e mandandolo esente da qualunque onere risarcitorio”.
Nel merito in via principale:
“Voglia inoltre l’Ecc.ma Corte di Appello adita, accertati i fatti per cui è causa, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, rigettare tutte le domanda proposte in appello dalla sig.ra in quanto infondate in fatto e diritto per tutte le ragioni espresse negli scritti di primo grado e nella suestesa memoria di costituzione”.
Sulle spese di lite:
“Voglia infine l’Ecc.ma Corte di Appello adita condannare, in ognuna delle ipotesi suddette, l’appellante alla refusione delle spese processuali del doppio grado di via istruttoria, oltre ad insistere per l’ammissione delle richieste probatoria formulate in primo grado nella memoria ex art. 183,6° n.2 c.p.c. e disattese, ci si oppone alla istanza avversaria di nomina di CTU in quanto ultronea, avente finalità esplorative e comunque volta a supplire a carenze probatorie, e pertanto inammissibile e inaccoglibile.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con sentenza n. n. 1067/2021 pubblicata il 14.9.2021 il tribunale di Ancona così decideva
definitivamente pronunziando nel giudizio iscritto al n. 968/2019 RG Trib.
ogni diversa domanda, eccezione o istanza respinta, così provvede:
– dichiara la risoluzione del contratto preliminare stipulato dalle parti il 12 gennaio 2017, per l’inadempimento del convenuto;
– rigetta le residue domande;
– compensa integralmente le spese del giudizio.
La causa traeva origine dall’atto di citazione ritualmente notificato con il quale conveniva in giudizio il fratello assumendo di essere titolare, al pari del fratello convenuto, della quota del 50% del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE
a seguito di una proposta di “sistemazione delle proprietà immobiliari private ed una manifestazione di acquisto o cessione di quote della SAF”, “quale atto conclusivo della reciproca insofferenza con e con riferimento alla quota di SAF, il convenuto proponeva l’acquisto di quella della sorella o la cessione a quest’ultima della propria, al medesimo prezzo di 1.000.000,00 di euro, subordinata alla condizione di una preventiva sistemazione delle proprietà immobiliari private in comunione tra fratello e sorella; i due interessati con i propri consulenti in data 12 gennaio 2017, firmavano un accordo per la cessione della partecipazione in virtù del quale:
– si dava atto che «Il sig. intende cedere la propria quota di partecipazione nella RAGIONE_SOCIALE e la sig.ra si è dimostrata disponibile ad – il prezzo di tale cessione veniva fissato in euro 1.131.760,00 «al quale andrà aggiunta la quota parte del risultato di esercizio 2016 depurato dalle imposte di competenza del socio e detratta dell’imposta sostitutiva dovuta sui valori eccedenti euro 1.131.760,00», – veniva previsto l’ulteriore impegno «a mettere in atto le seguenti azioni: trasferire al sig.
l’autovettura da lui usata al prezzo di mercato, desunto da RAGIONE_SOCIALE, trasferire l’auto utilizzata dal sig.
a titolo gratuito, liberare il sig. dalle garanzie da lui prestate sia in Saf che in far redigere una perizia di valutazione della Saf al fine di rivalutare le quote cedute», e – veniva stabilito che «entro il 28 febbraio 2017 dovrà essere sottoscritto il preliminare di compravendita delle quote»;
Con mail del 17 gennaio 2017 il consulente del convenuto comunicava l’indisponibilità del proprio cliente a rispettare gli impegni in precedenza sottoscritti e ritenuti oggetto di una mera lettera di intenti.
Seguivano pertanto successive plurime comunicazioni, anche da parte del Legale dell’attrice, con le quali si diffidava a rispettare il contratto preliminare come sottoscritto.
Sulla base di tale ricostruzione fattuale la parte attrice concludeva in via principale per la pronuncia della sentenza ex art. 2932 c.c. che producesse gli effetti del contratto traslativo non concluso, con la condanna di al risarcimento dei danni subiti da a causa del suo inadempimento, in via subordinata dichiararsi previo accertamento della natura contrattuale e in ogni caso la vincolatività dell’accordo del 12 gennaio 2017, la risoluzione per inadempimento del contratto con la condanna del convenuto al risarcimento dei danni in favore dell’odierna attrice pari alle perdite subite e al mancato guadagno e a ogni pregiudizio economico comunque subito ed in ulteriore subordine previo accertamento della responsabilità di natura precontrattuale, la condanna di al risarcimento dei danni. Si costituiva contestando quanto dedotto da parte attrice e concludendo per il rigetto della domanda avversaria.
la fase istruttoria tramite prove orali e con l’ingresso nel giudizio anche di una CTU demandata all’uopo al Dr. , la causa veniva decisa dal Tribunale di prime cure, come sopra indicato.
Con atto di appello ritualmente notificato ha impugnato la sentenza di primo grado prospettando le doglianze in seguito riportate.
Con comparsa di risposta si è costituito chiedendo il rigetto dell’appello principale e proponendo a sua volta appello incidentale La causa sulla precisazione delle conclusioni delle parti ed il deposito delle memorie ai sensi dell’art. 190 cpc è stata trattenuta in decisione In ordine logico il primo motivo da affrontare, in quanto pregiudiziale rispetto agli altri, è rappresentato dal motivo di appello incidentale con il quale la parte appellata contesta la decisione di primo grado in quanto il Giudice avrebbe erroneamente ritenuto come vincolante inter partes l’accordo 12 gennaio 2017 quando invece si trattava di mera lettera di intenti o puntuazione, difettando alcuni elementi essenziali del contratto e prevedendo la successiva stipula di un vero e proprio contratto preliminare, con esclusione di qualsivoglia forma di vincolo per le parti; conclude pertanto l’appellante incidentale che alcuna responsabilità per inadempimento avrebbe dovuto addebitarsi ad esso Il motivo è infondato.
Occorre preliminarmente esaminare le singole argomentazioni portate dalla parte appellante incidentale a conforto della propria tesi circa la configurabilità nella fattispecie de qua della natura non vincolante dell’accordo 12 gennaio 2017 concluso da Afferma l’appellante incidentale che il nome juris dato dalle parti all’accordo era di semplice lettera d’intenti ed anche a voler approfondire la reale volontà delle parti quale si evince l’intesa raggiunta solo su alcuni punti del contratto da concludere, oppure di una minuta, sussistente quando le parti raggiungano un accordo sugli elementi essenziali, rinviando la stipulazione del negozio ad un momento successivo nel quale l’accordo sarà raggiunto sui punti accessori e integrativi per la sua esecuzione.
Nell’uno o nell’altro caso, comunque, senza comportare alcun effetto vincolante per le parti contraenti.
Ciò in quanto mancava l’accordo sugli elementi essenziali dell’accordo ed in particolare sul prezzo che veniva determinato solo parzialmente (rimandando per l’integrazione all’esito della redazione e l’approvazione del bilancio 2016 da cui ricavare una “quota parte del risultato di esercizio” da aggiungersi al prezzo convenuto).
Inoltre, difettava l’accordo su altri elementi che sebbene non essenziali comunque rappresentavano, nell’ottica dell’interesse delle parti, condizioni per la “fattibilità dell’operazione”.
Il tutto come desumibile, oltre che dal tenore letterale della stessa scrittura privata 12 gennaio 2017, anche dalle prove testimoniali che trovavano ingresso durante il giudizio di primo grado.
Infine viene contestata la validità ed efficacia del cd. preliminare del preliminare, strumento giuridico evocato dal Giudice di Primo grado ad interpretazione della prefata scrittura privata, siccome espressamente esclusa dalla giurisprudenza della Suprema Corte.
La Corte, nell’aderire alla tesi del Giudice di prime cure circa l’interpretazione dell’accordo negoziale 12 gennaio 2017 quale vero e proprio preliminare di preliminare, con effetti vincolanti per le parti contraenti, ritiene che le argomentazioni dell’appellante incidentale non possano trovare accoglimento per i seguenti motivi.
Partendo dalla contestazione riguardante l’elemento contrattuale del prezzo dell’alienazione, va osservato che trattasi di un elemento essenziale del contratto di compravendita, in quanto concorre ad integrarne l’oggetto.
Il prezzo può essere determinato dalle parti o determinabile.
E’ determinato quando è fissato nel suo globale ammontare o è fissato in base ad elementi attualmente computabili.
Il prezzo deve invece ritenersi meramente determinabile quando le parti si sono accordate sul modo della sua successiva determinazione In particolare per quanto attiene alla determinabilità del prezzo “ l’esigenza della determinatezza o almeno della determinabilità del prezzo di vendita, a pena di nullità ex art. 1418, comma 2, c.c., è soddisfatta dall’indicazione di un criterio idoneo all’individuazione e quantificazione del prezzo sicché per la validità del contratto è sufficiente che i parametri prefissati dalle parti abbiano i caratteri della precisione e della concretezza in modo da permettere la futura determinazione ad esse stesse, ovvero al giudice in caso di loro dissenso, senza che intervenga un’ulteriore determinazione di volontà delle parti stesse; ciò sempre sulla base dei criteri obbiettivi pur da esse stabiliti in contratto” (Cass. civ. 27/06/1985 n. 3853).
Si è ritenuto come validamente indicato il prezzo anche nel caso questo venisse determinato tramite rinvio alla stima di un consulente tecnico d’ufficio (questione trattata nella sentenza della Corte di Cassazione civile sez.
II, 01/02/2013, n.2473).
Declinando tale principio al caso di specie si evidenzia come, all’esito della disamina della scrittura privata 17 gennaio 2017, il prezzo debba considerarsi per una parte determinato e per l’altra facilmente determinabile.
Le parti contraenti infatti hanno raggiunto l’accordo sia sul valore di una parte della cessione (Euro 1.131.760,00) sia sui criteri per stabilire la restante parte (“al quale andrà aggiunto – ndr: al prezzo di cessione – la quota parte del risultato di esercizio 2016 depurato delle imposte di competenza del socio e detratta l’imposta sostitutiva dovuta sui valori eccedenti € 1.131.760,00).
Ne consegue che anche la parte non determinata del prezzo era comunque obiettivamente determinabile tramite un parametro conoscibile da entrambe le parti contraenti e suscettibile a posteriori di formare oggetto di una semplice attività di tipo meramente attuativo o ricognitivo.
Si tenga peraltro presente come le parti contraenti fossero entrambi titolari, per la quota del 50%, del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE e quindi non certo estranei all’andamento della società;
ne deriva che al momento della stesura della scrittura del 12 gennaio 2017 avessero sicuramente contezza dell’ipotetico valore, al netto delle imposte, della quota parte risultante dal bilancio di esercizio 2016, di talchè l’intesa sull’integrazione della somma richiesta a titolo di corrispettivo con il suddetto valore.
E’ di tutta evidenza che su tale parte del prezzo l’accordo delle parti prevedesse un ulteriore passaggio negoziale preliminare, che tenendo ferme ed impregiudicate le intese già raggiunte, avrebbe avrebbero formalizzato l’esatta quantificazione del valore della quota.
Alle medesime conclusioni si arriva per quanto riguarda gli ulteriori elementi dell’accordo (oggetto, forma e causa) ivi compresi gli elementi non essenziali e accessori consistenti in prestazioni ulteriori collegate alla cessione principale;
in particolare per quanto attiene questi ultimi (impegno a “trasferire al sig. l’autovettura da lui usata al prezzo di mercato, desunto da RAGIONE_SOCIALE, trasferire l’auto utilizzata dal sig. a titolo gratuito, liberare il sig. dalle garanzie da lui prestate sia in Saf che in , far redigere una perizia di valutazione della Saf al fine di rivalutare le quote cedute”) anche in questo caso è incontestabile la determinabilità degli impegni assunti da definirsi compiutamente nel successivo step negoziale.
Quindi, dal contenuto dell’accordo del 12 gennaio 2017 si evince la volontà delle parti di formalizzare comunque un accordo negoziale, disciplinante tutti gli elementi essenziali ed accessori, che in un’ottica di formazione progressiva del contratto, le vincolasse a proseguire la contrattazione per addivenire prima alla stipula del contratto preliminare, contenendone gli elementi necessari;
la presenza della previsione di un’ulteriore attività contrattuale doveva essere valutata alla luce dei concreti interessi delle parti che, nella specie, avevano previsto la successiva formalizzazione del preliminare avanti al Notaio onde consentire, atteso anche il valore dei beni promessi in vendita, l’eventuale trascrizione dell’accordo e la migliore specificazione del prezzo;
inoltre il primo accordo conteneva già gli estremi del preliminare pur contenendo la previsione della successiva stipula del contratto;
prova ne sia che il primo accordo conteneva già gli estremi del preliminare, ma ciò nonostante conteneva al contempo la previsione della successiva stipula del contratto.
Ciò esclude, a contrario, l’ipotesi sia della lettera d’intenti che della minuta o per essere, in via graduata, sprovviste della previsione di un numero completo delle clausole del contratto definitivo Anche dal punto di vista delle risultanze probatorie, corre l’obbligo di evidenziare come la parte appellante incidentale non porti elementi probatori di consistenza tale da dimostrare la volontà delle parti di redigere solamente un documento di natura precontrattuale volto a puntualizzare lo stato di avanzamento delle trattative e dal contenuto assolutamente non vincolante per le parti medesime. Le dichiarazioni rese sul punto dal teste dell’appellante incidentale , Dr. consulente che ha coadiuvato la medesima parte nelle fasi dell’accordo negoziale, non possono considerarsi dotate di idoneo coefficiente di persuasività, stante l’insanabile contrasto, emerso anche e soprattutto in sede di confronto testimoniale, con quelle rese dal testimone portato dall’appellante principale, Dr. allora suo consulente sempre nelle fasi prodromiche alla conclusione del contratto di cessione di quote.
Al contempo risulta decisiva nell’ottica del interpretazione della scrittura del 12 gennaio 017 quale vero e proprio contratto di preliminare del preliminare, lo stato oltremodo avanzato delle trattative per il trasferimento della quota che, come attesta la corrispondenza intercorsa tra i rispettivi consulenti delle parti, avevano già avuto inizio sin dall’11 giugno 2013 (Doc. 24 fasc.
primo grado parte appellante);
trattative che sfociavano in una vera e propria manifestazione d’interesse per l’acquisto della quota da parte dell’appellato che veniva già formalizzata e portata a conoscenza della parte appellante sin dalla data 5 dicembre 2016.
Non può, infine, considerarsi fondata l’eccezione dell’appellante incidentale circa la nullità del cd.
preliminare del preliminare come statuito dalla giurisprudenza della Suprema Corte intervenuta sull’argomento.
Al contrario, tale fattispecie negoziale trova invece piena dignità giuridica proprio nella giurisprudenza della Suprema Corte a cominciare proprio dalla ormai nota pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte, n. 4628/2015 che in estrema sintesi ha escluso che sia nulla per difetto di causa la stipulazione di un contratto preliminare di preliminare, ossia di un accordo in virtù del quale le parti si obblighino a concludere un ‘esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento), dovendosi ritenere tale stipulazione valida ed efficace ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare Tale pronuncia è stata ampiamente richiamata dal Giudice di prime cure nella propria sentenza, alla cui motivazione si rimanda. La Corte si limita ad aggiungere come sull’argomento sia intervenuta la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione la n. 31431/2023 del 13 novembre 2023 che dopo una ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale sul tema in ordine alle conseguenze giuridiche che derivano dalla stipulazione di un accordo cd.
preliminare di preliminare e partendo proprio dalla pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte, statuisce che “Il diritto del mediatore alla provvigione consegue alla conclusione dell’affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno.
Un principio che deve essere coerentemente declinato nel senso di negare la possibilità di qualificare come “affare” concluso la mera conclusione di una intesa, come il “preliminare di preliminare”, la quale, in caso di inadempimento, legittima la parte non inadempiente non ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, bensì per il risarcimento del danno derivante dalla mancata prosecuzione delle trattative, e quindi dalla violazione dell’”obbligo a contrattare”.
Prosegue la Suprema Corte nella parte motiva come “dal “preliminare di preliminare”, infatti, viene a scaturire il solo vincolo a non interrompere, violando la clausola generale di buona fede e correttezza, l’ulteriore trattativa finalizzata a pervenire alla definizione completa dell’operazione negoziale, pena l’insorgere di un obbligo meramente risarcitorio per violazione di un’obbligazione riconducibile alla terza delle categorie elencate dall’art. 1173 c.c..
” Dai suddetti assunti nomofilattici, ne consegue quindi che il cd.
preliminare di preliminare debba considerarsi a tutti gli effetti fonte di effetti obbligatori per le parti contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto e non propriamente ex contractu» .
Passando all’esame dell’appello principale con i due motivi da trattarsi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione logico giuridico, l’appellante si duole che il Giudice di prime cure, nonostante abbia riconosciuto la natura vincolante dell’accordo 12 gennaio 2017 e accertato il grave inadempimento posto in essere da abbia declinato tale responsabilità non come contrattuale bensì solo come precontrattuale e di conseguenza abbia rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalle medesima parte appellante in primo grado; aggiunge l’appellante principale che erroneamente il Giudice ha rigettato anche la domanda di risarcimento dell’interesse negativo non ritenendola sufficientemente e adeguatamente provata.
Il motivo è parzialmente fondato.
Emerge in modo univoco dall’arresto delle Sezioni Unite n. 4628/2015 che dal “preliminare di preliminare”, viene a scaturire il solo vincolo a non interrompere, violando la clausola generale di buona fede e correttezza, l’ulteriore trattativa finalizzata a pervenire alla definizione completa dell’operazione negoziale, pena l’insorgere di un obbligo meramente risarcitorio per violazione di un’obbligazione riconducibile alla terza delle categorie elencate dall’art. 1173 c.c..
(id est, alle obbligazioni derivanti da ogni fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico).
Aggiunge la Suprema Corte, in una successiva pronuncia, che “La responsabilità da inadempimento del preliminare di preliminare, infatti, assimilabile alla responsabilità precontrattuale prevista dall’art. 1337 c.c., coprendo nei limiti del cd.
interesse negativo tutte le conseguenze immediate e dirette della violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase preparatoria del contratto, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 1223 e 2056 c.c., circoscrive il pregiudizio risarcibile al solo interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di altre occasioni stipulazione contrattuale, pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari (Cass. Civ. Sez. III, 3.12.2015 n 24265, ex plurimis Cass. n. 4718 del 10 marzo 2016). Orientamento ormai consolidato in quanto confermato anche dalla recentissima pronuncia 31431 del 13.11.2023.
Afferma in parte motiva la Suprema Corte che “Fermo, quindi, il consolidato principio di questa Corte per cui il diritto del mediatore alla provvigione consegue alla conclusione dell’affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12527 del 21/05/2010; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22000 del 19/10/2007;
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18779 del 26/09/2005), detto principio deve essere coerentemente declinato nel senso di negare la possibilità di qualificare come “affare” concluso la mera conclusione di una intesa, come il “preliminare di preliminare”, la quale, in caso di inadempimento, legittima – come già rimarcato – la parte non inadempiente non ad agire per l’esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, bensì per il risarcimento del danno derivante dalla mancata prosecuzione delle trattative, e quindi dalla violazione dell'”obbligo a contrattare”. Declinando tali principi al caso di specie per quanto riguarda il risarcimento del danno da inadempimento del preliminare del preliminare risulta infondato il primo motivo di appello che configura la pretesa risarcitoria nell’interesse positivo non conseguito per effetto di tale inadempimento e quantificato nei termini indicati dalla parte appellante nell’atto introduttivo del presente giudizio.
Correttamente, infatti, il Giudice di prime cure motiva nella sentenza gravata che “Ne deriva che è irrilevante la possibilità, ipotizzata da parte attrice, di amministrare la società da sola nel migliore dei modi, visto che detta evenienza è impedita dalla mancata cessione delle quote, quale inadempimento di un contratto di cessione già perfetto, e non dall’interruzione di trattative a ciò finalizzate;
analoghe considerazioni valgano per quanto concerne la convinzione della stessa attrice che il convenuto starebbe danneggiando la società quale amministratore, visto che – allo stato – non ha In sostanza, non può essere accolta la tesi di parte attrice di ottenere il risarcimento dell’interesse positivo non conseguito perché difetta la stipula di un contratto definitivo a ciò idoneo.
Passando alla disamina del secondo motivo di appello , la doglianza della parte appellante merita, invece, parziale accoglimento per i motivi di seguito evidenziati.
Dibattendo sulla qualificazione dell’interesse negativo, la Suprema Corte afferma che “In materia di responsabilità precontrattuale il pregiudizio risarcibile è circoscritto nei limiti dello stretto interesse negativo (contrapposto all’interesse all’adempimento), rappresentato sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso, e dunque non comprende, in particolare, il lucro cessante risarcibile se il contratto non fosse stato poi adempiuto o fosse stato risolto per colpa della controparte; inoltre sia la perdita dei guadagni che sarebbero conseguiti da altre occasioni contrattuali, sia la relativa valutazione comparativa devono essere sorrette da adeguate deduzioni probatorie della parte che si assume danneggiata, e non possono basarsi sulla semplice considerazione della sua qualità imprenditoriale, nè può senz’altro farsi luogo alla liquidazione equitativa da parte del giudice, ai sensi dell’art. 1226 c.c., subordinata, anche nella materia della responsabilità precontrattuale, all’impossibilità o alla rilevante difficoltà, in concreto, dell’esatta quantificazione di un pregiudizio comunque certo nella sua esistenza” (Cassazione civile, sez. I, 13/10/2005, n. 19883) Pertanto alla luce di tale principio, e ritornando al caso che qui ne occupa: – non può considerarsi risarcibile la voce del danno attinente alla “ ulteriore somma da liquidarsi in via equitativa a ristoro del tempo e delle occasioni perse a causa della trattativa nella quale l’attrice è stata inutilmente impegnata” (atto di citazione in primo grado ), essendo preclusa la liquidazione equitativa e non allegata nè provata la sussistenza di occasioni perse.
– la parte appellante avrà invece diritto al rimborso delle spese sostenute nel corso delle trattative, rappresentate dall’onorario del consulente commerciale Dr. formalizzato con notula del 13.09.2019 ed ammontante ad euro 25.376,00 (doc. 25 fasc.
, limitatamente all’attività di consulenza legale prestata in sede di trattativa per la conclusione del contratto di cessione di quote, formalizzate dalla parcella 02.09.2019 ed ammontanti ad euro 21.355,78 (doc. 26 fasc. primo grado appellante);
per un importo complessivo di euro 46.731,78 oltre interessi dalla data della domanda al saldo.
Si ricorda che il preventivo non contestato specificamente è prova.
La contestazione non deve essere generica, ma specifica.
La Suprema Corte con ordinanza 3 dicembre 2020 n. 27624 motiva “ (il convenuto) … ha invece l’onere di contestazione specifica di documenti che sono giuridicamente tali (il preventivo in originale completo di ogni elemento identificativo, lo è), e di cui si tratta di valutare l’efficacia probatoria.
In questo caso la contestazione è necessaria proprio perchè, dando per scontato che il documento è giuridicamente tale, ossia ha i requisiti per considerarsi documento, l’unica cosa di cui si discute è se sia atto sufficiente a fare da prova di un fatto.
” Non corrisponde al vero quanto afferma la parte appellata che i preventivi fossero stati dovutamente e tempestivamente contestati all’esito della loro produzione in giudizio ;
infatti si legge nella memoria ex art. 183 VI comma cpc n. 1 della parte appellata allora convenuta che “I documenti nn. 25 e 26 comprovano esclusivamente il pagamento dei professionisti per l’attività svolta nell’ambito dell’esame della situazione propedeutica al raggiungimento di un accordo che, tuttavia, non è mai stato perfezionato” Risulta quindi evidente come la contestazione si focalizzi unicamente sull’inconferenza della produzione e non sulle voci e gli importi richiesti dai professionisti.
In definitiva, va rigettato l’appello incidentale e va parzialmente accolto l’appello principale;
vanno di conseguenza riformate le statuizioni di primo grado in punto di spese di lite.
La condanna al pagamento delle spese di lite del doppio grado segue infatti la soccombenza in ossequio al disposto dell’art. 91 c.p.c..
In ragione dell’impegno effettivamente profuso e resosi necessario, occorre attenersi ai valori medi dello scaglione come individuato sulla base del decisum.
PQM
la Corte di Appello di Ancona, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da , (c.f. ) nei confronti di (C.F. ), e sull’appello incidentale proposto da , avverso sentenza n. 1067/2021 del Tribunale di Ancona, pubblicata il 14.9.2021, ogni altra e diversa eccezione disattesa o assorbita, così provvede:
– accoglie parzialmente l’appello principale e, in riforma della sentenza impugnata – condanna al pagamento in favore di della somma di euro 46.731,78 oltre interessi legali dalla domanda al saldo come da motivazione;
– rigetta l’appello incidentale;
– conferma per il resto la sentenza di primo grado;
– condanna al pagamento in favore di delle spese di lite del doppio grado di giudizio, che per il primo grado si liquidano in euro 7.616,00 per compensi delle fasi di studio di trattazione di istruttoria e di decisione, oltre esborsi se documentati, rimborso forfettario al 15 %, IVA e c.p.a.
come per legge e per il secondo in euro 6.946,00 per compensi delle fasi di studio di trattazione e di decisione, oltre esborsi se documentati, rimborso forfettario al 15%, IVA e c.p.a.
come per legge;
dichiara , quale appellante incidentale, tenuto pagamento di una somma pari a quella già versata a titolo di contributo unificato ex art. 1, comma 17, L. 228/2012.
Ancona, lì 28 maggio 2024
Il Presidente Est.
Dr.ssa NOME COGNOME C.RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE.F.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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