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Codice Civile
Codice Penale

Danni per vizi immobile e responsabilità del progettista

La sentenza affronta il tema della responsabilità per rovina e difetti di immobili, applicabile anche in caso di ristrutturazione edilizia, e l’onere probatorio in capo all’attore in termini di tempestività della denuncia e interruzione della prescrizione. Si sofferma inoltre sulla possibilità di agire in via risarcitoria per vizi dell’opera anche nei confronti del progettista in solido con l’appaltatore, laddove la cattiva esecuzione sia riconducibile a negligenza professionale.

Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

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Pubblicato il 17 gennaio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

R.G. 20868/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO QUARTA

SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._62_2025_- N._R.G._00020868_2022 DEL_06_01_2025 PUBBLICATA_IL_06_01_2025

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 20868/2022 promossa da:

(C.F. (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME e, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO 23900 LECCO presso il difensore avv. COGNOME NOME COGNOME contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZOBIS 20099 SESTO COGNOME presso il difensore avv. COGNOME CONVENUTO (C.F. CONVENUTO- CONTUMACE

CONCLUSIONI

Le parti costituite hanno concluso come da note scritte depositate in sostituzione dell’udienza ex art. 127 – ter c.p.c. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione hanno convenuto in giudizio la nonché per sentir accogliere le seguenti conclusioni:

accertare che l’immobile acquistato dai Sig.ri dalla società in data 13/09/2019, per atto Notaio Dott. (Rep. n. 27385 – Racc. n. 13196), sito in Paderno d’Adda (LC), alla INDIRIZZO, è affetto da vizi e, conseguentemente, ridurre il prezzo della compravendita de quo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1490 e 1492 c.c., per un importo corrispondente al costo delle opere e/o degli interventi necessari per l’eliminazione dei vizi che C.F. C.F. C.F. risulterà in corso di causa;- per l’effetto, condannare in persona del lega-le rappresentante pro tempore, e solidalmente con essa, il D.L. Geom. , quest’ultimo anche a titolo di responsabilità extracontrattuale e nella misura accertata in corso di causa, al pagamento in fa-vore di parte attrice dell’importo accertato quale riduzione del prezzo della compravendita, corrispondente al costo delle opere e/o degli interventi necessari per l’eliminazione dei vizi, o, in subordine, a titolo di risarcimento del danno;- dichiarare che nulla è dovuto da parte attrice in favore di a saldo della fattura n. 5 del 12/09/2019 di € 3.900,00 e, per l’effetto, condannare ad emettere nota di credito per detta fattura. Si è costituita con comparsa di risposta del 13 settembre 2022 la hiedendo:

in via pregiudiziale di rito l’autorizzazione alla chiamata della terza nel merito dichiarare decadenza e comunque intervenuta prescrizione dalla domanda di garanzia nel merito ed in via subordinata accertare e dichiarare INFONDATEZZA DELLA DOMANDA con conseguente rigetto, DICHIARANDO NON DOVUTE LE SOMME RICHIESTE e l’esecuzione dei lavori di ripristino perché non dovuti, non risultanti da vizio occulto ne ritenuti di grave entità, ed in ogni caso ritenere applicabile la decadenza e prescrizione eccepita in via preliminare. Nella denegata ipotesi di accertamento del danno e comunque a seguito di nomina di CTU tecnica, ed in ogni caso che la società convenuta venga manlevata dalla terza chiamata quanto e limitatamente all’apparecchiatura denominata VMC.

Non si è costituito Il g.i. ha rigettato l’istanza di chiamata di terzo, e all’esito della prima udienza del 21 ottobre 2022 ha dichiarato la contumacia di , concesso i termini ex art. 183 comma sesto c.p.c. e rinviato la causa per l’eventuale discussione sulle istanze istruttorie al 30 marzo 2023.

Con successiva ordinanza ha:

• ritenuto inammissibili i capitoli di prova orale dedotti dalla parte attrice nella seconda memoria ex art. 183 comma sesto c.p.c. poiché aventi ad oggetto circostanze documentali o da provarsi documentalmente (cap. 1,10,11,13,15,16,17,18, 26, 28, 29, 30, 33, 34, 39, 40, 41, 42, 43, 44,45,46, 47, 48, 49 ed irrilevante, 53) non contestate (cap. 2,3,4,5,6 e documentali) genericamente formulate (cap, 7,8,12,14, 21 visto l’oggetto, 23,24 visto l’art. 2697 c.c., 25, 27, 31 e documentale, 51), irrilevanti e/o superflue ai fini della decisione (cap. 9, 20, 50 vista la natura comune della parte interessata), valutative (cap. 19, 32 e documentale) negativa ( 22, 35, 36, 37 , 38 e generica);

• ritenuto di dover svolgere un accertamento tecnico in loco al fine di acquisire nozioni tecniche circa lo stato dei luoghi (all’attualità) e la loro rispondenza o meno al capitolato dei lavori sulla cui scorta si era formato il contratto preliminare propedeutico alla compravendita (anche alla luce delle relazioni tecniche prodotte docc. 7, 30 fasc. e delle missive di programmazione dei “lavori da eseguire” docc. 27, 28 fasc. ) con esclusivo riferimento a:

l’impianto di VMC, alle pavimentazioni esterne, ai serramenti esterni e alle infiltrazioni percolanti verso il fondo del vicino;

• nominato l’Arch. quale ausiliario del Tribunale fissando ad ella termine fino all’11 maggio 2023 ex artt. 127-ter e 193 c.p.c. il deposito della dichiarazione sottoscritta, con firma digitale, recante il giuramento e l’accettazione dell’incarico sul quesito di cui appresso:

Il C.T.U., esaminati gli atti ed i documenti di causa, visitati il cespite per cui è causa e compiuti gli opportuni accertamenti, eventualmente anche presso le Pubbliche Amministrazioni (cui sin d’ora si ordina ex art. 213 c.p.c. di consentire al C.T.U. di prendere visione ed estrarre copia di tutta la documentazione in relazione alla quale formuli richiesta, salvo obbligo di Contr corresponsione degli oneri relativi alle spese di estrazione copia), sentite le parti ed i loro eventuali C.T.P., esperito un tentativo di conciliazione, − descriva lo stato dell’impianto di VMC, il suo attuale regime di funzionamento e la difformità rispetto alle leges artis della materia (soprattutto in tema di acustica); − descriva lo stato delle pavimentazioni e dei serramenti esterni;

− descriva la presenza o meno delle infiltrazioni percolanti verso il fondo del vicino evidenziandone le cause;

qualora riscontri la presenza dei vizi e difetti denunciati, indichi le opere rimediali quantificandone i costi.

Espletate le oo.pp. il C.T.U. ha depositato il proprio elaborato il 19 ottobre 2023 e all’esito dell’udienza di discussione dello stesso il g.i.

ha ritenuto che l’elaborato fosse l’elaborato peritale fosse esaustivo rispetto ai quesiti somministrati e chiaro nella esplicitazione delle fonti di convincimento tecnico a fondamento delle conclusioni offerte.

Ha quindi, rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 30 maggio 2024.

Le parti costituite hanno precisato le conclusioni come da note scritte depositate ex art. 127 – ter c.p.c..

La domanda è fondata nei limiti di ci appresso.

La sua qualificazione giuridica Va rammentato che il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale (infra Cass. II, Ord. 14 marzo 2019, n. 7322; Cass. VI-I, 7 gennaio 2016, n. 118; Cass. I, 14 novembre 2011, n. 23794).

Deve riguardare l’intero contesto dell’atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione testuale nonché del suo contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intenda perseguire (Cass. III, 6 maggio 2015, n. 9011).

Gli attori tanto in citazione che nei successivi scritti conclusivi hanno perorato una duplice ed alternativa qualificazione giuridica della fattispecie:

actio quanti minoris ex artt. 1490 e 1492 c.c. oppure, e comunque, l’azione risarcitoria “speciale” di cui all’art. 1669 c.c. nei confronti della venditrice e, per il lato aquiliano, verso il progettista.

In questi termini, quindi, la difesa attorea ha già prospettato la plurime qualificazioni giuridiche rispetto ad un sostrato fattuale identico.

Il Tribunale, quindi, ritiene di poter sussumere la fattispecie nella disciplina risarcitoria di cui all’art. 1669 c.c. per ragioni di carattere soggettivo passivo e oggettivo.

E’ pacifico nella giurisprudenza di legittimità che la disposizione di cui all’art. 1669 c.c., configura una responsabilità extracontrattuale di ordine pubblico, sancita per finalità di interesse generale, che trascende i confini dei rapporti negoziali tra le parti.

Pertanto, l’azione di responsabilità prevista dalla suddetta norma può essere esercitata, non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera e sempre che si tratti di gravi difetti i quali, al di fuori dell’ipotesi di rovina ed evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudicano o menomano in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità del medesimo (Cass. n. 9370 del 2014). Disposizione applicabile anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo (infra Cass. SS.UU. 27 marzo 2017, n. 7756).

La circostanza che le singole fattispecie siano derivate o non dall’edificazione primigenia di un fabbricato non muta i termini logico-giuridici dell’operazione ermeneutica compiuta in ormai quasi mezzo secolo di giurisprudenza, perché non preordinata al (né dipendente dal) rispetto dell’una o dell’altra opzione esegetica in esame.

Questo non implica di necessità propria che si tratti della prima realizzazione dell’immobile, essendo ben possibile che l’opus oggetto dell’appalto consista e si esaurisca in questi stessi e soli elementi.

Ferma tale angolazione, a fortiori deve ritenersi che ove l’opera appaltata consista in un intervento di più ampio respiro edilizio (come, appunto, una ristrutturazione), quantunque non in una nuova costruzione,

l’art. 1669 c.c. sia ugualmente applicabile.

Allo stesso modo anche le carenze costruttive dell’opera – da intendere anche come singola unità abitativa – che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima, come, allorché, la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed, anche, se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, etc.), purché tali da compromettere la sua funzionalità e l’abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e, cioè, mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o che mediante opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati (Cass. SS.UU. 27 marzo 2017, n. 7756; sent. n. 8149 del 2004).

Si rientra nel campo di applicazione astratto di tale disciplina vista l’allegazione offertane dagli stessi attori.

Il rilevo dell’art. 1669 c.c. comporta l’applicazione del suo peculiare regime giuridico in termini di decadenza e prescrizione dell’azione.

Ciò rileva in quanto la convenuta ha eccepito tanto la decadenza quanto la prescrizione rispetto ad entrambi gli attori come evincibile dalle conclusioni rassegnate nella propria comparsa di costituzione e risposta (anche rispetto alle azioni edilizie) e ribadite in sede di precisazione delle conclusioni.

Si tratta, tuttavia, di eccezioni infondate.

In disparte il termine decennale attinente al rapporto sostanziale di responsabilità dell’appaltatore o costruttore (ricollegabile anche alla posizione del venditore – costruttore), sono previsti due termini:

uno di decadenza, per la denuncia del pericolo di rovina o dei gravi difetti, di un anno dalla “scoperta” dei vizi o difetti, e l’altro di prescrizione, per l’esercizio dell’azione di responsabilità, di un anno dalla denuncia.

I detti termini sono interdipendenti, nel senso che, ove uno soltanto di essi non sia rispettato, la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente (o dei suoi aventi causa) non può essere fatta valere (Cass. II, 30 luglio 2004, n. 14561);

in particolare, la denunzia dei difetti, è atto condizionante la decorrenza del termine annuale di prescrizione (cass. II, 19 ottobre 2012, n. 18078).

Al fine di evitare che il danneggiato sia onerato dal proporre domande generiche a carattere esplorativo la disciplina concernente la decadenza e la prescrizione per l’esercizio dell’azione deve essere interpretata nel senso che la denuncia necessaria per far decorrere il successivo termine prescrizionale necessiti di una conoscenza sufficientemente completa del vizio e della responsabilità per lo stesso (Cass. II, 16 febbraio 2015, n. 3040) spettando al committente-acquirente l’onere di provare di avere denunciato all’appaltatore-venditore i vizi entro il termine di un anno dalla scoperta, fissato dalla norma medesima (Cass. II, 29 novembre 1996, n. 10624) quando il convenuto eccepisca la decadenza dall’azione per intempestività della denuncia essendo questa una condizione dell’azione (Cass. II, 16 giugno 2000 n. 8187). Il termine per la denuncia decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti.

L’accertamento del momento nel quale detta conoscenza sia stata acquisita, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto (infra Cass. II, Ord. 16 gennaio 2020, n. 777; Cass. n. 4622/2002, Cass. n. 81/2000).

Nulla rileva di per sé la conclusione del contratto di compravendita o la consegna della cosa come ricordato ancora in comparsa conclusionale dalla difesa convenuta.

In questo caso – anche a dispetto della pluralità di atti prodotti in causa dagli attori – non è rilevante andare ad indagare la sussistenza o la tempestività della denuncia dei difetti oggi refluiti nell’azione giudiziaria.

Entrambi i convenuti li riconobbero:

l 26 aprile 2021 (doc. 24 fasc. il 28 luglio 2021 (doc. 27 e 28 fasc. ) laddove si illustrava con riferimento agli interventi eseguiti e quelli che avrebbero dovuto eseguirsi.

E’ evidente che l’affermazione di avere eseguito degli interventi di miglioramento di un impianto (nello specifico quello di VMC) include il riconoscimento che un vizio e un difetto vi fossero.

Allo stesso modo la promessa di eseguire i lavori (piastrellatura e serramenti) oppure che un determinata situazione fisica non determini un maggior percolamento delle acque (vedi relazione del 30 giugno 2020 – doc.

7 fasc. ) significa, quantomeno, che le problematiche di cui si discorra fossero state denunciate.

Ebbene in tema di riconoscimento dei vizi dell’opera da parte dell’appaltatore, l’art. 1667 cod.civ. (applicabile, “in parte qua”, anche nel caso dei gravi difetti di cui all’art. 1669 c.c.), equipara, alla denuncia, il riconoscimento del vizio, pur se successivo al termine di decadenza stabilito per la denuncia stessa da parte dell’appaltante, con la conseguenza che quest’ultimo non perde il diritto alla garanzia, non essendo normativamente prescritto che l’uno debba avvenire entro il termine stabilito per l’altra (Cass. II, 23 maggio 2000, n. 6682).

Ne segue l’irrilevanza della stessa eccezione di decadenza sollevata “in modo acritico” dalla difesa convenuta.

Va, peraltro, soggiunto come per almeno tre dei quattro macro-vizi, oggetto della presente causa, non soltanto vi è stato riconoscimento ma tanto il venditore – costruttore quanto il direttore dei lavori si erano assunti l’obbligo di riparazione e di intervento sulle carenze o disfunzioni segnalate plurime volte dagli attori in tema di: VMC; piastrellatura; serramenti.

Il tenore delle citate comunicazioni, infatti, denuncia proprio l’assunzione di un’obbligazione autonoma e sganciata dalla “garanzia” di cui all’art. 1669 c.c..

Agli odierni fini ciò rileva anche per la prescrizione in quanto ciò priverebbe di rilievo l’indagine circa la tempestività del primo atto interruttivo essendo applicabile quella ordinaria decennale.

In tema di appalto, l’esecuzione da parte dell’appaltatore di riparazioni a seguito di denuncia dei vizi dell’opera da parte del committente deve intendersi come riconoscimento dei vizi stessi e, pertanto, il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 1669

cod. civ. comincia a decorrere “ex novo” dal momento in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti.

Ne consegue che, nel caso in cui la sufficiente conoscenza dei difetti sia raggiunta solo dopo l’esecuzione delle riparazioni ed in conseguenza dell’inefficacia di queste, il termine prescrizionale deve farsi decorrere da questo successivo momento e non dall’esecuzione delle riparazioni (Cass. II, 29 settembre 2009, n. 20853).

A chiosa finale va, comunque, affermato la plurima interruzione della prescrizione annuale, comunque, snodatasi attraverso atti:

precedenti allo stesso riconoscimento dei tre macro-vizi come la missiva del 16 luglio 2020 (doc. 19 fasc. ) mentre è successiva, di contro, rispetto alla denuncia di percolamento delle acque, l’invito ad aderire al procedura di negoziazione assistita il 2 ottobre 2020 (doc. 21 fasc. successivi al riconoscimento dei vizi quali le diffide del 19 luglio 2021 (doc. 26 fasc. ) e del 9 febbraio 2022 (doc. 29 fasc. Il termine di prescrizione, infatti, è assoggettato all’ordinario regime degli atti interruttivi di cui agli artt. 2943 e 2945 c.c.. A norma dell’art. 2943 cod. civ., il relativo decorso viene interrotto non solo dalla proposizione della domanda giudiziale, ma, altresì, da qualsiasi atto stragiudiziale (nella specie, una lettera) che valga a costituire in mora il debitore.

Ciò in quanto detto termine si riferisce non già alla sola azione di responsabilità nei confronti dell’appaltatore, ma al diritto di credito del committente, affiancato, come tutti i diritti, dalla facoltà, per il suo titolare, di farlo valere in giudizio, la quale costituisce un modo di esplicazione dello stesso, e non incide sulla sua disciplina sostanziale, ivi compresa la regolamentazione della prescrizione e delle relative cause di interruzione.

Atti di poco precedenti la litispendenza e che non possono che far ritenere manifestamente infondata l’eccezione di prescrizione.

Il merito della domanda.

Il thema decidendum della causa non può che essere quello fissato negli scritti assertivi della parte che – anche attraverso una ricognizione tecnica ante causam – ha chiesto l’accertamento della sussistenza di una serie di vizi e difetti la cui emenda comportasse una serie di spese da liquidare come risarcimento del danno.

Su tale ambito assertivo, quindi, devono essere lette le prove offerte in comunicazione dalla parte e gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio quale strumento latamente istruttorio nella disponibilità del Tribunale.

In materia di risarcimento del danno il principio di integralità comporta il diritto della parte danneggiata a vedersi ristorare tutte le conseguenze dirette ed immediate (art. 1223 c.c.) derivanti dall’illecito subito.

Ne segue che a fronte dell’accertamento di un vizio o di un difetto il danno conseguenza che ne deriva non è certo limitato alle spese necessarie per l’emenda a regola d’arte ma a tutte quelle tecniche e documentali atte a rendere fruibile la cosa o la sua porzione secondo il regime giuridico – amministrativo che le è proprio.

Allo stesso modo, quindi, un’eventuale attività tecnica e giuridica necessaria per eliminare un difetto o una carenza non oggetto degli scritti assertivi non rientra nel perimetro della causa e non potrà essere oggetto di risarcimento del danno semplicemente perché il fatto lesivo cui si appunta non è stato oggetto di allegazione né denuncia della parte stessa.

In senso contrario si finirebbe da un lato per eludere del tutto le disposizioni speciali previste in materia di denuncia dei vizi e prescrizione e dall’altro privare la controparte del diritto di difesa, essendo fatti percepiti solamente a seguito del parere tecnico del consulente d’ufficio.

Chiarito ciò si può affermare con ragionevole certezza processuale la sussistenza dei quattro macro vizi allegati in citazione ed il connesso diritto al risarcimento del danno a favore degli attori nei limiti di cui appresso ovvero: VMC, piastrellatura esterna, serramenti, percolamento acque.

Da un punto di vista metodologico il Tribunale condivide l’analisi svolta su questi temi dall’ausiliario sia rispetto agli atti di causa che al risultato della propria attività di indagine.

La C.T.U. ha esposto i criteri di valutazione cui si è ancorata per svolgere il proprio ragionamento tecnico e la ragionevolezza delle conseguenze che ne ha tratto.

Allo stesso modo non vi possono essere censure di illogicità o arbitrarietà nell’attività di liquidazione in cui si è cimentata rispetto ai temi di indagine offertele avendo indicato le diverse poste e i diversi criteri cui ha fatto riferimento.

Ricordando le coordinate pretorie di cui sopra si può affermare che i difetti rilevati rientrino nella nozione di gravità di quelli di cui all’art. 1669 c.c. in quanto in grado di compromettere l’ordinario godimento della cosa nella sua globalità ed implicanti la necessità di opere progettuali e rimediali di una certa estensione e complessità.

A. L’impianto di ventilazione meccanica.

La relazione peritale ha dato ampio sfogo all’emersione dei difetti, in parte riconosciuti in via stragiudiziale dagli stessi convenuti.

Dal suo esame si evincono due profili critici di una certa serietà:

progettuale; esecutivo.

Sotto il primo profilo è stata appurata in via “cartolare”:

• la non conformità tra il progetto consegnato agli attori del 29 novembre 2018 (doc. 25 fasc. ) e lo stato di fatto rilevato in sede di sopralluogo (v. all. A e C relazione);

• il mancato deposito, in uno con la pratica edilizia, del progetto (mancanza che affascia anche quella dell’impianto di riscaldamento a pavimento, raffrescamento sanitario e gas metano);

• la inattendibilità della dichiarazione di conformità così confezionata (doc. 25 fasc. ) dal termotecnico • la contraddittorietà del contenuto della relazione ex legge 10/1991 (all. M relazione) ove si dichiara per ben due volte (p. 2 punto 1 e 7 punto 5.) che non è “presente alcun sistema di ventilazione meccanica controllata”.

Asserto dichiarativo confezionato proprio dall’odierno convenuto e che si pone in aperto contrasto con lo stato dei luoghi in quanto nell’appartamento è presente tale impianto nonché con quanto indicato nell’attestato di prestazione energetica

(all. N relazione) Quanto all’aspetto impiantistico-esecutivo sono state rilevate le seguenti difformità dalla regola dell’arte:

a) curva a gomito della tubazione che esce dal plenum;

b) rumorosità dell’impianto all’interno della camera matrimoniale;

c) dimensionamento non corretto della botola di accesso alla macchina che impedisce la pulizia dei filtri e la manutenzione;

d) impossibilità di rimozione e sostituzione dei filtri.

Ad esse si è giustapposta la descrizione degli interventi correttivi:

“Rimuovere la botola esistente, allargare il controsoffitto fino ad ottenere un accesso che consenta la manutenzione.

Fornire e posare una nuova botola di dimensioni minime 80x160cm;

Eliminare la curva a gomito tramite rimozione della tubazione flessibile dal plenum e chiusura dell’uscita.

Utilizzare per la nuova uscita uno dei fori esistenti sotto il plenum e collegare la nuova tubazione alla bocchetta di immissione d’aria della camera matrimoniale.

Il tutto eseguito da un tecnico specializzato (pp. 16- 17 relazione)..

B.

La piastrellatura esterna La verifica dello stato dei luoghi ha restituito la seguente situazione morfologica:

✓ ai lati dell’edificio l’acqua è stagnante per errata pendenza, ✓ nella parte prospiciente l’ingresso vi sono delle piastrelle rotte e delle fughe aperte;

✓ risultano assenti giunti di dilatazione tra le piastrelle, per assorbire i movimenti e le dilatazioni termiche, nonché i giunti di frazionamento tra i due sottofondi diversi per assorbire le vibrazioni nonostante la dimensione dell’area pavimentata.

Si tratta di errori tecnici tanto di progettazione (nel non aver considerato lo stato dei luoghi) quanto di esecuzione.

Il punto nodale del difetto, infatti, è la pendenza del piano di campagna cui si giustappone quello piastrellato cosicchè l’ausiliario ha esplicitato la necessità del rifacimento sia sotto che sopra superficie dell’area piastrellata.

Ciò elide in nuce la critica mossa, ancora in comparsa conclusionale, circa l’esorbitanza dei rimedi indicati rispetto alla quantità e qualità del vizio.

Il difetto, di contro, appare strutturale e funzionale sicchè l’insieme delle opere indicate dalla C.T.U. non appare affatto arbitrario o sovradimensionato essendo necessarie per conseguire un rifacimento a regola d’arte e duraturo.

Per dare una corretta pendenza e scorrimento delle acque tutta la porzione in prossimità dell’acqua stagnante, infatti, l’ausiliario indica le seguenti attività:

“• Allestimento cantiere;

• Rimozione delle zone di pavimentazione indicate dove l’acqua è stagnante;

• Rimozione dell’impermeabilizzazione;

• Rimozione del sottofondo;

• Posa di massetto in calcestruzzo con corretta pendenza;

• Impermeabilizzazione con guaina liquida;

• Fornitura e posa di piastrelle e giunti di dilatazione;

• Rimozione piastrelle rotte;

• Rimozione dell’impermeabilizzazione;

• Impermeabilizzazione con guaina liquida;

• Fornitura e posa di piastrelle e giunti di dilatazione” (pp. 17-19 relazione).

C. I serramenti esterni devono essere oggetto di sostituzione nei coprifili esterni.

D. infiltrazioni percolanti verso il fondo del vicino La produzione fotografica assolta dalla difesa attorea ha dimostrato gli effetti che le piogge incidenti sul proprio giardino hanno rispetto a quello del fondo finitimo:

allagamento e dilavamento dell’acqua in modo copioso (doc 6 fasc. L’eziologia del fenomeno può essere ricondotta alla stessa opera di edificazione dell’intero fabbricato come esplicitato dall’ausiliario:

“La dimensione dell’area verde drenante è stata ridotta del 50% perché su metà terreno è stato edificato l’edificio, quindi, risulta maggiore rispetto a prima proprio perché l’area del terreno drenante si è ridotta.

Quest’acqua oltretutto contrastata dalle nuove costruzioni viene spinta nella direzione del vicino confinante.

” Considerazioni rassegate a valle dell’esame delle stesse “foto depositate in Comune dal geom. e della “relazione del geologo anch’essa allegata al PDC (all. F)”.

Eloquenti sul punto sono i passaggi di tale atto confezionato ai fini del permesso di costruire convenzionato:

” area con consistenti limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso dei terreni a causa di problematiche sia di tipo geotecnico (possibile presenza di occhi pollini) sia di tipo idrogeologico (possibile sviluppo di falde sospese).

(…) Dal punto di vista idrogeologico il sottosuolo dell’area si caratterizza per la presenza di una falda freatica (…) La natura poco permeabile del sottosuolo dell’area investigata rende tuttavia difficoltoso il drenaggio delle acque di infiltrazione che possono portare alla formazione di falde sospese (…) per tale ragione anche a causa della prevista presenza dei locali interrati si ritiene debba essere posta particolare attenzione alla realizzazione di una rete di aggottamento e allontanamento delle acque di ristagno al piede delle fondazioni. (…)”.

Relazione avente gli stessi presupposti di quella offerta in sede stragiudiziale dall’odierno convenuto ma che contrasta con le conclusioni che questi trae circa l’irrilevanza del costruito rispetto allo status quo ante di impermeabilità del terreno.

Prova del difetto progettuale dell’intervento per omessa considerazione dei possibili fenomeni di aumentato ruscellamento che sarebbero derivati dall’occupazione dell’area con il nuovo costrutto edilizio.

L’intervento “difensivo” cui è giunto il proprietario del fondo adiacente (innalzamento di un muro) non risulta risolutivo ad avviso del C.T.U. anche perché in questo modo vi è un evidente ristagno d’acqua entro i confini degli attori.

Al fine di risolvere definitivamente la problematica “è necessario che venga realizzato uno scarico a confine tra la recinzione ed il giardino dei sigg. che convogli le acque della loro proprietà verso i pozzetti stradali •

Scavo sulla proprietà dei sigg. alla fine dell’area verde lungo la recinzione di confine;

• Posa di tubazione prefabbricata a V resistente al gelo per la raccolta acqua e raccordo stradale”.

Il cumulo della sequela di interventi qui snocciolati è compendiato in modo analitico e ragionevole nel computo metrico (all. relazione) confezionato dall’ausiliario ove si indica una spesa stimata di circa € 26.553,47 (Iva al 22% inclusa).

Liquidazione che può essere fatta propria dal Tribunale quale condanna risarcitoria atta a reintegrare il patrimonio degli attori.

A questa va aggiunta una “quota” di spese per l’attività tecnico- professionale divisata dall’ausiliario del Tribunale quale precipitato delle ingenti carenze progettuali ed amministrative rilevate rispetto al titolo abilitativo presentato dalla convenuta e dal suo direttore dei lavori.

Purtuttavia, la gran parte concernono aspetti non oggetto né di allegazione né di domanda da parte della difesa attorea nei limiti delle preclusioni di cui all’art. 183 c.p.c… Si tratta di aspetti afferenti all’agibilità – che mancherebbe – emersi soltanto a seguito dell’accesso agli atti dell’ausiliario e dall’esame della quantità e qualità dei documenti prodotti dalla convenuta in sede di procedimento amministrativo (sia a supporto della richiesta di permesso di costruire che della dichiarazione fine lavori ai fini dell’agibilità, peraltro parziale, il cui procedimento fu sospeso dal Comune il 14 settembre 2019 per mancanza delle dichiarazioni di conformità degli impianti e l’attestazione di riduzione del 10% della prestazione energetica). Si tratta di veri e propri temi di indagine estranei alla causa e di cui la difesa attorea si è “appropriata” solo a valle dell’assunzione del mezzo di prova, per poi perorarne la liquidazione in sede di precisazione delle conclusioni argomentando nella propria comparsa conclusionale unicamente sulla scorta della C.T.U..

In sede stragiudiziale e giudiziale tanto il patrono di parte che il proprio tecnico non hanno mai sollevato tali questioni.

(v. doc. 30 fasc. RIVA).

Va ricordato che “la modificazione della domanda ammessa dall’art. 183, comma 6, c.p.c. può riguardare uno o entrambi gli elementi oggettivi della medesima (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, per ciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, o l’allungamento dei tempi processuali (ex multis Cass. II, Ord. 6 settembre 2024, n. 23975; Cass. II, n. 3920 del 2024).

In questo caso difetta la stessa emendatio libelli consentita e quindi il tema non può essere oggetto di condanna in quanto vi sarebbe la lesione del diritto di difesa dei convenuti sotto i seguenti profili:

assertivo e probatorio (come prova contraria);

di spettanza della somma agli attori atteso che le carenze del procedimento ammnistrativo riguardano l’intero complesso immobiliare e non solo le unità acquistate dagli attori con quel che ne segue circa l’iniuxta locupletatio che conseguirebbero dall’ottenere il risarcimento riguardante le spese afferenti anche altre unità immobiliare o il condominio, ove costituito.

In definitiva possono ritenersi inerenti l’odierna causa soltanto le spese professionali riguardanti il rifacimento dell’impianto di ventilazione meccanica e che possono essere liquidate in € 1.500,00 sulla scorta del computo eseguito in generale dall’ausiliario del Tribunale (p. 25 relazione).

Avrebbe un debito di valore pari ad € 28.053,47.

A questa somma, tuttavia, va detratta la parte di prezzo che fu trattenuta presso l’agente immobiliare quale depositario dell’assegno consegnato dagli attori dell’importo di € 3.900,00 (docc 1-14 fasc. ).

Si tratta di una parte di prezzo mai corrisposta dagli attori e che, come tale, deve essere defalcata dall’importo dovuto a titolo risarcitorio.

La parte venditrice, ovviamente, non potrà pretenderne il pagamento essendo “compensato atecnicamente” a credito nel debito cui è tenuta verso gli attori.

In definitiva la va condannata al risarcimento del danno subito dagli attori liquidato in finali € 24.153,47 oltre rivalutazione monetaria dal 13 settembre 2019 e fino al soddisfo.

La posizione di Costituisce ius receptum il principio secondo cui l’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 cod. civ. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e conseguentemente nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione (Cass. II, 23 luglio 2013, n. 17874; Cass. nn. 19868/09, Cass. 3406/06, Cass. 13158/02, Cass. 4900/93).

Si è argomentato nella parte superiore della motivazione circa gli errori progettuali ed esecutivi dell’edificazione del complesso edilizio.

Ebbene essi sono ascrivibili anche alla mancanza di diligenza professionale cui si è esposto l’odierno convenuto come si può evincere in maniera plastica da:

la presentazione di dichiarazioni di conformità e relazioni carenti o in contrasto con lo stato rilevato;

la difformità dello stato dei luoghi rispetto a quanto rappresentato nel progetto fornito agli attori (ma non al dell’impianto VMC;

la erronea considerazione dell’incidenza del costrutto edilizio rispetto ai pericoli di dilavamento dell’acqua dal fondo come emergente in modo plastico dalla sua “relazione” del 30 giugno 2020 (doc. 7 fasc. Tanto basta per affasciare lo stesso nella condanna risarcitoria in via solidale con la società venditrice.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in € 264,00 per anticipazioni non imponibili, € 7.616,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, I.V.A., se dovuta, e C.P.A. Le spese di C.T.U. vengono poste definitivamente a carico della onché di

il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni domanda o eccezione avversa • condanna la nonché al risarcimento del danno subito da , liquidato in € 24.153,47 oltre rivalutazione monetaria dal 13 settembre 2019 e fino al soddisfo;

• condanna la nonché alla rifusione delle spese di lite sostenute da , liquidate in € 264,00 per anticipazioni non imponibili, € 7.616,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, I.V.A., se dovuta, e C.P.A.;

• pone definitivamente a carico di onché le spese di C.T.U..

Milano, 6 gennaio 2025 Il Giudice NOME COGNOME

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