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Risoluzione contratto affitto agrario per inadempimento

La sentenza afferma il principio per cui la semplice contestazione dell’inadempimento non equivale alla risoluzione di diritto del contratto di affitto agrario. Inoltre, si evidenzia come, in caso di eccezione di inadempimento, il giudice debba valutare comparativamente gli inadempimenti delle parti.

Pubblicato il 30 September 2024 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Repubblica Italiana In nome del popolo italiano

il Tribunale di Bergamo, Sezione Specializzata Agraria, in persona dei Signori:

Dottoressa NOME COGNOME Presidente relatore ed estensore, Dottoressa NOME COGNOME Giudice, Dottor NOME COGNOME Giudice, Geometra NOME COGNOME Esperto, Dottor NOME COGNOME Esperto, pronuncia presente sentenza nel procedimento contraddistinto dal numero 3397 del ruolo generale degli affari civili per le cause ordinarie dell’anno 2024, vertente tra (Codice Fiscale ), rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME del foro di Udine forza mandato atti, ricorrente, contro (Codice Fiscale rappresentata difesa dall’Avvocato NOME COGNOME del foro di C.F. forza mandato atti, resistente. Motivi della decisione

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_BERGAMO N._1593_2024 -_N._R.G._00003397_2024 DEL_25_09_2024 PUBBLICATA_IL_26_09_2024

Trattasi di causa introdotta dall’attrice nei confronti della convenuta con ricorso ritualmente depositato in Cancelleria, che, costituitasi ritualmente la convenuta, dopo trattazione come in atti è stata posta in decisione all’udienza del 19 luglio 2024.

Ciò posto, devesi evidenziare quanto segue.

E’ pacifico e documentalmente provato (si esamini il documento 1 di produzione di parte ricorrente) che in data 10 novembre 2017 è stato stipulato inter partes un contratto di affitto agrario avente ad oggetto taluni fondi siti a Treviglio, di proprietà della ricorrente medesima.

Le parti nell’occasione pattuirono la durata del contratto quindici anni pagamento, da parte della società semplice resistente, di 13.000,00 euro annui.

Assume ricorrente che, dopo aver corrisposto prima annualità, resistente si rese gravemente inadempiente con riferimento all’obbligo di pagamento del corrispettivo pattuito, nulla versando più.

Afferma di aver dunque esercitato il diritto potestativo di risolvere il contratto de quo e di aver quindi, per l’effetto, chiesto il rilascio dei fondi de quibus.

Nulla avendo ottenuto, chiede dichiararsi l’avvenuta risoluzione del contratto d’affitto stipulato inter partes condanna della resistente rilascio immediato dei fondi.

Chiede altresì la condanna di controparte al pagamento della somma di 52.000,00 euro, a titolo di corresponsione dei canoni scaduti e insoluti.

Con gli accessori del credito e con vittoria di spese.

Insiste per l’espletamento di ulteriore attività istruttoria.

La resistente insta per il rigetto delle domande di controparte.
Con vittoria di spese. Insiste altresì per l’espletamento ulteriori incombenti istruttori.

Ciò posto, osserva il Collegio quanto segue.

Non dovrà primo luogo procedersi all’espletamento ulteriore attività istruttoria, per la presenza, come sarà agevolmente deducibile quanto verrà esplicitato seguito, tutti gli elementi atti a consentire la definizione del procedimento.

Nel merito, devesi evidenziare quanto segue.

Risulta documentalmente (si esamini documento 2 di produzione attorea) che con raccomandata con avviso ricevimento datata 14 dicembre 2021 l’attrice contestò alla convenuta l’inadempimento sopra indicato, illustrando le proprie motivate richieste.

Il tutto ai sensi del disposto dell’articolo 5, terzo comma, della legge numero 203 del 1982, che impone di inviare tale tipologia di diffida prima di ricorrere all’autorità giudiziaria.

Ora, dalla missiva de qua l’attrice pretende di pervenire all’accoglimento della prima domanda principale proposta, volta ottenere declaratoria dell’avvenuta risoluzione del contratto quo, risoluzione che a suo dire sarebbe maturata in allora una volta inviata la missiva, tramite l’esercizio del diritto potestativo di risolvere di diritto il contratto per grave inadempimento.

Sotto tale profilo, peraltro, non può accogliersi la prospettazione attorea.
Infatti, esaminando la raccomandata sopra indicata, si evince che la medesima ha assolto la sola condizione di procedibilità (sopra indicata).

Nella lettera non stato inserito l’avvertimento (usualmente esternato nei casi come quello di specie) che, in difetto sanatoria dell’inadempimento, contratto si sarebbe sciolto.

Come insegna la Suprema Corte (si esamini la pronuncia numero 25759 del 2019) contestazione dell’inadempimento che locatore, ai sensi dell’articolo 5 della legge numero 203 del 1982, ha l’onere di comunicare al conduttore prima di ricorrere all’autorità giudiziaria per la risoluzione del contratto di affitto di fondo rustico a coltivatore diretto non deve necessariamente contenere anche una diffida ad adempiere entro il termine assegnato al conduttore dalla legge per sanare l’inadempimento, perché relativa facoltà deriva quest’ultimo direttamente dalla legge e può essere, quindi, esercitata indipendentemente dall’invito del locatore. Dalla pronuncia, a ben vedere, emerge in maniera palmare la necessità, comunque, di esercitare la facoltà de qua (anche se non necessariamente tramite raccomandata sopra indicata).

Nel caso di specie tale facoltà è stata esercitata per la prima volta in libello, giacché, giova ripeterlo, nella lettera non è presente alcuna diffida ad adempiere ma anzi viene comunicata de plano l’assunta avvenuta risoluzione del contratto diritto, dissonanza, tra l’altro, rispetto al dettato normativo del più volte nominato articolo che prevede possibilità per il conduttore di evitare la risoluzione medesima in caso di sanatoria dell’inadempienza entro il termine di tre mesi decorrenti dal ricevimento della missiva. In assenza della diffida sopra indicata, giova ripeterlo, non potrà accogliersi la domanda volta ottenere l’avvenuta risoluzione di diritto del contratto.

Devesi peraltro evidenziare che l’attore formula in questa sede una specifica domanda rilascio del compendio oggetto del contratto d’affitto.

Ora, una tale domanda implica implicitamente la formulazione, a monte, di una domanda di risoluzione giudiziale (sempre per inadempimento).

Si noti che la Suprema Corte ha stabilito che la volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare una domanda espressamente proposta dalla parte giudizio, ben potendo essere implicitamente contenuta in un’altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione (si esamini la pronuncia numero 24947 del 2017), quale, nel caso di specie, la domanda di rilascio.

Ne discende la possibilità di accogliere la domanda (implicitamente formulata) ottenere la risoluzione giudiziale con una pronuncia che, in questo caso, avrà valenza costitutiva non dichiarativa dell’avvenuta risoluzione di diritto).

Devesi peraltro evidenziare che resistente, onde paralizzare l’iniziativa di controparte, propone eccezione inadempimento.

Assume all’uopo di aver legittimamente e doverosamente sospeso ogni pagamento a causa del gravissimo inadempimento contrattuale di parte ricorrente, che non avrebbe inserito i terreni affittati nel suo Fascicolo Aziendale Regionale e che in seguito avrebbe concesso i terreni stessi in comodato al figlio, Produce all’uopo il documento numero 2, che dimostra il sunnominato mancato inserimento, e i documenti 5 e 6, che dimostrano l’avvenuta stipulazione del contratto di comodato.

Si noti che il mancato inserimento nel fascicolo comporta la mancata percezione di taluni contributi:
tali contributi, stante l’inserimento dei terreni de quibus nel Fascicolo Aziendale Regionale del comodatario Legnani, sono stati indubbiamente percepiti dal comodatario medesimo.

Ciò posto, peraltro, non può non rimarcarsi come sia emerso chiaramente, in base alla disamina degli atti, che il godimento di fatto dei terreni è stato sempre esercitato continua essere esercitato dalla resistente.

Le turbative del godimento di fatto dei terreni quibus, infatti, sono , per quanto risulta, sempre, agli atti, a una diffida (inviata tramite legale a un’impresa terzista operante per conto della resistente) dall’accedere ai terreni stessi e dallo svolgere su di essi le attività agromeccaniche commissionate dalla resistente medesima.

Null’altro è stato provato in punto, non essendo stato dimostrato che la diffida abbia prodotto una qualche interruzione dell’attività regolarmente esercitata dalla resistente dalle imprese lei incaricate.

In particolare, non risulta in nessun modo provato l’impedimento dello sfruttamento dei fondi e del loro godimento materiale.

Parte resistente, poi, non nemmeno offerto di provare l’impedimento de quo.

Dunque, il godimento materiale dei fondi è stato indiscutibilmente oggetto di fruizione da parte della resistente.

In tale contesto, pare al Collegio che il contratto di comodato sia stato stipulato al solo scopo di far ottenere i contributi sopra indicati trattasi indubbiamente beneficio illegittimamente percepito senza titolo dal a causa di una condotta inadempiente della ricorrente.

La ricorrente, in sostanza, non può non considerarsi inadempiente rispetto agli obblighi nascenti dal contratto stipulato inter partes.

Ciò posto, devesi peraltro evidenziare che il comodato risulta stipulato nel 2021, allorché già da tempo non veniva corrisposto il canone dalla resistente.

Ancora, e soprattutto, non vi è alcuna certezza in ordine all’entità del danno patito dalla resistente a seguito della perdita dei contributi de quibus.

Si noti che parte resistente non ha mai quantificato tale danno, soprattutto mai chiedendo risarcimento dello stesso (nemmeno in questa sede).

Non ha nemmeno offerto di provare l’entità del detrimento patito.

In un tale deserto probatorio non risulta possibile quantificare qualificare adeguatamente l’inadempimento della ricorrente onde compararlo quello, sicuramente ingente e di notevole gravità, della resistente.

Suprema Corte insegna che, in tema di contratti con prestazioni corrispettive, ove venga proposta dalla parte l’eccezione inadimplenti non est adimplendum ai sensi del dettato normativo dell’articolo 1460 del codice civile, il giudice deve procedere a una valutazione comparativa degli opposti adempimenti, avuto riguardo anche alla loro proporzionalità rispetto alla funzione economico–sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse. Si esamini la pronuncia numero 17020 del 2022.

Ora, a fronte del gravissimo inadempimento della resistente, che ha corrisposto solo un’annualità canone rompendo sinallagma sotteso al negozio giuridico stipulato, non pare altrettanto grave l’inadempimento della ricorrente, non avendo stesso comportato perdita del godimento materiale dei fondi, che resistente ha continuato a sfruttare (senza più corrispondere alcunché).

L’inadempimento della resistente ha inciso sostanzialmente toto sull’intrinseca corrispettività connaturata contratto d’affitto stipulato inter partes.

La ricorrente, invece, ha in buona parte consentito alla resistente trarre dall’accordo utilità pattiziamente promesse.

Dunque non potrà che pronunciarsi in questa sede la risoluzione giudiziale del contratto de quo, disattendendo l’exceptio non rite adimpleti contractus.

Con riferimento alla domanda di immediato rilascio dei fondi formulata parte ricorrente, poi, in ossequio all’articolo 11 del Decreto Legislativo numero 150 del 2011 la stessa non potrà essere accolta che parzialmente:
fondi dovranno essere rilasciati non immediatamente ma alla fine dell’annata agraria in corso.
applicazione dell’articolo 1591 del codice civile, dovranno essere corrisposti i canoni scaduti e insoluti, contenuti da parte ricorrente in misura di 52.000,00 euro.

Con riferimento, poi, agli accessori del credito dovrà evidenziarsi quanto segue.

Parte ricorrente chiede in ricorso, in maniera aspecifica, gli interessi “… maturati e maturando dalle singole scadenze al saldo effettivo, oltre gli interessi di legge …”.

Non indica, nemmeno per relationem, il tasso da applicarsi in relazione alla prima parte degli interessi richiesti;
non indica l’importo o gli importi costituenti la base calcolo degli interessi applicazione del tasso);
non indica nemmeno con precisione quali siano le scadenze alle quali si riferisce.
presenza tali insufficienti allegazioni non possono che essere riconosciuti i soli interessi legali, sulla somma sopra indicata di 52.000,00 euro, dalla domanda giudiziale al saldo.

Non resta, infine, che delibare in ordine alle spese, che, come liquidate dispositivo tenendo conto della non particolare complessità della controversia e dell’assenza di attività istruttoria svolta, seguiranno la soccombenza.

Per questi motivi Tribunale Bergamo, Sezione Specializzata Agraria, definitivamente pronunciando, respinta ogni altra istanza, eccezione e deduzione, risolve il contratto stipulato inter partes.
Condanna la resistente al rilascio, a favore della ricorrente, dei fondi indicati in contratto al termine dell’annata agraria in corso.
Condanna la resistente al pagamento, a favore della ricorrente, della somma di 52.000,00 euro, oltre interessi come da motivazione.
Condanna la resistente alla rifusione, a favore della ricorrente, delle spese di lite, che liquida euro 545,00 per anticipazioni ed euro 7.052,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfettario pari al 15 % del compenso quivi liquidato e agli oneri fiscali e previdenziali di legge.
Fissa in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.

Bergamo, 19 luglio 2024 Il Presidente Dottoressa NOME COGNOME

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