REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI VENEZIA SEZIONE PRIMA CIVILE
La Corte d’Appello di Venezia, Sezione Prima Civile, composta dai seguenti Magistrati:
Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME Consigliere estensore ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._372_2025_- N._R.G._00001118_2023 DEL_04_03_2025 PUBBLICATA_IL_04_03_2025
nella causa civile di secondo grado iscritta al ruolo il 15/06/2023 al n. 1118/2023 R.G., promossa con atto di citazione notificato (C.F. ), rappresentata e difesa in causa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Dolo (VE), INDIRIZZO come da procura alla memoria di costituzione 13/1/2021 avanti la Sezione Lavoro del Tribunale di Venezia -appellante- CONTRO (C.F. ), corrente in Dolo, INDIRIZZO rappresentata e difesa in causa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in INDIRIZZO Dolo, come da procura a allegata alla comparsa di costituzione e risposta in appello -appellata/appellante incidentale- GENERALE E persona del procuratore dott. (in forza di procura 10.11.2020 n. 5046 rep. notaio dott. di Milano) e con sede a Milano in INDIRIZZOc.f. ), rappresentata e difesa in causa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Verona, in INDIRIZZO giusta procura in calce alla comparsa di costituzione in primo grado -appellata- avente per oggetto:
Appalto: altre ipotesi ex art. 1655 e ss. cc (ivi compresa l’azione ex 1669cc), rimessa al Collegio in decisione all’udienza del 23.01.2025 , sulla base delle seguenti
CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
DELL’APPELLANTE previa ogni declaratoria di rito, per le motivazioni in narrativa esposte o per quelle comunque ritenute di Giustizia:
– Accogliersi le conclusioni di cui all’atto di appello 19/6/2024;
– Annullarsi integralmente l’impugnata pronuncia per i motivi dedotti o quelli ritenuti di Giustizia;
– In principalità, dichiarare inammissibile o comunque respingere ogni avversaria domanda, istanza e richiesta;
– In subordine, per la denegata ipotesi di soccombenza, anche parziale, condannarsi a pagare, garantire, manlevare e tener comunque indenne la deducente da qualsiasi somma la stessa fosse chiamata a versare, a qualsivoglia titolo, in relazione ai fatti di causa
CONCLUSIONI
DELL’APPELLATA In via preliminare:
Rigettarsi l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza in carenza dei presupposti.
Nel merito Rigettarsi l’appello in quanto inammissibile e infondato.
In via di appello incidentale:
In ragione dell’inadempimento di alle obbligazioni del contratto di appalto, condannarla al risarcimento del danno che si quantifica nella somma di euro 96.320,00 o quella diversa che dovesse essere ritenuta di giustizia anche in esito ad apposita C.T.U. con gli interessi moratori.
B) Avendo il Giudice del Lavoro accertato una responsabilità di (ex art. 2043 c.c.) e di (ex art. 2087 c.c. e art. 71 D.lgs. 81/2008) nei confronti di , determinarsi, nei rapporti interni, con riferimento al rapporto contrattuale, oggetto del presente giudizio, il grado esclusivo o prevalente di responsabilità di e condannarla a tenere indenne e manlevata in pari misura In via istruttoria Previa revoca dell’ordinanza del 30.12.2022, ammettersi le prove per testi sui seguenti capitoli:
a) il semirimorchio di cui è causa era adibito a trasporti eccezionali, in ragione di permessi speciali per il fuori peso;
b) la all’epoca, aveva la disponibilità solo di un semirimorchio dotato di tali caratteristiche;
c) la non ha avuto la disponibilità del semirimorchio di cui è causa, in quanto sequestrato, sottoposto ad indagini tecniche e, quindi, alla successiva riparazione, per il periodo dal 20/5/2016 al 26/5/2018;
d) In tale periodo la per i trasporti eccezionali a favore dei suoi clienti, ha dovuto ricorrere a vettori terzi, sostenendo i maggiori costi di cui all’allegato prospetto (cfr. doc. 10).
Si indica a teste la Sig.ra Si chiede sia disposta C.T.U. diretta a determinare che la rottura del perno è stata una conseguenza o dell’inesatta esecuzione della prestazione da parte di o della caduta della rampa.
In ragione di ciò, anche a modifica delle valutazioni dell’ing. chiarisca il C.T.U. quale sia l’incidenza dell’inadempimento di nella causalità materiale che lega dette condotte all’evento di danno (sinistro determinando il grado di responsabilità anche nei rapporti interni.
Si chiede, occorrendo, che sia disposta C.T.U. diretta a determinare, anche con utilizzo della documentazione contabile la congruità dei maggiori costi di cui ai capitoli di prova e alla documentazione in atti.
Si rinnova l’istanza di acquisizione dell’ATP n° 6486/2017 Tribunale di Venezia in quanto accerta l’inadempimento della convenuta alle obbligazioni contrattuali nei termini di cui in narrativa.
Spese e compensi del grado di appello rifusi
CONCLUSIONI
DELL’APPELLATA – nel caso di integrale accoglimento del primo motivo d’appello formulato dall’appellante darsi atto del venir meno dell’interesse dell’appellante alla decisione sulla domanda subordinata (anche nel presente grado) di accertamento della garanzia assicurativa con con ogni conseguente decisione in ordine alla rifusione delle spese di lite nei confronti della parte soccombente;
– nel caso di mancato accoglimento (anche solo parziale) del primo motivo d’appello di (così come anche nell’ipotesi di accoglimento dell’appello incidentale formulato da , confermarsi la sentenza n. 828/2023 del Tribunale di Venezia in relazione ai rapporti tra e quindi rigettarsi il secondo motivo d’appello formulato e quindi ogni domanda formulata da questa nei confronti di con integrale accoglimento delle conclusioni formulate in primo grado e che qui di seguito si trascrivono:
“- in via preliminare e principale, dichiararsi inammissibile in quanto tardiva la domanda di garanzia e manleva formulata da nei confronti di – sempre in via preliminare e nella denegata ipotesi in cui la domanda fosse ritenuta ammissibile (fatto salvo rispettoso gravame), dichiararsi la nullità ex art. 164 cpc, per i motivi tutti esposti in comparsa di costituzione, dell’atto notificato il 9.2.2021 da con conseguente adozione di ogni provvedimento previsto dal codice di rito;
– in via subordinata, in considerazione dell’inoperatività della polizza azionata perché il sinistro non rientra nell’ambito del rischio oggetto di garanzia e previa ogni declaratoria di legge e di ragione, rigettarsi ogni domanda formulata nei confronti , in quanto infondata in fatto ed in diritto;
– in via ulteriormente subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi in cui fosse ritenuta l’operatività della garanzia di polizza (e fatto salvo rispettoso gravame), respingersi ogni domanda formulata da nei confronti , in quanto la garanzia era sospesa per il mancato pagamento del premio assicurativo;
– in via ulteriormente subordinata, nella denegata ipotesi di accertamento di una responsabilità di (e fatto salvo rispettoso gravame) limitarsi l’obbligo di a quanto previsto in polizza e quindi principalmente rigettarsi la domanda di garanzia di polizza anche in relazione ai cosiddetti ‘danni postumi’ ed in via subordinata limitarsi l’obbligo di a quanto previsto in polizza e quindi entro il massimale di € 250.000,00 e con la franchigia assoluta di € 250,00”;
– con ogni relativa conseguenza di legge in ordine alla rifusione delle spese di lite (terzo motivo d’appello di – con vittoria di spese e competenze anche del presente grado SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1
Il giudizio definito con la sentenza impugnata costituisce prosecuzione del giudizio avviato innanzi alla Sezione Lavoro, a seguito della separazione delle domande effettuata Giudice del Lavoro adito da lavoratore di , rimasto vittima di un infortunio sul lavoro causato dalla caduta della rampa posta sul camion del suo datore di lavoro, che gli aveva provocato la frattura scomposta del femore distale destro, della tibia e del perone sinistro.
1.2 Vlog con la comparsa di costituzione ex art. 414 c.p.c. aveva formulato domanda riconvenzionale nei confronti di cui aveva affidato l’incarico di modificare il sistema di sollevamento e abbassamento delle rampa.
Deduceva la resistente che tale impianto, come era emerso nel corso dell’A.T.P. svoltasi ante causam, era stato realizzato dall’appaltatrice senza alcuna indicazione da parte della casa costruttrice del mezzo (RAGIONE_SOCIALE e, inoltre, era privo di certificazione e marcatura CE.
Da qui la richiesta di risoluzione del contratto d’appalto e di risarcimento dei danni subiti (esborsi sostenuti per il noleggio dei mezzi necessari per eseguire le attività di trasporto nel periodo in cui il veicolo era stato sottoposto a sequestro e rimborso dei costi di rifacimento dell’impianto di sollevamento del mezzo).
1.3
Il Giudice del Lavoro, ritenuta la competenza della Sezione Civile in ordine alle domande di risoluzione del contratto e di risarcimento formulate dalla committente nei confronti di ne aveva disposto lo stralcio con formazione di autonomo fascicolo, che il Presidente del Tribunale con decreto del 2.1.2019 aveva assegnato alla I Sezione Civile.
1.4 Avanti il giudice ordinario si era costituita, così come aveva già fatto nel procedimento lavoristico, la compagnia di assicurazione di dalla quale l’appaltatrice pretendeva di essere manlevata nel caso di accoglimento delle domande della committente.
1.5
Istruita documentalmente la causa e depositata nel corso del giudizio la sentenza con cui il Giudice del Lavoro aveva condannato risarcimento dei danni subiti dal (accertando altresì le quote interne di responsabilità), il Tribunale definiva il giudizio con sentenza n. 828/2023, pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. in data 11.5.2023, che, accertato il grave inadempimento di sulla scorta di quanto emerso in sede di A.T.P., dichiarava la risoluzione del contratto d’appalto e condannava l’appaltatrice alla restituzione del prezzo corrisposto, pari ad Euro 7.333.23. Rigettava, invece, le domande risarcitorie di in quanto la documentazione allegata (doc. 10) era di formazione unilaterale ed inidonea a provare l’effettiva sopportazione dei costi.
Infine, la domanda di manleva nei confronti di veniva ritenuta inammissibile in quanto proposta da solo nel giudizio di riassunzione.
***** 2.1 Avverso la predetta sentenza ha proposto appello che con il primo motivo ha eccepito violazione degli artt. 1668 c.c. e 116 c.p.c., non sussistendo un inadempimento di gravità tale da giustificare il rimedio solutorio.
Invero, la denunciata irregolarità certificativa sarebbe solo un “mero accidente burocratico formale e non già un vizio, tantomeno così grave da impedire l’uso del semirimorchio” che non avrebbe avuto alcuna efficacia causale sul sinistro occorso lavoratore.
L’infortunio, infatti, sarebbe verificato indipendentemente dalla mera regolarità della documentazione amministrativa.
Ha osservato al riguardo che i lavori erano stati effettuati nel 2015 (quindi, un anno prima dell’infortunio di cui è causa, avvenuto il 20.5.2016 n.d.t.
e che da quel momento aveva pacificamente utilizzato il mezzo, omettendo di effettuare la manutenzione e senza sollevata alcuna contestazione sull’operato di essa appellante.
2.2 Con il secondo motivo ha lamentato l’erronea declaratoria di inammissibilità della domanda di manleva in quanto la compagnia assicurativa non si era costituita tempestivamente nel giudizio lavoristico (la comparsa di era stata depositata il 2.12.2019, vale a dire due mesi dopo la prima udienza) ed era, pertanto, decaduta ex art. 416, comma 2, c.c. dalla possibilità di sollevare eccezioni non rilevabili d’ufficio.
In ogni caso, l’appellante all’udienza del 4.2.2021 aveva chiesto un differimento per consentire la chiamata in causa della compagnia assicurativa.
2.3
Con il terzo motivo ha lamentato l’erronea condanna alle spese in quanto la domanda risarcitoria di è stata rigettata e, quindi, ricorrendo il presupposto della soccombenza parziale reciproca, il Tribunale avrebbe dovuto compensare le spese almeno parzialmente.
***** 3.1 Si è costituita anche in appello , che ha chiesto il rigetto dell’appello di ed ha proposto appello incidentale, lamentando l’erroneo rigetto della domanda risarcitoria in quanto, a comprova dei danni subiti (costi di noleggio dei mezzi necessari a svolgere i lavori affidati nel periodo in cui l’autocarro era stato sottoposto a sequestro penale e costi di sostituzione del dispositivo di movimentazione delle rampe), aveva chiesto l’ammissione di alcuni capitoli di prova con i quali intendeva confermare il dato documentale di cui al doc. 10). 3.2
Infine, ha lamentato l’omessa pronuncia in ordine alla richiesta di condanna a tenerla indenne ed a manlevarla nella misura accertata dal Giudice del Lavoro.
***** 4.Si è costituita anche , che ha chiesto il rigetto dell’appello di sulla base dell’inammissibilità della domanda proposta nei suoi confronti e comunque della carenza di copertura assicurativa.
***** 5. Rigettata l’istanza di inibitoria, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 23.1.2025 tenutasi secondo modalità cartolari ex art. 127 ter c.p.c., a seguito dello scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica come da ordinanza collegiale del 4.1.2024.
***** 6.1 Le valutazioni effettuate dal Giudice del Lavoro ai fini dell’individuazione delle responsabilità per l’infortunio occorso al lavoratore sono solo in minima parte rilevanti nel presente contenzioso nel quale si deve verificare l’adempimento da parte di alle obbligazioni discendenti dal contratto d’appalto e le conseguenze di natura risarcitoria eventualmente derivanti dalla presenza di vizi nel macchinario.
6.2 Sulla base di quanto risulta dalla consulenza tecnica espletata nel procedimento ex artt. 696/696 bis c.p.c. si può affermare che:
l’installazione del sistema idraulico per la movimentazione delle rampe non venne eseguita in base a indicazioni, specifiche e/o istruzioni della casa costruttrice del mezzo (la RAGIONE_SOCIALE), ma si trattò di un intervento di modifica effettuato in base ad un progetto della la modifica del semirimorchio con la dismissione del sistema a molle (che, secondo quanto precisato dal C.T.U., non è un sistema completamente manuale ma sfrutta dei dispositivi, le molle, che garantivano comunque un accumulo e un successivo rilascio di energia meccanica) e l’installazione del un sistema idraulico di movimentazione delle rampe hanno di fatto comportato la “creazione” e successiva “nuova immissione sul mercato” di una macchina vera e propria che avrebbe dovuto essere rispondente a quanto previsto dalla cosiddetta Direttiva Macchine (D.lvo n. 17/2010); la piena rispondenza alla citata Direttiva avrebbe dovuto comportare inevitabilmente la necessità, da parte del costruttore effettuare un percorso di natura tecnico amministrativo per giungere ad una corretta certificazione del mezzo quale macchina;
in particolare i costruttori devono redigere il cosiddetto Fascicolo Tecnico del Costruttore (brevemente FTC) (si veda art. 3 c.3) che deve dimostrare la conformità della macchina a tutti requisiti previsti dalla direttiva.
Tra le altre cose nel FTC si devono allegare disegni generali e particolareggiati della macchina ed indicare anche le regole tecniche utilizzate per la progettazione e costruzione della macchina le quali, tra le altre cose, attestano la realizzazione alla regola dell’arte di quelle parti non strettamente normate da provvedimenti di legge cogenti e/o obbligatori;
inoltre, il costruttore deve predisporre un adeguato libretto di uso e manutenzione (che è parte integrante della macchina), redigere la dichiarazione di conformità della macchina alla Direttiva (ma se necessario deve indicare anche la conformità rispetto ad altre direttive, di prodotto o meno, nel cui campo di applicazione il mezzo fosse ricaduto) ed apporre la marcatura CE;
dalla documentazione esaminata dal C.T.U. è risultato chiaro che il semirimorchio, inteso come macchina ricadente nell’ambito di applicazione della Direttiva Macchine, non era dotato di alcuno dei documenti citati e tanto meno della marcatura CE e quindi a tutti gli effetti risultava da un punto di vista formale non conforme alle normative vigenti all’epoca della sua immissione sul mercato e quindi di fatto inutilizzabile.
ha qualificato come meramente formali e non incidenti sul sinistro le mancanze documentali riscontrate dal C.T.U. Il Collegio, per converso, condivide le conclusioni cui è pervenuto il consulente tecnico d’ufficio, ossia che le modifiche apportate al macchinario e la mancanza delle certificazioni e della documentazione prevista dalla legge abbiano reso il dispositivo in oggetto inutilizzabile.
Di conseguenza, è incorsa in grave inadempimento che giustifica la risoluzione del contratto d’appalto.
Ciò che rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 1668 c.c., infatti, è esclusivamente che il macchinario fosse inadatto alla destinazione cui doveva essere adibito, e ciò è indiscutibilmente emerso dalla consulenza, come sopra evidenziato.
Che la mancanza delle certificazioni di sicurezza rivestisse solo una valenza “formale”, come sostenuto da , è contraddetto dalla circostanza che, se così fosse stato, la predetta società, contrariamente a quanto accaduto, non avrebbe avuto difficoltà a procurarsi tale documentazione.
Il primo motivo dell’appello principale è, pertanto, respinto.
6.3.
La disamina del secondo e del terzo motivo dell’appello di deve essere effettuata successivamente al gravame di 6.4 L’appello incidentale di è parzialmente fondato, nei limiti che si vanno a precisare.
Correttamente il Tribunale ha ritenuto irrilevante il doc. 10 anche se la motivazione va integrata in quanto occorre pure evidenziare che il citato documento è una mera elencazione dei trasporti eseguiti anno per anno e degli importi pagati ad un non meglio precisato “fornitore”.
Manca, quindi, l’indicazione delle date dei trasporti e dell’azienda che li ha eseguiti.
Già per tale motivo il citato documento, quand’anche confermato dal teste indicato dalla committente, avrebbe avuto uno scarso rilievo probatorio.
Va in ogni caso evidenziato che il danno avrebbe dovuto essere provato producendo i contratti di trasporto stipulati con i vettori terzi e la documentazione attestante il pagamento delle prestazioni (es. bonifici, assegni).
L’appellante incidentale avrebbe in alternativa dovuto produrre le fatture emesse dai vettori e chiedere che costoro venissero escussi quali testi per confermare l’avvenuto pagamento.
Da quanto appena detto emerge la non decisività della capitolazione non ammessa dal Tribunale, posto che l’unica circostanza che il teste avrebbe potuto confermare sarebbe stata la mancanza di altri semirimorchi per effettuare i trasporti eccezionali richiesti dai clienti di nel periodo 20/5/2016- 26/5/2018 (vale a dire dal giorno dell’infortunio a quello in cui, successivamente al dissequestro del mezzo, venne depositata la consulenza dell’ing.
Tale circostanza, pur rilevante, non avrebbe, però, consentito da sola di accogliere la domanda.
6.5
Il Tribunale non ha argomentato il rigetto dell’ulteriore domanda risarcitoria per la quale ha dimesso quale doc. 14 la fattura di RAGIONE_SOCIALE cui ha affidato l’incarico di sostituire il dispositivo di movimentazione delle rampe.
Indiscutibile è la necessità di sostituire il sistema di sollevamento, posto che, come detto sopra, quello realizzato da era inutilizzabile.
Tenuto poi conto che l’intervento è stato eseguito dalla medesima società che ha realizzato l’impianto inizialmente installato sul semirimorchio di proprietà della committente e che sulla congruità dell’importo speso non sono state effettuate specifiche contestazioni da parte di , tale domanda risarcitoria va accolta sia pure non integralmente in quanto a per effetto della dichiarata risoluzione, sono state restituite le somme corrisposte all’appaltatrice.
Consegue che il pregiudizio patito è limitato alla maggior somma che la committente ha dovuto corrispondere a NOME per poter nuovamente utilizzare il semirimorchio:
il danno viene allora liquidato in Euro 13.640,00 – Euro 7.355,54 = Euro 6.284,46 oltre a rivalutazione secondo indici ISTAT ed interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal 30.6.2018 (data della fattura prodotta in causa) al saldo.
6.6
Quanto all’omessa pronuncia lamentata da si osserva che il Tribunale del Lavoro ha accertato con la sentenza n. 298/2021 la misura della responsabilità dell’appellante incidentale e di nell’infortunio occorso anche nei rapporti interni, pronunciandosi sulla questione, sicché il Tribunale ordinario non aveva alcun obbligo di decidere.
Così alle pagg. 19/20 della sentenza del Giudice del Lavoro:
“Dunque devono essere ritenute responsabili dell’infortunio occorso a data 20.5.2016;
la responsabilità va internamente ripartita nella misura del 60% in capo a e del 40% in capo a essendo comunque la prima responsabile nei confronti del lavoratore, tenuta a verificare l’idoneità degli strumenti che la stessa pone a disposizione dei lavoratori sicché non occorre una pronuncia sulla sussistenza di un obbligo di manleva da parte dell’appaltatrice, che già deriva dall’accertamento concorrente responsabilità”.
Quand’anche di pertinenza di questo Collegio, non vi sarebbe necessità della statuizione sollecitata dall’appellante per le ragioni già evidenziate nella sentenza n. 298/2021.
Vi è, infine, da precisare che , a fronte del citato pronunciamento del Giudice del Lavoro, conserva solo l’interesse ex artt. 1299/2055 c.c. all’esercizio dell’azione di regresso, che presuppone l’avvenuto pagamento della parte eccedente la quota di responsabilità del debitore di cui l’appellante incidentale, però, non ha fornito alcuna prova (e comunque una simile domanda non è stata formulata nel presente giudizio).
Tale motivo è, pertanto, respinto.
6.7 Va, a questo punto, trattato il gravame – oggetto del secondo motivo d’appello principale – proposto da nei confronti di Occorre innanzitutto evidenziare che, rispetto alla statuizione adottata dal Tribunale, la richiesta di manleva non può trovare accoglimento già per il preliminare rilievo che la polizza stipulata è del tipo “Responsabilità civile” e, quindi, copre i danni causati a terzi.
Risulta all’evidenza estraneo alla copertura il corrispettivo per le prestazioni svolte che l’assicurato è tenuto a restituire in conseguenza della risoluzione del contratto.
Quanto, invece, al risarcimento del danno liquidato con la presente sentenza, ritiene il Collegio che, come già accertato dal Tribunale, la domanda di manleva sia inammissibile.
Sul punto rileva che:
a) la richiesta di manleva tempestivamente formulata da nei confronti di riguardava il risarcimento chiesto dal con il ricorso introduttivo del giudizio lavoristico (e tale domanda, per quanto genericamente formulata, non poteva di certo riguardare le pretese di che ancora doveva costituirsi);
b) l’appellante principale avrebbe dovuto estendere la domanda di manleva nella prima udienza o difesa del predetto giudizio successiva al deposito della comparsa di costituzione di contenente la c.d. domanda riconvenzionale trasversale;
c) tardiva, pertanto, è la richiesta di chiamata in causa a tale titolo effettuata nel giudizio avanti la Sezione ordinaria del Tribunale;
d) la tardiva costituzione della compagnia assicurativa avanti il Tribunale del Lavoro non impediva alla chiamata in causa di eccepire ed al giudice di rilevare (anche d’ufficio) il mancato rispetto delle tempistiche sub b) in quanto non si tratta di eccezione rilevabile su istanza di parte bensì di decadenza processuale.
Si precisa, per completezza espositiva, che la domanda di manleva, quand’anche ammissibile, non avrebbe potuto trovare accoglimento, essendo l’infortunio avvenuto in un periodo in cui il premio assicurativo non era stato pagato, con conseguente carenza di copertura ex art. 1901 c.c.
Sul punto , senza essere stata contraddetta dalla sua assicurata, ha dedotto nonché comprovato con i docc. 3 e 10 che:
– l’art. 3 delle condizioni generali di polizza e le condizioni particolari di polizza prevedevano la sospensione dell’assicurazione nel caso di mancato pagamento dei premi e delle rate entro il termine di 30 giorni dalla scadenza (quindi, posto che il periodo assicurato era dal 22.3.2016 al 22.3.2017, il termine scadeva il 21.4.2016);
– l’infortunio è avvenuto il 20.5.2016;
– il premio è stato pagato il 28.6.2016.
Il gravame è, pertanto, respinto.
6.9.
Il terzo motivo d’appello principale, sulle spese di , va respinto in quanto il Tribunale ha fatto applicazione del criterio del decisum ed ha, pertanto, liquidato le spese delle parti vittoriose sulla base dei parametri previsti per le cause di valore compreso tra Euro 5.200,01 ed Euro 26.000,00.
L’appellante principale non ha alcun motivo di lamentarsi di tale liquidazione anche in quanto avvenuta riconoscendo sia a che ad il compenso minimo previsto dal D.M. n. 55 del 2014.
***** risulta soccombente sia nei confronti di che di Atteso l’accoglimento dell’appello incidentale le spese del primo grado vanno liquidate da questo Collegio sia pure in misura analoga a quanto fatto dal Tribunale dal momento che lo scaglione di riferimento in ragione del valore effettivo della controversia è rimasto il medesimo.
Le spese delle parti vittoriose del presente giudizio vengono liquidate, esclusa la fase istruttoria, secondo valori minimi, attesa la semplicità delle questioni dibattute e l’attività concretamente effettuata.
Stante il rigetto dell’appello principale va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il pagamento da parte di di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002.
Definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto da nei confronti di e di nonché sull’appello incidentale proposto da nei confronti di avverso la sentenza n. 828/2023 pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. in data 11.5.2023 dal Tribunale di Venezia, rigetta il primo, accoglie il secondo per quanto di ragione e per l’effetto, in parziale riforma della pronuncia impugnata, che conferma nel resto:
condanna al risarcimento del danno subito da che liquida in Euro 6.284,46 oltre a rivalutazione secondo indici ISTAT ed interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal 30.6.2018 al saldo;
condanna a rifondere le spese di che liquida per il primo grado in Euro 2.540,00 per compenso, oltre a spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge, e per l’appello in Euro 1.984,00 per compenso ed Euro 355,50 per esborsi, oltre a spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;
condanna a rifondere le spese del grado d’appello di , che liquida in Euro 1.984,00 per compenso oltre a spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento da parte di di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002.
Venezia, 19 febbraio 2025 Il Consigliere Estensore Il Presidente Dott. NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME
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