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Codice Civile
Codice Penale

Risoluzione contratto di appalto, grave inadempimento appaltatore

In caso di grave inadempimento da parte dell’appaltatore, il committente ha diritto di chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno. L’abbandono del cantiere e la mancata esecuzione di una parte significativa dei lavori, nonostante le sollecitazioni, configurano un grave inadempimento. Il committente ha diritto alla restituzione delle somme già versate, nonché al risarcimento del maggior costo sostenuto per il completamento dell’opera.

N. 1012/2021 R.G.A.C. R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Napoli 12 Sezione Civile

Il Tribunale di Napoli, 12 Sezione Civile,

in composizione monocratica nella persona del G.O.P. dott. NOME COGNOME ha pronunziato la seguente

SENTENZA N._6654_2024_- N._R.G._00001012_2021 DEL_01_07_2024 PUBBLICATA_IL_01_07_2024

iscritta al n. 1012/2021 R.Gen. Aff. Cont, assegnata in decisione in data 6.5.2024 TRA a Napoli il 12.1.1977, c.f
. elettivamente domiciliata in Acerra (Na), INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME c.f. che la rappresenta e difende come da procura rilasciata su foglio separato da considerare in calce all’atto di citazione -attrice P. Iva -convenuta contumace Conclusioni della parte attrice:
all’udienza del 6.5.2024, la parte attrice si riportava a tutti i propri scritti difensivi, chiedendo l’accoglimento delle conclusioni, da ritenere parte integrante della sentenza, anche se non ritrascritte.

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

La presente sentenza viene redatta in conformità a quanto disposto dal testo dell’art. 132 c.p.c., così come modificato dalla legge 18 giugno 2009 n. 69 (pubblicata sulla G.U. n. 140 del 19 giugno 2009 ed in vigore dal 4 luglio 2009), mediante la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e con omissione dello svolgimento del processo.

Con atto di citazione ritualmente notificato, esponeva di essere proprietaria dell’immobile sito in Napoli, INDIRIZZO distinto al N.C.E.U. del Comune di Napoli alla sezione CHI, foglio 8, part. 653, sub. 9, giusto atto autenticato nelle firme del notaio NOME
del 25.2.2009, rep. 62292/16252. C.F. C.F. Nel mese di ottobre del 2016, l’attrice aveva conferito incarico all’architetto per la redazione di un progetto di ristrutturazione, nonché per la direzione dei lavori di manutenzione straordinaria dell’immobile sopra identificato.
In data 20.10.2016, aveva quindi stipulato un contratto di appalto con la società per l’esecuzione dei predetti lavori, per un importo pari ad €25.000,00 oltre Iva.

In data 26.10.2016, l’architetto aveva consegnato il cantiere all’impresa esecutrice redigendo in contraddittorio ed in presenza della committenza il verbale di consegna di cantiere e in data 31.10.2016 l’appaltatrice iniziava le opere previste in contratto.

L’attrice, inoltre, rappresentava che nel contratto d’appalto, in particolare all’art.9 c.2, le parti avevano convenuto che il tempo utile per ultimare tutti i lavori era stato fissato in 50 giorni lavorativi decorrenti dalla data del verbale di consegna dei lavori;
sicché, la data prevista per il completamento delle opere veniva fissata per il 20.12.2016, atteso che i lavori erano formalmente iniziati con una settimana di ritardo.

Durante lo svolgimento delle opere di manutenzione straordinaria, il Direttore dei lavori si era recato regolarmente in cantiere e aveva accertato che i lavori stavano procedendo in maniera estremamente lenta, al punto da contattare per le vie brevi l’impresa esecutrice allo scopo di comprendere le motivazioni di tali ritardi.

Inoltre, subito dopo la fase di demolizione e di rifacimento delle tramezzature, l’ aveva sospeso arbitrariamente le opere senza darne comunicazione né alla committenza né al direttore dei lavori.

In seguito a un sopralluogo avvenuto in data 19.12.2016, l’architetto aveva riscontrato che lo stato delle opere realizzate non aveva superato il 25% di quelle previste dal contratto, nonché la presenza di una tubazione di amianto che avrebbe dovuto essere rimossa.

Pertanto, con un primo ordine di servizio del 20.12.2016 quest’ultimo aveva ordinato di eseguire tutte le opere previste in contratto nel più breve tempo possibile e più precisamente di procedere al completamento degli impianti idraulici, termici ed elettrici nonché alla realizzazione dei massetti per la posa dei pavimenti e dei rivestimenti entro e non oltre il 31.12.2016 nonché entro cinque giorni consegnare alcune documentazioni.

Al suddetto erano seguiti altri due ordini di servizio del 21.12.2016 e del 30.1.2017 in conseguenza dei quali l’impresa esecutrice aveva ripreso saltuariamente le lavorazioni, salvo poi interrompere definitivamente le opere verso la metà del mese di gennaio 2017 senza dare alcuna motivazione valida.

A seguito della sospensione immotivata dei lavori, l’attrice per il tramite del difensore inviava a mezzo raccomandata a.r.
dell’8.2.2017, ricevuta il 9.2.2017, la dichiarazione di risoluzione del contratto di appalto con contestuale costituzione in mora.

L’attrice spiegava, inoltre, che alla data del sopralluogo del 19.12.2016, la committente aveva versato a mezzo bonifici bancari la somma di €17.500,00 Iva esclusa, a titolo di anticipo sui lavori effettuati, nonché l’ulteriore importo di €5.100,00 Iva inclusa per l’acquisto dei materiali idraulici e degli infissi, quest’ultimo conferito in contanti e direttamente nelle mani di , nella qualità di responsabile di cantiere nominato dalla ditta esecutrice delle opere.

In data 24.3.2017, a mezzo raccomandata a.r. , il direttore dei lavori architetto , al fine di redigere verbale di stato di consistenza dei lavori per poter liberare il cantiere, convocava sui medesimi luoghi l’ per il giorno 30.3.2017.

A tale convocazione quest’ultima risultava assente, cosicché, lo stesso, alla presenza della committenza e di n.3 testimoni, riportava a verbale le opere parzialmente eseguite, per un totale complessivo di €7.600,00, nonché quelle non ancora realizzate e, infine, redigeva l’inventario dei materiali e degli attrezzi presenti in cantiere.

Stante la necessità di di completare le opere previste in contratto e di ripristinare l’utilizzabilità del proprio immobile, la committente si era vista costretta a stipulare un nuovo contratto di appalto con un’altra impresa esecutrice;
le lavorazioni previste risultavano essere le medesime che avrebbe dovuto eseguire l’ tutto per un totale di €27.130,00.

Al momento della risoluzione del contratto, la convenuta, dopo aver preteso il pagamento di €5.100,00 consegnato brevi manu a , non aveva mai consegnato i materiali scelti dalla committente.

Questi ultimi come risultava dall’ordine di servizio n.3 del 30.1.2017, potevano essere così identificati:
pezzi igienici e rubinetteria, cabina doccia, radiatori, condizionatore dual e quanto necessario per il montaggio degli stessi.

Vani erano stati i tentativi di risolvere bonariamente la vertenza, al punto che la convenuta disattendeva anche l’invito alla negoziazione assistita inviato a mezzo pec in data 11.7.2019.

Pertanto, chiedeva al Tribunale di “1. in via principale, per tutti i motivi di cui al presente atto, accertare e dichiarare che la risoluzione del contratto di appalto concluso tra la sig.ra e l’ in persona del legale rapp.te p.t. , si è stragiu eri ensi degli artt. 1453, 1455 e 1457, 2 comma, c.c. e, per l’effetto, condannare la parte convenuta alla restituzione del prezzo pagato, corrispondente ad €15.000,00 (€.
17.500,00 a titolo di anticipo sui lavori effettuati €. 5.100,00 per l’acquisto dei materiali scelti dall’attrice e mai riconsegnati = totale €.
22.600,00 €. 7.600,00 a titolo di opere eseguite), oltre rivalutazione ed interessi dal dovuto al saldo, o nella diversa misura che l’Ill.mo Giudice adito dovesse ritenere equa e dovuta in corso di causa 2. in ogni caso, accertare la responsabilità contrattuale della parte convenuta e, per l’effetto, condannare la stessa al risarcimento dei danni subiti dall’attrice nella misura che l’Ill.mo Giudice adito dovesse ritenere equa e dovuta in corso di giudizio, oltre rivalutazione ed interessi dal dovuto al saldo;
3. il tutto con vittoria di spese, diritti, onorari, IVA, CPA, oltre la maggiorazione del 15% per spese generali, con attribuzione al sottoscritto procuratore dichiaratosi antistatario.
”.

All’udienza di prima comparizione e di trattazione della causa, su richiesta della parte attrice, venivano concessi i termini ex art.183 c.6 cpc e si dava atto della mancata costituzione della società convenuta.

Con ordinanza del 9.11.2021, veniva ammessa la prova per testi chiesta col secondo termine della memoria ex art.183 c.6 cpc.

Espletata la prova testimoniale, all’udienza del 5.6.2023 la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni.

Tanto premesso si osserva quanto segue.

In primo luogo, va dichiarata la contumacia della convenuta quale nonostante sia stata ritualmente citata dalla parte attrice in data 4.1.2021, non si è mai costituita nel giudizio.

Nel merito, la domanda di è fondata e merita accoglimento nei termini che seguono.

L’art.1453 c.c. al c.1 prevede che nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.

In particolare, in presenza di un grave inadempimento proveniente da una delle parti, l’ordinamento appresta un rimedio al fine di tutelare il creditore e far sì che questo possa reagire alla mancata esecuzione della prestazione da parte del debitore.

Nel caso di specie, , con regolare contratto di appalto sottoscritto con la ditta in data 20.10.2016, ha commissionato delle opere di manutenzione straordinaria all’interno del proprio immobile, pagando in anticipo parte del corrispettivo e un’altra parte a esecuzione iniziata per la fornitura di beni necessari, quali ad esempio la rubinetteria.

Per contro la ditta ha iniziato i lavori, abbandonando poco dopo il cantiere e disinteressandosi anche delle sollecitazioni che le venivano rivolte dal direttore dei lavori.

In particolare, l’appaltatrice per tutto il periodo del contratto è stata quasi del tutto assente sul luogo e ciò si evince sia dai tre ordini di servizio sottoscritti e inviati alla ditta, mai riscontrati, del 20.12.2016, del 21.12.2016 e del 30.1.2017 a mezzo del quale il direttore dei lavori, a seguito della continua inerzia dell’appaltatrice, chiedeva in nome e per conto della committente di sospendere le opere e di depositare in cantiere i materiali da lei acquistati per le lavorazioni da eseguire.

Con il secondo termine della memoria ex art.183 c.6 cpc l’attrice ha depositato ampia documentazione fotografica dello stato dei luoghi in cui viene mostrato l’appartamento ancora in uno stato iniziale di lavori.

Altresì, in data 30.3.2017, è stato redatto un verbale di consistenza dei lavori e di inventario dei materiali di proprietà della ditta abbandonati da quest’ultima sul cantiere;
tale verbale, redatto dal direttore dei lavori alla presenza della committente e di tre testimoni, avveniva in assenza della ditta la quale, tuttavia, pur essendo stata invitata non era comparsa.

Ad ogni modo, in tale verbale si legge che gli unici lavori completati sono state le demolizioni di cui non si hanno i formulari dello smaltimento dei rifiuti, la fornitura e posa in opera di 34 cm di muratura siporex di 10 cm utile alla futura tramezzatura divisoria, e infine, la posa in opera di alloggiamenti porte tipo scrigno.

Il resto delle opere previste dal contratto è stato soltanto parzialmente eseguito oppure non è stato mai iniziato.

Nonostante le numerose occasioni in cui la ditta avrebbe potuto far valere le proprie ragioni quest’ultima non si è mai difesa nei confronti della committente o del direttore dei lavori, non opponendosi nemmeno alla comunicazione di risoluzione contrattuale e messa in mora dell’8.2.2017. Unico responso di cui si può dare atto proveniente dalla ditta convenuta è la risposta all’invito alla negoziazione assistita del 18.9.2019, in cui l’impresa lamenta il blocco dei lavori dovuti alla presenza di amianto, rinvenuto dal direttore dei lavori nel dicembre 2016 e che a voler risolvere il contratto è stata una scelta della committente; inoltre, chiede un risarcimento di €7.000,00 pari al valore dell’attrezzatura rimasta nel cantiere.

Con riguardo a tali lamentele, che ad ogni buon conto sono rimaste stragiudiziali attesa la contumacia della convenuta, non risulta provato dalla ditta né che la rimozione del citato amianto non fosse di sua competenza, dal momento che era stata l’unica ditta incaricata dei lavori, né che questi fossero ostativi al proseguimento di tutti gli altri lavori.

Peraltro, l’abbandono del cantiere avvenuto per scelta della determinato l’abbandono delle proprie attrezzature il cui recupero non risulta essere stato ostacolato dalla committente.

Infine, meritano di essere evidenziate le prove testimoniali a mente delle quali viene confermato sia quanto su detto con riferimento alle lavorazioni, sia parte del quantum del corrispettivo che la committente ha pagato alla ditta secondo contratto.

Per quanto concerne il quantum, l’attrice con l’atto di citazione dichiara di aver corrisposto alla ditta €17.500,00 Iva esclusa, a titolo di anticipo sui lavori effettuati, nonché l’ulteriore importo di €5.100,00 Iva inclusa per l’acquisto dei materiali idraulici e degli infissi, per la somma complessiva di €22.600,00.

Con riferimento alla somma di €17.500,00 l’attrice ha tuttavia depositato soltanto tre bonifici la cui somma ammonta ad €13.750,00 con beneficiaria l’ con riferimento alla somma di €5.100,00 per l’acquisto dei materiali quali rubinetteria, pezzi igienici, cabina doccia e altro, questa viene provata attraverso la prova testimoniale resa da la quale in risposta al capo n.7 della memoria secondo termine ex art.183 c.6 cpc ha dichiarato “confermo che la somma di € 5.100,00 fu consegnata, in contanti ed in unica soluzione alla mia presenza, dalla mia amica al responsabile della ditta, il quale lamentava mancanza di danaro per la prosecuzione dei lavori”. Sicché, sulla base delle suesposte considerazioni, va dichiarata la risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento della convenuta società Con riferimento al relativo risarcimento questo può essere liquidato nella somma corrisposta e provata dall’attrice di €19.250,00 alla quale va scorporata la somma di €7.600,00 riconosciuta da quest’ultima per la parte di lavori realizzati, per un totale complessivo di €11.650,00, oltre interessi legali dalla domanda.

Le spese del presente procedimento, liquidate ex D.M. 147/2022 come da dispositivo, in relazione al valore della causa e all’attività effettivamente svolta per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale dello scaglione di valore medio, seguono la soccombenza

Il Tribunale di Napoli, 12 Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del G.O.P. dott. NOME COGNOME definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n.1012/2020 R.G.A.C., pendente tra ogni contraria istanza disattesa e questione assorbita, così provvede:
1)Accoglie la domanda di parte attrice e dichiara la risoluzione per inadempimento di del contratto di appalto del 20.10.2016;
2)Condanna in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento a titolo di risarcimento danni in favore di della somma di €11.650,00, oltre interessi legali dalla domanda;
3)Condanna in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di lite in favore di , che liquida in € 5.077,00 per compensi e € 264,00 per spese, oltre spese generali 15%, C.P.A. e I.V.A. se dovuta con attribuzione all’avvocato NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Napoli l’1.7.2024 Il G.O.P. (dott. NOME COGNOME La sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’Addetta UdP dott.ssa NOME COGNOME

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