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Risoluzione contratto di locazione per cessione non autorizzata

La sentenza conferma che la cessione di un contratto di locazione senza il consenso del locatore è illegittima e può comportare la risoluzione del contratto. Inoltre, la morosità del conduttore può giustificare la risoluzione e il risarcimento dei danni.

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n. 634/2024 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TORINO COGNOME

SEZIONE CIVILE

Il giudice istruttore NOME COGNOME in funzione di giudice unico, ha pronunciato nelle forme dell’art. 429 c.p.c. la seguente

SENTENZA N._774_2025_- N._R.G._00000634_2024 DEL_13_02_2025 PUBBLICATA_IL_13_02_2025

nella causa civile iniziata con ricorso depositato in data 10.1.24, iscritta al n. 634/24 di R.G., promossa da:

con l’Avv. NOME COGNOME ricorrente contro la prima in persona del legale rappresentante, entrambi con l’Avv. NOME COGNOME premesso che – con ricorso depositato il 10.1.24 – proprietaria dell’immobile a destinazione commerciale sito in Moncalieri, INDIRIZZO oggetto del contratto di locazione del 24.5.19 – ha chiesto di accertare che tale contratto era stato ceduto dal Sig. in assenza dell’autorizzazione scritta richiesta dall’art. 4, di accertare l’inadempimento di di dichiarare la risoluzione del contratto, di condannare al rilascio dell’immobile e di condannare in solido i resistenti al pagamento degli importi insoluti e dell’indennità di occupazione fino al rilascio; – i resistenti si sono costituiti congiuntamente in giudizio eccependo l’improcedibilità della domanda proposta nei confronti di per omesso esperimento della mediazione, negando la morosità, eccependo in via subordinata che l’inadempimento sarebbe lieve e chiedendo, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni dovuti alla mancata riparazione dei sanitari e del tetto da parte della locatrice – in seguito alla riconvenzionale l’udienza di cui all’art. 420 c.p.c. è stata differita ex art. 418 c.p.c. e la ricorrente ha depositato la memoria del 23.10.24; – all’udienza del 7.11.24 le parti hanno richiamato le rispettive istanze istruttorie;

– la causa è apparsa già matura per la decisione che viene assunta con la presente sentenza alla scadenza dei termini di cui all’art. 127 ter c.p.c. assegnati con ordinanza del 13.11.24 per il deposito di note di discussione scritte sostitutive della trattazione orale;

osservato che – sotto il profilo procedurale, si prende atto che nelle more del differimento disposto ex art. 418 c.p.c. la ricorrente ha nuovamente promosso il procedimento di mediazione sia nei confronti di che del Sig. , che la notifica effettuata dall’organismo è andata a buon fine per entrambi e che i resistenti hanno aderito all’invito partecipando all’incontro di mediazione che non ha avuto esito favorevole;

– pertanto l’iniziale eccezione di improcedibilità della domanda risulta superata;

– nel merito, i resistenti non hanno svolto alcuna contestazione avverso la tesi attorea secondo la quale sarebbe intervenuta tra loro una cessione del contratto di locazione del 24.5.19 in violazione dell’art. 4 che richiedeva l’assenso scritto della locatrice e non hanno negato l’inveridicità del punto C della scrittura del 27.6.22 (“modifica temporanea” delle condizioni contrattuali) laddove si era dato atto, contrariamente alla realtà, che “in data 23.2.22 la ragione sociale di conduttrice veniva variata da ” ” (…) all’attuale ” (…)” così da ingenerare la falsa convinzione di una continuità tra i due soggetti; – i resistenti non hanno neppure contestato la tesi attorea – che si ritiene corretta – secondo la quale, non vertendosi nell’ambito dell’art. 36 l. 392/78 che riguarda esclusivamente la cessione e la locazione d’azienda, troverebbe applicazione l’art. 1408 c.c. che, tuttavia, nella fattispecie in esame è stato derogato dal richiamato art. 4 che, prescrivendo l’assenso scritto alla cessione del contratto, comporta, contrariamente all’art. 1408 c.c., la mancata liberazione del contraente cedente qualora la cessione non sia stata autorizzata in tale forma dalla locatrice ceduta; – per questi motivi si deve riconoscere in capo a entrambi i resistenti e in forma solidale la titolarità passiva del rapporto debitorio;

– i resistenti hanno negato, per contro, la morosità affermando di aver effettuato pagamenti per ulteriori euro 62.230,99 – che corrispondono esattamente all’iniziale credito vantato ex adverso – e hanno prodotto due bonifici bancari (doc. 1 conv.) con riserva di produrre ulteriore documentazione in corso di causa;

– i due bonifici prodotti riguardano due canoni di euro 6.100 ciascuno già considerati e dedotti dalla locatrice nel conteggio aggiornato della morosità riportato a pag. 2 della memoria integrativa del 23.10.24 (voci 63 e 65 della quinta colonna);

– quanto ai pagamenti successivi, quelli di giugno, luglio, settembre e ottobre 2024 non possono essere presi in considerazione perché all’udienza del 7.11.24 parte resistente non ha chiesto di essere rimessa in termini per la produzione dei relativi bonifici che è avvenuta solo, tardivamente, con la memoria conclusiva del 3.2.25;

– è, per contro, ammissibile la produzione con la predetta memoria dei bonifici relativi ai mesi di novembre 2024, dicembre 2024 e gennaio 2025, per complessivi euro 18.300, trattandosi di documenti non ancora formati alla data dell’ultima udienza;

– il credito attoreo è dunque quantificabile in euro 124.403,11, di cui euro 118.303,11 per canoni maturati alla data del 23.10.24 (importo dal quale non possono essere detratti i predetti versamenti tardivamente prodotti con la memoria conclusiva), nulla per i mesi di novembre 2024, dicembre 2024 e gennaio 2025 ed euro 6.100 per il mese di febbraio 2025;

– i resistenti vanno quindi condannati in solido al pagamento di euro 124.403,11 oltre ad interessi di cui all’art. 1284 primo e quarto comma c.c. da ciascuna scadenza al saldo;

– i resistenti si sono opposti, in secondo luogo, alla richiesta attorea di risoluzione del contratto;

– la domanda della ricorrente non può basarsi sull’art. 1456 c.c. in riferimento alla clausola risolutiva di cui agli artt. 3.4 e 5 del contratto invocata per la prima volta con memoria autorizzata del 23.10.24, trattandosi di un motivo di risoluzione diverso, e con diversi effetti, rispetto a quello inizialmente prospettato con il ricorso introduttivo;

– l’eventuale inadempimento va, quindi, accertato sotto il profilo dell’art. 1456 c.c.;

– in questa prospettiva assumono rilievo il ragguardevole ammontare della morosità maturata (ad oggi di 124.403,11 più interessi), la sua riferibilità anche a periodi non interessati dell’emergenza RAGIONE_SOCIALE, la sua estensione temporale e la sua notevole entità rispetto a ciascun singolo canone;

– nei rapporti tra le parti le ulteriori circostanze prospettate a pag. 5 della memoria conclusiva dei resistenti sono ininfluenti;

– si deve, per questo, escludere che l’inadempimento sia di scarsa importanza ex art. 1455 c.c.;

– la richiesta di risoluzione del contratto dev’essere pertanto accolta nei confronti di attuale conduttrice;

– ai sensi dell’art. 1591 c.c. è inoltre dovuto da quale attuale occupante, il risarcimento dei danni da mancata restituzione nell’importo di euro 6.100 mensili dal mese di marzo 2025 (primo mese successivo alla data della presente sentenza) al rilascio;

– i resistenti hanno chiesto, in via riconvenzionale, la condanna della locatrice risarcimento dei danni asseritamente subiti in conseguenza dell’omessa riparazione dei sanitari e del tetto dell’immobile;

– come eccepito dalla locatrice, non vi è prova che i resistenti le avessero chiesto di provvedere alle riparazioni dandole avviso come prescritto dall’art. 1577 c.c.:

non sono state, infatti, prodotte comunicazioni scritte e i capitoli 1 e 2 della comparsa di risposta sono inammissibili per la totale genericità in ordine alle circostanze di tempo e di luogo in cui sarebbero stati verbalmente richiesti gli interventi di ripristino;

– tali lavori sono stati poi tempestivamente effettuati dalla locatrice una volta avuta, per la prima volta, contezza delle doglianze attraverso la disamina della comparsa di costituzione;

– per questo la mancata esecuzione delle riparazioni, ammesso e non provato che anche quella del bagno fosse a carico della locatrice, non può essere qualificata come inadempimento di e non può essere addotta né a contrasto della richiesta di risoluzione del contratto, stante l’evidente prevalenza in ogni caso dell’inadempimento di parte resistente, né a fondamento della pretesa risarcitoria che, peraltro, è stata avanzata in misura esorbitante, apodittica e, per coincidenza, prossima all’iniziale credito avversario; – la domanda riconvenzionale va conseguentemente respinta;

– le spese di giudizio seguono l’integrale soccombenza dei resistenti;

– i relativi compensi vengono così liquidati secondo i parametri di cui al D.M. 147/22 tenuto conto del valore della causa, del suo grado di difficoltà e dell’impegno richiesto dai singoli incombenti in ciascuna fase processuale:

1) compensi per il procedimento di mediazione – attivazione della mediazione: euro 550 – negoziazione: euro 1.200 2) compensi per il giudizio:

– fase di studio:

euro 2.500 – fase introduttiva:

euro 1.600 – fase di trattazione:

euro 3.000 – fase decisionale:

euro 2.200 per complessivi euro 11.050, da aumentare ad euro 14.365 per l’uso dei collegamenti ipertestuali, oltre ad euro 786 per esposti, 15% per spese generali, IVA se non detraibile e CPA come per legge;

il giudice istruttore in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda – dichiara la risoluzione del contratto del 24.5.19 per inadempimento di – condanna al rilascio in favore di dell’immobile sito in Moncalieri, INDIRIZZO libero da persone e cose;

– fissa per l’esecuzione la data del 30 marzo 2025;

– condanna in solido al pagamento a favore di di euro 124.403,11 oltre ad interessi di cui all’art. 1284 primo e quarto comma c.c. dalle singole scadenze al saldo;

– condanna al pagamento a favore di di euro 6.100 mensili per ogni ulteriore mese di occupazione dal mese di marzo 2025 al rilascio;

– condanna in solido al pagamento a favore di delle spese processuali che liquida in complessivi euro 768 per esposti ed euro 14.365 per compensi professionali, oltre a spese generali, C.P.A. ed I.V.A. come per legge qualora non detraibile dalla parte vittoriosa, imposta di registrazione e spese successive occorrende.

Così deciso in Torino il 12 febbraio 2025.

Il giudice unico (NOME COGNOME)

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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