Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA
Sezione Prima Civile
riunita in camera di consiglio e così composta Dott. NOME COGNOME Presidente rel. Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._1320_2024_- N._R.G._00000931_2022 DEL_02_11_2024 PUBBLICATA_IL_04_11_2024
nella causa n. 931 / 2022 R.G. promossa da rapp. e difeso dall’Avv.to NOME
presso il cui studio è elett. dom. per delega in atti e con domiciliazione telematica PARTE APPELLANTE nei confronti di rapp. e difesa dall’avv.to COGNOME NOME e dall’avv.to NOME COGNOME presso il cui studio è elett. dom. per delega in atti e con domiciliazione telematica PARTE APPELLATA
CONCLUSIONI
delle PARTI PARTE APPELLANTE “Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis reiectis, in parziale riforma dell’appellata sentenza, per i motivi esposti in narrativa:
– respingere perchè infondata in fatto ed in diritto la domanda proposta da contro di pagamento del compenso per l’anno 2018;
– per l’effetto condannare la società appellata alla restituzione all’appellante di tutto quanto versato in forza dell’esecutività della sentenza di primo grado nella misura di € 11.573,46 documentata in ) in tesi, dichiarare risolto per grave inadempimento imputabile a il contratto in data 09/03/2012, dichiarare per l’effetto della risoluzione del contratto che nulla deve per l’anno 2018 e condannare l’appellata a pagare all’appellante a titolo di risarcimento la somma di € 3.291,00 ovvero la minore o maggiore somma che risulterà dovuta; ii)
in ipotesi di riconoscimento, anche parziale, delle pretese di , dichiarare quest’ultima tenuta a versare, a titolo di risarcimento del danno e per i titoli dedotti, la somma di €3.291,00, ovvero la maggiore o minore somma che risulterà dovuta e, per l’effetto, disporre la compensazione dei rapporti di debito credito tra le parti fino a concorrenza.
Con vittoria delle spese legali per entrambi i gradi di giudizio, oltre spese vive documentate compreso il rimborso del contributo unificato versato anche per la domanda di primo grado, il 15% per rimborso forfettario delle spese generali, C.N.P.A. e IVA ove e se prevista come per legge o nella diversa misura, maggiore o minore che dovesse essere ritenuta di legge, o di giustizia, anche in via equitativa”.
PARTE APPELLATA “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis rejectis,
1) Preliminarmente:
dichiarare l’inammissibilità dell’atto di appello così come formulato poiché privo dei requisiti sanciti dall’art. 342 C.p.c.
e/o ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 348 bis c.p.c. 2) sempre in via preliminare:
accertare l’avvenuta aquiescenza a norma dell’art. 329, II comma, c.p.c. dei capi della sentenza non impugnati, già compiutamente indicati nella comparsa di costituzione e risposta in atti, con conseguente declatoria di passaggio in giudicato dei medesimi;
3) nel merito:
respingere il presente gravame in quanto infondato in fatto ed in diritto, e conseguentemente confermare in toto l’impugnata sentenza di primo grado nr. 387/22 emessa in data 19/05/22 dal Tribunale di Massa, con ogni consequenziale pronuncia in ordine alle spese di lite del presente grado del giudizio e con attribuzione in distrazione ex art. 93 C.p.c.;
4) Sempre nel merito:
voglia la Corte rigettare la domanda riconvenzionale dedotta da in quanto infondata in fatto ed in diritto ed, in mero ed estremo subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento – anche parziale – delle lagnanze avversarie, condannare al pagamento dei soli importi che risulteranno dovuti e provati, eventualmente ponendoli in compensazione con le poste che risulteranno dovute in favore degli odierni appellati da In via istruttoria:
ci si oppone a tutte le istanze istruttorie ex adverso formulate in quanto già oggetto di pronuncia (rectius, di rigetto) nella sentenza di primo grado ed, in assenza di impugnazione specifica e rituale, da ritenersi inammissibili poiché afferenti e diritto Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., notificato unitamente al decreto di comparizione d’udienza, la hiedeva al Tribunale di Massa di accertare e dichiarare la sussistenza dei crediti indicati nelle note proforma depositate e riguardanti l’anno 2018 e l’anno 2019, redatte in forza del contratto sottoscritto tra le parti, e conseguentemente condannare al pagamento, in favore della complessiva somma di Euro 14.640,00 a titolo di compensi maturati per l’anno 2018 e per l’anno 2019 per la tenuta contabilità svolta dai ricorrenti, oltre interessi e rivalutazione, ovvero la diversa somma – maggiore o minore – che risultasse effettivamente dovuta. La ricorrente deduceva:
che aveva stipulato, in data 09/03/2012, con la un contratto di tenuta scritture contabili (doc. 2), in forza del quale la si era impegnata a versare un canone annuo pari ad euro 6.000,00, oltre IVA, suddiviso in canoni mensili di Euro 500,00 ciascuno (doc. 2, punto 3);
che la durata del contratto era fissata sino al 31/12/2012, con rinnovo tacito annuale in caso di assenza di una manifestazione della volontà di recedere dallo stesso, da esprimersi a mezzo di lettera raccomandata A/R da recapitare a entro e non oltre il 30 settembre dell’anno in corso (doc. 2, punto 2);
che il contratto aveva previsto, per entrambi i contraenti, la possibilità di recedere in qualunque momento, con un preavviso di 15 giorni, tramite raccomandata A/R, salvo il diritto della n.d.r. a vedersi corrisposte tutte le mensilità del canone, fino alla conclusione dell’anno solare (doc. 2, punto 9);
che aveva omesso di corrispondere i canoni pattuiti per le annualità 2018 e 2019 (doc. 3), pertanto l’odierna ricorrente, con missiva del 22/01/2019, aveva invitato formalmente a corrispondere l’importo dovuto, pari ad euro 14.640,00 (doc. 4);
ma nessuna somma veniva corrisposta;
che l’inadempimento della aveva determinato l’applicabilità della disposizione di cui al punto 8 del contratto sottoscritto, che prevedeva la facoltà di risolvere il contratto – ex art. 1456 c.c.;
che, la ricorrente deduceva che nonostante l’interruzione del pagamento dei canoni stabiliti contrattualmente, non aveva formalizzato nessun recesso contrariamente a quanto pattuito.
Si costituiva la resistente che contestava tutto quanto dedotto dalla ricorrente;
chiedeva, in via del danno, pari a € 2.907,92 per sanzioni, interessi e spese di notifica, derivante dall’omesso calcolo dell’IMU e predisposizione dei relativi bollettini/modelli F24 per gli anni dal 2013 al 2017 come da avvisi prodotti (Docc. da 15 a 20) e a €1.002,00 versati al nuovo consulente per l’esame della contabilità ai fini della certificazione IVA, per il precedente anno 2017.
Spiegava ulteriore domanda riconvenzionale per la risoluzione per grave inadempimento della ricorrente a causa dell’eccepita omissione del calcolo e predisposizione dei modelli di pagamento dell’IMU per gli anni dal 2013 al 2017 e formulava istanze istruttorie a conferma di entrambe le riconvenzionali.
Con sentenza n. 387/2022, pubblicata il 20.05.22, il Tribunale di Massa così decideva:
“Definitivamente provvedendo, condanna la convenuta al pagamento in favore dall’attrice della somma di E. 7.320,00 oltre ad interessi legali dal 31.12.018 al saldo, nonché alla rifusione delle spese di giudizio liquidate in E. 3.002,00 di cui E. 264,00 per anticipazioni, oltre ad oneri di legge;
respinge la domanda riconvenzionale”.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello parte resistente in primo grado, la quale formulava i seguenti motivi di gravame:
ERRONEA, CONTRADDITTORIA E CARENTE MOTIVAZIONE IN ORDINE ALLA VALIDITA DEL RECESSO DAL CONTRATTO COMUNICATO CON MAIL DEL 27/12/2017 E 19/01/2018 PER COME ACCETTATO DALL’AMMINISTRATORE RELIANCE CON MAIL DEL 18/01/2018 COMPORTAMENTO CONCLUDENTE INTEGRANTE L’ACCETTAZIONE DEL RECESSO MEDIANTE LA RESTITUZIONE DELLE SCRITTURE CONTABILI PER L’ANNO 2018.
II.
VIOLAZIONE DELL’ART.112 C.P.C. ERRONEA, CONTRADDITTORIA ED OMESSA MOTIVAZIONE IN ORDINE ALLA RICHIESTA DI RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO.
III.
VIOLAZIONE ART.112 C.P.C. ERRONEA, CONTRADDITTORIA ED OMESSA MOTIVAZIONE IN ORDINE ALLA DOMANDA DI RISARCIMENTO DEL DANNO FORMULATA IN INDIRIZZO
IV.
ERRONEA, CONTRADDITTORIA ED OMESSA MOTIVAZIONE IN ORDINE AL MANCATO ACCOGLIMENTO DELLE ISTANZE ISTRUTTORIE FORMULATE A SOSTEGNO DELLE DOMANDE RICONVENZIONALI.
ERRONEA, CONTRADDITTORIA E CARENTE MOTIVAZIONE IN ORDINE ALLA CONDANNA ALL’INTEGRALE REFUSIONE DELLE SPESE DI GIUDIZIO E COMPORTAMENTO STRAGIUDIZIALE DI CONTROPARTE.
’art. 329, II comma, c.p.c. dei capi della sentenza non impugnati (e indicati a pag. 3 e 4 della comparsa di costituzione e risposta in appello);
nel merito, chiedeva di respingere il gravame in quanto infondato in fatto ed in diritto e la domanda riconvenzionale dedotta da si opponeva alle istanza istruttorie di controparte.
Con ordinanza del 01.02.23 la Corte, lette le note di trattazione scritta e rilevato che l’eccezione ex art. 342 c.p.c. era da decidere con sentenza, fissava udienza di precisazione delle conclusioni al 06 marzo 2024.
Con ordinanza del 20/03/2024 la Corte, Lette le note di trattazione scritta depositate, con cui le parti precisavano le conclusioni, tratteneva la causa in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. con decorrenza dalla comunicazione della predetta ordinanza.
Le parti depositavano tempestivamente comparsa conclusionale e di replica.
1. sull’eccezione ex art. 342
c.p.c. L’appellata eccepisce l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342, c. 1, c.p.c. ritenendo che, nel caso di specie, per tutti e cinque i motivi dedotti, mancano:
l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge, le modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
L’eccezione è infondata e deve essere respinta.
I motivi sono ammissibili ex art. 342 c.p.c. in quanto ampiamente articolati, come in seguito esposto nell’esame degli stessi.
Inoltre gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata. Sez. U – , Sentenza n. 27199 del 16/11/2017).
2. sull’eccezione ex art. 348 bis c.p.c. reiterata in comparsa conclusionale La parte appellata ribadisce come l’impugnazione proposta dall’attrice appellante, sia inammissibile sulla scorta del criterio/filtro della ragionevole probabilità di accoglimento ex art. 348 bis c.p.c. c.p.c..;
nel caso in esame la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni è significativa dell’implicito rigetto della stessa per mancanza dei presupposti di cui alla citata norma.
Peraltro “ ove il giudice non ritenga di assumere la decisione ai sensi dell’art. 348-ter, comma 1, c.p.c., la questione di inammissibilità resta assorbita dalla sentenza che definisce l’appello, che è l’unico provvedimento impugnabile, ma per vizi suoi propri, “in procedendo” o “in iudicando”, e non per il solo fatto del non esservi stata decisione nelle forme semplificate” Sez. 6 – L, Ordinanza n. 37272 del 29/11/2021).
3. sui motivi di appello principale 3.1 , CONTRADDITTORIA E CARENTE MOTIVAZIONE IN ORDINE ALLA VALIDITA DEL RECESSO DAL CONTRATTO COMUNICATO CON MAIL
DEL 27/12/2017 E 19/01/2018 PER COME ACCETTATO DALL’AMMINISTRATORE DI RELIANCE CON MAIL
DEL 18/01/2018 L’appellante ritiene la decisione erronea nella parte che segue:
“conseguentemente, legittima la pretesa di di vedersi riconosciuti i compensi mensili maturati sino al termine dell’anno solare 2018 che non risultano ad oggi versati da in applicazione dell’art.9 del negozio intercorso tra le parti”, in quanto sarebbe documentato (doc.3) che ha preso atto del recesso, dichiarandosi libera da ogni incombente, e non ha svolto alcuna attività a favore nel corso del 2018;
e neppure ha provveduto alla rettifica della dichiarazione IVA per l’anno 2017, di cui alla domanda riconvenzionale.
L’appellante deduce l’erroneità della decisione nella parte in cui non avrebbe valutato il contenuto della mail del 28/12/2017 recante la volontà “di portare la contabilità a La Spezia” (Doc.1) e di recedere dal contratto con , né tenuto conto del successivo riscontro dell’amministratore di del 18.01.2018 (doc.3).
Il motivo è infondato e deve essere respinto.
La comunicazione del 28.12.2017 è del seguente tenore:
E evidente dal tenore della stessa che essa, come rilevato dal Tribunale, non è univoca nel manifestare la “volontà” del recesso e in che termini, non risultando, in ogni caso, conforme alla forma pattuita è documentalmente provato che l’art. 9 del contratto prevede che il recesso debba essere formalizzato a mezzo di raccomandata A.R., con diritto per a vedersi riconosciute tutte le mensilità fino al termine dell’anno solare.
Pertanto essendo ritenuta valida la comunicazione del recesso in data 19.01.2018 devono essere riconosciuti i compensi per l’intero anno solare 2018, a prescindere dall’effettuazione di prestazioni in tale lasso di tempo.
Le disposizioni del predetto articolo 9 costituiscono una sorte di “penale” con cui le parti hanno determinato in via convenzionale anticipata la misura del ristoro economico dovuto all’altra in caso di recesso.
Essa non ha natura vessatoria, non rientra tra quelle di cui all’art. 1341 c.c. e non necessita, pertanto, di specifica approvazione ( Cass.Sentenza n. 18550 del 30/06/2021), né la parte ne ha chiesto alcuna riduzione.
Non sussistendo appello incidentale è assorbita la questione sollevata dalla parte appellata circa la valutazione del “comportamento concludente” idoneo a ritenere accettato il recesso di 3 VIOLAZIONE DELL’ART.112 C.P.C. ERRONEA, CONTRADDITTORIA ED OMESSA MOTIVAZIONE ORDINE ALLA RICHIESTA RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO e alla domanda di risarcimento del danno formulata in via subordinata.
I motivi devono essere esaminati unitamente attenendo alla medesima doglianza del mancato accoglimento della domanda subordinata e conseguenti.
I motivi sono infondati e devono essere respinti.
In primo grado l’attuale appellante ha formulato le seguenti domande :
”in via riconvenzionale condanni a pagare a a titolo di risarcimento del danno la somma di € 3.291,00, ovvero la maggiore o minore somma che risulterà dovuta in via ulteriormente riconvenzionale e subordinata Dichiari risolto per grave inadempimento imputabile a il contratto in data 09/03/2012, dichiari per l’ effetto della risoluzione del contratto che nulla deve per gli anni 2018 e 2019, condanni a pagare a a titolo di risarcimento la somma di € 3.291,00, ovvero la maggiore o minore somma che risulterà dovuta ; In ulteriore subordine, nell’ipotesi di riconoscimento anche parziale delle pretese di dichiari quest’ultima tenuta a versare a titolo di risarcimento e per i titoli dedotti del danno la somma di € 3.291,00, ovvero la maggiore o minore somma che risulterà dovuta e per l’effetto disponga la compensazione dei rapporti di debito credito tra le parti fino a concorrenza”.
La somma e il titolo del risarcimento del danno trovavano la causa petendi nel costo della prestazione del nuovo commercialista per il rifacimento dei conti Iva ( doc. nr. 13) e nel pagamento delle sanzioni prescindere dalla verifica dell’an della domanda per il risarcimento del danno, in applicazione della ragione più liquida, si osserva che il quantum richiesto non è provato:
– la parte attrice ha contestato la debenza delle somme;
– il doc. nr. 13 è una mera richiesta di pagamento( fattura) senza alcuna quietanza, ricordandosi che “ Le scritture proveniente da terzi estranei alla lite non hanno efficacia di prova piena in ordine ai fatti da esse attestati e possono contribuire a fondare il convincimento del giudice solo unitamente ad altre circostanze che ne confortino l’attendibilità.
” (Sez. 3, Sentenza n. 23788 del 07/11/2014);
tale ultima circostanza non sussiste nel caso in esame in cui non è stata dedotta alcuna prova dell’effettivo pagamento;
– i documenti da 15 a 19 hanno ad oggetto intimazione del pagamento a titolo di IMU, ma non vi è allegata alcuna prova di pagamento.
Risulta provato il pagamento per la sanzione IMU del 2012, ma tale inadempimento, consistente nel mancato inoltro del modello F24 con i dati necessari per il pagamento da , della cui prova era onerata in forza del contratto allegato, non è tale da consentire una pronuncia di risoluzione.
Il contratto all’art. 1 “oggetto del contratto” prevede che provvedesse.
” determinazione degli importi da versarsi ai fini ICI e predisposizione dei bollettini di versamento qualora vi sia la presenza di immobili”.
La parte attrice in primo grado non dato la prova dell’esatto adempimento, asserendo di essere stata esentata da tale prestazione dal precedente amministratore.
Tale affermazione non risulta compiutamente contestata dalla parte appellante, e quindi provata ex art.115 c.p.c., nonché dalla circostanza che il rapporto è continuato fino al 2018 con le predette modalità.
Peraltro si tratterebbe di un inadempimento marginale ( predisposizione del modulo) a fronte di altre e più complesse prestazioni tale da non alterare l’ efficienza causale rispetto alla finalità complessiva del contratto ed alla realizzazione degli interessi rispettivamente perseguiti.
Le prove orali richieste sul punto risultano inammissibili in quanto meramente confermativi dei documenti allegati.
Per quanto attiene invece alla domanda subordinata di risoluzione del contratto per l’asserito inadempimento della parte appellata relativamente alla dichiarazione IVA anno 2017 non vi è alcuna prova dell’eventuale danno arrecato da tale condotta.
Tale circostanza esclude di per sé la possibilità di una pronuncia di risoluzione non risultando la gravità dell’inadempimento.
Peraltro dalla documentazione allegata non vi è neppure la prova dell’inadempimento in quanto il ’istruzione della causa, e che la “dichiarazione integrativa per l’anno 2017” è stata fatta a cura del successivo consulente “ ai fini dell’apposizione del visto di conformità” ( doc. nr. 11 cit.).
Nessuna documentazione è stata allegata dalla parte appellante circa l’effettivo deposito di alcuna dichiarazione integrativa per l’anno 2017 da parte di altro professionista.
Concludendo si osserva che con l’atto di appello non è sollevata alcuna censura sulla congruità della motivazione , né è segnalata alcuna incoerenza logica o la sussistenza di vizi giuridici o da omissioni vertenti su, elementi decisivi che abbiano formato oggetto di rituali deduzioni.
Nel caso in esame in effetti la critica svolta non investe la struttura del ragionamento seguito dal Tribunale , ma la selezione del materiale istruttorio operata dalla Giudice.
Ciò che in sostanza richiede la parte appellante è un apprezzamento dei fatti diverso e conforme alle proprie aspettative, senza formulare alcuna specifica censura al provvedimento impugnato.
Con l’atto di appello non sono stati dedotti errori di valutazione degli elementi probatori in atti, ma sono stati riprodotti gli stessi argomenti difensivi svolti in primo grado, senza esposizione di compiute deduzioni che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, mirino ad incrinarne il fondamento logico-giuridico del provvedimento, che pertanto deve essere confermato.
La struttura devolutiva del giudizio di impugnazione non determina alcuna inversione dell’onere della prova a carico del convenuto soccombente in primo grado, ipotesi ricorrente nel caso in esame, che proponendo appello, non deve provare l’insussistenza dei fatti costitutivi della domanda attorea, ma è tenuto soltanto a dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame mediante una precisa e ben argomentata critica della decisione impugnata, formulando pertinenti ragioni di dissenso in relazione alla operata ricostruzione dei fatti ovvero alle questioni di diritto trattate ( Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 20836 del 21/08/2018 ). L’appellante non ha assolto tale onere, per quanto sopra esposto, e pertanto la sentenza deve essere confermata.
Gli altri motivi di appello ( richieste istruttorie e spese di lite) risultano assorbiti.
4 sulle spese di giudizio Le spese seguono il principio della soccombenza e sono poste a carico della parte appellante.
Esse sono liquidate secondo i parametri di cui al d.m. 55/2014 e precisamente:
valore causa inferiore ad euro 26.000,00 1. Studio controversia:
€ 1.134,00= 2. Fase introduttiva:
€ 921,00= 3. Fase decisionale:
€ 1.911,00== totale per compensi avvocato:€ 3.966,00=
La Corte di Appello, ogni diversa o contraria domanda, eccezione e deduzione disattesa e reietta, definitivamente pronunciando:
1) rigetta l’appello;
2) dichiara tenuta e condanna alla rifusione delle spese di lite del presente grado di giudizio sostenute da che liquida in € 3.966,00= per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario, iva e cpa come per legge;
3) si dà atto ai fini di cui all’art. 13,1 quater, dpr nr. 115/2002 che l’appello è respinto;
4) manda alla Cancelleria per quanto di competenza.
Genova, 01/10/2024
La Presidente Dott. NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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