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Risoluzione contratto preliminare di vendita

La sentenza conferma il principio per cui, in presenza di una clausola risolutiva espressa, il contratto si risolve di diritto per effetto della dichiarazione della parte che intende avvalersene. Il giudice può ridurre l’indennità pattuita in caso di eccessiva onerosità.

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Pubblicato il 21 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 22054/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Sezione III CIVILE

La giudice dr.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._802_2025_- N._R.G._00022054_2023 DEL_17_02_2025 PUBBLICATA_IL_17_02_2025

nella causa iscritta al N.R.G. 22054 dell’anno 2023 TRA , C.F. , con l’Avv. COGNOMEC.F. CONVENUTO CONTUMACE Oggetto: vendita con patto di riservato dominio – risarcimento danni rassegnate dalle parti le seguenti

CONCLUSIONI

Parte attrice ha precisato le conclusioni come da note scritte depositate ex art. 127 ter c.p.c. entro il termine del 24.10.2024.

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato,

, premesso di essere proprietaria del chiosco sito in INDIRIZZO, Torino, ha esposto che:

il chiosco in oggetto è un bene mobile adibito ad attività di somministrazione di cibi e C.F. C.F. nel mese di gennaio 2020, si informava sulla disponibilità di cedere il chiosco, proponendosi per l’acquisto;

le trattative precontrattuali si protraevano per diversi mesi, in quanto il chiosco, secondo , necessitava di opere di ristrutturazione.

Le parti si accordavano che le relative spese fossero interamente a carico di parte acquirente, a fronte di un riproporzionamento del prezzo;

raggiunto l’accordo sulle condizioni di vendita, in data 9.2.2021, stipulavano un contratto preliminare di vendita con riserva di proprietà avente ad oggetto il suddetto chiosco in forza del quale il promissario acquirente si impegnava a corrispondere a il prezzo di € 1000.000,00 nei modi e nei termini di cui al punto 6 del contratto, ovvero:

• € 2.500,00 a titolo di caparra confirmatoria, contestualmente alla sottoscrizione del contratto;

• 97.500,00 da corrispondersi in rate mensili pari ad € 2.500,00 a far data dal 5.4.2021, per 39 mensilità, con scadenza il giorno 5 di ogni mese.

le parti si impegnavano, inoltre, alla stipula del contratto definitivo entro e non oltre il 30.6.2024;

al punto 7 del contratto preliminare le parti prevedevano espressamente che “in caso di mancato pagamento di due o più rate, anche non consecutive, che eccedono complessivamente l’ottava parte del prezzo dovuto per sorte capitale, questo contratto sarà risolto di diritto, senza necessità di pronuncia del Giudice.

Per detta ipotesi e comunque per ogni caso di inadempimento, la Sig.ra avrà diritto di riottenere il possesso del chiosco.

Le rate riscosse resteranno acquisite alla venditrice a titolo di indennità.

Rimane fermo il diritto della Sig.ra di ottenere, per il caso di due inadempienze anche non consecutive, qualora non intenda valersi della clausola risolutiva espressa, il pagamento di tutto il residuo sino a quel momento dovuto”;

e al punto 8)

che “indipendentemente dal momento del passaggio effettivo della proprietà, sulla base del possesso del bene ed a far data dalla sottoscrizione della presente, il sig. pagherà, accollandosene espressamente, tutte le tasse e le imposte connesse al bene oggetto di compravendita, tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo le tasse rifiuti, tassa sul plateatico ecc”;

infine, al punto 12) che “le spese di registro, di bollo e le altre eventuali inerenti, soprattasse e sanzioni comunque relative alla presente scrittura saranno interamente a carico della parte che, non conformandosi a quanto in essa contenuto e previsto, darà causa al suo utilizzo ed alla sua le parti si accordavano sulla competenza in via esclusiva del foro di Torino, rinunciando espressamente alla competenza di qualsiasi altro foro.

entrava, dunque, nel pieno possesso del chiosco nel mese di giugno 2020 ed iniziava a svolgere attività di somministrazione di cibi e bevande;

dal mese di settembre 2022, tuttavia, parte promissaria acquirente non corrispondeva più le rate del prezzo, restando così inadempiente;

il chiosco è inattivo dal mese di settembre 2022;

con lettera raccomandata del 3.7.2023 , per tramite del suo legale, rilevato che l’inadempimento di eccedeva l’ottava parte del prezzo pattuito, dichiarava la propria volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista dal contratto, intimando parte acquirente a restituire il chiosco, nonché al pagamento di quanto dovuto per Canone Patrimoniale di occupazione Pubbliche, per gli anni 2022 e 2023, allora pari ad € 8.999,81;

la missiva rimaneva priva di riscontro;

con sollecito di pagamento del 11.9.2023 la intimava a pagamento della maggior somma di € 4.061,91, a fronte degli interessi di mora e delle spese di notifiche applicate al tributo di € 3.774,83 dovuto per l’anno 2022 a titolo di Canone Patrimoniale di occupazione Spazi Aree Pubbliche;

l’attrice provvedeva a trattare con la Società di riscossioni incaricata dal un piano di rateazione avente ad oggetto l’accertamento esecutivo di cui al punto precedente, relativo al tributo dovuto per l’anno 2022;

il 27.7.2023 trasmetteva a una lettera raccomandata con l’invito alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita, ai sensi del D.L. 132/2014;

tale raccomandata non poteva essere recapitata in quanto il convenuto risultava sconosciuto all’indirizzo di residenza di INDIRIZZO, in Borgaro Torinese.

Tanto premesso, ha chiesto in via principale, di accertare e dichiarare la avvenuta risoluzione del contratto preliminare di vendita con riserva di proprietà intercorso con con condanna di quest’ultimo a riconsegnare il chiosco;

di accertare e dichiarare il proprio diritto a trattenere le rate di prezzo già versate a titolo di indennità;

di condannare a versare in proprio favore l’importo di € 9.286,89 a titolo di oneri tributari, le spese di registrazione del contratto, nel caso di trasmissione all’Agenzia delle Entrate, la somma di € 2.500,00 mensili dal mese di settembre 2022 (o in via subordinata dal mese di febbraio o luglio 2023) a quello di effettivo rilascio del bene a titolo di risarcimento del danno;

in via di estremo subordine ha chiesto *** Sulla domanda di accertamento di risoluzione del contratto La domanda di accertamento dell’intervenuta risoluzione del contratto preliminare con riserva di proprietà proposta da è fondata e deve essere accolta.

In via generale, va rilevato che sono oggetto di prova documentale le seguenti circostanze:

in data 9.2.2021 (promissaria venditrice) e (promissario acquirente) hanno stipulato un contratto preliminare di vendita con riserva di proprietà del chiosco di INDIRIZZO (doc. n. 2);

il prezzo di vendita del chiosco è stato pattuito in complessivi € 100.000,00, così suddivisi (punto 6 del contratto):

€ 2.500,00 da versare al momento della sottoscrizione del preliminare, a titolo di caparra confirmatoria;

€ 97.500,00 da corrispondere in rate mensili di € 2.500,00 ciascuna, a decorrere dal 5.4.2021 per 39 mensilità, con scadenza il giorno 5 di ogni mese;

il giorno della stipula del contratto definitivo è stato fissato entro e non oltre il 30.06.2024;

il contratto al punto n. 7 contiene una clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c.:

“in caso di mancato pagamento di due o più rate, anche non consecutive, che eccedono complessivamente l’ottava parte del prezzo dovuto per sorte capitale, questo contratto sarà risolto di diritto, senza necessità di pronuncia del Giudice.

Per detta ipotesi e comunque per ogni caso di inadempimento, la Sig.ra avrà diritto di riottenere il possesso del chiosco.

” ha dedotto l’inadempimento di parte promissaria acquirente all’obbligazione di pagamento rateale del prezzo di vendita del chiosco, invocando l’avveramento della suddetta clausola risolutiva espressa.

In particolare, secondo le allegazioni attoree ha pagato solo la caparra confirmatoria di € 2.500 al momento della conclusione del preliminare, e 17 rate mensili da € 2.500,00 ciascuna (dal mese di aprile 2021 al mese di agosto 2022), a fronte delle 39 rate contrattualmente previste, per un totale di € 45.000 (2.500,00 + 42.5000,00), lasciando così un insoluto di € 55.000,00.

Dal mese di settembre 2022, avrebbe, infatti, interrotto i pagamenti rendendosi inadempiente rispetto alla propria obbligazione di pagamento, in misura eccedente l’ottava parte del prezzo di vendita, così determinando il verificarsi dei presupposti applicativi della condizione risolutiva di cui al punto 7. Sul punto si osserva che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la condizione risolutiva espressa disciplinata dall’art. 1456 cod. civ. “attribuisce al contraente il ’azione di risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c. “tende ad una pronuncia di mero accertamento dell’avvenuta risoluzione di diritto a seguito dell’inadempimento di una delle parti previsto come determinante per la sorte del rapporto, in conseguenza dell’esplicita dichiarazione dell’altra parte di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, differendo tale azione da quella ordinaria di risoluzione per inadempimento per colpa ex art. 1453 c.c. che ha natura costitutiva”. (Cass. n. 9488/2013).

Nella fattispecie in esame, l’attrice ha documentalmente provato la fonte contrattuale del diritto azionato e specificamente allegato l’inadempimento di rispetto alle obbligazioni assunte.

Ha, inoltre, dimostrato per tabulas di aver comunicato a con lettera raccomandata del 3.7.2023 (ricevuta il 4.7.2023), la chiara ed inequivoca volontà di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, di cui al punto 7 del contratto, e di avergli intimato la restituzione immediata del chiosco, richiedendo contestualmente il pagamento di € 8.999,81 a titolo di canone di occupazione Spazi e Aree Pubbliche per gli anni 2022/2023:

€ 3.774,83 per l’anno 2022;

€ 5.224,98 per l’anno 2023 (doc.3).

Secondo quanto prospettato da parte ricorrente, tale missiva è rimasta priva di riscontro, così come la raccomandata del 27.7.2023, contenente l’invito alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita (doc. 6).

non costituendosi in giudizio, non ha eccepito fatti estintivi o modificativi della pretesa di controparte.

Sul punto, è sufficiente richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l’ adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento” (cfr. Cass. Sez. Un. n. 13533/2001). A fronte della prova della fonte negoziale fornita dalla ricorrente e dell’allegazione dell’inadempimento della prestazione di pagamento, le cui modalità condizioni e termini sono puntualmente disciplinate nel contratto stesso,

sarebbe stato onere del resistente dimostrare il corretto adempimento delle obbligazioni assunte ovvero la sussistenza di cause ad esso non imputabili che lo hanno impedito;

prova che, ovviamente, stante la posizione di contumacia, non è stata fornita.

di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa di cui al comma 7 del contratto stesso;

va accolta, pertanto, la domanda di accertamento di avvenuta risoluzione.

Sul punto si precisa che la risoluzione opera automaticamente al momento della dichiarazione fatta dal contraente che intende avvalersene e, trattandosi di dichiarazione unilaterale recettizia, al momento in cui questa perviene a conoscenza del destinatario (art. 1334 cod. civ.).

Per effetto della risoluzione deve essere condannato a restituire a il chiosco di tipo RAGIONE_SOCIALE sito in Torino, INDIRIZZO, così come previsto al punto 7 del contratto “Per detta ipotesi e comunque per ogni caso di inadempimento, la Sig.ra avrà diritto di riottenere il possesso del chiosco”.

Sull’indennità di cui al punto 7 del contratto Parte attrice ha altresì chiesto di accertare e dichiarare il proprio diritto a trattenere, in quanto acquisite, le rate del prezzo già versate da a titolo di indennità, come espressamente previsto al punto 7 del contratto preliminare intercorso tra le parti:

“Le rate riscosse resteranno acquisite alla venditrice a titolo di indennità.

” La domanda deve essere accolta nei limiti che seguono.

L’art. 1526 c.c. comma 2 prevede espressamente che “Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità, il Giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta”.

Secondo costante giurisprudenza, trattasi di una “c.d. clausola di confisca” (acquisizione dei canoni riscossi e mantenimento della proprietà del bene) che alla stregua di una penale è riducibile ex art. 1526 comma 2 c.c., dal Giudice “anche d’ufficio (…) nell’esercizio del potere correttivo della volontà delle parti contrattuali affidatogli dalla legge, al fine di ristabilire in via equitativa un congruo contemperamento degli interessi contrapposti (…)” (cfr. Cass. n. 2061/2021).

La ratio della norma è infatti quella di regolare i rapporti tra venditore e acquirente nel caso in cui il contratto di vendita con riserva di proprietà ex art. 1523 cod. civ. si risolva, e di garantire che non si crei, a favore di una o dell’altra parte, un indebito arricchimento;

occorre, in altri termini, valutare se tale penale risulti manifestamente eccessiva, sempre al fine di “ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela e riequilibrando, quindi, la posizione delle parti, avendo pur sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento integrale”.

(cfr. Cass. n. 4913/2023).

Sul punto la S.C. a Sezioni Unite ha precisato che la disciplina dettata dall’art. 1526 cod. civ., come desumibile anche dalla relazione del Ministro al codice del 1942, è legata all’esigenza di porre un limite al dispiegarsi dell’autonomia privata là dove questa venga, sovente, a determinare arricchimenti del danno, ossia) più di quanto avrebbe avuto diritto di ottenere per il caso di regolare adempimento del contratto da parte dell’utilizzatore stesso (cfr. Sez. Un. Cass. n. 2061/2021).

Nella fattispecie in esame, ha allegato che dal mese di aprile del 2021 al mese di settembre 2022 ha versato complessivi € 42.500, oltre € 2.500, a titolo di caparra, al momento della sottoscrizione del preliminare.

A fronte di un prezzo di vendita di € 100.000,000 e del mantenimento in capo a , a seguito della risoluzione del contratto, del pieno diritto di proprietà sul bene, il trattenimento dell’importo di € 45.000 a titolo di indennità, secondo questo Tribunale, risulta eccessivo.

La causa del contratto di vendita con riserva di proprietà risiede, difatti, nell’effetto traslativo del bene, che si perfeziona con il pagamento dell’ultima rata, mentre le rate di prezzo corrispondono complessivamente al valore del bene compravenduto.

L’operazione di riduzione va effettuata in relazione al caso concreto, attraverso una valutazione comparativa tra il vantaggio che la penale inserita nel contratto assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (cfr. Cass. n. 20840/2018).

Nel caso in esame non essendosi verificato il pagamento delle rate di prezzo nella misura di circa il 50%, l’effetto traslativo non si è verificato.

Ai fini della valutazione di congruità della indennità pattuita, occorre pertanto tenere conto, da un lato del tempo in cui il compratore ha avuto a disposizione il chiosco in oggetto – consegnato “da ristrutturare” – e, dall’altro, del presumibile residuo valore di mercato del chiosco al momento della consegna, ossia all’attualità, tenuto conto che il chiosco risulta ancora nella disponibilità di fatto del convenuto.

A tal fine, non essendo stata espletata una CTU per ragioni di economia processuale ed essendo la causa contumaciale, ritiene il Tribunale che possa essere utilizzato come parametro di riferimento il prezzo di € 40.000 al quale era stato acquistato il chiosco dall’attrice, nel settembre 2017 – e, dunque, neanche tre anni prima della stipula del contratto per cui è causa (gennaio 2020) – e il costo a cui è stato venduto lo stesso di € 100.000, senza che nel frattempo, per quanto emerso dagli atti, siano intervenute modifiche migliorative. Confrontando i due contratti risulta che l’attrice, attraverso la vendita del chiosco intendeva realizzare un profitto di € 60.000, dato dalla differenza tra il prezzo pagato per l’acquisto e il prezzo a cui ha rivenduto il chiosco.

Ne consegue che, incassando l’importo di € 45.000 l’attrice ha, di fatto, realizzato una plusvalenza di € 5.000 rispetto la metà del valore dello stesso e, dunque, a un importo evidentemente eccessivo rispetto all’utilizzo del chiosco per soli due anni (o comunque fino alla riconsegna).

Alla luce delle svolte considerazioni, può ritenersi congrua, in base a un criterio necessariamente equitativo tenuto conto del materiale probatorio acquisito in atti, un’indennità per l’uso pari a complessivi € 38.000, corrispondente a poco più di 1/3 del valore del chiosco come contrattualmente valutato dalle parti, già tenuto conto del margine di guadagno che si attendeva parte venditrice.

La domanda di accertamento del diritto a trattenere le somme già incassate va, dunque, accolta per la minor somma di € 38.000.

Sul rimborso degli oneri tributari Parte attrice ha chiesto, altresì, la condanna di al pagamento delle somme dovute all’Ente Comunale a titolo di occupazione per gli anni 2022 e 2023, per un totale di € 9.286,89, oltre alle spese di registrazione del contratto stesso, qualora trasmesso all’Agenzia delle Entrate.

La domanda relativa alle somme dovute all’ a titolo di occupazione Spazi e Aree Pubbliche deve essere accolta.

Al momento della stipula del contratto preliminare le parti hanno espressamente previsto l’accollo di tutte le tasse e imposte connesse al chiosco a carico del promissario acquirente.

Ed infatti il punto 8 del contratto recita:

“Indipendentemente dal momento del passaggio effettivo della proprietà, sulla base del possesso del bene ed a far data dalla sottoscrizione della presente, il Sig. pagherà accollandosene espressamente, tutte le tasse e le imposte connesse al bene oggetto di compravendita, tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo le tasse rifiuti, tassa sul plateatico ecc”.

ha prodotto in atti a sostegno della richiesta di condanna:

avviso di pagamento di € 3.774,83 emesso dall’ente creditore per “canone patrimoniale di occupazione Spazi e Aree pubbliche”, relativo all’anno 2022 (doc.3);

avviso di pagamento di € 5.224,98 emesso dall’ente creditore per “canone patrimoniale di occupazione ”, relativo all’anno 2023 (doc.3);

sollecito di pagamento del 11.09.2023 trasmesso dalla del maggior importo di € 4.061,91 a fronte degli interessi di mora e delle spese di notifica applicate al tributo di € 3.774,83 relativo all’anno 2022 a titolo di Canone Patrimoniale di occupazione Spazi Aree Pubbliche (doc.4); piano di rateazione relativo al tributo 2022 (doc.5).

’attrice ha dedotto l’inadempimento di agli accordi contrattuali di cui al sopracitato comma 8, allegando di avergli contestato il mancato pagamento degli oneri tributari tramite lettera raccomandata del 3.7.2023 (doc.3).

A fronte delle allegazioni di parte attrice sarebbe stato onere della parte resistente dimostrare il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni assunte, ovvero la sussistenza di cause ad esso non imputabili che lo hanno impedito;

prova che, ovviamente, stante la posizione di contumacia, non è stata fornita.

Ne consegue che deve essere condannato al pagamento in favore dell’attrice, dell’importo di € 9.286,89.

Per quanto riguarda invece, la domanda di rimborso delle spese di registrazione del contratto preliminare non può essere accolta.

Sul punto si osserva infatti che parte attrice non ha allegato alcuna documentazione utile a provare di aver sostenuto tale costo e nemmeno, a monte, di aver personalmente provveduto alla registrazione del contratto stesso.

Sul risarcimento dei danni ha, infine, chiesto di condannare al risarcimento degli ulteriori danni subiti per il mancato uso del bene, nonché per il deterioramento dello stesso, quantificati in complessivi € 2.500 mensili a decorrere dal giorno dell’inadempimento (o in subordine dal 5.2.2023 o dal 4.7.2023) fino all’effettivo saldo.

La domanda non può essere accolta per mancato raggiungimento della prova dell’effettivo danno subito a causa della mancata disponibilità del bene.

Sul punto la giurisprudenza di legittimità, con riferimento a diverse fattispecie nelle quali si verteva di pregiudizi derivanti dalla mancata disponibilità di immobile da parte di chi ne vantava diritto, ha ripetutamente affermato che tale danno “non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno risarcibile con la lesione della pretesa creditoria ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, per il quale non vi è copertura normativa, ponendosi così in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost. Ne consegue che il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo di elementi indiziari (da allegare e provare da parte del preteso danneggiato) diversi dalla mera mancata disponibilità o godimento del bene, che possano sorreggere il convincimento sia dell’esistenza di tale danno-conseguenza, sia del suo collegamento causale con l’evento lesivo” (cfr. Cass. n. 23987/2019; n. 31233/2018; n. 13071/2018, nonché tra le più recenti n. 30791/2024).

Nel caso in esame parte attrice si è limitata ad allegare in maniera del tutto generica di non aver potuto usufruire dell’immobile, invocando un presento deterioramento dello stesso, senza tuttavia specificare alcunchè sul punto né fornire elementi idonei nel senso sopra indicato a giustificare il convincimento presuntivo di un pregiudizio risarcibile.

In definitiva, compensando l’importo di € 9.286,89 con l’importo di € 7.000, pari alla differenza tra € 45.000 (già trattenuti dall’attrice) ed € 38.000 (come ridotti con l’emananda pronuncia), va condannato al pagamento in favore di della somma residua di € 2.286,89, oltre interessi legali e rivalutazione dalla domanda al saldo.

Sulle spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in relazione allo scaglione di valore indeterminabile tenuto conto della domanda di consegna del bene, e in base ai parametri minimi considerata la natura dell’attività svolta, la semplicità fattuale della vicenda e la contumacia del convenuto.

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta contro ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

Dichiara l’avvenuta risoluzione in data 4.7.2023 del contratto stipulato tra le parti il 9.2.2021 e per l’effetto condanna alla consegna immediata in favore di del chiosco di tipo RAGIONE_SOCIALE sito in Torino, INDIRIZZO, protocollo edilizio 1998/1/12759.

Condanna al pagamento in favore di della somma di € 2.286,89, oltre interessi legali e rivalutazione dalla domanda al saldo.

Respinge la domanda di risarcimento del danno.

Condanna al pagamento in favore di delle spese processuali che liquida in complessivi € 3.809,00, oltre al rimborso sulle spese generali nella misura del 15%, nonché Iva e Cpa e successive occorrende.

Torino, 17 febbraio 2025

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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