REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO
DI ROMA SETTIMA
SEZIONE CIVILE Composta dai seguenti Magistrati:
NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME COGNOME Consigliere relatore NOME COGNOME Consigliere ausiliario Riunita in Camera di Consiglio ha pronunziato la seguente
SENTENZA N._666_2025_- N._R.G._00002058_2020 DEL_30_01_2025 PUBBLICATA_IL_30_01_2025
Nella causa in materia in materia locatizia in grado di appello iscritta al n. 2058 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2020 trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 29.01.2025, a seguito del deposito delle note telematiche ex art. 127-ter c.p.c., vertente TRA (c.f. ) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata, anche in indirizzo telematico, presso l’avvocato NOME COGNOMEc.f. , che la rappresenta e difende per procura in atti – COGNOME– (c.f. ) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata, anche in indirizzo telematico, presso l’avvocato NOME COGNOMEc.f. ) che la rappresenta e difende per procura in atti – APPELLATA-
OGGETTO: appello di , nei confronti di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di –
oggetto: contratto di affitto di ramo di azienda, risoluzione del contratto, risarcimento danno –
CONCLUSIONI
come in atti.
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Il 28.03.2018 la propone ricorso art. 447 bis c.p.c. per l’accoglimento delle seguenti conclusioni:
“accertare l’inadempimento contrattuale della Società RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Ceccano (Fr) INDIRIZZO in persona del l.r.p.t., per il mancato pagamento dei canoni di affitto dal mese di settembre 2016 sino al mese di marzo 2018, per le spese comuni dal mese di settembre 2016 sino al mese di marzo 2018 e dei consumi di acqua e gas come di seguito:
di acqua del periodo luglio/settembre per €. 186,90, di gas del periodo novembre 2016 per €. 53,94, di acqua del periodo ottobre/dicembre 2016 per €. 235, 36, di gas del periodo di dicembre 2016 per €. 139,59, di gas del periodo gennaio 2017 per E. 83,23, di gas del periodo febbraio 2017 per €. 120,82, di acqua del periodo gennaio/marzo 2017 per E. 325,37, di gas di aprile e maggio 2017 per €. 207,44, di gas del periodo di maggio 2017 per E. 7,41, di acqua del periodo di aprile/giugno per €. 378,31 come da prospetto allegato in atti, tutto per complessivi € 39.653,87 e per l’effetto del superiore accertamento dichiarare, poiché la ricorrente intende avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto originario e nei successivi atti modificativi, la risoluzione di diritto del contratto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1456 c.c., così condannando l’affittuaria alla restituzione del patrimonio aziendale oggetto del contratto costituito dall’immobile ubicato in Frosinone alla INDIRIZZO s.n.c. come da planimetria allegata all’atto modificativo del contratto a Notar Dott. . Fragomeni del 31.1.2013 in favore della ricorrente ed al pagamento dei canoni scaduti e a scadere, delle spese comuni e dei consumi di acqua e gas oltre al risarcimento del danno per l’inadempimento della resistente alle pattuizioni contrattuali e per il ritardo nella restituzione dell’immobile oggetto del contratto di affitto.
In subordine, accertare e dichiarare il grave inadempimento della società RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Ceccano (Fr) INDIRIZZO in persona del l.r.p.t. per il mancato pagamento dei canoni di affitto dal mese di settembre 2016 sino al mese di marzo 2018, per le spese comuni dal mese di settembre 2016 sino al mese di marzo 2018 e dei consumi di acqua , 36, di gas del periodo di dicembre 2016 per €. 139,59, di gas del periodo gennaio 2017 per E. 83,23, di gas del periodo febbraio 2017 per €. 120,82, di acqua del periodo gennaio/marzo 2017 per E. 325,37, di gas di aprile e maggio 2017 per €. 207,44, di gas del periodo di maggio 2017 per E. 7,41, di acqua del periodo di aprile/giugno per €. 378,31 come da prospetto allegato in atti, tutto per complessivi €, 39.653,87 e per l’effetto del superiore accertamento dichiarare la risoluzione del contratto di affitto per cui è causa, così condannando la resistente alla restituzione dell’immobile indicato nella planimetria allegata all’atto modificativo del contratto del 31.1.2013 Rep. N. 37450/18735, ed al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere, delle spese comuni e dei consumi di acqua e gas oltre al risarcimento del danno per l’inadempimento della resistente alle pattuizioni contrattuali e per il ritardo nella restituzione dell’immobile oggetto del contratto di affitto. ” A fondamento delle rassegnate conclusioni, la ricorrente allega:
proprietaria di un’area in Frosinone, INDIRIZZO località INDIRIZZO, vi ha realizzato il complesso multifunzionale “RAGIONE_SOCIALE”, costituito da una multisala cinematografica, una struttura esterna e una piazza su cui insistono superfici destinate ad attività commerciali, di ristorazione, svago e divertimento, per autorizzazione amministrativa n.258 rilasciata, dal Comune di Frosinone, il 26.02.2010;
per contratto in data 31.03.2011, rep. n. 36131/NUMERO_DOCUMENTO, oggetto di successive modifiche, di aver concesso in affitto, alla il ramo di azienda avente ad oggetto attività di centro estetico/dimagrimento e abbronzante, vendita di cosmetici per la cura, la bellezza e l’igiene del corpo, comprensivo del locale distinto in catasto al foglio 49 part. 1410
sub. 23 e ubicato all’interno di detto complesso multifunzionale;
il canone, originariamente pattuito in euro 1.750,00 mensili, il 31.01.2013 è stato concordato nel maggior importo di euro 3.550,00, essendo intervenuto ampliamento del locale;
il 07.02.2014, il canone di locazione è stato ridotto ad euro 2.250,00;
il 22.10.2015 a euro 1.650,00 ed infine, il 23.06.2016, ad euro 1.100,00 per il solo periodo dall’1.2.2016 al 31.1.2017;
la conduttrice, il 16.06.2017, senza preavviso, cessa l’attività e rimuove le attrezzature e i mobili di sua proprietà presenti all’interno del locale;
tuttavia, la conduttrice è morosa rispetto al pagamento dei canoni da settembre 2016, per euro 25.498,00, nonché rispetto al pagamento di euro 12.318,50 per oneri accessori e utenze;
il contratto di locazione e le successive modifiche prevedono clausola risolutiva espressa in ragione della quale, il mancato puntuale pagamento anche di una sola rata del canone, avrebbe determinato la risoluzione ipso iure del contratto ex art. 1456 c.c.
Il 18.11.2018, la RAGIONE_SOCIALE si costituisce ed eccepisce l’inammissibilità delle domande, essendosi, il contratto, risolto il 30.06.2017 a seguito di corrispondenza intercorsa tra le parti.
Nel merito, sostiene di aver corrisposto tutti i canoni sino al mese di giugno 2017;
di aver consegnato, alla locatrice, assegno bancario, tratto sull’istituto Unicredit, filiale di Frosinone, n. NUMERO_DOCUMENTO dell’importo di euro 8.000,00, privo di data, e quindi nullo;
di aver consegnato, alla, locatrice gli assegni n. NUMERO_CARTA, n. NUMERO_CARTA11, n. NUMERO_CARTA-12, n. NUMERO_CARTA, n. NUMERO_CARTANUMERO_DOCUMENTO01 e n. NUMERO_CARTANUMERO_DOCUMENTO, tutti postdatati, e, quindi, nulli;
che il contratto di affitto di ramo d’azienda è, in realtà, un contratto di locazione di immobile ad uso commerciale, con la conseguenza che il canone pattuito è eccessivo.
Ciò detto, conclude, in via pregiudiziale, per la inammissibilità del ricorso;
in via principale, per il rigetto della domanda, essendosi risolto, il contratto, in data 30.6.2017.
In via riconvenzionale, chiede di dichiarare la nullità dell’assegno n. 3713078155-07 per mancanza di data e degli assegni n. NUMERO_DOCUMENTO-10, n. 3737634262-11, n. NUMERO_DOCUMENTO-12, n. NUMERO_CARTA-00, n. NUMERO_DOCUMENTO-01 e n. NUMERO_DOCUMENTO02, post datati nonché l’intervenuta simulazione del contratto di affitto di ramo d’azienda stipulato tra le parti e la rideterminazione, a far data dalla stipula, del canone mensile di “locazione”, con condanna, della locatrice, alla restituzione del maggior canone versato.
La locatrice eccepisce l’inammissibilità della domanda di nullità dei titoli, in quanto priva di collegamento con la domanda introdotta con ricorso e resiste, nel merito, alle domande riconvenzionali, di cui chiede il rigetto.
La locatrice ottiene in corso di causa, a seguito di ricorso ex art. 700 c.p.c., la emanazione di una ordinanza per il rilascio dell’immobile del 23.05.2019.
L’immobile viene rilasciato in esecuzione di tale ordinanza.
La sentenza impugnata definisce, come di seguito, la controversia:
vendita di cosmetici per la cura, la bellezza e l’igiene del corpo, ubicato in Frosinone, INDIRIZZO, all’interno del Complesso “RAGIONE_SOCIALE”, nel locale distinto in catasto al foglio 49 part. 1410
sub. 23, e successive modifiche, si è risolto alla data del 28.3.2018;2) Condanna a pagare a l’importo di € 25.498,00 per canoni scaduti e non pagati da settembre 2016 a marzo 2018, l’importo di € 12.318,50 per oneri accessori (spese comuni, acqua e gas) come indicati nel ricorso e l’importo di € 23.100,00 a titolo di risarcimento del danno da ritardo nel rilascio dell’immobile;3)
Rigetta le domande riconvenzionali di accertamento della simulazione del contratto del 31.3.2011, rep. n. 36131/17858, di affitto del ramo di azienda destinato ad attività di centro estetico/dimagrimento e abbronzante, con la vendita di cosmetici per la cura, la bellezza e l’igiene del corpo, ubicato in Frosinone, INDIRIZZO, all’interno del Complesso “RAGIONE_SOCIALE”, nel locale distinto in catasto al foglio 49 part. 1410 sub. 23, e successive modifiche, e di accertamento della nullità degli assegni n. NUMERO_DOCUMENTO-10, n. NUMERO_DOCUMENTO-11, n. 3737634263-12, n. NUMERO_CARTA-00, n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO;4) Dichiara la nullità dell’assegno Unicredit n. 3713078155NUMERO_DOCUMENTO, dell’importo di € 8.000,00, emesso in favore di 5) condanna a rifondere alla le spese di lite, che liquida:
a) per la fase cautelare, in € 286,00 per esborsi ed € 2.632,00 per compensi;
b) per il giudizio di merito, in € 545,00 per esborsi ed € 4.500,00 per compensi, il tutto oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario>>.
Di seguito, le ragioni della decisione.
La domanda di accertamento della risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c. è fondata:
il fatto che locatrice abbia diffidato, la conduttrice, ad adempiere alle obbligazioni assunte con il contratto ex art. 1454 c.c., e che la conduttrice, riscontrando tale diffida, abbia accettato la risoluzione del contratto stesso alla data del 30.6.2017, non osta all’accoglimento della domanda di accertamento della risoluzione di diritto formulata nel ricorso introduttivo ex art. 1456 c.c.;
non si tratta, infatti, di dichiarazione di volersi avvalere di una clausola risolutiva espressa, bensì di una diffida a adempiere, come si evince dal richiamo espresso all’art. 1454 c.c.;
con il ricorso introduttivo del giudizio, la ricorrente, di azienda (e ripetuta in tutte le successive scritture modificative), in cui si prevede che il mancato pagamento, in tutto o in parte e per qualunque causa, anche di una sola rata del canone, avrebbe determinato la risoluzione ipso jure del contratto, ex art. 1456 c.c.;
dalla documentazione in atti, emerge che l’ultima richiesta di restituzione dell’immobile avanzata dal legale della locatrice il 25.07.2017 e la circostanza che sino all’introduzione del presente giudizio, quindi per circa un anno, la locatrice non ha reiterato la richiesta di restituzione, e il fatto che con il ricorso abbia chiesto di avvalersi della clausola risolutiva espressa a partire da quella data, senza neppure riportare la corrispondenza intercorsa con la controparte a giugno-luglio 2017, consentono di ritenere chela locatrice ha rinunciato agli effetti della diffida ad adempiere del 20.6.2017 (Cass. n. 9317/2016), con conseguente ammissibilità della domanda proposta, in questa sede, ai sensi dell’art. 1456 c.c. Nel merito.
La risoluzione di diritto del contratto conseguente all’applicazione di una clausola risolutiva espressa elimina ogni necessità di indagine in ordine all’importanza dell’inadempimento, ma non incide sugli altri principi regolatori dell’istituto della risoluzione, per cui postula non soltanto la sussistenza, ma anche l’imputabilità dell’inadempimento (cfr., tra le tante, Cass. n. 9356/2000);
il riparto dell’onere onere probatorio segue i principi di cui a S.U. della Cassazione (n. 13533/2001);
la locatrice allega che la conduttrice non ha pagato i canoni da settembre 2016, oltre oneri accessori;
la conduttrice oppone di aver pagato tutti i canoni sino al mese di giugno 2017, ma non prova pagamento e la allegata simulazione non esclude l’inadempimento.
La conduttrice sostiene che il contratto di affitto di ramo d’azienda sottoscritto in realtà integrerebbe locazione di immobile ad uso commerciale, per cui il canone sarebbe troppo elevato, ma la difesa è generica.
La conduttrice neppure allega il canone che avrebbe dovuto essere applicato;
Quanto alla distinzione tra affitto di ramo d’azienda e locazione, per la configurabilità del primo è sufficiente che, per volontà delle parti e per le caratteristiche dei beni, oggetto del contratto è il godimento a titolo obbligatorio di un complesso anche solo potenzialmente produttivo, essendo sufficiente che sia previsto il raggiungimento di tale finalità come risultato della organizzazione contratto di affitto di azienda che il conduttore si assuma l’onere di incrementare l’attitudine di detto complesso a conseguire una finalità produttiva con nuove attrezzature, che può acquistare o prendere a nolo da terzi, o con ristrutturazione dell’immobile e delle sue pertinenze, essendo sufficiente che queste vengano integrate con un nesso di accessorietà nel quadro organizzativo preesistente (Cass. n. 9012/2009). Nel concreto, il contratto specifica che nel ramo di azienda si intendono inclusi, oltre al diritto di godimento dei locali, l’avviamento, nel suo complesso attuale e potenziale, il diritto di esercitare l’attività di tipo artigianale in forza di autorizzazione amministrativa, e, quindi, il diritto a subentrare pro tempore in qualità di affittuaria, in tale autorizzazione, il diritto di godimento degli impianti e delle attrezzature e quello non esclusivo delle aree e dei servizi impiantistici ad uso comune del complesso multifunzionale, così palesando che oggetto del contratto era un complesso anche solo potenzialmente produttivo, e non l’immobile come entità a sé stante. Non vi è prova di un accordo simulatorio volto a dare diverso contenuto al rapporto contrattuale.
Per il ritardato rilascio dell’immobile è dovuto un importo pari ai canoni che sarebbero maturati sino al rilascio, avvenuto in data 31.5.2019, come attestato dal verbale di riconsegna in atti;
non è provato un maggior danno secondo le regole ordinarie (Cass. n. 5051/2009).
Non è richiesta la corresponsione di interessi.
Non si deve provvedere sulla domanda di rilascio, poiché vi è prova (verbale di restituzione di ramo d’azienda in atti) che l’azienda è stata già rilasciata in data 31.5.2019.
La domanda riconvenzione di nullità degli assegni è ammissibile in quanto, nonostante per gran parte degli assegni non vi sia prova sufficiente delle specifiche ragioni per cui sono stati consegnati alla locatrice, vi è certamente un collegamento con la vicenda per cui è causa.
La domanda di nullità è fondata limitatamente all’assegno n. 3713078155NUMERO_DOCUMENTONUMERO_CARTA
Gli altri assegni sono postdatati ma “Ai sensi dell’art. 31 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, la post-datazione non induce di per sé la nullità dell’assegno bancario, ma comporta soltanto la nullità del relativo patto per contrarietà a norme pagamento;
conseguentemente, l’assegno bancario postdatato, non diversamente da quello regolarmente datato, deve considerarsi venuto ad esistenza come titolo di credito e mezzo di pagamento al momento stesso della sua emissione, che si identifica con il distacco dalla sfera giuridica del traente ed il passaggio nella disponibilità del prenditore” (Cass. n. 2160/2006; cfr. anche Cass. n. 5069/2010), e, nel caso di specie, è stata domandata solo la declaratoria di nullità del titolo, non del relativo patto.
La soccombenza rispetto alle domande principali regola le spese del procedimento cautelare e del giudizio di merito, che si liquidano come in dispositivo, con riferimento ai valori medi di cui al d.m. n. 55/2014, ridotti in considerazione del valore dell’affare rispetto allo scaglione di riferimento, e non considerata la fase istruttoria, non essendo stata espletata attività istruttoria.
La soccombenza della parte resistente giustifica il rigetto della domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. formulata dalla stessa.
Con l’atto di appello, la RAGIONE_SOCIALE rassegna le seguenti conclusioni.
<< (…) :
– in via preliminare e principale:
accertare e dichiarare la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. nonché degli artt. 100 c.p.c., 1454 e 1456 c.c. nonché degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., e, per l’effetto, accertare e dichiarare la inammissibilità del ricorso, in ragione della carenza dell’interesse ad agire/legittimazione attiva in capo alla società appellata a fronte della intervenuta risoluzione di diritto del contratto di affitto d’azienda a far data dal 30.6.2017;
– sempre in INDIRIZZO e riconvenzionale:
accertare e dichiarare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, 115, 116 e degli artt. 1362, 1363, 1366 c.c. e artt. 2555 c.c., 2561 e 2562 c.c. nonché degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., e, per l’effetto, accertare e dichiarare la intervenuta simulazione del contratto di affitto di ramo d’azienda stipulato tra le parti, con la conseguente rideterminazione, a far data dalla stipula, del canone mensile di “locazione”, anche in via equitativa, con conseguente condanna nei confronti della resistente alla restituzione del maggior canone versato, a decorrere dalla stipula del contratto medesimo del 10.10.2011; – sempre in INDIRIZZO e riconvenzionale:
accertare e dichiarare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, 115, 116 e dell’art. 31 R.D. 21 dicembre 1933 N. 1736 3) messi all’incasso dalla in riferimento al titolo tratto sull’Istituto UniCredit, Filiale di Frosinone, n. NUMERO_DOCUMENTO, dell’importo di Euro 1.880,00 (milleottocentoottanta/00), nonché in riferimento ai titoli tratti sull’Istituto UniCredit, Filiale Frosinone, nn. NUMERO_DOCUMENTO;
NUMERO_CARTA-12;
NUMERO_CARTA;
NUMERO_CARTA01;
NUMERO_CARTA stante la nullità del patto di garanzia sottostante il titolo post-datato.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari.
In via istruttoria, si domanda all’Ill, ma Corte di Appello di volere disporre la rinnovazione dell’istruttoria a mezzo della ammissione delle richieste avanzate fin dal primo grado di giudizio e nella specie:
A) ammettersi prova diretta per testi sui fatti di cui in narrativa a mezzo dei seguenti testimoni 1) sig. 2) Sig. NOME
B) Sempre in via istruttoria, senza che ciò significhi inversione dell’onere probatorio, in caso di ammissione della prova richiesta da controparte, chiede ammettersi prova contraria con gli stessi testi e sui medesimi capitoli indicati dalla ricorrente con i testi sopraindicati>>.
La locatrice si costituisce con comparsa depositata il 14.09.2020, resiste alle censure e conclude per il rigetto dell’appello.
La conduttrice propone tre motivi di appello.
1) Rubricato: “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c., 1454 e 1456 c.c., degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. – stante l’inammissibilità della domanda giudiziale in ragione della intervenuta risoluzione di diritto del contratto di affitto d’azienda sin dal 30.06.2017 carenza di interesse ad agire della ricorrente ex art. 100 c.p.c. – carenza di legittimazione attiva in capo alla ricorrente – nonché’ mancanza ovvero apparenza della motivazione sul punto”.
Vi si censura la decisione nella parte in cui accerta la ammissibilità della domanda di risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c. A tal fine, l’appellante contesta che la comunicazione del 20.06.2017 costituisca solo diffida a adempiere;
contesta, altresì, l’accertamento in punto di rinuncia ad avvalersi dell’accordo susseguito a tale diffida;
ribadisce la carenza di interesse, essendosi risolto di diritto, il contratto, fin dal 30.06.2017, per espresso riconoscimento di entrambe le parti.
2) Rubricato: “Violazione e/o falsa applicazione ex artt. 1362, 1363, 1366 c.c. e art. 2555 c.c., 2561 e 2562 c.c. degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. e dell’art. 132 della domanda avanzata in via riconvenzionale – mancanza ovvero apparenza della motivazione sul punto”.
L’appellante censura la decisione nella parte in cui rigetta la domanda riconvenzionale di accertamento della simulazione del contratto di affitto di ramo di azienda.
A tal fine, sostiene di aver dimostrato la intervenuta simulazione e doversi pertanto ritenere e che le parti hanno inteso stipulare un contratto di locazione avente ad oggetto il solo immobile commerciale.
Sostiene la eccessiva onerosità della pattuizione in punto di misura di canone per la riconducibilità del contratto alla previsione della legge sul c.d. “equo canone;
esclude che sia vincolante, ai fini della qualificazione del contratto e della individuazione della disciplina applicabile, il nomen iuris utilizzato dalle parti.
Ricondotto il contratto alla disciplina dell’equo canone, chiede la rideterminazione del canone di locazione alla stregua dei valori dei canoni di locazione degli immobili secondo il valore commerciale/catastale e l’accoglimento della domanda riconvenzionale per la restituzione del maggior canone versato a decorrere dalla stipula del contratto del 10.10.2011.
3) Rubricato: “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736 degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. sulla riforma della sentenza quivi impugnata stante la nullità dei titoli consegnati alla società appellata mancanza ovvero apparenza della motivazione sul punto”.
L’appellante censura la decisione nella parte in cui rigetta la domanda riconvenzionale di accertamento della nullità degli assegni consegnati.
A tal fine, sostiene che il primo giudice ha erroneamente ritenuto non allegata la nullità del “patto” sottostante la emissione degli assegni in oggetto, trattandosi di assegni emessi a garanzia dell’adempimento degli obblighi contrattuali ed essendo, la funzione di garanzia, contraria alle norme imperative poste a tutela della buona fede e della regolare circolazione dei titoli di credito, con la conseguenza che gli assegni vanno dichiarati nulli per illiceità del sottostante “patto di garanzia”.
L’appello non ha pregio.
Le istanze istruttorie dell’appellante sono inammissibili.
In osservanza del principio di specificità dei motivi di appello, anche la riproposizione sicché è inammissibile il mero rinvio agli atti del giudizio di primo grado (Cass. n. 16420 del 09/06/2023).
Nel concreto, le istanze sono riproposte con il mero richiamo agli atti di primo grado, salvo quanto alla indicazione, non dirimente ai fini della richiesta specificità, dei nomi dei testi e non sono sostenute da uno specifico motivo di appello.
Motivo di appello sub 1).
L’appellante sostiene che il contratto si è risolto alla data del 30.06.2017, allorquando, a seguito della diffida a adempiere del 20.07.2017, l’avv. COGNOME per la conduttrice, nulla osserva in ordine alla efficacia della clausola risolutiva (cfr. all. 4 della resistente).
Il primo giudice dichiara risolto il contratto alla data della proposizione del ricorso introduttivo del primo grado (28.03.2018), in ragione della previsione dell’art. 4 del contratto sottoscritto il 31.03.2011, non modificato, sul punto, dai successivi accordi intervenuti tra le parti, per la quale il contratto si risolve ipso iure in ipotesi di mancato pagamento anche di un solo canone mensile di affitto e ritenendo rinunciata, dalla locatrice, la vicenda pregressa.
Le censure in esame contestano l’accertamento, ma non inficiano la decisione, diffusamente motivata con la puntuale descrizione degli scritti intervenuti tra le parti;
con il tempo trascorso tra la diffida a adempiere del 20.07.2017 e la introduzione del presente giudizio e il tenore della domanda introdotta in questa sede, priva di qualsivoglia richiamo a detta intimazione e allo scambio epistolare conseguito.
La diffusa motivazione del primo giudice sul punto non è intaccata dalla assertiva ricostruzione dell’appellante che, sostanzialmente, vuol far valere l’effetto estintivo automatico dell’inadempimento o, comunque, dell’accordo tra le parti.
Tuttavia, tale prospettazione non ha pregio in quanto, come già accertato dal primo giudice, se anche il difetto di interesse ad agire è stato opposto da subito, tuttavia, è pacifico e, comunque, provato documentalmente, che la conduttrice è rimasta nell’immobile sino al 31.05.2019 (cfr. verbale di rilascio dell’immobile) e incontestato il fatto che, per circa un anno, le parti non hanno dato seguito al contenuto delle missive tra loro intercorse e puntualmente riportate in sentenza, con la conseguenza che, ove pure fosse configurabile una originaria volontà di far valere la risoluzione di diritto, nei fatti è intervenuta la revoca per facta concludentia ritenuta già dal primo giudice. D’altra parte, giova precisare che la clausola risolutiva espressa non comporta dell’inadempimento al debitore almeno a titolo di colpa (Cass. n. 2553 del 06/02/2007) che, come è agevole ritenere dalle difese svolte nel presente giudizio e dal tenore dello scambio di lettere intervenuto sul punto (integralmente riportato in sentenza) è in contestazione tra le parti.
Tale considerazione è assorbente, in ogni caso difetta un interesse della conduttrice appellante alla retrodatazione della data di risoluzione del contratto meritevole di tutela, dato che l’appellante risulta aver rilasciato l’immobile solo nel corso del giudizio di primo grado e, dunque, è tenuta al pagamento dei canoni o, in alternativa, di una indennità di occupazione liquidata, in sentenza, in misura pari ai canoni contrattualmente previsto, con punto di decisione non oggetto di specifica censura in questa sede. Motivo di appello sub 2).
Il primo giudice ritiene la genericità della domanda;
la mancata prova della simulazione e qualifica il contratto anche in base alle specifiche pattuizioni in esso contenute.
Nello specifico, accerta la genericità della difesa in punto di misura di canone, evidenziando che la cooperativa non indica neppure quale sarebbe stato il canone congruo;
la irrilevanza di beni ulteriori all’immobile , rilevando, diversamente, le potenzialità dell’immobile e l’espresso richiamo, in contratto, quanto all’oggetto della pattuizione, all’avviamento;
al temporaneo subingresso nella autorizzazione amministrativa già esistente e al godimento di aree e servizi comuni esistenti nel complesso multifunzionale.
La conduttrice, invece, che non prova documentalmente la invocata simulazione, ma sostiene la propria tesi con la mancanza di un oggetto del contratto diverso dal locale, si limita a contestare la esistenza di un avviamento, ma a fronte del dato letterale del contratto, non circostanza la propria difesa sul punto.
Inoltre, non svolge difese in primo grado, né censure in questa sede, idonee ad escludere che oggetto del contratto, e dunque parametro per la determinazione del canone, oltre al locale, sia stato anche il subingresso nella autorizzazione amministrativa e il godimento delle infrastrutture del centro commerciale.
Deve darsi atto del principio, in tema simulazione di contratto di affitto di azienda, per il quale, incidendo l’accordo simulatorio sulla volontà dei contraenti, colui che deduce che la simulazione è stata posta in essere in violazione di norme imperative ( nella specie, prova deve attenere sia agli elementi caratterizzanti dell’uno o dell’altro tipo di contratto sia all’accordo simulatorio, di cui deve di svelare l’intento nella mancata indicazioni di tali elementi caratterizzanti le due fattispecie si ravvisa la genericità della diversa già accertata in sentenza, in quanto l’onere di allegazione non può ritenersi validamente assolto unicamente in base al mero positivo riscontro di una sommatoria di dati astrattamente riconducibili ad una diversa fattispecie negoziale (cfr. Cass. n. 9012 del 16/04/2009), tuttavia difetta, nel concreto, qualsivoglia prova, ma ancor prima qualsivoglia allegazione di tali elementi caratterizzanti. In particolare, le difese in punto di misura di canone di locazione non sono specifiche soprattutto in ragione del fatto che non sono articolate con riferimento alle mutate pattuizioni del canone nel corso degli anni.
Per altro verso, con le difese in punto di misura di canone, la intende, pur genericamente, far valere la circostanza che, per il solo immobile, il canone sarebbe superiore alla media di quelli applicati in immobili di tipologia simile, tuttavia, tale difesa, contrariamente a quanto sostenuto dalla induce a ritenere che il maggior canone pattuito trova la sua giustificazione nel fatto che oggetto del contratto non sia, come vuole sostenere l’appellante, il solo locale, ma anche le diverse utilità puntualmente indicate in contratto e rilevate in sentenza che appunto concretizzano la differenza tra l’affitto di azienda e la locazione di immobile a uso commerciale, come già accertato in sentenza. Infine, ma non da ultimo, il fatto che il contratto abbia ad oggetto anche l’uso temporaneo della autorizzazione all’esercizio commerciale è accertato in sentenza e non è oggetto di specifica difesa o censura della conduttrice e certo il subentro temporaneo nella autorizzazione non è elemento tipico della locazione di immobile commerciale , essendo più vicino all’affitto di azienda, essendo pacifico che l’oggetto del contratto sia stato anche l’utilizzo della autorizzazione amministrativa già rilasciata.
Quanto alla allegata mancata previsione di un inventario di consegna e riconsegna del bene:
la circostanza non appare dirimente in quanto i beni oggetto del contratto e diversi dalle “mura” consistono, da contratto, nell’avviamento;
nel temporaneo subentro nell’autorizzazione di cui sopra e nell’uso di impianti e aree di sosta e parcheggio, zone comuni e piazza prospiciente all’ingresso alla multisala esistente nel centro commerciale e non richiedono la previsione di un inventario che, in ogni caso, ben può questione sollevata in ordine al nomen iuris assegnato dalle parti al contratto: appare coerente con l’oggetto del contratto, per quanto sopra in punto di simulazione.
Motivo sub 3) Anche con riferimento alla diversa questione dell’ammissibilità della riconvenzionale, il primo giudice accerta la mancata prova delle ragioni per le quali gli assegni sono stati consegnati, pur ritenuto un generico collegamento tra il rilascio dei titoli e il contratto di affitto.
L’appellante sostiene che, diversamente da quanto accertato in sentenza, le difese svolte tempestivamente nel primo grado di giudizio hanno riguardato non solo la nullità del titolo ma anche del patto sotteso, dato che la funzione dell’assegno post datato non può che essere quello di garanzia.
La censura non ha pregio:
con la comparsa di costituzione e risposta depositata nel corso del primo grado di giudizio, infatti, la conduttrice si limita a far valere la nullità degli assegni in oggetto per post-datazione;
tale difesa è respinta in sentenza, con punto di accertamento non interessato da specifiche censure.
Solo in questa sede la ai fini della invocata modifica della decisione, si limita a sostenere di aver inteso far valere anche la nullità del patto sottostante, ma la difesa è tardiva e inammissibile.
Spese di lite.
Seguono la soccombenza e si liquidano, vista la nota spese versata in atti e applicato il dm 55/2014, come da dispositivo (valore della causa:
indeterminabile e bassa complessità;
compensi medi, inclusa la fase di trattazione della istanza di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata).
Sanzione processuale.
Trattandosi di causa iscritta a ruolo successivamente al 31 gennaio 2013, occorre dare atto del fatto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater del DPR n.115/2002 come introdotto dall’art. 1, comma 17, L.n.228/2012, per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato.
Il Collegio, definitivamente pronunciando sull’appello come in atti proposto da nei confronti di avverso la sentenza del Tribunale Ordinario di Frosinone n. 1013/2019, in data 18.10.2019, resa tra le parti a ogni diversa conclusione disattesa, così provvede:
– Rigetta l’appello.
– Condanna l’appellante a rifondere, all’appellata, le spese di lite che liquida, in euro 9.991,00 per compensi oltre a rimborso forfettario (15%), IVA e CPA come per legge.
– Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater del DPR n.115/2002 come introdotto dall’art. 1, comma 17, L.n.228/2012, per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato.
Così deciso nella Camera di consiglio del 29.01.2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME Il Presidente NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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