REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA sezione controversie in materia di locazione composta dai magistrati:
1.
NOME
NOME COGNOME Presidente 2. dr.sa NOME COGNOME Consigliere 3. dr.sa NOME COGNOME Consigliere rel.
riunita in camera di consiglio ha pronunciato in grado di appello all’udienza del 16 maggio 2024 la seguente
SENTENZA N._866_2024_- N._R.G._00000616_2023 DEL_01_06_2024 PUBBLICATA_IL_04_06_2024
Nel procedimento iscritto al n.616/2022 r. g., vertente TRA rappr.ta e difesa per procura in atti dall’Avv. NOME COGNOME e presso il suo studio domiciliata Parte appellante e appellato incidentale rappr.ta e difesa per procura in atti dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME e presso il suo studio domiciliato Parte appellato e appellante incidentale
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 10 luglio 2023 proposto appello avverso la sentenza n.248/2023, depositata il 30.03.2023, con la quale il Tribunale di Pesaro ha accolto solo in parte la domanda dalla stessa formulata tesa a sentir convalidare l’intimato sfratto per morosità nei della o comunque dichiarare risolto il contratto di locazione stipulato tra le parti e conseguente pagamento dei canoni da febbraio 2020 a settembre 2021 oltre penale dello 0,25% per ogni decade di ritardo sino al saldo, oltre il rimborso delle spese di registrazione del contratto e rimborso polizza assicurazioni.
La ricorrente chiedeva inoltre di dichiarare tenuta la controparte al pagamento della penale pari ad euro 48.678,00 in virtù di quanto convenuto nella scrittura privata del 5 aprile 2019 oltre interessi, nonché il rimborso della registrazione del contratto e della polizza di assicurazione, detratta la somma di euro 51.000,00 riscossi in virtù dell’escussione della polizza fideiussoria.
Il Tribunale ha ritenuto fondata la domanda nei limiti dei soli canoni dal 5/02/2020 sino al 7/07/2020 a titolo di preavviso, oltre penale dello 0,25% per ogni decade di ritardo dal saldo, detratta la somma di euro 51.000,00
oltre interessi legali.
L’appellante ha articolato i motivi di impugnazione sotto i seguenti profili:
1) Violazione di legge e segnatamente degli artt. 2697 e 1590 c.c. in correlazione con l’art. 115 c.p.c. in relazione al capo della sentenza con cui il giudice in ordine alla riconsegna dell’immobile ritiene che “l’immobile fosse libero già dal gennaio 2020 e che la ricorrente era a conoscenza della circostanza”, ritenendo quindi il gennaio 2020 come data di riconsegna dell’immobile.
Illogicità;
2) Violazione di legge e segnatamente art. 2697 c.c. ed art. 115 c.p.c., nella parte in cui significa che:
“non ritiene fondata la domanda di rimborso delle spese affrontate per l’adeguamento dell’impianto antincendio in quanto non vi è prova del pagamento da parte della locatrice.
” Conclude quindi per la parziale riforma della sentenza impugnata con le seguenti conclusioni:
– Accogliere la domanda di sfratto per morosità ed in ogni caso, accertato l’inadempimento contrattuale del conduttore nella mancata riconsegna dell’immobile ed anche in relazione alle pattuizioni contenute nella scrittura privata del 05.04.2019 di cui ai punti 40,41 della narrativa dell’atto costituente memoria ex art. 426 c.p.c.- Dichiarare risolto il contratto di locazione di cui in narrativa ed altresì condannare la ditta a corrispondere alla società , oltre i canoni scaduti e non pagati ed all’indennità di occupazione nell’ammontare indicato nella richiesta di sfratto per morosità o nella minore somma corrispondente al periodo dal 05.02.2020 al 05.09.2021 per € 8.500,00 + IVA mensile oltre penale del 0,25% per ogni decade di ritardo sino al saldo, oltre il rimborso delle spese di registrazione del contratto e rimborso polizza assicurazioni, e ciò per tutti i motivi esposti nel primo motivo di impugnazione. In subordine – Nella misura in cui la Corte di Appello di Ancona intende aderire al ragionamento secondo il quale l’immobile di cui è causa è stato riconsegnato in data gennaio 2020, condannare titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di €8.500,00 + IVA dal 05.02.2020 sino al 05.07.2020 ( e quindi per 6 mesi) oltre la penale dello 0,25% per ogni decade di ritardo sino al saldo.
– Dichiarare inoltre che la ditta deve provvedere al pagamento della penale pari ad € 48.678,00 per quanto convenuto nella scrittura privata del 05.04.2019 oltre interessi dal 09.07.2019 al saldo, nonché il rimborso della registrazione del contratto e della polizza di assicurazione e quindi condannare il medesimo al pagamento di detta somma a cui va detratto l’importo di € 51.000,00 riscossi in virtù della escussione della fideiussione e ciò per tutti i motivi esposti nel secondo motivo di ricorso.
– Confermare nel resto l’impugnata sentenza.
Con Vittoria di spese legali del doppio grado di giudizio.
Nel giudizio di appello si è costituita la , resistendo al gravame e chiedendone il rigetto e formulando appello incidentale secondo le seguenti conclusioni:
voglia l’Ecc.ma Corte in riforma della sentenza di primo grado dichiarare inammissibili le avversarie richieste di convalida dello sfratto, di rilascio dell’immobile locato, di emissione di decreto ingiuntivo nei confronti della concludente e comunque di pagamento di qualsiasi genere e pertanto condannare ai sensi dell’art. 96 cpc al risarcimento dei danni (comma 1° e 2°) o al pagamento di una somma equitativamente determinata (3 ° comma), nella misura che riterrà di giustizia;
accertato l’inadempimento della dichiarare la risoluzione del contratto di locazione stipulato fra le parti con condanna della a risarcire i danni nella misura di €156.728,91, oltre interessi moratori;
in subordine, verificata la responsabilità precontrattuale della soc.
dichiarare la risoluzione del contratto di locazione con condanna della al risarcimento dei danni come sopra in favore della concludente;
in via ancora più gradata, accertata l’applicabilità delle norme previste dagli artt. 1427 e segg.
e 1578 cod.civ.
al caso in oggetto, annullare il contratto di locazione stipulato fra le parti, ordinando alla soc. di risarcire i danni misura di €156.728,91 o comunque di rimborsare alla concludente la predetta somma di €156.728,91, o quella maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, oltre interessi moratori;
qualora la Corte lo dovesse ritenere utile alla decisione, si chiede l’ammissione dei capitoli di prova per testi formulati da questa difesa non ammessi dal primo Giudice, oltre alla consulenza tecnica d’ufficio, rimettendo la causa in istruttoria per l’incombente.
In ogni caso ordinare a di restituire le somme versate dalla concludente al fine di evitare l’esecuzione forzata.
In ogni caso, inoltre, con la rifusione dei compensi e delle spese di lite del doppio grado di giustizia.
La Corte, fissata udienza di trattazione scritta in seguito all’introduzione dell’art. 127 ter c.p.c., sulle conclusioni come in atti, si è riservata di decidere.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello principale è fondato.
Con il primo motivo di gravame l’appellante contesta la decisione impugnata nella parte in cui ritiene che l’immobile locato sia stato riconsegnato nel mese di gennaio 2020, stante la comunicazione da parte del conduttore dell’avvenuta cessazione dell’attività presso il suo locale, che rendeva di fatto l’immobile a disposizione del locatore.
Eccepisce l’appellante che la sospensione sarebbe dovuta a ragioni e scelte volontarie da parte del conduttore e che in ogni caso non vi è stata da parte sua alcuna offerta né formale né semplice di restituzione dei locali, né di riconsegna delle chiavi, bensì la sola richiesta di sospendere il pagamento dei canoni.
Soltanto nel mese di settembre 2021 un incaricato della locatrice recuperava le chiavi dal potendosi soltanto allora ritenere sciolto il vincolo contrattuale e liberato il conduttore dai propri oneri.
Sul punto la conduttrice allega che le chiavi in suo possesso erano soltanto delle copie e che la locatrice avrebbe potuto accedere ai locali a mezzo delle proprie chiavi, prova ne sarebbe che il teste dichiarato di avere ancora lui le chiavi consegnategli dal nel settembre 2021.
Valorizza quindi la testimonianza della signora che escussa all’udienza del 22.09.2022 ha dichiarato di essere presente al momento della riconsegna delle chiavi alla signora nel mese di gennaio 2020.
Tanto premesso, il Collegio rileva anzitutto in punto di diritto che la disciplina vigente non impone alcuna specifica formalità di restituzione dell’immobile locato, ma richiede che il locatore ritorni in possesso del bene in modo da poterne liberamente disporre, attraverso un fatto positivo e certo del conduttore, che ne esprima la chiara intenzione di riconsegnare il bene locato.
Nel caso in esame il contratto di locazione pattuito tra le parti prevede all’art.1 il diritto di recesso da parte del conduttore a mezzo di lettera raccomandata da far pervenire con preavviso di sei mesi, con una preclusione biennale nella possibilità dell’esercizio di tale diritto, attuabile soltanto dall’ottobre 2020.
Tale diritto non risulta mai essere stato esercitato dal conduttore neanche successivamente al mese di ottobre 2020.
Emerge inoltre dalla lettura della corrispondenza tra le parti che con la lettera del gennaio 2020 a mezzo dei propri difensori, chiedeva la sola sospensione del pagamento dei canoni e non la risoluzione del contratto né la riduzione del prezzo, come parimenti nella richiesta di mediazione non si fa riferimento alla risoluzione contrattuale:
nè risulta allegata agli atti corrispondenza nella quale si offre la restituzione delle chiavi e dei locali.
Risulta invece accertato che le chiavi dei locali locati sono state ritirate da , su incarico dell’appellante, presso il negozio del soltanto in data 10 settembre 2021 al fine di effettuare controlli per la manutenzione e la verifica di eventuali danni.
La circostanza non è contestata dall’appellato il quale si è limitato sul punto a sottolineare che si sarebbe trattato di copie delle chiavi originali in possesso della locatrice e prova ne sarebbe che lo stesso teste ha dichiarato di averle ancora con sé e di non averle mai consegnate alla locatrice.
confermata circostanza priva di attendibilità le dichiarazioni della teste , moglie del che escussa all’udienza del 22 settembre 2022 ha dichiarato che le chiavi erano state riconsegnate alla già nel mese di gennaio 2020 sempre presso il negozio dell’appellato.
Invero non si comprendono le ragioni per cui il avrebbe dovuto recuperare nel mese di settembre 2021 le chiavi che sarebbero già state consegnate alla locatrice nel mese di gennaio 2020 (peraltro, dichiarate dalla teste come l’unica copia in possesso al conduttore).
Ritiene il Collegio che dal quadro probatorio in atti non è possibile evincere la manifestata volontà di recesso da parte del conduttore e la messa a disposizione dei locali in data antecedente al 10 settembre 2021, non essendo sufficiente, contrariamente a quanto ritenuto dal primo Giudice, la comunicazione di cessazione dell’attività, soprattutto a fronte di una conseguente richiesta di sospensione del pagamento del canone e non anche di risoluzione contrattuale.
Nella stessa direzione si esprime la Giurisprudenza di Legittimità che ha chiarito:
“In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, ai fini del valido ed efficace esercizio del diritto potestativo di recesso, che presuppone la specificazione del grave motivo per cui il conduttore intende cessare anticipatamente il rapporto, non è sufficiente la mera indicazione di cessazione dell’attività esercitata nei locali locati, poiché, non esternando la ragione giustificativa della cessazione, ne impedisce la riconduzione ad un fatto estraneo alla volontà del conduttore, unico idoneo a giustificare l’interruzione dell’impegno rispetto del sinallagma. ” (Ordinanza n. 26618 del 09/09/2022).
Alla luce delle considerazioni svolte il motivo è fondato e va accolto, dovendosi ritenere che il locale sia stato riconsegnato in data 10 settembre 2021 con ogni conseguenza in ordine al pagamento dei canoni e degli oneri maturati secondo le disposizioni contrattuali (i.e
. rimborso della registrazione del contratto e della polizza di assicurazione).
alla penale pari al tasso di interesse dello 0,25 per ogni decade di ritardo, ritiene questo Collegio che si tratti di previsione manifestamente eccessiva ed onerosa con conseguente necessità ex art. 1384 c.c. di ristabilire in via equitativa un congruo contemperamento degli interessi contrapposti (v. Cass. civ. n. 10249/2022), tenuto conto del pattuito diritto potestativo in capo al locatore di dichiarare risolto il contratto, di fatto reso non conveniente dalla suddetta penale, tanto più nel periodo pandemico in oggetto.
Tale penale va, dunque, equitativamente ridotta allo 0,25 mensile.
Con il secondo motivo di appello censura la decisione impugnata nella parte in cui non ha ritenuto fondata la domanda di rimborso delle spese affrontate per l’adeguamento dell’impianto antincendio sull’assunto che non vi è prova del pagamento da parte della locatrice.
Ritiene l’appellante che la fattura della ditta RAGIONE_SOCIALE per l’ammontare di euro 48.678,00 asseritamente riferita ai lavori di adeguamento antincendio, non è stata contestata dalla conduttrice e dunque sarebbe da sussumere quale fatto certo da porre a base della decisione.
Il motivo è fondato.
Seppure la fattura della RAGIONE_SOCIALE non risulta quietanzata, risulta dagli atti che, con la scrittura privata intercorsa tra le parti in data 4 aprile 2019, il a fronte dell’accollo da parte del locatore di parte delle spese per il rifacimento dell’impianto antiincendio, si impegnava, in caso di disdetta del contratto antecedente al settembre 2022 (così modificata l’originaria data del settembre 2020 in sede di prima pattuizione), a rifondere al medesimo il 50% dei costi fatturati e sostenuti.
Ed infatti, l’importo oggetto di domanda è pari al 50% delle fatture ricevute emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE alla soc.
per un ammontare totale di €. 97.476,00 (fatt. 262 del1’8.04.2019 di €. 24.339,00 + fatt. n. 379/19 di €.48.678,00 + fatt. 496 del 27.06.2019 di €. 24.399,00) da pagare con bonifico e con esigibilità immediata.
La circostanza dell’avvenuto pagamento di tali somme può ritenersi certo, considerato che agli atti vi è anche prova della regolare esecuzione dei lavori riguardanti l’impianto, ’è che i Vigili del Fuoco, a giugno 2019 verificavano la conformità dello stesso ai requisiti di sicurezza.
Con appello incidentale la impugna la sentenza de qua sotto i seguenti profili:
1) Inammissibilità dell’intimazione di sfratto, violazione degli artt. 665 e 96 cpc, omessa pronuncia.
;
2) Errata valutazione delle prove, violazione degli artt. 1578 e 2697 cod.civ. e 116 cpc 3) Errata valutazione delle prove, violazione dell’art. 1337 cod.civ. e 2697 cod.civ. e 116 cpc.
4) Errata valutazione delle prove, omessa pronuncia, violazione degli artt. 1427 e segg. , 1578 cod.civ. e 2697 cod.civ. e 116 cpc Il primo motivo è inammissibile.
Con il primo motivo l’appellante incidentale solleva l’inammissibilità della domanda di convalida di sfratto e rilascio dei locali in quanto azionata successivamente all’effettivo rilascio dei locali e riconsegna delle chiavi e chiede la condanna della controparte ai sensi dell’art. 96 cpc.
Il giudizio di appello, invero, ha ad oggetto il decisum della sentenza di primo grado, che nel caso in esame, non si pronuncia sul rilascio dell’immobile essendo stato disciplinato con separata ordinanza del 9 marzo 2023.
Il motivo pertanto va dichiarato inammissibile.
Il secondo, il terzo e il quarto motivo dell’appello incidentale possono essere congiuntamente trattati, stante la loro stretta connessione.
L’appellante incidentale denuncia l’errore in cui sarebbe incorso il primo Giudice nel non valorizzare la condotta della locatrice nelle trattative e nella formazione del contratto, condotta che integrerebbe, secondo la sua prospettazione, responsabilità pre contrattuale per violazione dei doveri di correttezza e buona fede.
Condotta scorretta, peraltro, che avrebbe determinato nel conduttore un vizio nella formazione del consenso per errore sulla qualità dell’oggetto della prestazione.
Nello specifico, la locatrice avrebbe omesso di informare il conduttore dell’impossibilità di usufruire a scopi commerciali dell’intera metratura del locale pari a 1000 metri quadri, potendone invero adoperare, secondo le disposizioni vigenti, soltanto 250 metri quadri.
Lamenta la censurabilità della decisione per non aver considerato che soltanto successivamente alla scrittura privata del 4 aprile 2019 il si era avveduto della restrizione e che in virtù di tale condotta omissiva da parte della locatrice aveva dovuto subire la cessazione dell’attività da parte del Comune di Pesaro, con ogni conseguente danno.
Invoca quindi dichiarazione risoluzione contrattuale per inadempimento della locatrice subordine responsabilità precontrattuale, nonché in estremo subordine l’annullamento del contratto, con ogni conseguenza in ordine alle statuizioni sui danni subiti.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che la tesi della conduttrice non può essere accolta per le ragioni di seguito esposte.
Anzitutto rileva il Collegio che non vi è prova che l’immobile locato fosse di per sè affetto da vizi, né difformità, tanto da essere stato regolarmente locato in precedenza ad altra ditta esercente attività di supermercato.
Le particolari ristrettezze nell’utilizzo del bene nascerebbero, invero, secondo la prospettazione dell’istante, non da eventuali vizi occulti dell’immobile, ma dalla natura dell’attività esercitata dalla conduttrice, in ragione della quale lo spazio fruibile per il commercio si sarebbe ridotto drasticamente a causa della mancanza di sufficienti parcheggi.
La circostanza, tuttavia, non è compiutamente suffragata dalle produzioni documentali in quanto in nessuno degli atti intercorsi con il Comune si fa riferimento alla questione dei parcheggi, questione che compare unicamente nel testo di un articolo di stampa il quale si limita a riportare la versione dei fatti dello stesso commerciante appellato.
D’altronde, anche a voler ritenere che esistesse effettivamente una “questione parcheggi”, non si tratterebbe di una inidoneità di per sé del negozio, ma di una sua limitata fruibilità solo in relazione alle caratteristiche e al settore merceologico della ditta conduttrice.
L’odierna appellante incidentale denuncia la violazione dell’onere di informazione da parte della locatrice.
Invero nessun onere in tal senso è possibile ravvisarsi, posto che il conduttore doveva essere a conoscenza di tali limitazioni tanto da aver presentato in data 26.09.2018 ossia sei giorni dopo la stipula del di locazione, la scia per l’inizio dell’attività commerciale di vicinato per vendita al dettaglio pari a superficie di vendita di metri quadri come dettagliatamente motivato nella relazione tecnica a firma dell’ing. su committenza del salvo, poi, allestire il negozio sull’intero spazio locato pari a 1000 mq. così come confessato nella stessa memoria integrativa depositata in primo grado ( “in realtà, il sig. allestito come negozio per 1000 mq e non ha mai rispettato il presunto limite di mq 250 (e ha subito diverse ispezioni da parte della PA per tale motivo))”.
Sotto tale profilo anche la giurisprudenza di legittimità ritiene che la consegna di cosa che risulti inidonea a realizzare l’interesse del conduttore non comporta la responsabilità del locatore per violazione del dovere di cui all’art. 1575 n. 1 c.c. e non esonera il conduttore dall’obbligazione di pagamento del corrispettivo quando risulti che il conduttore conoscendo la possibile inettitudine dell’oggetto della prestazione abbia accertato il rischio economico come rientrante nella normalità dell’esecuzione della prestazione stessa (v. Cassazione civile, n. 14659/2002). Non può, dunque, trovare accoglimento la tesi della conduttrice sulla sussistenza di un errore della volontà stante la conoscenza ab origine delle problematiche sottese.
Per gli stessi motivi non può essere censurata la sentenza di primo grado laddove non ha ritenuto l’esistenza di vizi tali da legittimare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 cod.civ..
In proposito, va ribadito che era onere del conduttore dare precisa prova della causa che ha comportato la necessità di chiudere il negozio, causa l’ordine di sospensione dell’attività disposto dal Comune di Pesaro (ma poi non eseguito stante l’avvenuto trasferimento, v. doc. 17).
Al contrario, la documentazione, parziale, prodotta merito procedimento amministrativo successivo alla presentazione della scia non permette di ravvisare alcuna responsabilità in capo al locatore, tant’è che il conduttore veniva anche ammonito rispetto alla responsabilità per false dichiarazioni *** (in relazione alla presentazione di autorizzazione per soli 250 mq.) , mentre è stata omessa la produzione proprio dell’atto di avvio della procedura di sospensione dell’attività (citato nel doc. 17 dell’appellato) così impedendo al giudicante di conoscere le vere ragioni della stessa.
Il tenore della decisione comporta come logica conseguenza l’assorbimento di ogni altro motivo dell’appello principale e incidentale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
La Corte così provvede:
1) Accoglie l’appello principale e in parziale riforma della sentenza impugnata a) condanna la ditta conduttrice al pagamento degli ulteriori canoni dal mese di agosto 2020 al mese di settembre 2021, oltre penale ridotta allo 0,25% mensile, nonché al rimborso della registrazione del contratto e della polizza di assicurazione, nonché al pagamento della ulteriore penale pari ad euro 48.678,00 oltre interessi dalla domanda al saldo;
2) rigetta l’appello incidentale;
3) conferma, per il resto, la sentenza gravata;
4) condanna parte appellata a rifondere le spese del presente grado che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge;
5) Dichiara la parte appellante incidentale tenuta al pagamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello già versato per l’impugnazione, salvi eventuali motivi di esenzione Ancona, 16 maggio 2024 Il Consigliere est. Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME dott. NOME COGNOME Provvedimento redatto con la collaborazione della dott.ssa NOME COGNOME addetta UPP
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.