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Codice Penale

Risoluzione di un preliminare di compravendita con comodato: restituzione dell’acconto e indennizzo per l’illegittima detenzione dell’immobile

In caso di risoluzione di un preliminare di compravendita che prevedeva il comodato dell’immobile, il comodato si considera risolto retroattivamente. La parte che ha goduto dell’immobile deve corrispondere un indennizzo, quantificabile in base al canone di locazione di mercato, per il periodo di illegittima detenzione.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA Composta dai signori Magistrati:
NOME COGNOME Presidente COGNOME
Consigliere COGNOME Relatore Ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._904_2024_- N._R.G._00000782_2021 DEL_08_06_2024 PUBBLICATA_IL_10_06_2024

Nella causa civile iscritta al n. 782/2021 RGC promossa C.F.:
rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e con questi elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, alla (appellante) NEI CONFRONTI DI C.F.:
C.F. C.F. posta in decisione con provvedimento del 16.01.2024.

CONCLUSIONI

DELLE PARTI:
Le parti hanno concluso come da rispettive note di trattazione scritta.

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione in appello dinanzi a questa Corte impugnato l’ordinanza in epigrafe con la quale era stata integralmente rigettata la domanda dalla medesima avanzata nei confronti di rivolta alla restituzione dell’acconto sul prezzo di un immobile promesso in vendita tra le parti, il cui preliminare era stato in precedenza dichiarato risolto dal Tribunale di Pesaro.
Si è costituita in giudizio l’appellata per resistere all’appello e chiedere la conferma della decisione gravata.

La causa è stata trattenuta in decisione, a seguito di trattazione scritta, con provvedimento del 16.01.2024.

La presente motivazione è redatta in maniera sintetica secondo quanto previsto dall’art. 132 cpc, dall’art. 118 disp.
att. cpc e dall’ art. 19 del d.l. 83/2015 convertito con l. 132/2015 che modifica il d.l. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 17.12.2012 nonché in osservanza dei criteri di funzionalità, flessibilità, deformalizzazione dell’impianto decisorio della sentenza come delineati da Cass. SSUU n. 642/2015.

Con l’atto di appello in esame censura il provvedimento impugnato muovendo al medesimo le contestazioni che come di seguito possono essere sinteticamente riassunte.

Con un primo motivo di doglianza l’appellante osserva come stesso preliminare), l’intervenuta risoluzione della promessa di vendita non coinvolgeva il comodato che pertanto restava valido ed efficace almeno appunto sino alla richiamata risoluzione, non potendo quest’ultima travolgere il comodato con effetto retroattivo, alla luce del disposto dell’art. 1456 c.c., trattandosi di contratto di durata.

Nel secondo motivo di appello la osserva che in ogni caso, anche nell’ipotesi di rigetto del primo motivo, resterebbe comunque errata la decisione di prime cure nella parte in cui essa ha disposto che l’intero corrispettivo (a titolo di parte del prezzo) dalla medesima corrisposto alla promittente venditrice fosse da quest’ultima trattenuto quale equo compenso per illegittima occupazione dell’immobile.

Osserva l’appellante difatti che l’importo così determinato a titolo di indennizzo da illegittima occupazione sarebbe assolutamente eccessivo avuto riguardo alle condizioni oggettive dell’immobile (una casa di vecchia costruzione da ristrutturare) e all’effettivo periodo di detenzione dello stesso (dicembre 2010 / ottobre 2015).

Allo scopo comunque di quantificare l’indennizzo in questione mediante riferimento al canone locatizio mensile di mercato dell’immobile, l’appellante insiste per l’ammissione di CTU.

Costituendosi in giudizio parte appellata ha evidenziato le ragioni di conferma della decisione gravata per la quale ha insistito.

L’appello è parzialmente fondato, nei limiti appresso chiariti.

Va innanzitutto rigettato il primo motivo di doglianza, che sottende un errato inquadramento dogmatico della vicenda.

Come ha più volte avuto modo di statuire la giurisprudenza di legittimità (da ultimo in un caso assolutamente analogo a quello di specie con la decisione 5891/2024), allorchè nell’ambito di un contratto preliminare di.

In altri termini, l’anticipata concessione del possesso (rectius detenzione) dell’immobile (ovvero in astratto il comodato sullo stesso) viene stipulata dalle parti solo ed esclusivamente in funzione della realizzazione finale della complessiva operazione negoziale, e cioè della effettiva compravendita della casa.

Non c’è dunque giustificazione giuridica alcuna del comodato (e specificamente della prestazione di anticipato godimento dell’immobile) se non in vista della finalizzazione della compravendita, di modo che, venuta meno quest’ultima, è evidente che anche il comodato deve essere travolto perché esso – in assenza della compravendita in virtù della quale era stato stipulato – resterebbe radicalmente privo di causa e giustificazione.

E l’eliminazione del concordato non può che avere effetto retroattivo (e cioè ascendere sino all’effettivo trasferimento della detenzione dell’immobile) e non limitarsi alla data della pronuncia di risoluzione del negozio, perché, come s’è detto, la prestazione (il concesso godimento dell’immobile) relativa a tale periodo rimarrebbe appunto priva di ogni valida causa giuridica;
ed in tal senso non ricorre affatto nella specie la ratio della norma di cui all’art. 1458, I co. , c.c.

Per effetto dell’intervenuta risoluzione del complessivo negozio giuridico concluso tra le parti, dunque, l’effetto restitutorio – oggetto della presente controversia – comprende anche la (divenuta) illegittima detenzione dell’immobile, con conseguente obbligo della promittente acquirente di corrispondere alla promittente venditrice i frutti dell’immobile medesimo per tutto il periodo della ridetta detenzione, frutti individuabili nel possibile canone di locazione di mercato del bene oggetto di promessa. Trattandosi dunque di un obbligo restitutorio e non risarcitorio (come ribadito dalla giurisprudenza di legittimità – possano corrispondere ad una sorta di canone mensile per l’utilizzo dell’immobile.

Nulla però nel preliminare di compravendita risolto consente una conclusione del genere, dovendosi piuttosto ritenere, in assenza di altre indicazioni oggettive, che la particolare previsione del saldo del prezzo corrispondesse ad una agevolazione di pagamento concessa alla promittente acquirente.

Torna così in rilievo la quantificazione di un possibile canone locatizio mensile dell’immobile, da porre a parametro dell’indennizzo in questione.

Senza dover ricorrere per economia processuale e riduzione dei tempi del giudizio ad una CTU sul punto – la cui richiesta in appello appare anche tardiva, posto che parte appellante non ha mai neppure formulato una richiesta istruttoria del genere nel corso dell’intero procedimento di primo grado – ritiene la Corte, con valutazione equitativa, e avuto riguardo alle caratteristiche dell’immobile (si trattava di una casa nel centro storico di un piccolo paese della provincia di Pesaro Urbino che, seppure di ampia metratura, era – perché tale definita nel preliminare di compravendita – di vecchia costruzione (anteriore al 1967) e necessitante di ristrutturazione), che il canone di locazione dello stesso non potesse eccedere la somma di € 700,00= mensili. Atteso dunque che la detenzione dell’immobile – per stessa ammissione dell’appellante non contestata da parte appellata – si è protratta per n. 59 mensilità, l’importo dovuto alla promittente venditrice a titolo di indennizzo per l’illegittima detenzione dell’immobile risulta pari a complessivi € 41.300,00=.

Alla luce di quanto precede, dunque, se la promittente venditrice dovrà restituire l’importo corrisposto dalla promittente acquirente a titolo di acconto sul prezzo pari ad € 61.500,00=, quest’ultima dovrà invece acquirente, dalla data della notifica della domanda di primo grado;
per la promittente venditrice,
dalla data del deposito della comparsa di risposta in primo grado).

Quanto alle spese di lite, l’esito complessivo del giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza tra le parti, ne suggerisce l’integrale compensazione sia per il primo che per il secondo grado.

PQM

La Corte di Appello di Ancona, definitivamente pronunciando, in riforma della decisione impugnata, così provvede:
• Condanna a restituire a l’importo di € 61.500,00= oltre interessi legali come in motivazione;
• Condanna a corrispondere a l’importo di € 41.300,00= oltre interessi legali come in motivazione;
• Compensa integralmente tra le parti le spese di lite di primo e secondo grado.
Così deciso in Ancona nella Camera di Consiglio del 21.05.2024.
Il Giudice Ausiliario Relatore Il Presidente Avv. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME

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