REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte d’Appello di Salerno 2^ Sezione Civile R.G. 314/2023 La Corte d’Appello di Salerno, 2^ Sezione Civile, composta nelle persone dei seguenti Magistrati:
1. Dott. NOME COGNOME Presidente;
2. Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere;
3. Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Relatore;
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N._986_2024_- N._R.G._00000314_2023 DEL_12_11_2024 PUBBLICATA_IL_13_11_2024
nella causa civile iscritta al numero 314/2023 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi, avente ad oggetto appello avverso la sentenza n. 3243/2022 del Tribunale di Salerno, emessa e depositata telematicamente in data 20/09/2022, pubblicata e comunicata dalla cancelleria in data 28/09/2022 – non notificata, TRA rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Salerno (SA), alla INDIRIZZO presso studio difensore, appellante – CONTRO rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Tramonti (SA), alla INDIRIZZO presso studio difensore. appellata – *********
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 3243/2022 del Tribunale di Salerno – Azione di rivendica
CONCLUSIONI
le parti hanno concluso come da rispettivi scritti difensivi, cui integralmente ci si richiama e dati per trascritti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO atto di citazione in appello notificato a mezzo pec in data 10/03/2023 ed iscritto a ruolo presso l’intestata Corte di Appello di Salerno in data 20/03/2023, proponeva gravame avverso la sentenza n. 3243/2022 del Tribunale di Salerno, emessa e depositata telematicamente in data 20/09/2022, pubblicata e comunicata dalla cancelleria in data 28/09/2022 – non notificata, con la quale il Tribunale di Salerno così decideva:
“1) Rigetta la domanda di rivendica proposta da parte attrice;
2) condanna parte attrice al pagamento della metà delle spese di lite, in favore di parte convenuta, che si liquidano, nel loro complessivo ammontare (1/1) in € 7254,00 per competenze legali oltre iva cpa e rimborso per spese generali nella misura e sulle voci come per legge, dichiarando compensata la residua metà;
3) pone le spese di consulenza come liquidate a definitivo carico di parte attrice”.
Per una compiuta esposizione dei fatti, occorre premettere quanto segue.
Nel primo grado di giudizio, con atto di citazione notificato in data 18/08/2016 e iscritto a ruolo in data 09/09/2016, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Salerno, esponendo di essere comproprietario pro comune e indiviso con la di lui madre – per quota pari a 1/2 – di un’unità immobiliare sita nel Comune di Tramonti, alla INDIRIZZO censita in catasto al foglio 11, p.lla 65, sub.
9, allocata al piano secondo e terzo in elevazione fuori terra, facente parte dell’immobile condominiale con ingresso da INDIRIZZO del Comune di Tramonti e che l’accesso all’unità immobiliare avveniva attraverso un androne ed una scala di proprietà comune.
L’attore precisava che l’intero immobile condominiale era stato edificato su area di sedime originariamente censita al foglio 11, p.lle 309, 66 e 69 e che l’androne di accesso, le scale e il sottoscala erano parti comuni a tutti i proprietari delle unità immobiliari site nel predetto fabbricato:
in particolare, asseriva che anche una piccola area – libera da qualsiasi edificazione, derivante dalla risultanza-differenza dell’originaria area di sedime e il fabbricato realizzato e priva di autonomo numero particellario – era di proprietà comune a tutti i proprietari delle unità immobiliari facenti parte del fabbricato, a cui si accedeva attraverso l’androne comune e attraverso un varco posto in fondo al medesimo.
Tuttavia, lamentava l’attore l’occupazione da parte di da ottobre 2015, dell’androne comune e, in particolare, dell’area di sottoscala, con materiale vario, tra cui varie cassette di bibite vuote e cassettini in legno, oltre l’apposizione di una catena in metallo all’ingresso dell’area e del cartello “vietato l’accesso – proprietà privata”;
diffidata in via stragiudiziale a rimuovere quanto apposto senza, tuttavia, alcun riscontro stante l’inerzia della convenuta, l’attore chiedeva ’intestato Tribunale di Salerno di accertare e dichiarare la proprietà comune dell’area scoperta con conseguente rimozione della catena metallica e del cartello, di accertare e dichiarare l’illegittimità del deposito di materiale con conseguente ordine di rimozione, di condannare la convenuta al risarcimento dei danni, vinte le spese di lite.
Instauratosi il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositata in cancelleria in data 25/11/2016, si costituiva in giudizio che, in via preliminare, eccepiva l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione obbligatoria, nel merito chiedeva rigettarsi la domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto, con condanna alle spese anche per lite temeraria;
in via istruttoria, chiedeva disporsi C.T.U. e prova per testi.
Esperito il tentativo di conciliazione con esito negativo e concessi i termini di cui all’art. 183, VI comma, c.p.c., la causa veniva istruita a mezzo di interrogatorio formale, di prova per testi e di C.T.U., al cui esito veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e rimessa in decisione all’udienza del 26/05/2022 con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. Con sentenza n. 3243/2022, emessa e depositata telematicamente in data 20/09/2022, pubblicata e comunicata dalla cancelleria in data 28/09/2022 – non notificata, il Tribunale di Salerno, qualificata la domanda quale azione di rivendica di parti comuni, rigettava la domanda attorea con condanna alla refusione delle spese di lite liquidate in € 7.254,00 per competenze legali e delle spese di C.T.U. Con la proposizione del presente gravame, l’odierno appellante, , censurava l’impugnata sentenza sulla base dei seguenti motivi: “I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 771 cc e dell’art. 1117 cc – errata motivazione, vizio di motivazione, contraddittorietà della pronuncia;
II) Violazione e falsa applicazione degli art. 92 e 15 cpc”;
chiedeva, pertanto, all’Ecc.ma Corte di Appello, in riforma dell’impugnata sentenza, di accogliere le seguenti conclusioni:
“a) accertare e dichiarare che la piccola area scoperta alla quale si accede attraverso l’androne ed un varco posto in fondo sulla destra (per chi accede dall’androne) è di proprietà comune;
b) Per l’effetto ordinare alla sig.ra la rimozione della catena di chiusura e del cartello indicante area privata condannandola al risarcimento dei danni conseguenti all’illecito uso delle cose comuni con liquidazione equitativa;
c) condannare la sig.ra al pagamento delle spese consulenza tecnica e di lite del primo grado di giudizio, ovvero in via gradata dichiararle integralmente compensate ovvero, in via ancora più gradata, nel solo caso non creduto in cui si ritenesse di voler confermare il capo della sentenza gravata che ha disposto la condanna dell’esponente al pagamento della metà delle spese di lite, contenere le dette spese di lite in € 1.276,00 attribuendo alla causa un valore tra € 1.100,00 ed € 5.000,00 ponendo, in tale ultima ipotesi, anche le spese di consulenza tecnica per metà in capo a ciascuna parte ; d) con vittoria di spese e compensi anche del grado di appello da liquidarsi a favore dell’avv. NOME COGNOME procuratore antistatario”.
Instauratosi il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta in appello depositata telematicamente in data 28/06/2023, si costituiva in giudizio quale parte appellata, che nel merito chiedeva di rigettare l’interposto gravame perché infondato in fatto e in diritto, con vittoria di competenze e spese di lite.
Fissata la prima udienza per il 28/09/2023, disposta la trattazione della causa ex artt. 127 e 127-ter c.p.c., così come introdotti con D.Lgs. n. 149/2022, e depositate le note scritte in sostituzione di udienza, la Corte rinviava all’udienza del 10/10/2024 per la rimessione della causa in decisione e contestuale concessione dei termini perentori ex art. 352
c.p.c. per il deposito delle memorie n. 1), n. 2) e n. 3).
Depositate le note scritte di precisazione delle conclusioni, le comparse conclusionali e le memorie di replica, disposta la trattazione della causa ex artt. 127 e 127-ter c.p.c. per l’udienza del 10/10/2024 e depositate le note scritte in sostituzione di udienza, il Consigliere istruttore riservava la causa alla decisione del Collegio e viene così decisa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello, come proposto, va rigettato per le ragioni di seguito riportate.
Orbene, l’oggetto del contendere è riferito alla contesa sulla proprietà comune o esclusiva di un’area posta all’interno dell’androne comune, in parte coperta ed in parte scoperta, allo stato nella disponibilità esclusiva di ha promosso il giudizio per ottenere l’accertamento della natura comune di detto spazio, e conseguente rilascio da parte della convenuta, sul presupposto della collocazione dell’area nell’androne del palazzo e della ricorrenza della presunzione di comunione ex art. 1117 c.c.
La sentenza di primo grado attraverso l’esame dei titoli di provenienza delle rispettive proprietà è addivenuta alla conclusione della proprietà esclusiva sull’area in favore della convenuta.
Il titolo posto a fondamento di tale diritto è stato individuato nell’atto di donazione datato 6/08/1920 con cui ha trasferito al figlio tra le altre cose la proprietà di un piccolo sottoscala della prima tesa della scalinata di accesso del casamento, nonché del vuoto che si formerà dal taglio della roccia fino all’altezza del primo piano di metri tre per metri due e centimetri settantacinque esistente sul lato nord del vano finestra che sale nel lato orientale del detto magazzino, per ivi potersi costruire un piccolo locale ad uso di stalla, a donazione è poi seguita la vendita datata 24/06/1972 a nel cui atto veniva richiamato quanto già stabilito in sede di donazione, per essere poi i beni pervenuti a in forza di testamento pubblico di datato 16/02/2000. Tale conclusione è condivisibile in quanto se è vero che all’area si accede attraverso l’androne comune e che essa non è area chiusa, come si evidenzia dalla rappresentazione fotografica di cui alla consulenza d’ufficio, per cui in astratto dovrebbe valere la regola della comunione dei beni a servizio dell’intero fabbricato per natura o funzione, con facoltà di ciascun condomini di uso non preclusivo del pari utilizzo degli altri condomini, tale presunzione è sempre superata dalla esistenza di titoli validamente formati che consentano temporalmente di risalire alla proprietà esclusiva dell’area. Nel caso di specie l’area è ben individuata nell’atto di donazione dell’anno 1920, con specifica descrizione tanto da essere corrispondente per caratteristiche fisiche e dimensioni a quanto desunto sui luoghi dal consulente d’ufficio, ciò comporta che l’area è stata sottratta ai beni comuni, e di appartiene a cui è pervenuta attraverso una serie continua di atti di disposizione.
Neppure rileva il riferimento alla nullità dell’atto di donazione per aver disposto di un bene inesistente, in violazione del divieto di donazione di cosa futura, poiché tale divieto è riferito a cosa non appartenente a chi pone in essere l’atto di donazione al tempo della disposizione patrimoniale, e non anche al caso di una cosa rientrante nel suo patrimonio, ma necessitante solo di una materiale identificazione, come nel caso in oggetto.
L’art. 771 c.c. stabilisce il divieto di donazione di cosa futura da intendersi riferito a cose altrui o non esistenti al momento della donazione, non anche a beni esistenti, come nel caso di specie, di cui occorre procedere alla materiale delimitazione di fatto, in relazione alle dimensioni dello spazio aperto da destinare a stalla.
Ciò posto i motivi per come prospettati sono infondati.
Ugualmente, infondato è il motivo relativo alle spese di lite, in quanto l’attribuzione del valore indeterminato alla controversia è corretto alla luce della mancanza di una reddita dominicale o catastale per i beni, come il riferimento alla bassa complessità per il resto essendo irrilevante la valutazione posta in appello e riferita a un criterio soggettivo di attribuzione del valore alla controversia, non fondato sugli atti di causa e l’oggetto del contendere, come pure per il costo della consulenza data la soccombenza e l’esito della controversia. L’appello va rigettato.
Le spese del grado sono liquidate come da dispositivo, stante il valore indeterminato della controversia e poste a carico di parte appellante.
La Corte d’Appello di Salerno, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di avverso la sentenza n. 3243/2022 del Tribunale di Salerno, emessa e depositata telematicamente in data 20/09/2022, pubblicata e comunicata dalla cancelleria in data 28/09/2022 – non notificata, respinta ed assorbita ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
rigetta l’appello;
condanna parte appellante al pagamento delle spese di lite in favore di parte appellata, liquidate in euro 6.500,00 compenso difensore, oltre iva e cnap come per legge e spese generali, con attribuzione al difensore antistatario, tale dichiaratosi per il primo ed il secondo grado.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, in favore dell’erario di un importo ulteriore, pari a quello del contributo unificato previsto per il gravame, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte Appello di Salerno 2^ Sezione Civile.
Salerno, lì 29/10/2024 Il Consigliere istruttore/estensore Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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