RG 8549/2023
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Sezione Terza
Civile Il Giudice dott. NOME COGNOME preso atto delle disposizioni vigenti che consentono lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante lo scambio e il deposito telematico di note scritte contenenti le istanze e conclusioni delle parti (sul punto, Cass., Sez. III, n. 37137/2022);
preso atto, quindi, delle “note scritte” sostitutive dell’udienza fisica in presenza depositate dalle parti ex art. 127 ter c.p.c. per discussione ex art. 281 sexies c.p.c.;
preso atto, infine, che in forza della citata normativa la sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. può essere depositata telematicamente nei successivi 30 giorni, senza l’espletamento degli incombenti processuali non compatibili con la modalità di svolgimento del procedimento a mezzo di note scritte (id est:
lettura della sentenza alla presenza delle parti);
Pronuncia la seguente
SENTENZA N._773_2025_- N._R.G._00008549_2023 DEL_13_02_2025 PUBBLICATA_IL_13_02_2025
ex art. 281 sexies c.p.c. e 127 ter c.p.c.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO SEZIONE TERZA CIVILE
In persona del Giudice Unico dott. NOME COGNOME
nella causa di cui al RG n. 8549/2023 promossa da:
rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
attrice contro rappresentata e difesa dall’avv.to NOME COGNOME
convenuta avente ad oggetto:
contratto di appalto all’udienza di discussione ex art. 281 sexies c.p.c. con termine per note scritte alli 11.02.2025 ore 8.30 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
visto e richiamato integralmente l’atto di citazione con cui citava in giudizio in opposizione al decreto ingiuntivo n. 1850/2023 con cui era stata condannata a pagare la somma di € 117.308,98 a titolo di pagamento del saldo di lavori di impiantistica elettrica che la convenuta aveva realizzato in subappalto in tre distinti cantieri (denominati RAGIONE_SOCIALE per un debito residuo € 6.000,00, , in base al nome del committente dell’opponente) rappresentando:
1) che in relazione ai 3 cantieri oggetti di causa erano stati pattuiti compensi a corpo per un totale di € 200.001,72 2) che la convenuta non eseguì per intero le opere appaltate, pure affette da vizi e senza consegnare le prescritte certificazioni, ragion per cui l’attrice dovette affidarne il completamento a ditte terze, sostenendo costi maggiori;
3) che i contratti erano a corpo, sicché ogni richiesta di revisione del prezzo era immotivata;
4) di essere stata costretta ad affiancare la convenuta nel cantiere , sostenendo costi di personale pari ad € 4.510,00, e di aver sostenuto spese per il completamento dei lavori pari ad € 2.437,92;
5) che in relazione al cantiere era stato pattuito un compenso a corpo di € 100.000,00, che è stato interamente pagato dall’opponente, sicché la richiesta di pagamento della somma ulteriore di € 87.400,61 era da considerare illegittima, esistendo al contrario un dall’opposta;
6) che sempre in relazione al cantiere non era neppure dovuto il pagamento dell’ulteriore somma di € 13.741,25 per varianti, non avendo mai l’opponente ordinato delle varianti;
7) di voler chiedere in via riconvenzionale il pagamento della somma di € 33.8447,92 così formata:
€ 13.000,00 per il cantiere RAGIONE_SOCIALE a causa delle decurtazioni applicate dal committente, € 8.847,92 in relazione al cantiere per opere non eseguite (€ 2.437,92), per maggiori costi del personale sostenuti dall’opponente (€ 4.510,00) e per aver dovuto affidare il completamento delle opere ad un terzo (€ 1.900,00);
€ 12.000,00 per il cantiere pari ai maggiori costi sostenuti per il completamento delle opere rispetto al prezzo pattuito a corpo di € 100.000,00;
vista e richiamata integralmente la comparsa costitutiva con cui chiedeva il rigetto dell’avversaria opposizione rilevando:
1) in relazione al cantiere RAGIONE_SOCIALE, la mancata prova del trattenimento da parte del committente della ritenuta a garanzia e dell’effettiva decurtazione di € 13.000,00 del corrispettivo;
2) in relazione al cantiere , di aver svolto delle opere non previste (posa delle linee di alimentazione dei condizionatori), mentre l’ammontare complessivo richiesto in pagamento teneva conto della defalcazione di € 1.055,70 per lavori non eseguiti da a dall’opponente nonché delle ore in economia (44) impiegate per lavori extra;
3) in relazione al cantiere , che l’offerta era pari ad € 127.025,54, offerta ove tuttavia alcune lavorazioni poi eseguite non erano state valorizzate, per un totale di € 60.275,07, per un valore complessivo dei lavori di € 187.400,61, importo da cui è stato sottratto il valore dei lavori non eseguiti (€ 21.745,17), ed aggiunto il valore di altre varianti per € 13.741,25, per un credito residuo di € 79.396,68 visto il pagamento dell’importo di € 100.000,00 da parte dell’opponente;
4) di non aver mai accettato di scontare ad € 100.000,oo il corrispettivo del cantiere ;
5) che, di conseguenza, la domanda riconvenzionale dell’opponente era infondata;
rilevato che, non ammesse le istanze di prova orale dedotte dalle parti e disposta Ctu a cura del geom. , il Giudice fissava udienza di discussione ex art. 281 sexies c.p.c. assegnando alle parti termine perentorio alli 11.02.2025 ore 8.30 per il deposito di note scritte sostitutive dell’udienza;
RITENUTO che in via preliminare vanno rigettate le istanze di prova orale dedotte dalle parti;
che, infatti, in relazione ai capi di prova dedotti da parte attrice in memoria n. 2 va detto che convenuta, sicché in concreto i capi comportano un’inversione dell’onere probatorio reso irrilevante dalla disposta Ctu;
il capo n. 51, invece, è relativo alle trattative che avrebbero portato le parti a concordare per il cantiere un compenso a corpo di € 100.000,00 ma è inammissibile in quanto del tutto genericamente formulato in relazione alle circostanze di luogo, tempo e persone coinvolte;
che, invece, in relazione ai capi di prova dedotti da parte convenuta in memoria n. 2 va detto che i capi a) e b) sono valutativi nella parte in cui vogliono provare che le lavorazioni ivi indicate erano in variante, mentre il capo c) è generico, come il d);
il capo e), infine, è irrilevante (sull’inammissibilità dei capi dedotti da i tornerà successivamente);
che, in secondo luogo, va detto in relazione al cantiere che il doc. n. 8 di parte attrice non rappresenta la prova di un accordo per un compenso a corpo di € 100.000,00, come invece sostenuto dalla difesa dell’opponente;
che, infatti, detto documento è stato redatto a meri fini interni dalla convenuta (e messo a conoscenza dell’attrice) a lavori quasi conclusi (circa 2 settimane prima dell’abbandono del cantiere per dissidi con l’opponente, ovvero circa 5 mesi dall’inizio dei lavori) e si limita a riepilogare le ore lavorate dai dipendenti di e degli artigiani da questa incaricati sino al 12.10.2021, oltre che il costo per il noleggio della piattaforma, giungendo a concludere che, in base alla somma già fatturata di € 100.512,40, il costo orario relativo al dipendente era pari ad € 6,08; che detto documento, dunque, non può rappresentare la prova di un accordo per un compenso a corpo per i lavori subappaltati presso in quanto, a parte la totale mancanza di prove circa l’esistenza di una trattativa che avrebbe portato al ribasso del corrispettivo pattuito originariamente (e peraltro detto ribasso sarebbe incomprensibilmente arrivato a lavori quasi ultimati), esso riepiloga solamente le ore di lavoro dei dipendenti di degli artigiani, oltre al costo della piattaforma, senza in alcun modo considerare tutti i materiali che pure si era impegnata a fornire, come si evince dall’offerta iniziale delli 11.05.2021 (doc. n. 21 bis di parte convenuta), il cui contenuto non è stato modificato dalle parti, se non per il corrispettivo secondo la prospettazione dell’opponente: sul punto il Tribunale dissente motivatamente dalla relazione del Ctu secondo cui la convenuta avrebbe eseguito un appalto sostanzialmente di manodopera (fatto negato dalla stessa opponente), in quanto, pur essendo la manodopera la parte più rilevante dell’appalto, si era altresì impegnata a fornire materiali vari, tanto che ha pure consegnato delle schede relative ai materiali utilizzati!
che, dunque, il doc. n. 8 di parte attrice altro non è che il riepilogo delle ore lavorate (peraltro neppure tutte, visto che non considera le ultime 3 settimane di lavoro) e del costo del noleggio della piattaforma, e non la prova del compenso pattuito, posto che esso non include una parte considerevole dell’appalto, ovvero il valore dei materiali che pure si era impegnata a fornire;
che, del resto, per la commessa l’offerta indicava chiaramente che il prezzo era a corpo, a differenza dell’offerta per il cantiere , ragion per cui deve ritenersi che il compenso pattuito per il cantiere è quello indicato da € 127.025,54);
che, di conseguenza, al fine di valutare la fondatezza delle rispettive tesi è stata disposta Ctu a cura del geom. , ed il Tribunale si richiama integralmente all’elaborato peritale, anche sotto il profilo delle controdeduzioni alle consulenze di parte in conformità al noto orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, ai rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le argomentazioni accolte;
le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in tal caso in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360, n. 5, c.p.c.” (cfr. in tal senso Cass. civile, sez. III 19 giugno 2015 n. 12703; Cass. civile, sez. II, 10 aprile 2015 n. 7266; Cass. civile, sez. VI, 02 febbraio 2015 n. 1815; Cass. civile, sez. I, 09 gennaio 2009, n. 282; Cass. civile, sez. II, 13 settembre 2000, n. 12080; Cass. civile, sez. lav., 14 maggio 2003, n. 7485);
che il Ctu ha quindi esposto che non era concretamente possibile esaminare i siti in quanto nella disponibilità dei committenti dell’opponente, i quali esercitavano la loro normale attività commerciale, che sarebbe stata forzatamente interrotta ed a lungo in caso di accesso in loco, dovendosi pure aggiungere che a distanza di anni gli impianti di natura elettrica avevano ragionevolmente subito plurime trasformazioni (opinione condivisa anche dai Ctp);
che, in secondo luogo, il Ctu ha rilevato la totale assenza di documentazione fotografica corso d’opera, nonché la totale assenza di documentazione di cantiere (progetti, Sal, ordini di servizio …);
che, in terzo luogo, il Ctu ha ritenuto che le ore di lavoro allegate da parte attrice quali eseguite in supplenza di parte convenuta erano assai modeste rispetto ai maggiori costi allegati come sostenuti dalla stessa parte attrice;
che, in quarto luogo, non vi è in atti alcuna prova della richiesta di lavori in variante, né da parte del DL né da parte dell’opponente;
che in conseguenza delle affermazioni che precedono discendono le seguenti conseguenze;
che, innanzi tutto, non è riconoscibile alcun compenso a per opere extra per totale difetto di prova;
che, infatti, il Ctu ha condivisibilmente affermato che “non è documentabile e valorizzabile alcuna «opera aggiuntiva» con i relativi apprestamenti della sicurezza, in quanto la protezione da lavorazioni interferenti necessari per prevenire il manifestarsi di situazioni di pericolo e/o che possono derivare dalla necessità di utilizzare ulteriori procedure per «varianti» derivanti dal contesto non è rilevabile dall’esame della documentazione dei lavori, con la totale assenza, anche di «istruzioni ed ordini di servizio» dei coordinatori della sicurezza con la stima congrua e analitica delle misure di sicurezza liquidabili a saldo, in base allo stato di avanzamento lavori. In sostanza, può accogliersi la regolare esecuzione dei «soli» lavori offerti, non rilevando di contro alcuna segnalazione, necessità di «varianti» a corpo od a misura e rilevo di diverse altre inadempienze” (pag. 27);
che, inoltre e con considerazione assorbente, va detto che le varianti per poter essere remunerate dall’opponente devono essere preventivamente concordate con essa, circostanza negata da parte attrice e non provata da parte convenuta, né documentalmente né con offerte di prova orale, posto che i capi a) e b) dedotti in memoria n. 2 non sono idonei a provare il conferimento dell’incarico di eseguire delle varianti, ma al massimo la mera esecuzione delle opere che, tuttavia, non possono essere richieste in pagamento al committente in assenza di ordine di esecuzione, ragion per cui, quand’anche le varianti fossero state effettivamente eseguite, on avrebbe titolo contrattuale per chiederne il pagamento; che, in particolare, il capo b) è del tutto genericamente formulato laddove afferma che le varianti sono state eseguite in quanto “sono state richieste in corso d’opera”, dal momento che non individua né il soggetto che avrebbe richiesto le varianti né quando le varianti sarebbero state richieste né individua gli accordi sull’eventuale compenso, con conseguente inammissibilità del mezzo istruttorio;
che, infatti, “l’indagine del giudice di merito sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante va condotta non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma anche in correlazione all’adeguatezza fattuale e temporale delle circostanze articolate, con l’avvertenza che la facoltà del giudice di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c., di natura esclusivamente integrativa, non può tradursi in una inammissibile sanatoria della genericità e delle deficienze dell’articolazione probatoria” (Cass., Sez. II, ordinanza n. 14364 del 5 giugno 2018); che, in altre parole, “la richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un’adeguata difesa, sicché è inammissibile il capitolo di prova per testimoni volto a dimostrare il compimento di una dichiarazione ammissiva fatta dal debitore ad un terzo, ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione, qualora non sia indicato nel capo di prova il giorno in cui tale dichiarazione sarebbe stata resa” (Cass., Sez. VI, 12/10/2011, n. 20997), principio perfettamente applicabile alla fattispecie in esame; che, invece, in relazione a vizi e difetti delle opere denunciati dalla società opponente, il Ctu (pag. 28) ha rilevato “la difficoltà a riscontrare il collegamento causale di «vizi e difetti» contestati, anche a seguito delle «modeste» informazioni allegate, per l’assenza di tavole progettuali «esecutive» con le modalità di esecuzione specificate nel capitolato dei lavori.
Ad ogni buon conto risulta evidente che non può essere invocato il mancato pagamento delle opere, in quanto agli atti non vi è puntuale e ampia dimostrazione di quanto lamentato, con allegazione di fotogrammi degli inadempimenti, con i rispettivi «ordini di servizio» dei direttori dei lavori con l’eventuale blocco degli stati di avanzamento lavori e delle garanzie di legge… è evidente la totale assenza di fotogrammi di contestazione della parti soggette a «difetti», visualizzabile dall’esame dello stato dei luoghi durante le attività occorse … L’osservazione delle contestazioni non ha permesso, pertanto di identificare lo stato di consistenza e la natura dei difetti, che non trovano corretto riscontro rispetto alle doglianze di parte «resistente convenuto opposto”, neppure in relazione al cantiere RAGIONE_SOCIALE, ove l’unico elemento di prova è dato dalla contestazione del committente, senza tuttavia alcuna prova della veridicità delle suddette contestazioni, che neppure possono in concreto essere valutate; che, pertanto, il Ctu non è stato in grado di riferire circa la sussistenza e la consistenza economica dei difetti contestati dall’opponente, all’uopo dovendosi ricordare che secondo l’insegnamento del giudice nomofilattico nell’azione risarcitoria ex art. 1668 c.c. incombe al committente dare dimostrazione dei “vizi difformità” dell’opera eseguita dall’appaltatore/prestatore d’opera, mentre – poiché la colpa del debitore è presunta ex art. 1218 c.c. – incombe all’appaltatore/prestatore d’opera di fornire la prova liberatoria dalla responsabilità, mediante dimostrazione che l’inadempimento sia dovuto a “causa a lui non imputabile” (cfr. tra le tante Cass. n. 14124.2000 secondo cui “il committente il quale agisce nei confronti dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1668 cod. civ. per il risarcimento dei danni derivati da vizio o difformità dell’opera, non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore medesimo, in quanto, vertendosi in tema di responsabilità contrattuale, tale colpa è presunta fino a prova contraria”; in termini Cass. n. 4606.1981, Cass. n. 129.1978; Tribunale Bologna sez. II, 12/12/2020, n. 1802; Corte appello Ancona sez. I, 12/06/2019, n. 987);
che, ancora, quanto appena esposto circa i vizi vale per le stesse ragioni anche in relazione ai maggiori costi che parte attrice afferma di aver sostenuto per il completamento delle opere atteso che “l’esame dei movimenti «ore» non individua la portata di quanto occorso e, in particolare gli specifici «fotogrammi» attuati non mostrano alcun impatto sugli aspetti impiantistici, sulle conseguenze dannose dei molteplici «vizi e difetti» attuati nella costruzione … i movimenti «ore» attuati in dodici mesi nelle rispettive commesse appaiono estremamente «modeste» per due operai specializzati riconducibili a circa «58» e «32» giorni per un anno nelle rispettive commesse e si pongono in perdurante «contrasto» con i maggiori elevati costi richiesti da parte «ricorrente attrice in opposizione» per il completamento dell’opera e per il ripristino dello stato dei luoghi” (pag. 35 Ctu), il tutto da valutare anche in relazione all’assenza di qualsivoglia sollecitazione rivolta a dal DL o da parte opponente durante l’esecuzione dei lavori, sicché non possono essere riconosciuti a parte attrice i maggiori costi da lei allegati per il completamente delle opere per difetto di adeguata prova; che, in altre parole, il Ctu ha riscontrato (pag. 37) un’oggettiva inadeguatezza della documentazione progettuale dal momento che “agli atti non si rilevano specifici documenti dei progettisti e dei direttori dei lavori, contenenti il dettaglio delle opere, delle modalità realizzative delle stesse e dei materiali che verranno utilizzati, o comunque i requisiti reputati sufficienti per la corretta capacità energetica elevate, per far funzionare impianti complessi, anche di grandi dimensioni con utilizzo di materiali e componenti industriali ed elementi come cavi, tubi, quadri elettrici, spine e prese devono essere di tipo industriale, progettati per resistere a condizioni di utilizzo più gravose rispetto a quelli domestici e manutenzione e controlli periodici obbligatori al fine di prevenire guasti e rischi per la sicurezza”; che, conseguentemente, il Ctu (pag. 38) non ha reperito alcun Sal e “nessun ordine di servizio formulato per iscritto, dotato degli opportuni riferimenti normativi, di capitolato d’appalto e contratto in variante, constatazione di avvenute visite, accertamenti e giudizi in merito, con la precisa elencazione delle disposizioni date con la specifica di tutti i termini pattuiti e/o decisi unilateralmente per garantire la corretta esecuzione.
In tale quadro non possono assumere rilevanza alcuna, richieste di maggiori costi sostenuti per il completamento dell’opera rispetto ai corrispettivi pattuiti e per ulteriori danni lamentati.
in quanto del tutto non rappresentati e manifesti”;
che, peraltro, va aggiunto che in relazione al cantiere è stata la stessa detrarre dal dovuto un importo (€ 1.055,70) corrispondenti ai lavori di manodopera che sono stati realizzati da parte attrice, applicando le quotazioni contrattuali, sicché la richiesta risarcitoria dell’opponente sul punto non viene in realtà totalmente rigettata, essendo semmai assorbita nella misura in cui è stata ritenuta fondata dalla controparte già al momento del deposito del ricorso monitorio;
che, invece, il danno da € 12.000,00 per il cantiere pari ai maggiori costi sostenuti per il completamento delle opere rispetto al compenso pattuito è insussistente perché parte dal presupposto che il compenso sia stato determinato in € 100.000,00, ma così non è, ragion per cui, dal momento che il costo allegato da parte attrice per il completamento delle opere è ampiamente inferiore al valore dei lavori che ha riconosciuto come non eseguiti (sicché neppure sono stati chiesti in pagamento), risulta palese l’assenza del suddetto danno; che anche la trattenuta della garanzia del 5% e la defalcazione del compenso da parte del committente del cantiere Skoda non risulta adeguatamente provata, posto che si basa semplicemente su una lettera di contestazione del committente del 2019, non avendo per il resto parte attrice documentato i pagamenti effettivamente ricevuti per detto cantiere, e risultando inoltre assai inverosimile che, malgrado le problematiche incorse nel 2019 sul cantiere Skoda, nel 2021 parte opponente abbia poi affidato lavori per quasi € 200.000,00 a per i cantieri RAGIONE_SOCIALE e senza nulla contestare alla società opposta in ordine al danno precedentemente patito; che, pertanto, alla luce di quanto appena esposto e dei pagamenti già effettuati dall’opponente, il credito della convenuta è stato rideterminato dal Ctu in € 47.282,08 (pag. 38 della Ctu);
che, poi, le osservazioni svolte dai Ctp non sono complessivamente condivisibili, richiamandosi sul punto le controdeduzioni del Ctu (pag. 54 e sg) nonché l’integrazione peritale che è stata disposta, fatte salve le considerazioni che seguono;
che, in particolare, circa la mancata consegna delle certificazioni di conformità da parte di va detto che non vi è prova del fatto che la convenuta fosse tenuta alla loro consegna sia perché detto impegno non era stato assunto contrattualmente sia in ragione della tipologia delle prestazioni complessivamente rese, non esaustive dell’intero impianto elettrico;
che, inoltre, con considerazione assorbente va aggiunto che l’opponente non ha in alcun modo documentato le spese effettivamente sostenute per il conseguimento delle certificazioni limitandosi ad un’allegazione sul costo del tutto generica, malgrado esse fossero obbligatorie per l’utilizzo degli immobili da parte dei committenti originari, sicché deve presumersi che alla fine le citate certificazioni siano state conseguite dall’opponente:
in altre parole, parte attrice neppure ha provato l’esistenza del danno concretamente patito, per quanto la suddetta prova rientrasse nella sua agevole disponibilità atteso che le certificazioni sono indispensabili perché i committenti finali possano utilizzare (cosa che avviene da anni, peraltro) i loro immobili;
che, in effetti, come emerso dalla integrazione peritale, in ragione dei lavori a lei concretamente affidati (per quanto non di mera manodopera) avrebbe dovuto consegnare semplicemente delle dichiarazioni di corretta posa in opera, cosa non avvenuta, con conseguente danno in capo all’opponente pari ai costi per conseguire le suddette dichiarazioni, per un importo di € 3.072,09;
che, invece, è corretta l’osservazione del Ctp di parte attrice relativa alla contabilità del cantiere Skoda, in cui effettivamente il Ctu non ha considerato il pagamento parziale (€ 4.000,00) della fattura n. 141/2019: trattasi di fatto pacifico fra le parti, come evincibile da pag. 1 del ricorso monitorio;
che il Tribunale ritiene invece condivisibile la valutazione del Ctu circa l’impossibilità di cantiere (opere non quotate nell’offerta originaria) “per la presenza di valorizzazioni «errate» prive di corrispondenza formale, accuratezza senza espressione delle ore per ogni tipologia di lavoro, mancando di quella coerenza logica che è necessaria per essere posta a fondamento della valutazione tecnica richiesta” (pag. 4 integrazione Ctu), sicché in definitiva la domanda di sul punto del tutto genericamente formulata e come tale non accoglibile; che al riguardo è sufficiente ricordare l’insanabile contrasto fra le somme chieste in pagamento da ome riassunte dal doc. n. 23 bis posto alla base della pretesa monitoria con il resoconto finale della contabilità di cantiere redatto illo tempore sempre da di cui al suo doc. n. 26, dal cui confronto è dato evincere la sistematica richiesta di pagamento per lavori che el doc. n. 26 afferma di non aver eseguito o di aver eseguito solamente in parte:
si vedano ad esempio le voci H1 ed H2 che nel doc. n. 26 prima afferma non aver eseguito e poi valorizza in € 100,00 (€ 432 – € 332,00), ma che nel doc. n. 23 bis (che costituisce il titolo alla base della domanda di pagamento) chiede per intero (€ 432,00 per voce), e così via per praticamente quasi tutte le voci (H7 nel doc. n. 26 è valorizzata € 270,00, ma chiede in pagamento € 540 nel doc. n. 23 bis, mentre la voce H32 nel doc. n. 23 bis è valorizzata per l’intero, mentre nel doc. n. 26 è del tutto immotivatamente defalcata di € 4.500,00)! che analogo ragionamento vale per l’impianto di supervisione:
ad esempio la voce I1 nel rendiconto non viene valorizzata in quanto lavoro non eseguito, ma nel doc. n. 23 bis viene valorizzata € 432,00, e lo stesso vale per altre voci;
che, pertanto, la valutazione del Ctu in punto impossibilità tecnica di valorizzare le suddette opere non quotate nel contratto originario (e che peraltro parte attrice nella prima difesa utile, ovvero nella prima memoria istruttoria, ha negato che siano state eseguite da deve ritenersi condivisibile essendo le allegazioni formulate e la documentazione depositata da parte convenuta insanabilmente contrastanti, del tutto generiche ed apodittiche nell’allegazione delle lavorazioni eseguite solo parzialmente e del criterio per la loro valorizzazione economica nonché sfornite di qualsivoglia pezza giustificativa, sicché le domande in merito formulate da parte convenuta non possono che essere disattese per assoluta genericità e contraddittorietà delle stesse; che, infatti, per costante giurisprudenza “la nullità della citazione, ai sensi dell’art. 164, quarto comma, c.p.c., può essere dichiarata soltanto allorché l’incertezza investa l’intero contenuto nei loro elementi essenziali, l’eventuale difetto di determinazione di altre domande, malamente formulate nel medesimo atto, comporta l’improponibilità solo di quelle, e non anche la nullità della citazione nella sua interezza” (Cass., sez. un., 22/05/2012, n. 8077);
che, invece, è accoglibile l’osservazione della convenuta in relazione alla richiesta di pagamento di € 25.000,00 “per i noli di piattaforme a pantografo di tipo semovente elettrico idoneo per lavori all’interno ed all’esterno, con portata massimo di 400 kg e per altezze di lavoro sino a 12 m, in quanto tale importo è da considerarsi verosimilmente «congruo» ed adeguato al numero delle maestranze per il noleggio di n. «2÷3» piattaforme per «141 giorni» dal 24.05.2021 al 12.10.2021, al costo giornaliero pari ad «€ 78,28» del prezziario regionale” (pag. 11 integrazione peritale); che il nolo della piattaforma, infatti, non era stato pattuito e quotato nell’offerta contrattuale, sicché esso deve essere remunerato dall’opponente in quanto strumento necessario per l’esecuzione dei lavori e non frutto di capriccio o cattiva organizzazione del lavoro da parte di vista l’altezza cui parte dei lavori dovevano essere eseguiti (tanto che il nolo ha avuto ad oggetto più macchinari per 141 giorni complessivi), e del resto parte attrice neppure ha saputo indicare con quali metodi alternativi di lavoro parte convenuta avrebbe potuto eseguire in tutta sicurezza le lavorazioni a lei affidate, ragion per cui parte convenuta ha diritto a vedersi remunerare il costo sostenuto, che è stato ritenuto congruo dal Ctu (e peraltro solamente con le note conclusive parte attrice ha contestato la congruità della somma richiesta da parte attrice, sicché la contestazione in punto quantum non può che essere ritenuta tardiva); che, pertanto, la somma a credito della convenuta indicata dal Ctu nella prima relazione peritale deve essere modificata nei termini sopra indicati (anche mediante operazioni di compensazione impropria) con il seguente esito:
47.282,08 – 4.000,00 – 3.072,09 + 25.000,00 = 65.209,99, oltre interessi moratori ex D.lgs. n. 231/2002;
che in relazione alla decorrenza degli interessi moratori va detto che nel caso in esame non può configurarsi l’ipotesi di mora ex re, prevista dall’art. 1219 n. 3 c.c., secondo cui non è necessaria la costituzione in mora quando è scaduto il termine se l’obbligazione deve essere eseguita al domicilio del creditore;
che, in effetti, il credito di non era liquido, posto che l’effettiva determinazione ha implicato il superamento della controversa contabilizzazione dei lavori, per la quale si è reso necessario l’accertamento del giudice attraverso le operazioni in proposito demandate al che, “pertanto non poteva trovare applicazione il disposto di cui al terzo comma dell’art. 1182 c.c., secondo cui deve essere adempiuta al domicilio del creditore l’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro già determinata nel suo ammontare o determinabile in base a un semplice calcolo aritmetico senza necessità di ulteriori accertamenti: qualora invece, come nella specie, occorra procedere ad indagini ed operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico trova applicazione il quarto comma dell’art. 1182 c.c. (l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del debitore al momento della scadenza), cfr. Cass. 7021/2002.Ne consegue che la decorrenza degli interessi moratori o della rivalutazione, comprensiva degli stessi, poteva essere riconosciuta soltanto dall’atto di costituzione in mora ex art. 1219 primo comma c.c.” (Cass. n. 11594/2004), pure dovendosi aggiungere che in tema di appalto, qualora il committente, rilevata la presenza dei vizi, non ne pretenda l’eliminazione diretta da parte dell’esecutore del lavoro ma chieda il risarcimento del danno per l’inesatto adempimento (come avvenuto nella fattispecie in esame), il credito dell’appaltatore per il corrispettivo non viene in discussione e di conseguenza il relativo mancato soddisfacimento dà luogo alla debenza di interessi (Cass. 644/1999; 5496/2002);
che nel caso di specie il primo atto di costituzione in mora è costituito dalla notifica del ricorso monitorio non essendovi in atti costituzioni in mora antecedenti;
che per la liquidazione delle spese di lite va premesso che parte convenuta aveva formulato domande per complessivi € 117.308,98, risultando vincitrice per € 65.209,99, mentre parte attrice, oltre a negare di dover qualunque somma, ha formulato una domanda riconvenzionale quantificata nelle note scritte conclusive in € 47.897,11
(detta domanda è risultata fondata solamente in relazione ai costi per le dichiarazioni sullo stato dei lavori);
che, pertanto, parte opponente è complessivamente soccombente in questo giudizio, dovendosi al riguardo ricordare che secondo Cass. Sezioni Unite, n. 32061/22, “in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, potendo giustificarsi soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c.”; che nella fattispecie in esame, dunque, la soccombenza reciproca rileva per un ammontare assai modesto (ovvero per la somma di circa € 3.000,00 conseguita da parte attrice per le dichiarazioni sui materiali), mentre per il resto le domande di sono state oggetto di mera riduzione quantitativa a fronte, inoltre, del rigetto quasi integrale delle domande riconvenzionali dell’opponente, ragion per cui non sussistono i presupposti per procedere alla compensazione parziale delle spese;
che la liquidazione viene effettuata sulla base della somma effettivamente riconosciuta a (criterio del decisum), fatta salva una liquidazione inferiore ai valori medi per la fase istruttoria e per quella decisoria in considerazione dell’attività processuale effettivamente esperita in dette fasi e dell’accoglimento della domanda risarcitoria afferente i costi per le dichiarazioni sui materiali;
che, pertanto, le spese di lite devono essere così liquidate:
€ 2.552,00 per la fase di studio;
€ 1.628,00 per la fase introduttiva;
€ 4.000,00 per la fase istruttoria; € 2.200,00 per la fase decisoria, per un totale di € 10.380,00;
che le spese della Ctu disposta in questo giudizio sono poste definitivamente a carico solidale delle parti, con suddivisione nei soli rapporti interni a carico esclusivo di parte attrice per le medesime ragioni esposte in punto spese di lite, il tutto alla luce del noto principio secondo cui “in tema di consulenza tecnica di ufficio, il compenso dovuto al consulente è posto solidalmente a carico di tutte le parti, atteso che l’attività posta in essere dal professionista è finalizzata alla realizzazione del superiore interesse della giustizia, che invece non rileva nei rapporti interni tra le parti, nei quali la ripartizione delle spese è regolata dal diverso principio della soccombenza” (Cass. civ., Sez. II, 30/12/2009, n. 28094); che, infine, la rimodulazione del credito di implica necessariamente la revoca del decreto ingiuntivo opposto, senza riconoscimento delle spese di lite ivi liquidate in considerazione del fatto che la pretesa avanzata in sede monitoria è stata ampiamente ridimensionata in sede giudiziale:
Il Tribunale di Torino, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, visti gli artt. 281 sexies e 127 ter c.p.c.:
Revoca il decreto ingiuntivo.
Condanna a pagare, per le causali di cui in parte motiva, a la somma di € 65.209,99, oltre interessi moratori ex D.lgs. n. 231/2002 con decorrenza dalla data di notifica del ricorso monitorio al saldo effettivo.
Pone definitivamente le spese di Ctu a carico solidale delle parti, spese che nei soli rapporti interni fra le parti medesime sono poste per intero a carico di Condanna a pagare a favore di le spese di lite di questo giudizio, che liquida in € 10.380,00, a titolo di compenso, oltre contributo forfetario al 15%, Iva e Cpa come per legge e successive occorrende.
Così deciso in Torino il 13.02.2025.
Il Giudice NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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