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Codice Penale

Sanzione amministrativa per lavoro irregolare

La sentenza affronta i principi relativi alla rideterminazione delle sanzioni amministrative in caso di parziale accoglimento dell’opposizione, sottolineando che tale potere del giudice è autonomo e discrezionale. Inoltre, evidenzia come la compensazione delle spese processuali debba tenere conto della peculiarità della vicenda e della sussistenza di motivi che giustifichino un parziale accoglimento dell’opposizione.

Pubblicato il 06 October 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

In Nome del Popolo Italiano LA CORTE D’APPELLO DI TRIESTE – Collegio di Lavoro – composta dai Signori Magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._85_2024_- N._R.G._00000196_2023 DEL_05_08_2024 PUBBLICATA_IL_06_08_2024

nella causa in materia di opposizione a ordinanza ingiunzione iscritta al n. 196 del Ruolo 2023, promossa in questa sede di appello con ricorso depositato in data 13 novembre 2023 , Sede di Udine, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato per legge.

– appellante –

contro titolare della omonima azienda agricola, rappresentato e difeso dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME per mandato alle liti esteso su documento informatico separato ai sensi dell’art. 83, comma 3, c.p.c. – appellato – Oggetto delle cause:

appello avverso la sentenza n. 98/2023 del Tribunale di Udine pubblicata in data 11.4.2023 in punto:

opposizione ad ordinanza ingiunzione dell’ – Sede di Udine.

Conclusioni Per l’appellante:

“Ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, voglia Codesta Ill.ma Corte d’Appello in accoglimento del proposto gravame, in via principale, riformare la sentenza impugnata, per i motivi indicati in appello, pervenendo alla conferma della quantificazione della sanzione amministrativa irrogata con l’ordinanza-ingiunzione n. RG 15/2022-53 nella somma ivi indicata pari ad euro 7.491,30;

in via principale riformare la sentenza impugnata, per i motivi indicati in appello, nella parte in cui condanna il patrocinato alla rifusione in favore della controparte della quota di un mezzo delle spese del procedimento, quota che liquida in euro 800,00 per compensi ed euro 118,50 per esborsi oltre al 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario ed oltre accessori come per legge, accertando e dichiarando che non vi è soccombenza del patrocinato nel giudizio di primo grado e per l’effetto condannare controparte alla rifusione integrale delle spese di lite del primo grado di giudizio In via subordinata, ancorché autonoma rispetto alle precedenti conclusioni, disporre comunque la compensazione integrale delle spese di lite del giudizio di primo grado, attesa l’assoluta mancanza di motivazione della sentenza di prime cure in ordine alla disposta compensazione parziale delle spese di lite, non evincendosi in motivazione elementi idonei a supportare la logicità e congruità della disposizione. Con spese e competenze legali del presente grado integralmente rifuse.

” Per l’appellato:

“Nel merito:

respingersi l’appello e confermarsi in toto la sentenza di primo grado.

In INDIRIZZO:

condannarsi la parte appellante alla rifusione delle spese di lite.

” * * * Ragioni di fatto e di diritto della decisione titolare dell’omonima azienda agricola corrente in Tarcento (UD), verifica effettuata in data 9 ottobre 2020 da parte di personale dell’ di Udine gli era stata contesta la violazione:

1) dell’art. 1, comma 910, della legge n. 205/2017 per aver effettuato pagamenti in contanti della retribuzione per tre mesi, e 2) dell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12/2002 per aver impiegato il lavoratore COGNOME senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro;

contestazione cui era seguita, in data 4 ottobre 2022, la notifica dell’ordinanza ingiunzione RG 15/22 dd. 27.09.22, con la quale gli era stata irrogata quanto alla prima violazione la sanzione pecuniaria di euro 4.998,00 e quanto alla seconda quella di euro 4.320,00, tanto premesso, aveva proposto opposizione ex artt. 22 l. n. 689/1981 e 6 d.lgs. n. 150/2011 aventi al Tribunale di Udine esponendo che il predetto lavoratore era stato impiegato in forma irregolare dopo la cessazione del precedente rapporto in quanto non più in possesso del permesso di soggiorno, scaduto e non rinnovato, e che la presenza del medesimo presso l’azienda agricola era dovuta esclusivamente a ragioni caritatevoli. L’opponente aveva inoltre eccepito la sproporzione della sanzione amministrativa irrogata, tenuto conto del numero limitatissimo di giornate lavorate e del concorso formale delle violazioni, l’assorbimento della fattispecie amministrativa nell’ipotesi penale in base al principio di specialità e la mancata indicazione delle istanze difensive presentate nella fase amministrativa.

si era costituito resistendo all’opposizione e chiedendone il rigetto, con conseguente conferma dell’impugnata ordinanza.

Radicatosi il contraddittorio, la causa era stata definita con sentenza pubblicata in data 11.4.2023, avente il seguente dispositivo:

“ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, 1) in parziale accoglimento dell’opposizione riduce la sanzione applicabile al ricorrente ad euro 4.160,00;

2) compensa le spese del procedimento tra le parti per la quota di un mezzo dei compensi;

3) condanna la parte resistente alla rifusione in favore della parte ricorrente della restante quota di un mezzo delle spese del procedimento, quota che liquida in euro 800,00 per compensi ed euro 118,50 per come per legge.

” Con tale decisione, ritenuta la legittimità dell’ordinanza ingiunzione, era stato osservato che la prova dell’instaurazione del rapporto di lavoro emergeva dalle dichiarazioni, aventi valore confessorio di riconoscimento dell’occupazione irregolare, rilasciate sia dal titolare dell’azienda che dal lavoratore, addetto alla pulizia delle stalle;

che nondimeno non vi era prova del numero esatto di giornate lavorate;

che doveva tenersi conto anche dell’atteggiamento complessivo delle parti, le quali avevano sostanzialmente prorogato di fatto un rapporto di lavoro all’origine instaurato regolarmente e poi protrattosi in forma irregolare a causa della sopravvenuta carenza del permesso di soggiorno, onde permettere al lavoratore di procacciarsi i mezzi di sussistenza;

che per il medesimo fatto materiale il ricorrente era stato sottoposto anche a procedimento penale;

che sulla base di tali considerazioni le sanzioni dovevano quindi essere ridotte al minimo edittale (euro 2.000,00 per la violazione di cui al punto 1) ed euro 2.160,00 per la violazione di cui al punto 2).

aveva successivamente gravato tale decisione con ricorso depositato in data 13 novembre 2023;

si era costituito resistendo all’impugnazione e chiedendone il rigetto;

all’udienza del 13 giugno 2024, a seguito della discussione, era stata emessa la presente sentenza, pubblicata mediante lettura del dispositivo.

Con il primo motivo l’appellante, premesso che l’art. 6, comma 12, del d.lgs. n. 150/2011, parzialmente modificando il previgente art. 23, comma 11, della legge n. 689/1981, stabiliva che:

“con la sentenza che accoglie l’opposizione il giudice può annullare in tutto o in parte l’ordinanza o modificarla anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta”, ha rilevato che il legislatore aveva in tal modo vincolato la modifica dell’entità della sanzione dovuta all’emissione di una sentenza di accoglimento dell’opposizione – per cui nella fattispecie l’entità della sanzione non poteva essere modificata se non previo accoglimento dei motivi di opposizione nel caso di specie non era in ogni caso ravvisabile alcuna soccombenza dell’Amministrazione, atteso che la rideterminazione dell’entità della sanzione amministrativa secondo i criteri individuati dall’art. 11 della legge n. 689/1981 costituiva un potere del giudice autonomo e discrezionale che prescindeva dall’accoglimento dei motivi di opposizione. Con il secondo motivo l’appellante ha rilevato che, per le medesime ragioni, doveva ritenersi illegittima anche la statuizione relativa al regolamento delle spese processuali.

Con il terzo motivo l’appellante ha da ultimo impugnato la medesima statuizione anche sotto il profilo della assenza di idonea motivazione.

Il primo motivo è infondato;

in primo luogo è infatti pacifico che la rideterminazione della sanzione amministrativa non era avvenuta nel caso di specie sulla base di un impulso giudiziale di natura officiosa, ma bensì a seguito di una esplicita sollecitazione della stessa parte opponente;

e in secondo luogo deve essere osservato che tale rideterminazione aveva fatto seguito al rilievo del mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Amministrazione in ordine al numero di giornate di impiego irregolare del lavoratore.

E’ dunque infondato il presupposto di base della doglianza proposta, avendo nel caso di specie la rideterminazione della sanzione amministrativa fatto seguito all’accoglimento di un motivo di opposizione specificamente attinente al merito della pretesa sanzionatoria.

E’ invece parzialmente fondato, nei termini che seguono, il secondo motivo di appello, essendo il ricorrente, al netto del parziale accoglimento della questione relativa alla rideterminazione della sanzione, richiesta in via subordinata, rimasto di fatto soccombente rispetto ai motivi di opposizione svolti in via principale, essendo stata positivamente accertata la sussistenza dei presupposti di fatto delle contestate violazioni, con statuizione non impugnata e ormai irrevocabile.

aderente alle risultanze processuali, non potendo configurarsi, in conseguenza del rigetto dei motivi principali di opposizione, la prevalente soccombenza dell’Amministrazione, e con essa la sussistenza dei presupposti per la condanna della stessa alla rifusione, ancorché parziale, in favore dell’opponente.

Ciò posto, va a questo punto ricordato che, come rilevato dal Supremo Collegio (Sez. 2, n. 13210 del 5/06/2006), pur “essendo la previsione di cui all’ultima parte della l. n. 689 del 1981, art. 23, comma 5, esplicazione in subiecta materia, del principio di soccombenza enunciato in linea generale dall’art. 91 c.p.c., nessun ostacolo si frappone alla eventuale applicazione da parte del giudice, nella ipotesi di convalida del provvedimento opposto, delle ipotesi di compensazione delle spese previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2.” E tale soluzione si impone, nel caso di specie, sulla base delle considerazioni – del tutto incontestate, in quanto non attinte dal presente gravame – svolte nella sentenza impugnata, tanto in ordine all’accoglimento della richiesta di rideterminazione della sanzione, quanto relativamente alle particolarità della vicenda sostanziale, che aveva visto di fatto prorogato un rapporto di lavoro avviato in forma del tutto regolare unicamente “a causa della sopravvenuta carenza di permesso di soggiorno da parte del lavoratore, il quale tuttavia si trovava nella necessità di procacciarsi i mezzi di sussistenza. ” Considerazioni alla cui stregua deve provvedersi a compensare integralmente tra le parti le spese processuali, da regolarsi in maniera necessariamente uniforme per entrambi i gradi sulla base dell’esito complessivo del giudizio, con conseguente assorbimento dell’ultimo motivo di appello.

La Corte di Appello di Trieste, Collegio Lavoro, definitivamente pronunciando nella causa n. 196/2023 R.G.L., ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e reietta, così decide:

In parziale riforma della sentenza del Tribunale di Udine n. 98/2023 pubblicata in le spese del primo grado del giudizio, compensando altresì tra le parti anche le spese del presente grado.

Così deciso in Trieste, lì 13 giugno 2024 Il Giudice Estensore dott. NOME COGNOME Il Presidente dott. NOME COGNOME

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