Tribunale Ordinario di Chieti
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott., ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 553/2019 pubblicata il 08/08/2019
nella causa civile di I Grado, iscritta al n. r.g., promossa da:
XXX (C.F.:), rappresentato e difeso dall’Avv., elettivamente domiciliato come in atti.
OPPONENTE contro
YYY (C.F.:), rappresentata e difesa dall’Avv., elettivamente domiciliata come in atti
OPPOSTA
OGGETTO: opposizione all’esecuzione
CONCLUSIONI
All’udienza di discussione del 5.6.19 12:
“È presente, per la YYY Spa, l’Avv., il quale si riporta ai propri atti di causa, tra cui le note conclusionali del 20 maggio 2019. È altresì presente, per l’attore, l’Avv., il quale impugna e contesta quanto ex adverso dedotto, riportandosi ai propri atti di causa e, in particolare, alla memoria redatta davanti al G.E.”.
FATTO E PROCESSO
1. Con ricorso del 7.12.17, XXX ha proposto opposizione avverso l’atto di pignoramento presso terzi (tale ditta ***), notificatogli dalla YYY, (di seguito, YYY), relativo a n. 26 cartelle di pagamento afferenti a crediti tributari ed a sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada, per complessivi €. 12.809,58.
A sostegno dell’opposizione, il XXX ha dedotto: l’intervenuta prescrizione del credito portato da alcune cartelle di pagamento; la violazione, da parte del pignoramento opposto, dei limiti di pignorabilità dello stipendio, ex art. 545 c.p.c.; la violazione dell’art. 48 bis del DPR n. 602/73 e della regola – ivi sancita, a dire dell’opponente – di pignorabilità dei beni del debitore della Pubblica Amministrazione nei soli casi di inadempimento del debitore superiore ad €. 10.000,00; la responsabilità aggravata della controparte (con conseguente domanda al risarcimento del danno per lite temeraria), per avere questa intrapreso una esecuzione sulla base di crediti prescritti.
2. La YYY, nel costituirsi in giudizio, ha contestato gli avversi motivi di opposizione, eccependo, per un verso, la competenza del Giudice di Pace e del Giudice Tributario per le contestazioni mosse avverso, rispettivamente, le sanzioni amministrative ed i crediti tributari e, per altro verso, l’inammissibilità, in sede di opposizione all’esecuzione, di eccezioni (quale quella di prescrizione) che avrebbero dovuto essere fatte valere con la tempestiva impugnazione delle ingiunzioni di pagamento.
3. Conclusasi la fase sommaria innanzi al G.E. (il quale, in detta sede, ha sospeso la procedura esecutiva) ed instaurato dal XXX il presente giudizio di merito, esso – assegnato nelle more al sottoscritto Giudice – giunge alla odierna decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. L’opposizione è infondata, per le ragioni di seguito esposte.
A. Sul difetto di competenza del Tribunale in materia di opposizione a sanzioni amministrative per violazione del codice della strada
a.1 L’atto di pignoramento presso terzi, oggetto della presente opposizione, attiene – come detto – a crediti rivendicati dalla YYY in parte per sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, in parte per tributi (cfr. la documentazione in atti).
a.2 L’opponente ammette di avere ricevuto a suo tempo le notifiche delle relative cartelle di pagamento, ma eccepisce l’intervenuta prescrizione dei diritti rivendicati in alcune di esse, in quanto “le dette cartelle di riferimento e le relative notifiche sono avvenute oltre i cinque anni, pertanto il credito è prescritto in riferimento all’art. 25 legge n. 689/81”.
a.3 Nel sistema delineato dal codice della strada (ed, oggi, dall’art. 7 del d.lgs. n. 150 del 2011), il rimedio tipico per fare valere i vizi del titolo esecutivo costituito dal verbale di accertamento va individuato nell’opposizione a questo verbale, senza alcuna distinzione tra diversi vizi di forma (Cass. S.U. sent. n. 22080/2017; Cass. S.U., sent. n. 10261 del 27/04/2018).
In particolare, l’art. 6 del Decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 prevede che:
“1. Le controversie previste dall’articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo. 2. L’opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione.
3. Salvo quanto previsto dai commi 4 e 5, e salve le competenze stabilite da altre disposizioni di legge, l’opposizione si propone davanti al Giudice di Pace.
4. L’opposizione si propone davanti al Tribunale quando la sanzione e’ stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia:a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro; b) di previdenza e assistenza obbligatoria; c) di tutela dell’ambiente dall’inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; d) di igiene degli alimenti e delle bevande; e) valutaria; f) di antiriciclaggio.
5. L’opposizione si propone altresì davanti al Tribunale:
a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a 15.493 euro;
b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a 15.493 euro;
c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386 e dal decreto legislativo30 aprile 1992, n. 285”.
L’art.7 è prevede che:
“1). Le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada di cui all’articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo.
2. L’opposizione si propone davanti al Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione.
3. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità , entro trenta giorni dalla data di contestazione della violazione o di notificazione del verbale di accertamento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero e può essere depositato anche a mezzo del servizio postale. Il ricorso è altresì inammissibile se è stato previamente presentato ricorso ai sensi dell’articolo 203 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
4. L’opposizione si estende anche alle sanzioni accessorie”.
Come di recente sottolineato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 10261 del 27/04/2018), “la normativa di riferimento in materia di opposizione a verbale di accertamento, è costituita dagli artt. 201, 203, 204 bis del decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 (Codice della Strada) e succ. mod. e dall’art. 7 del d.lgs n. 150 /2011. Sia nel sistema delineato dal d.lgs. n. 285 del 1992 ,che in quello che risulta dopo l’intervento di semplificazione del d.lgs. n. 150 del 2011, l’interessato può fare ricorso al prefetto avverso la contestazione, ai sensi dell’art. 203 C.d.S., ed il prefetto, nell’ipotesi di non accoglimento dell’opposizione, emette l’ordinanza-ingiunzione ai sensi del successivo art. 204; contro l’ordinanza ingiunzione può essere proposto ricorso al giudice e, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2011, si applica l’art. 6, che disciplina l’opposizione alle ordinanze-ingiunzione emesse anche ai sensi della legge n. 689 de11981 (analogamente a quanto accadeva nel vigore dell’art. 205 C.d.S., il cui terzo comma rinviava per il giudizio di opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione del prefetto agli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981). Inoltre, l’interessato si può avvalere del ricorso al Giudice di Pace ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 150 /2011, impugnando direttamente il verbale di accertamento di violazione del codice della strada, così come previsto dal testo attuale dell’art. 204 bis C.d.S., sostituito dall’art. 34 del d.lgs. n. 150 del 2011, che ha diversamente disciplinato l’analogo rimedio comunque già contemplato dal testo previgente dell’art. 204 bis . Se il destinatario della contestazione non si avvale né del ricorso al prefetto, né del ricorso al giudice di pace il verbale di accertamento diviene definitivo” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 10261 del 27/04/2018)”.
Da quanto detto consegue che, in tema di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, la competenza del giudice di pace è per materia in ordine alle controversie aventi ad oggetto opposizione a verbale di accertamento, ex art. 7 del d.lgs. n. 150 del 2011, nonché prioritariamente per materia, con limite di valore nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) dell’art. 6, comma 5, del citato decreto, per quelle aventi ad oggetto opposizione ad ordinanza-ingiunzione; gli stessi criteri di competenza vanno altresì applicati con riferimento all’impugnativa del preavviso di fermo, in quanto azione di accertamento negativo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 10261 del 27/04/2018).
Ed è noto che la violazione delle regole di formazione del titolo stragiudiziale deve essere fatta valere col rimedio tipico, sia che si tratti di violazioni che abbiano impedito del tutto la conoscenza della contestazione, sia che si tratti di violazioni che questa conoscenza abbiano consentito, ma abbiano comunque viziato il titolo, irregolarmente formato (Cass. S.U. sent. n. 22080/2017; Cass. Sez. U., Sentenza n. 10261 del 27/04/2018).
L’opposizione di cui agli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981 e 204 bis C.d.S. (ed oggi di cui agli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 150 del 2011) è rimedio omnicomprensivo e idoneo alla delibazione da parte del giudice ordinario di qualsivoglia vizio dell’atto sanzionatorio, compresi i vizi che attengono al procedimento seguito per la sua formazione (Cass. S.U. sent. n. 22080/2017; Cass. S.U., Sent. n. 10261 del 27/04/2018).
a.4 Da quanto detto consegue che il XXX avrebbe dovuto far valere con il rimedio di cui agli artt. 6 e 7 del Dlgs n. 150/11, innanzi al Giudice di Pace, la asserita intervenuta prescrizione dei diritti di cui alle cartelle di pagamento emesse a suo carico per violazione del Codice della Strada, una volta ricevuta la notifica delle stesse.
B. Sulla inammissibilità nel presente giudizio della eccezione di prescrizione dei crediti tributari
b.1 L’eccezione in oggetto non è ammissibile nel presente giudizio di opposizione al pignoramento presso terzi effettuato dalla YYY per il recupero dei crediti tributari.
b.2 Si è già sottolineato che l’opponente ammette di avere ricevuto a suo tempo le notifiche delle relative cartelle di pagamento, ma eccepisce l’intervenuta prescrizione dei diritti rivendicati in alcune di esse, in quanto “le dette cartelle di riferimento e le relative notifiche sono avvenute oltre i cinque anni, pertanto il credito è prescritto in riferimento all’art. 25 legge n. 689/81”.
b.3 Ed al riguardo è noto che “nel giudizio di opposizione avverso l’avviso di mora relativo al pagamento di una sanzione amministrativa, non può’ essere eccepito il decorso del termine quinquennale di prescrizione per la riscossione delle somme dovute, qualora detto termine fosse già consumato (come, nella specie, dedotto dall’opponente: ndr) all’epoca della notifica della cartella esattoriale, non essendo consentito recuperare in tale sede la possibilità di assolvere un onere che si sarebbe potuto e dovuto adempiere con l’opposizione alla cartella esattoriale” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7968 del 23/07/1999).
b.4 In particolare, occorre distinguere tra la opposizione preventiva alla esecuzione ex art. 615 c.p.c. volta a contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata e dunque a destituire di validità od efficacia il titolo esecutivo stragiudiziale (per vizi o fatti impeditivi od estintivi sopravvenuti), dalla ordinaria azione di accertamento negativo del diritto di credito, ed ancora dalla opposizione ordinaria tardiva (recuperatoria) avverso il verbale di accertamento infrazione o l’ordinanza ingiunzione del Prefetto, volta cioè a contestare i fatti costituivi dell’illecito, ossia i presupposti di fatto per la irrogazione della sanzione (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24091 del 03/10/2018).
La qualificazione dell’azione svolta dall’opponente è stata affrontata funditus dalla Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 22080 del 22/09/2017), che ha risolto la questione – rimessa con ordinanza della III sez. del 28.10.2016 n. 21957 – concernente la diversa qualificazione giuridica della domanda proposta dal destinatario della cartella di pagamento o della misura coercitiva alternativa alla esecuzione forzata.
Premesso, infatti, che “avverso tali atti (ai quali debbono aggiungersi anche le comunicazioni di sollecito di pagamento e gli atti di intimazione di pagamento di somme iscritte a ruolo), il destinatario – al fine di contestare l’inesistenza del credito o del titolo esecutivo – potrebbe agire sia in via ordinaria per l’accertamento negativo della pretesa, sia attraverso il recupero della opposizione al verbale di accertamento infrazione o all’ordinanza ingiunzione mai notificati, o comunque non ritualmente portati a conoscenza del destinatario, il quale ne ha appreso la esistenza soltanto a seguito della notifica della cartella di pagamento ovvero, per la prima volta con la notifica del preavviso di applicazione della misura coercitiva, o con altri atti successivi con i quali ha avuto conoscenza del credito vantato dalla Amministrazione, potendo quindi, solo da quel momento, esercitare il proprio diritto di difesa nel merito, contestando i fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria (in materia di violazioni delle norme del Codice della Strada : artt. 204 bis TU n. 285/1992 -come sostituito dall’art. 34, comma 6, lett. a), del Dlgs n. 150/2011-; art. 205 TU n. 285/1992 – come sostituito dall’art. 34, comma 6, lett. b), del Dlgs n. 150/2011), sia in fine con la opposizione alla esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., ove intenda far valere fatti estintivi od impeditivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo (cfr. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24091 del 03/10/2018, anche in motivazione)”, le Sezioni Unite con la predetta sentenza n. 22080/2017 hanno specificato che “tutti i vizi attinenti alla formazione del titolo esecutivo e tutte le questioni di merito concernenti i fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria (ivi compresa la omessa od intempestiva notifica del VAV o della ordinanza ingiunzione), che non sia stato possibile far valere mediante i rimedi ordinari per omessa od invalida notifica degli atti presupposti, debbono essere dedotti – attraverso la impugnazione degli atti conseguenziali che per primi hanno portato il destinatario a conoscenza della pretesa sanzionatoria – mediante la proposizione, nel termine di decadenza ex lege, della ordinaria opposizione definita perciò stesso “recuperatoria”.
b.5 Pertanto, “quando i motivi di opposizione formulati dall’opponente – indipendentemente dal “nomen juris” dallo stesso attribuito all’atto introduttivo quale opposizione ex art. 615 c.p.c.- investono anche la formazione del titolo esecutivo, ed in particolare i fatti estintivi del diritto di credito fatto valere dalla Amministrazione, venendo in questione, ad esempio, la mancata notifica dei verbali di accertamento delle violazioni del Codice della strada (VAV), nonchè delle cartelle di pagamento, ed ancora (come nella specie: ndr) la intervenuta estinzione dei crediti – in mancanza di notifica di atti interruttivi infraquinquennali – del termine prescrizionale del diritto alla riscossione della sanzione pecuniaria decorrente ai sensi dell’art. 28 della legge n. 689/1981 dalla data della commissione dei singoli illeciti, la opposizione proposta, in quanto diretta a contestare gli stessi presupposti della pretesa sanzionatoria e dunque dei crediti fatti valere dalle diverse Amministrazioni, non è qualificabile come “opposizione alla esecuzione” (preventiva od agli atti esecutivi), dovendo piuttosto essere considerata come “opposizione cd. recuperatoria” volta a contestare i presupposti della formazione del titolo esecutivo, e dunque come opposizione -tardiva- ai VAV (art. 204 bis TU n. 285/1992) ovvero alle ordinanze-ingiunzione, con la conseguenza che deve essere proposta nelle forme e con le modalità già previste dagli artt. 22 e 22 bis della legge n. 689/1981 ed attualmente disciplinate dagli artt. 6 e 7 del Dlgs n. 150/2011 (cfr. testualmente Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24091 del 03/10/2018; cfr. anche Corte cass. Sez. U -, Sentenza n. 22080 del 22/09/2017).
b.6 Del resto, la stessa Corte costituzionale (sentenza n. 114 del 2018), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57, comma 1, lett. a), (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) e successive modificazioni, nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c., ha ribadito che “l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., – che non è soggetta a termine di decadenza – in tanto non è ammissibile, come prescrive l’art. 57 citato, in quanto non ha, e non può avere, una funzione recuperatoria di un ricorso del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, non proposto affatto o non proposto nel prescritto termine di decadenza”.
Tale ricostruzione del sistema di tutela giurisdizionale del contribuente esecutato reca come corollario quello della inammissibilità delle opposizioni ex art. 615 c.p.c., che abbiano funzione “recuperatoria” di doglianze che potevano – e dovevano – farsi valere innanzi al giudice tributario D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19. Là dove il contribuente esecutato possa far valere le proprie ragioni ricorrendo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, innanzi al giudice tributario, non vi è spazio per proporre, per le medesime ragioni, l’opposizione ex art. 615 c.p.c. (Cass. civile sez. VI, 07/05/2019, n.11900).
C. Sulla infondatezza della eccezione dell’opponente di parziale inefficacia del pignoramento per violazione dell’art. 545 c.p.c.
c.1 L’opponente ha sollevato l’eccezione in oggetto, assumendo che il pignoramento eseguito dalla controparte ha ecceduto i limiti di pignorabilità dello stipendio previsti dalla norma summenzionata.
c.2 In realtà, il pignoramento in oggetto, notificato al terzo, contiene, del tutto correttamente, la esplicitazione del fatto che esso deve essere eseguito nei limiti di quanto previsto dall’art. 545, commi IV, V e VI cpc e 72 ter DPR 602/73, né l’opponente ha dato prova del fatto che la ritenuta subita abbia superato detti limiti.
Ed è noto che il sopra richiamato art. 72-ter. (Limiti di pignorabilita’), espressamente menzionato nell’atto di pignoramento di cui è causa, così statuisce : “1. Le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennita’ relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro e in misura pari ad un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro. 2. Resta ferma la misura di cui all’articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennita’ relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro. 2-bis. Nel caso di accredito delle somme di cui ai commi 1 e 2 sul conto corrente intestato al debitore, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all’ultimo emolumento accreditato allo stesso titolo. 2-ter. Ai medesimi fini previsti dai commi precedenti, l’Agenzia delle entrate acquisisce le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego, accedendo direttamente, in via telematica, alle specifiche banche dati dell’Istituto nazionale della previdenza sociale”.
D. Sulla infondatezza della eccezione dell’opponente di inammissibilità dello “speciale mezzo di pignoramento” di cui agli artt. 48 bis e 72 bis DPR 602/73
d.1 Con l’eccezione in oggetto, il XXX ha assunto che “a mente del disposto degli artt. 48 bis e 72 bis DPR 602/73, tale speciale mezzo di pignoramento è esperibile solo ed esclusivamente in caso di inadempimento del debitore superiore ad Euro 10.000,00”.
d.2 Si tratta di eccezione fondata sul richiamo ad una fattispecie in alcun modo applicabile al caso di cui è processo.
Infatti, l’art. 48 bis summenzionato (“Disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni”) così recita: “1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le societa’ a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario e’ inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o piu’ cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attivita’ di riscossione delle somme iscritte a ruolo. La presente disposizione non si applica alle aziende o societa’ per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575, ovvero che abbiano ottenuto la dilazione del pagamento ai sensi dell’articolo 19 del presente decreto ((nonche’ ai risparmiatori di cui all’articolo 1, comma 494, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che hanno subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 16 gennaio 2018)). 2. Con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalita’ di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1. 2-bis. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, l’importo di cui al comma 1 puo’ essere aumentato, in misura comunque non superiore al doppio, ovvero diminuito”.
La norma, dunque, attiene alla ipotesi in cui la P.A. abbia un debito verso terzi e ne vieta il pagamento quando quest’ultimo sia a sua volta debitore dell’Erario.
d.3 Invero, l’atto di pignoramento in questione è stato espressamente e correttamente effettuato nelle forme di cui agli artt. 72 bis (Pignoramento dei crediti verso terzi) e 72 ter (Limiti di pignorabilita’) del DPR 602/73 (cfr. l’atto di pignoramento).
E. Sulla inammissibilità della eccezione di nullità/inesistenza dell’atto di pignoramento per asserita mancata sottoscrizione dello stesso
e.1 L’eccezione in oggetto deve ritenersi tardiva, in quanto sollevata dall’opponente soltanto con la 2° memoria ex art. 183, comma VI, c.p.c.
e.2 E infatti noto che “nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, si ha “mutatio libelli” quando si avanzi un motivo di contestazione della regolarità formale di un atto del processo esecutivo diverso da quello posto a fondamento dell’atto introduttivo dell’opposizione, facendo così valere una “causa petendi” fondata su un vizio dell’atto non prospettato prima, con l’effetto di porre un nuovo tema d’indagine e di ampliare i termini della controversia. Ne consegue, pertanto, che il motivo di opposizione agli atti esecutivi proposto nel corso del processo è inammissibile, a prescindere dal fatto che attenga ad un vizio dello stesso atto opposto e che comporti identico “petitum” di annullamento (o revoca o modifica) del medesimo atto, irrilevante essendo, altresì, la presenza – nel ricorso ex art. 617 cod. proc. civ. – di una riserva “di ulteriormente sviluppare i motivi”, la quale non può legittimare la proposizione di motivi nuovi” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18761 del 07/08/2013).
F. Conclusioni e disciplina delle spese di lite
f.1 La opposizione deve essere pertanto integralmente respinta, per le causali di cui in motivazione.
f.2 La disciplina delle spese di lite segue, ex lege, la soccombenza, come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al R.G. n. /18, ogni contraria istanza ed eccezione disattese, così decide:
DICHIARA
la incompetenza del Tribunale adito, relativamente alla opposizione proposta avverso le ingiunzioni di pagamento emesse per violazioni del Codice della Strada, sussistendo in materia la competenza del Giudice di Pace.
RIGETTA
gli altri motivi di opposizione.
CONDANNA
l’opponente alla rifusione delle spese di lite sostenute dall’opposta, spese che liquida in €. 4.835,00 per compensi, oltre il 15% sui compensi, per rimborso forfettario delle spese, Iva e CPA come per legge.
Alla Cancelleria.
Chieti, 8.8.19
Il Giudice
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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