n. 1423/2022 r.g.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Venezia, Prima Sezione Civile, composta dai seguenti magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente relatore dott. NOME COGNOME Consigliere dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la presente
SENTENZA N._382_2025_- N._R.G._00001423_2022 DEL_06_03_2025 PUBBLICATA_IL_06_03_2025
nel procedimento ex art. 195 d.lgs. n. 58/1998 promosso con ricorso (c.f.:
(c.f.: ) e (C.F.: ), rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e prof. NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Roma, INDIRIZZO nonché domicilio digitale PEC ricorrenti contro (c.f.: ), in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in Venezia – Mestre, INDIRIZZO OGGETTO: opposizione ex art. 195 D.Lgs. n. 58/1998 avverso la deliberazione della Consob n. 22348 del 9 giugno 2022
CONCLUSIONI
C.F. C.F. C.F. Per i ricorrenti:
– in via principale, accertare, per le ragioni sopra esposte, che la DELIBERA CONSOB n. 22348 del 9 giugno 2022 è affetta dai vizi esposti in narrativa ed è pertanto illegittima, con conseguente annullamento/revoca/riforma della DELIBERA stessa e di tutti gli atti consequenziali alla medesima;
per l’effetto, dichiarare non dovuta la sanzione per ciascuno irrogata, con obbligo di restituzione a ciascun ricorrente della relativa somma corrisposta nelle more;
– in via subordinata, ridurre, per le ragioni di cui in narrativa, al minimo edittale e/o a equo ammontare, la sanzione amministrativa per ciascun ricorrente di cui alla DELIBERA;
– in via istruttoria, concedere un termine per il deposito di memorie e documenti all’esito della costituzione di Con vittoria di spese e onorari di lite ex D.M 55/2014, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e accessori di Legge.
Per – nel merito, rigettare il ricorso in opposizione perché infondato in fatto e in diritto e, per l’effetto, confermare nell’an e nel quantum le sanzioni applicate dalla con Delibera n. 22348 del 9 giugno 2022;
– in via istruttoria, nell’ipotesi di accoglimento dell’avversaria domanda istruttoria volta all’ottenimento di “un termine per il deposito di memorie e documenti all’esito della costituzione di , concedere un distinto e ulteriore termine – decorrente dalla scadenza del primo – a favore della per il deposito di memorie di replica e documenti.
Con ogni più ampia riserva di deduzioni difensive, allegazioni e istanze, anche istruttorie.
Col favore delle spese, diritti e onorari di procedura.
Ragioni della decisione In fatto Previa notifica di atto di contestazione della Divisione RAGIONE_SOCIALE della con delibera n. 22348/2022, emessa da all’esito del procedimento disciplinato dall’art. 195 d.lgs. n. 58/98 (TUF), era applicata a componenti del Collegio Sindacale e, successivamente, a decorrere dal 13 aprile 2019, del Comitato per il Controllo sulla Gestione di la sanzione amministrativa pecuniaria, per ciascuno, di euro 50.000,00.
riteneva che, negli anni 2019 e 2020, avesse fornito al mercato, mediante le relazioni sul governo societario, “un quadro informativo fuorviante e non completo” circa la “informativa pre-consiliare” (inadeguata per consentire ai consiglieri di adottare decisioni consapevoli e carente di documentazione relativa all’ordine del giorno), il “funzionamento del consiglio di amministrazione” (nel quale l’adozione di delibere avveniva malgrado “rilevanti asimmetrie informative tra un gruppo ristretto di consiglieri, che condividevano informazioni rilevanti rispetto alla gestione sociale in via preventiva ed esclusiva, e il plenum del consiglio”) e il ruolo del presidente del consiglio stesso (il quale non garantiva “un’adeguata informativa a tutti i consiglieri, di buon funzionamento dell’organo amministrativo e di coordinamento tra tutte le componenti del CdA”). Per le informazioni contenute nelle Relazioni CG 2019 e 2020 non fornivano al mercato un quadro trasparente delle reali pratiche di governo societario adottate, né informavano sulla mancata osservanza di disposizioni del Codice di Autodisciplina delle società quotate, nella versione aggiornata al luglio 2018, al quale aveva dichiarato di aderire, così violando l’art. 123-bis, comma 2, TUF dopo aver riscontrato le predette carenze in materia di governo societario e funzionamento degli organi sociali con “specifico riferimento ad alcune vicende societarie di grande rilevanza per la vita della Società”, riteneva di imputare ai ricorrenti la violazione dei “doveri di vigilare sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste dal Codice di Autodisciplina, cui ha dichiarato di aderire, ai sensi dell’art. 149, comma 1, lett. c-bis, del e di comunicare senza indugio alla irregolarità riscontrate nel corso dell’attività di vigilanza. ” Come sopra anticipato, ai ricorrenti era applicata la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 193, comma 3, lett. a)
, TUF nella misura di euro 50.000,00 (euro 35.000,00 per la violazione dell’art.149, comma 1, lett. c-bis, TUF aumentata, per effetto del cumulo giuridico, di euro 15.000,00 per la violazione dell’art.149, comma 3, TUF).
Avverso tale delibera proponevano opposizione con ricorso del 12 luglio 2022, formulando i seguenti motivi:
era decaduta, per violazione dell’art. 195, comma 1, TUF dal potere di irrogare la sanzione, non avendo rispettato il termine di centottanta giorni dall’accertamento per la contestazione degli addebiti (la conclusione dell’attività ispettiva era avvenuta il 14 settembre 2020, come comunicato da , e non il 29 marzo 2021 Contr allorché aveva trasmesso, su richiesta di del 24 marzo 2021, il Piano di rimedio redatto secondo le indicazioni dell’Ivass, sì che la notifica dell’atto di contestazione, eseguita il 23 settembre 2021, era tardiva di oltre un anno rispetto alla chiusura dell’istruttoria); 2) non ricorrevano i presupposti per l’applicazione dell’art. 123-bis, comma 2, lett. a, TUF poiché non esisteva una “prassi” di governo societario parallela a quella ufficiale, i comportamenti contestati erano “occasionali o sporadici”, il CdA era sempre puntualmente informato ai fini dell’espressione consapevole delle proprie determinazioni e manteneva un ruolo centrale rispetto a tutte le tematiche gestionali e strategiche, senza alcuna interferenza di singoli componenti nella formazione delle decisioni del plenum consiliare; le asserite irregolarità erano tutt’al più riconducibili alla lett. d, comma 2, dell’art. 123-bis TUF e non alla lett. a;
3) non erano ravvisabili irregolarità imputabili all’operato gestorio con conseguente esclusione della responsabilità dei ricorrenti per omessa vigilanza, di cui all’art.149, comma 1, lett. c-bis TUF, né l’obbligo di comunicazione a ai sensi dell’art.149, comma 3, TUF;
4) la condotta ascritta non era stata valutata ai sensi dell’art.3 della l. n. 689/1981, al fine di ravvisare il ricorrere dell’elemento soggettivo dell’illecito, con conseguente violazione della predetta norma;
aveva compiuto un illegittimo “sindacato di merito non soltanto sulla completezza dei contenuti delle Relazioni CG 2019 e 2020, ma addirittura sulla gestione pura e semplice, sindacato inammissibile e precluso a in quanto non coperto dalla norma sanzionatoria contestata … e in ogni caso considerato che la società è un’impresa assicurativa sottoposta a vigilanza, di competenza di una diversa Autorità”;
6) quanto alle circostanze fattuali considerate da quali “presupposti del fatto illecito” i ricorrenti deducevano gli addebiti non erano sussistenti, poiché a) la documentazione informativa poteva essere fornita direttamente in riunione e, nel 2020, soltanto nel 12% circa dei casi ciò era avvenuto e soltanto nel 1% dei casi erano state assunte delibere senza un relativo punto all’ordine del giorno;
b) non sussisteva alcuna norma che stabiliva le modalità di redazione dell’ordine del giorno per la convocazione del CdA e, nella specie, l’ordine del giorno analitico era messo tempestivamente a disposizione dei consiglieri sul portale a loro riservato, insieme alla documentazione;
c) il processo di formazione delle decisioni dell’organo amministrativo non era stato alterato, e in particolare vi era stata ampia discussione in seno al consiglio circa il recesso dal patto parasociale con il ricorrente aveva svolto funzione di raccordo tra i vari organi sociali in occasione dell’adozione del sistema c.d. monistico di amministrazione e controllo della società;
non vi era stata asimmetria informativa tra i consiglieri in occasione della predisposizione delle liste per il rinnovo del CdA e delle liste dei candidati si era occupata in piena autonomia il consulente esterno il CdA si era espresso, il 13 aprile 2019, in piena autonomia e consapevolezza sulla proposta di rinnovo delle deleghe all’amministratore delegato;
revoca delle deleghe all’amministratore delegato, deliberata dal CdA il 31 ottobre 2019, era il risultato di una “lunga, articolata e (soprattutto) dibattuta riunione”;
non corrispondeva al vero che la revoca dell’amministratore delegato, dott. la proposta di aumento di capitale fossero state deliberate in assenza di informativa pre-consiliare e con una formulazione generica dell’ordine del giorno;
il CdA era puntualmente aggiornato in ordine alla partecipazione in RAGIONE_SOCIALE
Inoltre, vi era stata da parte di erronea applicazione dei parametri di valutazione della misura della sanzione, di cui all’art. 11, l. n. 689/1981, con riferimento alla gravità oggettiva della violazione, all’elemento psicologico dell’agente ed alla capacità finanziaria del ricorrente.
I ricorrenti domandavano, in via principale, che la delibera n. 22349 del 9 giugno 2022 fosse annullata e non dovuta la sanzione irrogata;
in via subordinata, chiedevano che la sanzione fosse ridotta al minimo edittale e/o a equo ammontare.
si costituiva con atto del 31 dicembre 2022 e depositava la memoria di risposta il 9 gennaio 2023.
La resistente affermava che specifiche vicende societarie, emerse nel corso dell’ispezione, avevano dimostrato che le pratiche di governo societario effettivamente applicate si discostavano dal codice di autodisciplina e un tale scostamento non era rappresentato nelle relazioni CG 2019 e 2020.
In particolare, era risultato che la società aveva omesso di riportare informazioni in merito sia al mancato rispetto di alcune raccomandazioni del Codice di Autodisciplina delle società quotate italiane promosso da Borsa Italiana s.p.a., al quale aveva dichiarato di aderire, sia alle pratiche di governo societario effettivamente applicate dalla Società;
e ciò con particolare riferimento profili dell’informativa pre-consiliare, del funzionamento dell’organo amministrativo, dei ruoli esecutivi concretamente svolti all’interno della Società e del ruolo del relativo Presidente.
Dagli accertamenti condotti dalle due Autorità di vigilanza era emersa una condizione di frequente ritardo o mancata messa a disposizione, a favore di tutti i membri dell’organo amministrativo, dell’informativa sulle materie poste all’ordine del giorno delle sedute del CdA;
e ciò a fronte di una circolazione “informale” delle informazioni, nel periodo antecedente ciascuna riunione, esclusivamente tra alcuni Consiglieri, situazione che aveva ingenerato gravi asimmetrie informative tra i predetti consiglieri.
Inoltre, la formulazione degli ordini del giorno veniva sovente effettuata in maniera estremamente sintetica, non sempre esplicativa dell’argomento oggetto di discussione.
Oltre a ciò, il reale assetto di governance di era risultato caratterizzato dalla presenza di un gruppo ristretto di membri dell’organo amministrativo – composto dal Presidente dalla Vice Presidente , dal Segretario del CdA dal Vice Presidente e dal Consigliere che, pur non rivestendo formalmente alcun ruolo esecutivo, erano risultati direttamente coinvolti, al di fuori della dialettica collegiale, nell’assunzione delle decisioni su rilevanti vicende societarie, alterando di fatto il funzionamento dell’organo stesso nel suo plenum. Tale sistema di governo aveva determinato in concreto un’alterazione del processo di formazione delle decisioni dell’organo amministrativo e risultava caratterizzato da pratiche concrete di corporate governance adottate da in relazione alle quali la Società aveva omesso di fornire una qualunque informativa nelle Relazioni CG 2019 e 2020.
Per quanto di interesse in relazione alla posizione dei ricorrenti, evidenziava che, dall’attività istruttoria condotta dalla DGC, era emerso, con riguardo alla condotta tenuta – in qualità, all’epoca dei fatti contestati, di componenti del Collegio sindacale di successivamente, a decorrere dal 13 aprile 2019 (ossia dall’adozione del modello monistico da parte della Società), del Comitato per il Controllo sulla Gestione (“CoCoGe”) – che gli stessi avevano omesso:
(i) di adempiere ai propri doveri di vigilanza, ai sensi dell’art. 149, comma 1, lett. c-bis, TUF, con riferimento alle carenze sopra descritte, non avendo vigilato sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste dal Codice di Autodisciplina a cui aveva dichiarato di aderire nelle Relazioni CG 2019 e 2020;
(ii) di comunicare alla ai sensi dell’art. 149, comma 3, TUF, le relative irregolarità riscontrate o riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.
Con riferimento ai motivi di impugnazione, deduceva:
– quanto alla tempestività della contestazione, che la relazione CG 2020 era stata approvata dal CdA solamente il 1° aprile 2021, sì che prima di allora la violazione dell’art. 123-bis, comma 2, lett. a), TUF non era stata ancora compiuta, e comunque non prima dell’acquisizione della documentazione di IVASS, avvenuta il 18 marzo 2021, poteva ritenersi completato il quadro istruttorio, senza considerare che non poteva a priori escludersi l’irrilevanza dell’acquisizione del Piano di (ricevuto da il 29 marzo 2021); – in merito alla violazione dell’art. 123-bis, comma 2, lett. a), TUF, che sia la norma suddetta sia il codice di autodisciplina imponevano di comunicare le pratiche di governo societario effettivamente applicate, e ciò a prescindere da un’alterazione del sistema di governo societario, che comunque vi era stata;
– quanto alle circostanze fattuali considerate sintomatiche di criticità e carenze in relazione al sistema di governo societario adottato da ed al funzionamento degli organi sociali, ne ribadiva la rilevanza e l’omesso esercizio da parte dei ricorrenti dei doveri di vigilanza e comunicazione;
– che non poteva sostenersi che i ricorrenti avessero agito senza coscienza e volontà della condotta;
– quanto all’entità della sanzione, che essa era lieve, rispetto alla gravità dei fatti, e prossima al minimo edittale.
concludeva per il rigetto del ricorso con conferma, anche nel quantum, della sanzione applicata.
Esaurita, all’udienza del 20 aprile 2023, la discussione, la Corte assegnava la causa in decisione.
A seguito dell’omessa redazione e deposito della sentenza da parte del consigliere allora designato relatore, la causa veniva assegnata a nuovo relatore e trattenuta in decisione sulle conclusioni precisare dalle parti con note scritte sostitutive dell’udienza del 6 febbraio 2025.
1. Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti eccepiscono la decadenza di dal potere di irrogare la sanzione per violazione dell’art. 195, comma 1, TUF non avendo rispettato il termine di centottanta giorni dall’accertamento per la contestazione degli addebiti.
I predetti affermano che la conclusione dell’attività ispettiva avvenne il 14 settembre 2020, come comunicato da , e non il 29 marzo 2021 allorché trasmise, su richiesta di del 24 marzo 2021, il Piano di rimedio redatto secondo le indicazioni dell’Ivass, sì che la notifica dell’atto di contestazione, eseguita il 23 settembre 2021, sarebbe tardiva di oltre un anno rispetto alla chiusura dell’istruttoria.
L’eccezione non merita accoglimento.
Occorre ricordare che, in tema di sanzioni amministrative previste dal testo unico sulla finanza, il momento dell’accertamento da parte della va individuato in quello in cui la constatazione si è tradotta, o si sarebbe potuta tradurre, in accertamento, dovendosi a tal fine tenere conto, oltre che della complessità della materia, delle particolarità del caso concreto, anche con riferimento al contenuto e alle date delle operazioni;
che in relazione al sindacato sulla tempistica degli atti di indagine, il giudice deve limitarsi a rilevare se vi sia stata un’ingiustificata e protratta inerzia durante o dopo la raccolta dei dati, tenuto anche conto che ragioni di economia possono indurre a raccogliere ulteriori elementi atti a dimostrare la sussistenza, accanto a violazioni già risultanti dagli atti raccolti, di ulteriori, eventuali violazioni amministrative, al fine di emettere un unico provvedimento sanzionatorio, senza che il giudice dell’opposizione si possa sostituire all’amministrazione nella valutazione dell’opportunità di atti istruttori collegati ad altri e posti in essere senza apprezzabile intervallo temporale; che la valutazione della superfluità degli atti di indagine va effettuata con un giudizio ex ante (e in tal senso il giudice deve rilevare l’evidente superfluità, per essere manifestamente già accertati tempi, entità e altre modalità delle violazioni, senza omettere di considerare anche la possibile connessione con altre violazioni ancora da accertare), essendo irrilevante che indagini potenzialmente fruttuose in via prognostica si rivelino ex post inutili (cfr. Cass. civ. n. 9261/2018; Cass. civ. n. 8326/2018; Cass. civ. n. 9561/2018 e Cass. civ. n. 24082/2019).
Deve perciò escludersi che il termine per perfezionare la contestazione decorresse – come sostengono i ricorrenti – dalla data di conclusione dell’attività ispettiva di (cfr. già Cass. civ., sez. un., 9 marzo 2007, n. 5395, secondo cui il momento dell’accertamento degli illeciti amministrativi “non deve essere fatto coincidere, necessariamente e automaticamente, né con il giorno in cui l’attività ispettiva è terminata, né con quello in cui è stata depositata la relazione dell’indagine, né con quello in cui la si è riunita per prenderla in esame”). A quella data, difatti, era ancora in essere l’attività d’indagine di RAGIONE_SOCIALE, ossia dell’istituto deputato alla vigilanza sulle compagnie assicurative, la cui azione di controllo deve avvenire, ciascuna per le rispettive competenze, unitamente a come dispone l’art. 3 del Codice delle Assicurazioni Private.
Era perciò doveroso che attendesse l’esito dell’attività di RAGIONE_SOCIALE, affinché gli interventi rimediali e sanzionatori fossero coordinati.
I ricorrenti focalizzano l’attenzione sull’invio, avvenuto il 29 marzo 2021, del Piano di rimedio adottato da su indicazione di Ivass, affermandone l’irrilevanza, ma trascurano di considerare il rapporto ispettivo di Ivass dell’8 gennaio 2021, che descriveva le “gravi disfunzioni nella complessiva governance aziendale” e gli atti di contestazione che ne sono seguiti, trasmessi da Ivass a il 18 marzo 2021.
Si trattava di atti rilevanti per il procedimento cui contenuto è espressamente richiamato alle pagg. 24-27 nell’atto di contestazione del 23 settembre 2021.
La circostanza, poi, che il rapporto ispettivo RAGIONE_SOCIALE richiamasse, a sua volta, le risultanze della relazione ispettiva del 2 luglio 2020, che era stata trasmessa a RAGIONE_SOCIALE, dimostra l’avvenuto coordinamento delle due autorità e non anche la superfluità dell’attività di Non può quindi affermarsi (tanto meno lo si poteva affermare ex ante) che l’attività ispettiva conclusa da nel luglio 2020 (comunicata il 14 settembre 2020) fosse già esaustiva per l’accertamento degli illeciti degli amministratori, e in ogni caso rappresentava un comportamento di doverosa prudenza, anche nell’interesse difensivo degli amministratori di , attendere, prima di compiere una valutazione sull’operato degli amministratori stessi, l’esito della verifica ispettiva dell’ istituzionalmente deputato al controllo delle compagnie assicuratrici. Può dunque ritenersi che solo all’esito delle trasmissioni suddette disponesse di tutti gli elementi che, previa valutazione, avrebbero consentito l’accertamento degli addebiti contestati ai consiglieri di amministrazione della società.
Ora, tra il 18 marzo 2021 e il 23 settembre 2021 sono trascorsi poco più di centottanta giorni (185) tra il ricevimento degli ultimi atti di Ivass e la contestazione delle violazioni alla odierna ricorrente.
sicché detraendo da questi i 180 giorni previsti per l’inoltro dell’atto di contestazione dovrebbe concludersi che la ha usufruito del più che ragionevole spatium deliberandi di 5 giorni.
A quanto sopra osservato deve aggiungersi che ha contestato ai ricorrenti, tra l’altro, la violazione dell’art.149, comma 1, lett. c-bis del TUF per aver omesso di vigilare sulle modalità di attuazione delle regole di governo societario previste dal Codice di Autodisciplina, cui aveva dichiarato di aderire nell’ambito delle Relazioni CG relative agli esercizi 2019 e 2020.
La Relazione del 2020 fu approvata dal CdA il 1° aprile 2021, sicché – come osserva la resistente – prima di allora la violazione dell’art. 123-bis, comma 2 lett. a), TUF non era ancora compiutamente consumata.
Può aggiungersi che fosse ragionevole che attendesse la pubblicazione della Relazione del 2020 e ciò non per aggravare la posizione degli incolpati, bensì per appurare se l’omessa comunicazione di pratiche di governo difformi da quelle previste dal codice di autodisciplina, avvenuta con riferimento alla gestione del 2019, rappresentasse o meno un fatto isolato.
Considerando la data del 1° aprile 2021 (data di pubblicazione della Relazione 2020), la notifica dell’atto di contestazione è avvenuta in un termine inferiore a 180 giorni.
Pertanto, la contestazione notificata ai ricorrenti il 23 settembre 2021 è tempestiva.
2.
Con un secondo motivo di impugnazione i ricorrenti negano la sussistenza dei presupposti per l’irrogazione della sanzione, deducendo la violazione dell’art. 123- bis, comma 2 lett. a), TUF in quanto avrebbe irragionevolmente dilatato l’ambito di applicazione di tale disposizione sino a ricomprendervi anche sporadici disallineamenti rispetto al Codice di Autodisciplina o alle regole di funzionamento degli organi sociali;
si tratterebbe, in particolare, di “una serie di circostanze fattuali di per sé singolarmente prive di effettivo rilievo” (pag. 27), non riconducibili alla nozione di “pratiche di governo societario” evocata nella norma, che, a dire dei ricorrenti, presuppone l’esistenza di una prassi decisa dalla Società e adottata dai suoi organi in modo strutturale (come quella descritta nelle Relazioni CG 2019 e 2020 di che i ricorrenti ritengono essere stata sostanzialmente rispettata).
Inoltre, le irregolarità riscontrate dalla secondo la prospettazione dei ricorrenti, non sarebbero astrattamente punibili anche in quanto i fatti contestati, attinenti al funzionamento dell’organo di amministrazione, sarebbero riconducibili non già all’ipotesi normativa di cui all’art.123- bis, comma 2, lett. a), TUF, bensì alla diversa previsione – non sanzionabile ex art. 192-bis, TUF – di cui alla lett. d) del medesimo comma, secondo cui nella relazione sulla gestione devono essere riportate informazioni riguardanti “la composizione e il funzionamento degli organi di amministrazione e controllo e dei loro comitati”. Infine, i ricorrenti osservano come la contravvenendo al principio di legalità ex art. 1, Legge 24 novembre 1981, n. 689, non avrebbe provveduto a qualificare in termini di rilevanza le condotte loro ascritte, quando invece l’art. 190-bis, comma 1, lett. a, TUF, prevede, come presupposto per l’applicazione della sanzione alla persona fisica, che il suo comportamento “abbia inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione e sui profili di rischio aziendali, ovvero abbia provocato un grave pregiudizio per la tutala degli investitori o per la trasparenza, l’integrità e il corretto funzionamento del mercato”. Il motivo non merita accoglimento.
infatti, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non ha rappresentato “singole e isolate circostanze fattuali”, bensì ha contestato l’esistenza di una “prassi” di governo societario non conforme a quanto era comunicato nelle relazioni Corporate Governance del 2019 e del 2020.
La contestazione concerne la mancata comunicazione nella “relazione sul governo societario e gli assetti proprietari” di quale fosse l’effettiva pratica di governo societario, la quale si discostava dalle regole del codice di comportamento che la società aveva adottato (ossia quelle contenute nel codice di autodisciplina promosso da Borsa Italiana s.p.a. nella versione aggiornata al luglio 2018).
In ciò consiste la violazione dell’art. 123 bis, comma 2 lett. a), TUF il quale prescrive che nella relazione suddetta devono essere riportate le informazioni sull’adesione “ad un codice di comportamento in materia di governo societario promosso da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, motivando le ragioni dell’eventuale mancata adesione ad una o più disposizioni, nonché le pratiche di governo societario effettivamente applicate dalla società al di là degli obblighi previsti dalle norme legislative o regolamentari ”. Il codice prevedeva che “l’emittente è guidato da un consiglio di amministrazione che si riunisce con regolare cadenza e che si organizza e opera in modo da garantire un efficace svolgimento delle proprie funzioni.
Gli amministratori agiscono e deliberano con cognizione di causa e in autonomia, perseguendo l’obiettivo prioritario della creazione di valore per gli azionisti in un orizzonte di medio-lungo periodo” (punti 1.P.1. e 1.P.2).
Affinché sia garantita l’effettività delle decisioni, l’autonomia del consiglio e la cognizione di causa dei suoi componenti circa le decisioni da assumere, “il presidente del consiglio di amministrazione si adopera affinché la documentazione relativa agli argomenti all’ordine del giorno sia portata a conoscenza degli amministratori e dei sindaci con congruo anticipo rispetto alla data della riunione consiliare.
Il consiglio fornisce nella relazione sul governo societario informazioni sulla tempestività e completezza dell’informativa pre-consiliare, fornendo indicazioni, tra l’altro, in merito al preavviso ritenuto generalmente congruo per l’invio della documentazione e indicando se tale termine sia stato normalmente rispettato” (punto 1.C.5.).
Lo stesso codice di autodisciplina, dopo avere premesso che l’adesione allo stesso era volontaria e che “ogni società italiana con azioni quotate (‘emittente’) che aderisce al Codice fornisce nella relazione sul governo societario e gli assetti proprietari (‘relazione sul governo societario’) informazioni accurate, di agevole comprensione ed esaustive, se pur concise, sui comportamenti attraverso i quali le singole raccomandazioni contenute nei principi e nei criteri applicativi sono state concretamente applicate nel periodo cui si riferisce la relazione”, precisava che gli scostamenti rispetto alle raccomandazioni in esso contenute dovevano essere comunicate al mercato tramite la relazione sul governo societario (“In linea con la Raccomandazione UE n. 208/2014, gli emittenti indicano chiaramente nella relazione sul governo societario le specifiche raccomandazioni, contenute nei principi e nei criteri applicativi, da cui si sono discostati e, per ogni scostamento: (a) spiegano in che modo hanno disatteso la raccomandazione;
(b) descrivono i motivi dello scostamento, evitando espressioni generiche o formalistiche;
(c) descrivono come la decisione di discostarsi dalla raccomandazione è stata presa all’interno della società;
(d) se lo scostamento è limitato nel tempo, indicano a partire da quando prevedono di attenersi alla relativa raccomandazione;
(e) descrivono l’eventuale comportamento adottato in alternativa alle raccomandazioni da cui si sono discostati e spiegano il modo in cui tale comportamento raggiunge l’obiettivo sotteso alla raccomandazione oppure chiariscono in che modo il comportamento prescelto contribuisce al loro buon governo societario.
Per quanto riguarda i principi e i criteri applicativi aventi contenuto definitorio, in mancanza di diverse e motivate indicazioni dell’emittente, si presume che lo stesso vi si sia attenuto.
L’impostazione del Codice – improntata a una logica di flessibilità – consente agli emittenti di disapplicare, in tutto o in parte, alcune delle sue raccomandazioni.
In forza del meccanismo del comply or explain previsto dall’art. 123-bis del T.u.f. , è però necessario spiegare le ragioni della disapplicazione:
il Comitato ritiene che tale scelta non determini a priori un giudizio di disvalore, nella consapevolezza che la stessa può dipendere da diversi fattori:
la società potrebbe essere non ancora sufficientemente strutturata per l’applicazione di tutte le raccomandazioni (perché, ad esempio, di recente quotazione) o potrebbe ritenere alcune raccomandazioni non funzionali o non compatibili con il proprio modello di governance o con la situazione giuridica e finanziaria della società oppure ancora potrebbe aver individuato soluzioni di governance alternative a quelle disattese che consentono nella sostanza di raggiungere lo stesso obiettivo” (punto IV dei principi guida). Dunque, il codice ribadiva la necessità, già prescritta dall’art. 123 bis, comma 2 lett. a), TUF, che la relazione sulla governance comunicasse al mercato le pratiche di governo societario effettivamente applicate dalla società e ciò a prescindere da quale fosse il contenuto di dette pratiche.
Pertanto, una relazione che non rappresentava le modalità con le quali erano effettivamente assunte le decisioni non rispettava né la regola adottata con l’adesione al codice, né il disposto del cit. art. 123 bis, rendendo la stessa relazione non solo inutile, ma altresì decettiva per gli investitori.
Non è perciò condivisibile l’affermazione secondo cui, se anche “vi fosse stata una qualche deviazione dalle regole di governo societario che avesse consentito ad alcuni amministratori, incluso il ricorrente, di conoscere in sede diversa dal CdA il contenuto di determinate operazioni, ciò avrebbe avuto rilevanza ai fini dell’art. 123-bis, comma 2, lett. a, TUF solo se si fosse tradotto in una condotta attiva di quei medesimi amministratori tale da impedire al plenum consiliare di svolgere le proprie funzioni. In questo caso, e solo in questo, la società avrebbe dovuto darne comunicazione al pubblico.
In altri termini, anche se le condotte descritte nel merito da e indicate quali ‘presupposti del fatto illecito’ si fossero effettivamente verificate (ma così non è; v. infra), le stesse non sarebbero state comunque idonee ad alterare la governance societaria così come percepita dagli altri consiglieri ed effettivamente da questi realizzata” (pagg. 27-28 del ricorso).
L’obbligo informativo non aveva ad oggetto singoli accadimenti, ma l’esistenza di una pratica decisionale che spostava la funzione all’esterno del consiglio di amministrazione.
Gli amministratori erano senz’altro obbligati a comunicare al mercato la sussistenza di una prassi di governance, fosse o meno percepita dai consiglieri che ne erano rimasti estranei, che si discostava sensibilmente dal codice di autodisciplina adottato.
Neppure può sostenersi che “Le asserite irregolarità nella condizione del governo societario di potrebbero, al più, aver riguardato il mero funzionamento dell’organo di amministrazione e dei suoi comitati, sicché i fatti contestati potrebbero essere, in astratto e a tutto voler concedere, riconducibili non già alla fattispecie di cui al all’art. 123-bis, comma 2, lett. a, TUF, bensì a quella di cui al comma 2, lett. d, della medesima disposizione, secondo cui nella relazione sulla gestione devono essere riportate anche le informazioni riguardanti ‘la composizione e il funzionamento degli organi di amministrazione e controllo e dei loro comitati’” (pag. 28 del ricorso), atteso che la lett. d) si limita a prescrivere che la relazione contenga le informazioni sul funzionamento interno dell’organo amministrativo e dei comitati da esso costituiti, mentre la lett. a) richiede espressamente di comunicare “le ragioni dell’eventuale mancata adesione ad una o più disposizioni , nonché le pratiche di governo societario effettivamente applicate dalla società”, il che nel caso di specie non sarebbe avvenuto (stando alla contestazione). Tra le due fattispecie vi è dunque un rapporto di specialità, ma il disvalore della condotta, che giustifica le sanzioni, non risiede nella mera omissione di informazioni riguardanti il funzionamento degli organi amministrativi, ma negli elementi specializzanti della fattispecie della lett. a), ossia nell’avere ingenerato nel mercato l’affidamento sul rispetto, nella governance, del codice di autodisciplina, mentre l’effettiva prassi di governo se ne discostava.
Venendo al caso di specie mette conto rilevare che, come correttamente evidenziato da ai sindaci è stata addebitata una duplice violazione dei doveri sugli stessi gravanti:
i) in primo luogo, del dovere di vigilare sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste dal Codice di Autodisciplina, cui ha dichiarato di aderire, ai sensi dell’art. 149, comma 1, lett. c-bis), del TUF;
ii) in secondo luogo, del dovere di comunicare senza indugio alla le irregolarità riscontrate nel corso dell’attività di vigilanza e di trasmettere ogni documentazione utile al riguardo, ai sensi dell’art. 149, comma 3, TUF, non avendo i sindaci altresì comunicato alla le carenze informative concernenti le Relazioni CG 2019 e 2020, non riportanti adeguate informazioni sulle reali pratiche di governo societario adottate da in materia di informativa pre-consiliare, funzionamento del CdA e ruolo del Presidente. Pertanto, i componenti dell’organo di controllo risulterebbero passibili di sanzione anche nell’ipotesi in cui l’informativa non resa al mercato fosse riconducibile (altresì) alla lett. d) – oltre alla lett. a) della citata norma – perché, anche in tale ipotesi, essi sarebbero venuti meno al dovere di segnalare alla irregolarità riscontrate nell’ambito della propria attività.
Quanto alla asserita “mancata qualificazione in termini di rilevanza delle condotte ascritte ai singoli consiglieri”, ai sensi dell’art. 192-bis, con il conseguente venir meno del “presupposto stesso per l’applicazione della sanzione (e dunque anche quella conseguente verso i membri dell’organo di controllo per omessa vigilanza)” vale ribadire che i ricorrenti sono stati sanzionati a norma dell’art. 193, comma 3 lett. a), TUF, il quale punisce i “componenti del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione che commettono irregolarità nell’adempimento dei doveri previsti dall’articolo 149, commi 1, 4-bis, primo periodo, e 4- ter, ovvero omettono le comunicazioni previste dall’articolo 149, comma 3”, ossia per aver commesso un illecito tipico e proprio dei componenti dell’organo di controllo. Prima di affrontare il 3. terzo motivo di impugnazione (con cui i ricorrenti sostengono l’insussistenza nel caso di specie del dovere di riferire a in presenza “di temporanee “anomalie” che non mostrano particolari indici di rischiosità”);
il 4. quarto motivo di impugnazione (con cui i ricorrenti lamentano la violazione dell’art.3 Legge n.689/1981) ed il 5. quinto motivo di impugnazione (con cui i ricorrenti si lamentano dell’illegittimo sindacato di merito di pare opportuno esaminare il 6. sesto motivo di impugnazione, con il quale i ricorrenti contestano la rilevanza delle circostanze fattuali che ha ritenuto sintomatiche di una “serie di criticità e carenze in relazione al sistema di governo societario adottato da e al funzionamento degli organi sociali”. Con tale motivo i ricorrenti sostengono che dette circostanze fattuali, considerate da quali presupposti del fatto illecito, siano state in realtà travisate e trattate in modo oggettivamente disorganico tanto da richiedere una analitica disamina delle singole voci di addebito:
– circa l’informativa preconsiliare e circa la modalità di convocazione delle riunioni, i ricorrenti negano che si sarebbero verificate carenze dei flussi informativi nella fase pre-consiliare nel periodo gennaio 2019-febbraio 2020 o che gli ordini del giorno inseriti nelle convocazioni dei CdA sarebbero stati così generici da escludere una sufficiente informazione sulle materie in trattazione, affermando che non sussisterebbe alcuna disposizione normativa, di rango primario o secondario, che imponga contenuti minimi dell’avviso di convocazione o l’invio entro un certo tempo della documentazione a corredo, e, inoltre, che le regole di comportamento rimettevano alla società l’individuazione delle modalità da seguire. Riconoscono, in particolare, che nel giugno 2019 il CdA aveva approvato un apposito regolamento nel quale era previsto che la documentazione informativa dovesse essere messa disposizione dei consiglieri entro due giorni lavorativi precedenti a quello fissato per la riunione, ma precisano che la disapplicazione di tale regola, prevista solo di norma, aveva riguardato solo casi urgenti o particolarmente riservati e, peraltro, in una percentuale davvero modesta, corrispondente a circa il 6% dei casi trattati.
Inoltre, soltanto nell’1% dei casi erano state assunte seduta stante delibere senza un relativo punto all’ordine del giorno (trattate in “varie ed eventuali” o in “comunicazioni”) e precisamente:
due delibere sulla base di documentazione comunque presentata dai consiglieri nei termini, quattro delibere su argomenti che non richiedevano la produzione preliminare di materiale specifico.
Il rilievo non merita accoglimento.
Come già evidenziato, oggetto dell’accertamento non è il contenuto della scelta gestionale o per il suo relativo contrasto a norme o regolamenti, bensì il procedimento adottato per la sua adozione, procedimento contrario all’obbligo di aderire al codice di comportamento rappresentato al mercato in materia di governo societario o di motivare le ragioni dell’eventuale mancata adesione (violazione della regola comply or explain).
Nelle Relazioni CG 2019 e 2020, con riferimento allo spirito di collegialità all’interno del CdA, era riportato che “la cultura della diversità, da sempre perseguita nel nello specifico in relazione alla articolazione degli organi sociali, è ritenuta fondamentale per i benefici che una dialettica tra soggetti con esperienze e temperamenti differenti può esprimere nell’ambito di organi a funzionamento collegiale, con positivi impatti anche sulla sostenibilità dell’attività d’impresa nel medio-lungo periodo.
Tali aspetti, peraltro, sono in concreto valorizzati nell’ambito delle riunioni degli organi predetti, condotte in un clima franco e collaborativo, aperto agli interventi e alla discussione, in cui ciascuno è messo in condizione di partecipare attivamente e di esprimere al meglio il proprio potenziale”.
Ciò premesso, circa l’informativa fornita ai consiglieri, nelle stesse Relazioni, era richiamato il Regolamento del CdA che disciplinava, tra l’altro, le modalità operative adottate per un’adeguata informativa sulle materie oggetto di trattazione in ciascuna seduta e per l’accesso alla completa documentazione ai consiglieri;
per facilitare l’informativa preconsiliare era previsto un portale informatico dedicato agli amministratori per consentire agli stessi di prendere preventiva visione della documentazione a supporto delle riunioni consiliari.
Tale procedura non risulta essere stata rispettata con rilevanti asimmetrie informative.
Infatti, risulta che per un terzo della documentazione riguardante le materie oggetto di esame da parte del CdA nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 6 febbraio 2020 vi era stato il ritardo o la mancata messa a disposizione della documentazione riguardante le materie iscritte all’ordine del giorno della riunione del Consiglio, in antitesi con quanto raccomandato dal Codice di Autodisciplina;
in alcuni casi la documentazione era stata messa a disposizione direttamente nel corso della riunione senza tuttavia che ai consiglieri venisse dato il preventivo avviso da parte del Presidente, come previsto dal Regolamento o addirittura la documentazione è stata resa accessibile sul portale solo dopo la riunione del CdA (in contrasto con quanto raccomandato dal Codice di Autodisciplina);
ancora, la formulazione degli ordini del giorno delle riunioni del CdA era spesso estremamente sintetica e non sempre esplicativa dell’oggetto della discussione, nonostante il Regolamento del CdA richiedesse che la proposta di ordine del giorno dovesse contenere una “indicazione analitica degli argomenti da trattare”).
Inoltre, dall’esito del questionario rivolto ai consiglieri di per il processo di autovalutazione del CdA condotto nel 2019 con il supporto del consulente era emersa la richiesta dei Consiglieri di una maggiore tempestività nell’invio dei verbali nonché il suggerimento di snellire la durata dei consigli o di superare le carenze informative pre-consiliare (v. verbale Comitato Nomine 22/1/2019: doc. 25 pag. 2).
Ciò nonostante, nella Relazione è riportato “Molto positivo è stato anche il giudizio circa il funzionamento del consiglio stesso con riferimento alla chiarezza e applicazione dei regolamenti di cda e comitati endoconsiliari” (v. pag. 32 Relazione CG 2019: doc. 5 , senza alcun riferimento alle criticità emerse.
Del resto, a comprova delle asimmetrie informative, va ricordato il caso della revoca delle deleghe conferite all revoca adottata formalmente in occasione della riunione del 31/10/2019, convocata il giorno precedente sulla base di una generica indicazione della questione posta all’ordine del giorno, così definita “comunicazioni urgenti del presidente inerenti la governance della società”, ma la cui decisione era maturata fin Cont dal settembre 2019 per poi sfociare in una lettera di sfiducia, sottoscritta da 13 Consiglieri, mai consegnata al CdA, né prima e né durante la seduta; – circa la presentazione di una lista per il rinnovo del cda e sulla verifica dei requisiti.
I ricorrenti negano qualsiasi interferenza da parte dei Consiglieri nella gestione del rinnovo del CdA ed affermano che le informazioni erano fornite da una figura imparziale, quale era il consulente esterno incaricato, In realtà, si legge nella Relazione CG 2019:
“il processo di selezione dei consiglieri e, prima ancora, di autovalutazione del Consiglio è stato articolato, nei suoi snodi essenziali, secondo uno schema affatto diverso da quello descritto dalle procedure interne e dalle competenze attribuite dalle regole di governance della Compagnia.
Il Presidente il segretario del consiglio e la consigliera risultano aver avuto la gestione sostanziale del processo, con il supporto dei consulenti Quest’ultimo, in particolare, ha dato veste di terzietà ed indipendenza a valutazioni di merito che sono ascrivibili ai tre citati componenti del CdA;
il Comitato nomine non ha conseguito l’obiettivo di garantire un approfondimento dialettico trasparente a beneficio del Consiglio”.
Quest’ultimo in particolare ha dato veste di Part terzietà ed indipendenza a valutazioni di merito che sono ascrivibili ai tre citati componenti del CDA;
Il comitato nomine non ha conseguito l’obiettivo di garantire un approfondimento dialettico trasparente a beneficio del consiglio” (v. doc. 2
A conferma della non indipendenza dell’operato dei consulenti, sta il fatto che l’incarico era stato conferito da un gruppo ristretto di consiglieri e il solo consigliere teneva i rapporti con i consulenti riferendo costantemente in via riservata al Presidente circa la “conformazione” del consiglio e circa le modifiche degli elaborati (v. doc. 29-32, 34- .
Ed è documentato che il Presidente nel corso della riunione del Comitato Nomine del 12/3/2019, aveva affermato di aver provveduto ad acquisire, a seguito di una serie di incontri compiuti con esponenti di grandi azionisti della compagnia di associazione, altri curricula delle persone che, insieme ai membri degli organi sociali in carica, avrebbero formato la rosa di 36 candidati nel cui ambito sarebbero stati poi scelti 17 componenti della lista da proporre in data 18 marzo 2019 all’approvazione del CdA (v. doc. 38 Il Presidente pertanto, aveva contribuito ad individuare in modo determinante le nuove figure da includere nella composizione del rinnovato organo amministrativo mediante la Part elaborazione di una lista di candidati, su cui si è espresso formalmente il Comitato Nomine in data 9/5/2019 recependo il contenuto di quella lista, nonché, quello stesso giorno, il CdA che ha ravvisato la sussistenza dei requisiti dei candidati senza alcun approfondimento ulteriore; – circa la definizione e la revoca delle deleghe all ricorrenti affermano che “la revoca delle deleghe dell’Amministratore Delegato sia stata deliberata dal CdA il 31 ottobre 2019 all’esito di un lungo confronto collegiale tra i Consiglieri, durante il quale – tra l’altro – il dott. interveniva manifestando di non essere d’accordo con l’indirizzo assunto dal resto del CdA… ciò peraltro dimostra come, al contrario di quanto apoditticamente affermato da la volontà consiliare al riguardo si sia formata proprio in quella sede potendo ciascun Consigliere manifestare la propria opinione difforme nel corso del fisiologico confronto collegiale. ” Inoltre, dopo aver precisato che “in una realtà complessa come quella di … in eccezionali circostanze … i consiglieri possono anche confrontarsi a latere delle formalità consiliari, sempre nel rispetto del principio della trasparenza e della simmetria delle informazioni condivise” senza che ciò faccia venire meno la natura collegiale delle decisioni assunte, i ricorrenti hanno ricordato il “crescente clima di non allineamento tra il CdA e l’Amministratore Delegato” ed affermato che “la numerosità dei contatti extra-consiliari tra i membri del CdA (non già soltanto tra quel “ristretto gruppo”) mostra incontrovertibilmente come si trattasse di una situazione in continua evoluzione dagli esiti del tutto incerti che avrebbero potuto essere decisi solo dal plenum; così come in effetti si è verificato in conclusione della lunga, articolata e (soprattutto) dibattuta riunione del 31 ottobre 2019”.
In realtà, dal verbale di tale riunione, non emerge alcuna menzione della proposta avanzata dal né del documento relativo all’assetto dei poteri da conferire al quale AD, documento redatto dal consulente prof. su incarico del e discussa da un gruppo ristretto di consiglieri, con esclusione dell’AD che di ciò si doleva.
Inoltre, circa la vicenda relativa alla revoca delle deleghe deliberata dal CdA nella riunione del 31 ottobre 2019, i ricorrenti sostengono che la situazione di non allineamento tra il CdA e era incerta ed in continua evoluzione ma non tiene conto delle risultanze documentali, fra cui i) una mail riservata del 6/9/2019 in cui il consulente, prof. aveva inviato a un file personale contenente una prospettiva di revoca delle deleghe all’AD con indicazione delle eventuali conseguenze in termini di risarcimento del danno (v. doc. 49 ; ii) una Cont mail inviata da consulente personale di con la bozza del comunicato stampa da diffondere dopo la decisione del CdA di revocare le deleghe al o, in alternativa, di accettare le dimissioni di quest’ultimo (v. doc. 55 ; iii) altra mail del 25/10/2019 indirizzata da contenente il testo della lettera di sfiducia poi sottoscritta da 13 Consiglieri nella data indicata del 28/10/2019 (v. doc. 54 ; iv) una ulteriore mail del 27 ottobre 2019 inviata da oltre a e a contenente una timeline contenente un elenco di materiali da preparare e di attività da svolgere al momento della pubblicazione della notizia della revoca o delle dimissioni di (v. doc. 56 e 57 La convocazione di una seduta del CdA per il 31/10/2019, disposta con urgenza per il pomeriggio del giorno precedente con un ordine del giorno estremamente generico quale era “comunicazioni urgenti del presidente inerenti la governance della società” (v. doc. 58 , all’esito della quale il sarebbe stato indotto a dimettersi oppure gli sarebbero state revocate le deleghe, non corrisponde certo alle modalità prevista dal Codice di Autodisciplina, considerato che il gruppo ristretto di amministratori si confrontava preventivamente e si scambiava informazioni in merito alla gestione sociale in modo selettivo e preventivo rispetto al plenum del CdA e al di fuori delle riunioni Part Part del medesimo comitato esecutivo, condizionandone le decisioni; – sul CdA del 15 maggio 2020:
proposta di aumento di capitale e revoca del dott. dalla carica di Consigliere.
Con riferimento alla riunione consiliare del 15/5/2020 in cui si è discusso della revoca del dalla carica di Consigliere e dell’aumento di capitale, contesta – una informativa pre- consiliare carente;
– una generica formulazione dell’ordine del giorno.
Al riguardo, i ricorrenti sostengono che, circa la revoca, la situazione era ancora in evoluzione e che, dati gli esiti della precedente riunione del 31/10/2019, la vicenda era ben nota a tutti i componenti del CdA;
circa l’informativa, precisa di aver invitato alla riunione il prof. affinché questi potesse rispondere ad ogni chiarimento sul contenuto del parere espresso dal medesimo e dai prof. , parere inviato a tutti i consiglieri appena reso disponibile;
in ogni caso, sostengono che era noto a tutti anche la questione dell’aumento di capitale, posto che il documento sul Sistema di propensione al rischio era stato approvato e posto che se ne era già discusso nel CdA del maggio 2020.
Il rilievo non ha pregio.
Va, innanzitutto, rilevato che l’ordine del giorno della riunione del 15 maggio 2020 indicava, al punto n.8:
“determinazioni delle materie all’ordine del giorno dell’assemblea dei soci, previo loro esame”, per cui è innegabile che tale dicitura non consentisse di individuare le questioni poste all’attenzione dell’organo amministrativo.
Inoltre, non vi è prova che il parere espresso dai professori fosse stato messo a disposizione prima della riunione, risultando piuttosto dalle registrazioni che i consiglieri abbiano potuto visionarlo solamente nel corso della riunione stessa (v. doc. 60.
Infine, circa la proposta di conferire una delega al CdA per proporre l’aumento del capitale entro il 30 giugno 2025, la stessa risulta essere stata presentata, nel corso della riunione in questione, ai consiglieri dal Direttore Generale, il quale si è limitato ad addurre generiche motivazioni di opportunità senza produrre alcuna documentazione di analisi o di supporto della decisione prospettando il rinvio al successivo CdA del 22 maggio 2020 per ogni approfondimento senza altra discussione nonostante l’importanza dell’argomento: tanto emerge dalla trascrizione della registrazione della seduta (v. doc. 61.
Peraltro, va osservato come del tutto priva di significato giuridico sia la considerazione addotta dai ricorrenti sulla supposta conoscenza dell’argomento da parte di tutti i consiglieri;
– circa l’investimento in RAGIONE_SOCIALE
I ricorrenti affermano che l’operazione in RAGIONE_SOCIALE, società di cui aveva acquistato una partecipazione inferiore al 5% nel 2013, era stata affidata al management che aveva informato il Presidente l fine di consentire l’informativa al CdA, come era avvenuto nelle riunioni del 19 settembre 2019, 24 settembre 2019, 15 ottobre 2019 e 5 dicembre 2019.
Il rilievo non merita accoglimento.
Dalla relazione ispettiva emerge che la difficile situazione finanziaria di era nota al Presidente fin da maggio 2019 in quanto tenuto aggiornato da uno dei sindaci di H-Farm, designato da (v. doc. 2 pag. 100, .
Si legge, infatti, in una mail del 31/7/2019, che il predetto membro dell’organo di controllo aveva informato che il presidente di RAGIONE_SOCIALE, , aveva ipotizzato di risolvere la situazione di tensione finanziaria in cui si trovava la società ricorrendo ad un finanziamento soci di circa 10 milioni, oltre 5 milioni di obbligazioni convertibili, e che la decisione doveva essere assunta entro il mese di settembre (v. doc. 64 Ebbene, nonostante la situazione di difficoltà di RAGIONE_SOCIALE forse già nota nel primo semestre 2019, solamente in data 19 settembre 2019 il CdA veniva informato del fatto che RAGIONE_SOCIALEstava vivendo un periodo di transizione finanziaria e di correlata crisi di liquidità che potrebbero da un lato compromettere il going concern della società e dall’altro comportare risvolti nell’entrata a regime di RAGIONE_SOCIALE”(v. doc. 26 Tale documentazione comprova che il Presidente era in possesso di un flusso informativo privilegiato e che condivideva tali informazioni con un numero ristretto di consiglieri che godevano della sua fiducia. 3. Quanto appena esposto evidenzia che le gravi irregolarità sopra illustrate (carenze dell’informativa pre-consiliare, anomalie di funzionamento del CdA etc.) lungi dall’integrare “temporanee anomalie che non mostrano particolari indici di rischiosità”, ovvero “limitatissime e fisiologiche … “deviazioni” … procedimentali dai binari del modello di amministrazione adottato”, come lamentato nel terzo motivo di impugnazione, costituivano invece rilevanti disfunzioni del sistema di governance di , che i ricorrenti, in qualità di Sindaci dapprima e componenti del Comitato per il Controllo sulla Gestione di poi, avrebbero dovuto, nell’esercizio dell’attività di vigilanza, segnalare a nel rispetto della previsione di cui all’art.149, comma 3, TUF, che peraltro non richiede che le irregolarità da comunicare debbano assumere, come opinato dai ricorrenti, “i caratteri della certezza e della definitività”, discorrendo la norma non di irregolarità accertate, bensì “riscontrate” (“Il collegio sindacale comunica senza indugio alla le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza e trasmette i relativi verbali delle riunioni degli accertamenti svolti ogni altra utile documentazione”). Il motivo, pertanto, non merita accoglimento.
5. Con il quinto motivo di impugnazione i ricorrenti sostengono che sia incorsa in errore laddove ha compiuto un sindacato di merito sulla completezza dei contenuti delle Relazioni CG 2019 e 2020 e sulle scelte della gestione, nonostante questo non le fosse consentito dalla normativa vigente e, di conseguenza, abbia ritenuto loro sanzionabili per omessa vigilanza.
Il motivo non merita accoglimento.
Le violazioni sanzionate attengono alle carenze informative delle Relazioni CG 2019 e 2020 che non riportavano informazioni sugli scostamenti dal Codice di Autodisciplina e sulle pratiche di governo societario effettivamente applicate dalla società, qualsiasi esse fossero.
Dall’esame delle singole contestazioni emerge, poi, che la valutazione effettuata da non attiene al contenuto delle scelte operate dalla società riguardo l’assetto di governance bensì alla loro corretta rappresentazione.
Né può dirsi che sono sanzionati solo i casi di omessa comunicazione al mercato delle informazioni sulla governance, posto che la valorizzazione dell’autodisciplina da parte della normativa primaria, attraverso il meccanismo del cosiddetto comply or explain, presuppone un controllo sulla qualità dell’informativa stessa, intesa come corrispondenza dell’assetto societario a quanto rappresentato.
Infatti, la condotta sanzionata dall’art. 123 bis, comma 2, citato, è il mero fatto materiale dell’omessa indicazione, nella relazione sulla governance, non solo delle informazioni in merito al codice adottato, ma anche dei motivi di una sua mancata o parziale applicazione, senza precisazione delle pratiche di governo societario effettivamente applicate con le ragioni del relativo discostamento.
In sostanza, equivale ad omessa comunicazione anche la mancata indicazione della pratica di governo effettivamente adottata in difformità a quanto rappresentato, ben potendo, altrimenti, in base ad una diversa interpretazione, essere attuato un sistema di governo apparente che lasci liberi gli amministratori di agire come meglio credono senza che una tale pratica possa essere resa nota all’esterno.
L’interpretazione offerta da appare, pertanto, coerente con la ratio legis dell’art. 123 bis, comma 2, lett. a) t.u.b., introdotta dal D.Lgs. 173/2008 in attuazione della Direttiva 2006/46/CE, ratio individuabile nella volontà del legislatore di assicurare che al mercato siano messe a disposizione tutte le informazioni riguardanti l’effettiva adesione a un complesso di best practices concernenti la governance dell’impresa, nel presupposto che il sistema di governo societario e le sue pratiche rappresentano un bagaglio informativo essenziale per orientare correttamente gli investitori nei cui confronti era dovuta massima trasparenza a tutela del loro risparmio. 4. Con il quarto motivo di impugnazione i ricorrenti lamentano che la condotta loro ascritta non sarebbe stata valutata ai sensi dell’art. 3 della L.689/81, non ricorrendo il presupposto soggettivo dell’illecito in caso di buona fede, quando sussistano elementi positivi idonei a ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta.
avrebbe dovuto almeno consentire di provare da parte dei sanzionati la sussistenza di quelle circostanze di fatto esimenti da colpa.
Secondo i ricorrenti le contestazioni richiamano, come “oggetto” della asserita omessa vigilanza e della asserita omessa comunicazione a , una serie di fatti materiali contestati ai componenti del CdA, senza alcuna indicazione aggiuntiva di quali iniziative i Sindaci (poi componenti del Co. Co. Ge.) avrebbero dovuto e potuto assumere, inidonei pertanto, in quanto tali a consentire la ricostruzione della violazione specifica.
Il motivo non è fondato.
L’art. 3 L.689/1981 così dispone:
“Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.
Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa”.
Ebbene, la formulazione della norma è tale da individuare il soggetto sul quale ricade l’onere di aver agito senza colpa, superando la presunzione di responsabilità che permea il sistema dell’illecito amministrativo (cfr. Cass. 11777/20, di cui si riporta la massima:
“Il principio posto dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981 secondo il quale, per le violazioni amministrativamente sanzionate, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa, postula una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all’agente, sul quale grava, pertanto, l’onere della dimostrazione di aver agito senza colpa”).
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, erano questi ultimi che avevano l’onere di provare l’assenza di colpevolezza, non essendo stato certo impedito loro di formulare anche in questa sede istanze istruttorie, per cui, in mancanza di detta prova, la pretesa che nessun rimprovero possa essere mosso è del tutto infondata.
Del resto, l’addebito delle contestazioni è a titolo di dolo, dovendosi considerare che la condotta dei Sindaci (poi componenti del Co. Co. Ge.), consapevoli degli obblighi connessi al proprio ruolo, non può che essere cosciente e volontaria nel momento in cui, non solo non adempiono al dovere di vigilanza con riguardo alle deviazioni dal sistema di governo rappresentato nelle Relazioni CG, ma nemmeno provvedono alla conseguente comunicazione, senza che si possa affermare una qualche esimente, peraltro, nemmeno indicata.
8. Con l’ottavo ed ultimo motivo di impugnazione, i ricorrenti lamentano, infine, la violazione degli artt.11 Legge n.689/1981 e 194 bis del TUF in quanto i) sotto il profilo della gravità, non sono specificati i criteri per stabilire la non scarsa offensività e pericolosità della condotta;
ii)
sotto il profilo soggettivo, la condotta è stata addebitata a titolo di dolo senza alcuna prova;
iii) sotto il profilo della durata, le condotte prese riferimento sono sporadiche e non costituiscono indice di una continuità del comportamento contra legem;
iv) sotto il profilo della capacità finanziaria del ricorrente, avrebbe dovuto tenere conto della collaborazione di ciascun ricorrente, resosi sempre disponibile per qualsiasi chiarimento.
Il motivo non può essere accolto.
Merita precisare che, nel procedimento di opposizione, la Corte non è chiamata a controllare la motivazione del provvedimento che commina la sanzione pecuniaria ma deve verificare la congruità di questa entro i limiti edittali previsti in relazione all’effettiva gravità del fatto concreto, desumibile dai suoi elementi oggettivi e soggettivi.
Nel caso di specie, la sanzione di euro 35.000 comminata per le violazioni relative alle difformità riscontrate nel sistema di governo rispetto a quanto comunicato nella Relazione CG 2019, nonché la sanzione di euro 15.000 per la medesima violazione riscontrata con riferimento alla Relazione CG 2020 è senz’altro prossima al minimo edittale (euro 10.000,00), specie se si considera che il massimo della sanzione è pari a due milioni di euro.
Pertanto, tenuto conto dei parametri oggettivi e soggettivi già esaminati, la sanzione è senz’altro proporzionata alla gravità dei fatti, incidenti direttamente sull’interesse del mercato di avere corrette informazioni sull’assetto di governo societario, nonché al periodo di tempo in cui questi sono avvenuti, periodo sufficiente per ritenere consolidato un sistema di governance difforme da quanto dichiarato.
E tali aspetti, relativi alla gravità ed alla durata, vanno rapportati al ruolo dei ricorrenti, che, quali componenti del dapprima del Collegio Sindacale e successivamente, a decorrere dal 13 aprile 2019, del Comitato per il Controllo sulla Gestione dovevano svolgere funzioni di vigilanza e comunicazione senza potersi sottrarre da responsabilità dovendo conoscere, in ragione della loro esperienza e qualità professionale, il disvalore del comportamento tenuto, rispetto alle violazioni contestate.
Né può dirsi che vi sia stata collaborazione mediante le azioni di rimedio poste in essere su richiesta dell’IVASS con la lettera di rilievi 8/1/21 (v. doc. 11c Infine, i ricorrenti non hanno fornito prova alcuna di una scarsa capacità patrimoniale, che anzi è smentita dalla documentazione prodotta da (v. docc. 71-76).
Ne consegue il rigetto dell’opposizione e la conferma della delibera impugnata.
Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza dei ricorrenti e sono liquidate come da dispositivo secondo i parametri medi di cui al DM 55/2014, tenuto conto del valore della controversia (complessivi euro 150.000,00) e delle fasi svolte (studio, introduttiva e decisionale).
definitivamente provvedendo sull’opposizione proposta da avverso la delibera di n. 22348 del 9/6/22, la respinge e condanna i predetti alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla liquidate in euro 9.990,00 per competenze, oltre al rimborso forfettario del 15% ed agli oneri fiscali e previdenziali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Venezia, 4 marzo 2025 Il Presidente estensore Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.