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Scatti di anzianità, fonte contrattuale collettiva

Scatti di anzianità, l’equiparazione periodo di formazione e lavoro = periodo di lavoro ordinario non è derogabile dalla contrattazione collettiva.

Pubblicato il 23 July 2021 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
CORTE DI APPELLO DI ROMA

SEZIONE CONTROVERSIE LAVORO, PREVIDENZA E ASSISTENZA OBBLIGATORIA
La Corte, composta dai  seguenti magistrati:

ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo, all’udienza del 09/07/2021, la seguente

SENTENZA n. 2885/2021 pubblicata il 14/07/2021

nella controversia in materia di lavoro in grado di appello iscritta al n.  del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2019 vertente

TRA

XXX SPA elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. che la rappresenta e difende giusta procura in atti

APPELLANTE

E

YYY elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. che la rappresenta e difende giusta procura in atti

APPELLATO

OGGETTO: appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma , in funzione di giudice del lavoro,  n. 1403/2019    pubblicata in data 12/02/2019

CONCLUSIONI:  come da scritti difensivi

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata il Tribunale aveva disapplicato la limitazione del computo dell’anzianità maturata durante l’apprendistato, stabilita dalle fonti collettive, per contrasto con l’art. 19 l. n. 25/1995, avendo ritenuto siffatta previsione inderogabile . Con unico motivo di appello l’XXX assumeva  che il citato art. 19 , posto a fondamento della decisione da parte del Giudice d prime legge n. 196/97, che aveva abrogato soltanto gli art. 6 e 7 di tale testo normativo, concernenti i limiti di età e durata dell’apprendistato, in precedenza previsti . Del tutto correttamente, pertanto, il primo Giudice ha applicato l’art. 19 l. n. 25/55 al caso di specie, risalendo la stipulazione dei contratti di apprendistato oggetto di causa ad epoca antecedente la sua abrogazione, intervenuta solo nel 2011. Del pari corretta appare, ad avviso della Corte, l’interpretazione di tale norma, posta dal Tribunale a base della decisione impugnata.  L’univoco significato letterale della stessa ne evidenzia, infatti, la portata generale ed il carattere imperativo, trattandosi di disposizione volta a tutelare i diritti maturati dai lavoratori in base all’anzianità di servizio sotto l’aspetto giuridico e retributivo. In tale quadro normativo, condivisibilmente il tribunale ha negato che la disciplina collettiva potesse limitare il riconoscimento dell’anzianità maturata durante il periodo di apprendistato, per quanto relativamente ad una circoscritta parte del rapporto. Tali disposizioni escludevano, infatti, il computo dell’intero periodo iniziale di apprendistato, così precludendo totalmente – e non già limitandosi a modulare – la maturazione dell’anzianità utile nel corso dello stesso. Il richiamo operato – a tale riguardo – in sentenza alla pronuncia della Corte di Cassazione Civile a sezioni unite n. 20074/10 appare del tutto pertinente. Secondo tale precedente di legittimità (cui il Supremo Collegio ha dato continuità con la successiva decisione del 28.6.2011, n. 14299), “il principio contenuto nell’art. 3 del d.l. n. 726 del 1984, convertito dall’art. 1 della legge n. 863 del 1984, secondo il quale in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità sia presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli aumenti periodici di anzianità di cui all’art. 7, lett. C), dell’accordo nazionale 11 aprile 1995, riprodotto nel successivo art. 7, lett. C), dell’accordo nazionale 27 novembre 2000, per i dipendenti di aziende di trasporto in concessione”. La norma di cui all’art 3 DL 726/84, posta a base della decisione delle Sezioni Unite appena riportata, era del tutto analoga all’art. 19 della legge sull’apprendistato, stabilendo, al co. V, che “il periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato effettuata durante o al termine dell’esecuzione del contratto di formazione e lavoro”. Il co. XII disponeva, poi, che “qualora il lavoratore assunto entro i limiti di tempo fissati dal presente comma dal medesimo datore di lavoro, il periodo di formazione è computato nell’anzianità di servizio”. Né appare rilevante, in senso contrario, la differenza terminologica  fra la locuzione “è considerato utile”, inserita nell’art. 19 l. n. 25/55, e l’espressione “è computato”, contenuta nell’art. 3 DL n. 726/84, avendo entrambe le diciture l’univoco significato di stabilire che la fase iniziale del rapporto (instaurato con contratto di apprendistato o di formazione e lavoro) valga ai fini dell’anzianità di servizio in caso di prosecuzione quale ordinario rapporto di lavoro. Certamente le parole utilizzate dal Legislatore del 1955 non appaiono interpretabili – anche al confronto con quelle della più recente disposizione in materia di formazione e lavoro – in modo tale da consentire un’interpretazione meno restrittiva, che ammetta una sia pur parziale deroga alla piena valutazione del periodo di apprendistato ai fini dell’anzianità. Deroga la quale avrebbe richiesto, a fronte della generale affermazione dell’utilità di tale fase del rapporto, un’espressa previsione normativa che la consentisse e ne regolasse le modalità, non rinvenibile però nella disciplina in esame. Né appare ravvisabile alcuna diversità fra i due istituti, rilevante ai fini oggetto del giudizio, trattandosi in entrambi i casi di negozi a causa mista, caratterizzati dall’obbligo gravante sul datore di lavoro di impartire al dipendente la formazione necessaria ad acquisire competenze tecniche che accrescano le sue abilità professionali. Coincidono, pertanto, nelle due fattispecie, le esigenze di valorizzazione del decorso del tempo e del concomitante incremento delle capacità lavorative, con conseguente incidenza dell’anzianità complessiva sul trattamento retributivo del lavoratore. Ed infatti, la stessa Corte di Cassazione, al punto n. 11 della citata pronuncia a Sezioni Unite, ha espressamente richiamato l’art. 19 l. n. 25/55 in tema di apprendistato, così evidenziando le analogie esistenti fra le due ipotesi ed il carattere generale delle relative disposizioni sul tema in questione. In tale parte della motivazione, le Sezioni Unite hanno tracciato un parallelismo fra la norma posta a tutela dell’anzianità nel rapporto di formazione e lavoro ed una serie di “altre fattispecie in cui il legislatore parimenti ha posto l’equiparazione con l’ordinaria anzianità di servizio”, fra cui figura il contratto di apprendistato, regolato sotto l’aspetto in questione dall’art. 19 l. n. 25/55. L’esame di tali disposizioni (quali ad es. gli artt. 6 e 7 l. n. 1204/71 sulla tutela delle lavoratrici madri con riguardo ai periodi di astensione obbligatoria dal  lavoro; gli artt. 22 co. III e 48 co. I d. lgs. n. 151/2001 con riguardo ai periodi di congedo per maternità e per malattia del figlio; l’art. 20 l. n. 958/1986 sul servizio militare di leva e sulla ferma di leva prolungata), ha indotto il Supremo Collegio ad affermare l’inderogabilità – ad opera della contrattazione collettiva – delle norme che equiparano in termini generali l’anzianità maturata durante determinati periodi del rapporto di lavoro con l’ordinaria anzianità di servizio. Così hanno statuito al riguardo le Sezioni Unite, a commento di una serie di norme fra le quali il citato art. 19, rilevante ai fini della presente decisione: “quando il legislatore ha inteso escludere la rilevanza dell’equiparazione agli effetti di qualche istituto, anche contrattuale, lo ha espressamente previsto come eccezione alla regola.

Quando invece l’equiparazione è formulata in termini generali, senza eccezioni, da essa può ricavarsi anche una prescrizione di inderogabilità della equiparazione stessa”. Su tali presupposti, la Corte di Cassazione ha così concluso: “allora è vero che gli scatti di anzianità costituiscono un istituto giuridico di fonte esclusivamente contrattuale collettiva; ma l’equiparazione posta dalla legge (periodo di formazione e lavoro = periodo di lavoro ordinario), in quanto formulata in termini generali ed assoluti, non è derogabile dalla contrattazione collettiva”. Il richiamo operato nella gravata sentenza alla pronuncia di legittimità appena esaminata risulta, pertanto, pienamente giustificato, posto che quest’ultima opera un espresso parallelismo – sotto il profilo oggetto di causa – fra la disciplina in materia di contratto di formazione e lavoro e quella concernente l’apprendistato, accomunate da analoghe finalità di tutela e da pari inderogabilità ad opera dell’autonomia collettiva. La decisione del primo Giudice  risulta, del resto, pienamente conforme alle disciplina sovranazionale della materia, come interpretata dalla CGUE. In particolare, la direttiva 2000/78 – volta a “stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento” (art. 1) – preclude qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno di tali motivi, fra cui l’età. Secondo quanto stabilito dall’art. 2 di tale direttiva, “a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga; b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (…)”. Secondo la giurisprudenza costante della Corte Europea, tanto dal titolo e dal preambolo, quanto dal contenuto e dalla ratio della citata direttiva, emerge che essa intende sancire in via generale il principio di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, offrendo una tutela effettiva nei confronti delle discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui al suo articolo 1, tra i quali figura l’età (v. sent. 10 novembre 2016, de Lange, C548/15, EU:C:2016:850, punto 16 e giurisprudenza ivi citata). La medesima Corte, con sentenza del 14 marzo 2018, Causa C-482/16 – nell’escludere il contrasto con la citata direttiva della disciplina nazionale che preveda il computo integrale dell’anzianità maturata prima del 18°anno di età limitatamente all’esperienza acquisita presso imprese che operano nel medesimo settore economico (c.d. “esperienza pertinente”) – ha tuttavia affermato che “ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, ai fini di quest’ultima, il principio della parità di trattamento dev’essere inteso come l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1 della medesima direttiva”: detto principio osta, pertanto, all’esclusione del computo dell’anzianità maturata in una determinata fascia di età, se non basato sul concorrente criterio dell’uniforme esperienza lavorativa. In tale ottica, la decisione del Tribunale  – fondata su una corretta interpretazione sia testuale che sistematica della disciplina nazionale – risulta altresì compatibile con le esigenze di tutela poste dal principio di parità di trattamento sancito dalla normativa sovranazionale, avendo stabilito il pieno computo dell’anzianità maturata nel periodo iniziale del rapporto di apprendistato, per sua natura riservato alle fasce più giovani dei lavoratori (v., quanto ai requisiti di età vigenti all’epoca oggetto di causa, antecedente la riforma del 2011: art. 6, l. n. 25/1955, sostituito art. 16 l. n. 196/97; art. 20 co. V l. n. 56/1987). In virtù delle considerazioni tutte che precedono, la sentenza di primo grado merita integrale conferma. Le spese processuali seguono la soccombenza. Esse vengono liquidate come in dispositivo, ai sensi del DM 10.3.14 n. 55, in considerazione della pluralità di  parti, del valore della controversia, del suo carattere seriale, del suo grado di complessità e dell’assenza di attività istruttoria nella presente fase del giudizio. Essendo il presente procedimento stato instaurato dopo il 1°.2.13, va altresì dichiarata, in capo all’appellante, la sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 – quater del DPR n. 115/2002 così come modificato dall’art. 1 comma 17 della L. 24.12.2012 n. 228.

PQM

Rigetta l’appello. Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite liquidate in complessivi euro 5292,00 oltre iva , cpa e spese generali al 15%, da distrarsi in favore del procuratore antistatario. Si dà atto che sussistono le condizioni oggettive richieste dall’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115/2002 per il versamento dell’ulteriore importo del contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Il Presidente

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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