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Scioglimento di contratto preliminare per fallimento

La sentenza ribadisce i principi giuridici in caso di scioglimento di un contratto preliminare per fallimento di una delle parti e l’inammissibilità di riproporre eccezioni già sollevate e rigettate in sede cautelare.

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Pubblicato il 13 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO

DI ROMA SEZIONE PRIMA CIVILE composta dai seguenti Magistrati:

Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato, ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., come modificato dal D.L.vo 149/2022, all’esito della discussione orale, la seguente

SENTENZA N._654_2025_- N._R.G._00005189_2023 DEL_30_01_2025 PUBBLICATA_IL_30_01_2025

nella causa civile di secondo grado, iscritta al n. 5189 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’ anno 2023, vertente TRA (C.F. , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (n. 508/2014

Tribunale di Roma) in persona del curatore p.t. Dott. rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME

CONCLUSIONI

Per l’appellante) “Voglia la Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, previa valutazione positiva dell’ammissibilità del gravame, C.F. /23, nrg. 29791/16 Sezione Civile XIV, giudice monocratico dott.ssa NOME COGNOME notificata in data 14.9.2023, respingendo la domanda originariamente proposta, per l’effetto mandando esente l’esponente da qualsiasi obbligo nei confronti della controparte;

b) condannare la controparte alla rifusione delle spese di lite (compenso ai sensi del d.m. n. 55/2014 come modificato con i d.m. n. 37/2018 e n. 147/2022, oltre spese e oneri accessori) di ogni fase e grado del giudizio, con attribuzione all’Avv. NOME COGNOME in qualità di antistatario”.

Per l’appellato) “Piaccia All’Ill.ma Corte adita In via preliminare • Ai sensi e per gli effetti di cui all’art.lo 346 c.p.c. ritenere qui riproposte tutte le domande ed eccezioni formulate dal fallimento nel giudizio di primo grado;

• Accertare e dichiarare l’inammissibilità dell’appello qui proposto dal sig. per violazione degli art.li 121 e 342 cpc alla luce delle deduzioni formulate al paragrafo tre del presente atto che debbono qui intendersi richiamate e trascritte;

• Accertare e dichiarare l’inammissibilità e/o la manifesta infondatezza dell’appello qui proposto dal sig. per violazione dell’art.lo 348 cpc alla luce delle deduzioni formulate al paragrafo quattro del presente atto che debbono qui intendersi richiamate e trascritte;

• Accertare e dichiarare l’inammissibilità dell’appello qui proposto dal sig. per difetto di interesse a agire alla luce delle deduzioni formulate al paragrafo cinque del presente atto che debbono qui intendersi richiamate e trascritte;

Nel merito • Respingere integralmente l’appello proposto dal sig. in quanto inammissibile improponibile e comunque infondato in fatto ed in diritto alla luce delle deduzioni tutte formulate presente atto che debbono qui intendersi richiamate e trascritte;

In ogni caso • Condannare il sig. al pagamento delle spese della presente fase processuale;

• Condannare il sig. al risarcimento dei danni patiti da fallimento ai sensi nella diversa misura che verrà determinata in via equitativa da questa Corte.

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO

La Corte, visti gli atti e sentito il relatore, osserva quanto segue.

Con ricorso ante causam il (n. 508/2014) adiva il Tribunale di Roma al fine di ottenere il sequestro conservativo dei beni immobili di proprietà di sino alla concorrenza di Euro 1.550.000,00, deducendo:

(i) che il 21.09.2012 la società poi fallita aveva sottoscritto con il Sig. un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto il terrazzo di copertura facente parte del fabbricato sito in Marigliano (NA) INDIRIZZO ex 301 con estensione di metri quadrati 435 accatasto presso le competenti autorità al fg.21 particella  sub. 101, il terrazzo di copertura facente parte del fabbricato sito in Marigliano (NA) INDIRIZZO con estensione di metri quadrati 280 accatasto presso le competenti autorità al fg.18 particella 591 sub.18 e il terrazzo di copertura facente parte del fabbricato sito in Marigliano (NA) INDIRIZZO ex INDIRIZZO con estensione di metri quadrati 603 accatasto presso le competenti autorità al fg. particella 91 sub.48;

(ii) che il corrispettivo della compravendita era stato fissato in Euro 1.500.000,00, di cui Euro 50.000,00 versati al momento della stipula a mezzo assegno bancario e i restanti Euro 1.450.000,00 da versare entro la stipula del rogito di compravendita che sarebbe dovuta avvenire entro il 31.12.2013;

(iii) che in realtà la aveva versato all in n. 4 tranche entro il 15.10.2013 la somma di Euro 1.550.000,00, addirittura superiore al prezzo convenuto per l’acquisto;

(iv) che nonostante ciò l’ non aveva provveduto all’adempimento delle obbligazioni assunte con la sottoscrizione del preliminare, tanto che alla data della dichiarazione di fallimento della promissaria acquirente (19.06.2014) il contratto definitivo non era stato stipulato;

(v) che la curatela del fallimento di con raccomandata del 12.01.2016, recapitata all’ 30.01.2016, aveva comunicato al promittente venditore la volontà di recedere dal preliminare ai sensi dell’art. 72 comma primo l. fall. chiedendo la alla restituzione del prezzo già interamente incassato;

(vii) che anche a voler ritenere non applicabile l’art. 72 comma primo l. fall. il contratto preliminare si era comunque sciolto per l’inadempimento del promittente venditore con conseguente diritto per il fallimento di ottenere la restituzione dell’importo versato dalla società in bonis All’udienza fissata per la discussione della domanda cautelare si costituiva in giudizio il quale sollevava alcune eccezioni, poi reiterate, come si dirà nel giudizio di merito, tra le quali la mancanza dell’autorizzazione del Giudice Delegato del fallimento ex art. 25 comma primo n. 6 l. fall., ma non disconosceva la scrittura privata nella quale era stato siglato il contratto preliminare né contestava l’avvenuta esecuzione dei pagamenti di complessivi Euro 1.550.000,00 in suo favore da parte del promissario acquirente. Il Tribunale adito con ordinanza del 24.03.2016 accoglieva la domanda cautelare del fallimento, autorizzando la curatela ad eseguire sequestro conservativo sui beni e sui crediti del Sig. sino alla concorrenza di Euro 1.600.000,00 e assegnando alla curatela ricorrente termine di giorni quaranta per l’inizio del giudizio di merito.

Con atto di citazione notificato il 28.04.2016 la curatela del fallimento di conveniva, dunque, dinanzi al Tribunale di Roma per sentir dichiarare che il contratto preliminare di vendita concluso “in data 21.09.12 si è sciolto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art.lo 72 1° comma l.f. per volontà della Curatela comunicata al debitore con lettera in data 12.01.16” e “er l’effetto condannare al pagamento … di € 1.550.000,00, ovvero del diverso importo ritenuto di giustizia, … oltre interessi legali a norma dell’art.lo 1284 4° comma c.c. in misura pari a quella fissata dal DLGS 231/2002 e sue successive modifiche capitalizzati dalla domanda al saldo ex art.lo 1283 c.c.” ovvero “in via subordinata” per sentire dichiarare che il contratto preliminare di vendita de quo “si è risolto ai sensi degli art.li 1453 e ss. c.c. per inadempimento di quest’ultimo alle obbligazioni assunte nel citato preliminare non avendo lo stesso provveduto al trasferimento della proprietà sebbene avesse incassato, in via anticipata, l’intero prezzo pattuito” e “er l’effetto condannare al pagamento … di € 1.550.000,00, ovvero del diverso importo ritenuto di giustizia, per le causali anzidette dal DLGS 231/2002 e sue successive modifiche capitalizzati dalla domanda al saldo ex art.lo 1283 c.c.”. Si costituiva in giudizio che chiedeva rigettarsi la domanda.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 12016/2023, accoglieva la domanda del fallimento di dichiarando lo scioglimento in data 30.01.2016 del contratto preliminare stipulato in data 21.09.2012, ai sensi dell’art. 72 commi primo e terzo l. fall., e condannando il convenuto alla restituzione in favore della curatela attrice della somma di Euro 1.550.000,00 oltre interessi moratori dal 30.01.2016 al 28.04.2016 al tasso legale e dal 29.04.2016 al tasso previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e alla rifusione in favore della controparte vittoriosa delle spese di lite anche del procedimento cautelare ante causam. Il Tribunale respingeva tutte le eccezioni preliminari sollevate dal convenuto (l’asserita carenza dell’autorizzazione rilasciata dal Giudice Delegato del fallimento n. 508/2014 per l’esercizio dell’azione giudiziale, la genericità della procura alle liti rilasciata dal curatore del fallimento, la mancanza di autorizzazione e/o parere del comitato dei creditori e l’asserita identità tra il Giudice del procedimento cautelare ante causam e il Giudice Delegato del fallimento), e nel merito evidenziava come fossero pacifici e incontestati tutti i presupposti della domanda principale avanzata dalla curatela, l’avvenuta stipula del contratto preliminare di compravendita, l’avvenuto versamento da parte della società poi fallita della somma di Euro 1.550.000,00 in favore del promittente venditore e il non essere intervenuta la sottoscrizione del contratto definitivo alla data della ricezione della comunicazione del curatore del fallimento di di volersi sciogliere dal rapporto, rimarcando al riguardo come il legittimo esercizio di tale facoltà avesse determinato il venir meno del vincolo contrattuale con effetto ex tunc. Avverso l’indicata sentenza, notificata il 14.09.2023, ha interposto tempestivamente appello il quale ha formulato le conclusioni riportate in epigrafe contestando la pronuncia impugnata:

1) per non essersi pronunciata sulla domanda del fallimento attore di in pignoramento dei relativi cespiti, e sull’eccezione del convenuto circa la mancanza di opportunità, validità e/o efficacia dell’azione cautelare alla base del giudizio di merito;

2) per la motivazione apparente del rigetto delle eccezioni da lui sollevate in merito:

(i) al difetto dell’autorizzazione a promuovere l’azione giudiziale ex art. 72 l. fall., non essendovi agli atti del giudizio il decreto del Giudice Delegato del fallimento n. 508/2014 che aveva approvato il supplemento del programma di liquidazione che prevedeva l’esperimento di detta azione e per non essergli detto provvedimento mai stato comunicato;

(ii) alla genericità della procura alle liti conferita dal curatore dell’indicato fallimento;

(iii) alla nullità del provvedimento cautelare “in quanto il Giudice designato per il contenzioso sembra(va) aver svolto anche le funzioni di Giudice Delegato del Fallimento”, potendo detta eccezione essere proposta anche nel successivo giudizio di merito e non solo con il reclamo cautelare (non interposto);

(iv) al difetto di autorizzazione del comitato dei creditori, eccezione che era naturale venisse sollevata “non avendosi neanche contezza se tale organo fosse costituito”;

(v) alla mancanza del periculum in mora con riferimento alla domanda cautelare avanzata dal fallimento, tenuto conto che il contratto preliminare era stato stipulato nel settembre 2012 e che la comunicazione della volontà di recedervi da parte del curatore è intervenuta nel gennaio 2016, che è sempre mancata una situazione di inadeguatezza patrimoniale dell’ e comunque non è mai stata denunciata (dalla curatela) alcuna attività del promittente venditore che lasciasse presumere il timore di perdere le garanzie del credito della massa. In data 16.02.2024 si è tempestivamente costituito il fallimento di in persona del curatore p.t., che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello ex artt. 342 c.p.c. o 348-bis c.p.c. e ne ha invocato il rigetto stante la sua infondatezza, richiedendo anche la condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 96 c.p.c. per essere il gravame stato proposto nella consapevolezza della sua infondatezza.

L’appello è in massima parte inammissibile e per la residua parte manifestamente infondato.

cautelare ante causam, segnatamente quelle relative:

– all’omessa pronuncia del Giudice del merito sull’eccezione relativa alla mancanza di opportunità, validità e/o efficacia dell’azione cautelare (primo motivo di appello);

– alla nullità dell’ordinanza cautelare per avere svolto il Giudice del relativo procedimento anche le funzioni di Giudice Delegato del fallimento ricorrente (secondo motivo di appello sub (iii);

– al difetto del periculum in mora della domanda cautelare avanzata dal fallimento odierno appellato (secondo motivo di appello sub (v).

Giova rilevare, infatti, che ai sensi dell’art. 669-decies comma primo c.p.c. nella formulazione applicabile ratione temporis (prima delle modifiche apportate dal D.L.vo 149/2022), la revocabilità o modificabilità del provvedimento cautelare ante causam nel successivo giudizio di merito è condizionata al verificarsi di mutamenti nelle circostanze, sicché la mera riproposizione delle difese già disattese in sede cautelare e le questioni giuridiche relative alla concedibilità del provvedimento cautelare non possono essere proposte nel giudizio di merito, nel quale rimangono invece deducibili, ai sensi dell’art. 669- duodecies c.p.c., le contestazioni che attengono all’esecuzione della cautela (v. Cass. n. 13903/2014). Nel caso di specie, l’ordinanza cautelare non è stata oggetto di reclamo da parte dell’ sede nella quale doveva discutersi dell’opportunità, validità ed efficacia dell’azione cautelare e dell’eventuale incompatibilità a decidere del Giudice della cautela.

Relativamente a quest’ultimo aspetto, non solo l’appellante non ha fornito il benché minimo supporto a tale sua allegazione, reiterata nel presente giudizio dopo essere stata respinta dal tribunale, ma risulta, dalla produzione degli atti che avevano autorizzato la curatela ad agire per ottenere lo scioglimento del vincolo negoziale ad opera della curatela appellata, che il Giudice della cautela (Dott. NOME COGNOME non era il Giudice Delegato del fallimento n. 508/2014.

Anche il presunto difetto del periculum in mora avrebbe dovuto essere dedotto dall’ nella sede cautelare per il tramite del rimedio impugnatorio di cui all’art. 669-terdecies c.p.c., non potendo la relativa questione, salvo che non fosse sorretta da un che non ricorre nella fattispecie in esame, essere proposta nel giudizio di merito, dove non spetta al giudice riesaminare le condizioni per la concessione della cautela, e formare oggetto di un motivo di appello.

E’ inammissibile anche l’altra doglianza veicolata con il primo motivo di appello sia perché la conversione del sequestro conservativo in pignoramento segue ai sensi dell’art. 686 c.p.c. alla pronuncia di sentenza di condanna esecutiva e non richiede alcuna pronuncia di accertamento da parte del giudice di merito (v. Cass. n. 13903/2014 cit.) sia soprattutto perché, come ha correttamente evidenziato la curatela appellata, difetta radicalmente l’interesse ad agire (rectius, ad impugnare) dell’ non avendo lo stesso alcun interesse a dolersi del fatto che il Giudice di prime cure abbia omesso di pronunciarsi su una domanda proposta dalla controparte. Parimenti inammissibile è la censura mossa sulla statuizione della sentenza impugnata in merito all’eccezione di genericità della procura alle liti conferita dal curatore del fallimento di al legale che lo aveva patrocinato in giudizio.

L’appellante si è limitato a riprodurre detta statuizione, ma non ha svolto la benché minima argomentazione diretta a confutare la validità delle deduzioni svolte dal primo Giudice, tale non potendo ritenersi l’uso icastico dell’avverbio latino “sic!

disattendendo in tal modo le prescrizioni contenute nell’art. 342 c.p.c. a pena di inammissibilità, che impongono all’appellante non solo di individuare i capi e le statuizioni della sentenza di primo grado concretamente impugnate ma anche di svolgere argomentazioni finalizzate a minare il fondamento logico – giuridico delle motivazioni della sentenza investite dal gravame ed a prospettare una soluzione diversa da quella adottata dal Giudice della fase precedente.

E’ appena il caso di rilevare, peraltro, che la procura alle liti di cui si lamenta la genericità, pur se rilasciata su foglio separato, era stata notificata unitamente all’atto di citazione.

E’ manifestamente infondata la doglianza relativa alla mancanza di autorizzazione del Giudice Delegato del fallimento al curatore relativamente all’azione promossa nel presente giudizio, eccezione che l’ aveva già sollevato sia nel procedimento cautelare ante causam sia nel successivo giudizio che ha agito in giudizio non solo ha prodotto il decreto del Giudice Delegato del fallimento n. 508/2014 del 19.11.2015 che, ai sensi degli artt. 104ter e 41 comma quarto l. fall., aveva approvato il supplemento del programma di liquidazione del curatore, nel quale questi manifestava ai creditori la volontà di recedere dal contratto preliminare di compravendita immobiliare di cui si discute e di agire giudizialmente per ottenere la restituzione delle somme versate, ma ha altresì prodotto l’autorizzazione dello stesso Giudice Delegato del fallimento ex art. 25 comma primo n. 6 l. fall. dell’11.12.2015, resa in esecuzione del supplemento del programma di liquidazione approvato, con la quale per l’appunto il Giudice aveva autorizzato il curatore a promuovere l’azione “con il patrocinio dell’Avv. NOME COGNOME (che aveva assistito il fallimento nel giudizio di primo grado), dando altresì atto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 144 D.P.R. 115/2002 della mancanza di fondi del fallimento.

Quanto infine al motivo di appello afferente la mancata autorizzazione all’azione giudiziaria da parte del comitato dei creditori, è di tutta evidenza che la produzione del supplemento del programma di liquidazione e del decreto che lo aveva approvato emesso dal Giudice Delegato del fallimento di avrebbe dovuto rendere edotto l’ della mancata costituzione in quel fallimento del comitato dei creditori.

Compete infatti a tale organo, ai sensi dell’art. 104ter l. fall., approvare il programma di liquidazione e i suoi successivi supplementi o integrazioni, solo in caso di mancata costituzione o di impossibilità di funzionamento o di inerzia del comitato dei creditori.

Nel fallimento n. 508/2014 non risulta, peraltro, costituito il comitato dei creditori.

Il motivo è, dunque, palesemente infondato.

Segue la soccombenza la condanna alla rifusione delle spese di lite, che si liquidano come indicato in dispositivo facendo applicazione dei parametri di cui al DM 55/2014 come modif. dal DM 147/2022.

Tenuto conto che alcune delle censure mosse dall’appellante si riferivano non già alla sentenza appellata ma all’ordinanza cautelare ante causam (non impugnata nella pertinente sede processuale), che altre doglianze o non erano sorrette dall’interesse ad impugnare o venivano formulate in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 342 c.p.c. e che i residui motivi di appello erano dal Giudice di prime cure (ed anche dal Giudice della cautela) e contraddette dalle allegazioni documentali di controparte, ricorrono i presupposti per la condanna dell’appellante al pagamento in favore della procedura appellata, ai sensi dell’art. 96 comma terzo c.p.c., di una somma corrispondente all’importo delle spese legali liquidate. Al riguardo, deve richiamarsi il consolidato orientamento di legittimità, validato anche nella massima sede nomofilattica (v. Cass. S.U. n. 22405/2018), che ai fini dell’accertamento della mala fede (consapevolezza dell’infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza) di cui alla richiamata disposizione valorizza la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame e la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione. Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, per il pagamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo pari a quello già versato.

La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunciando, così provvede:

1) Dichiara inammissibile il primo motivo di appello e parte del secondo motivo di appello, nei termini di cui in parte motiva;

2) Rigetta nel resto l’appello;

3) Condanna l’appellante a rifondere al fallimento appellato le spese di lite da questo anticipate, che si liquidano in Euro 24.064,00 per compensi, oltre a rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge;

4) Condanna altresì l’appellante al pagamento in favore della parte appellata, ai sensi dell’art. 96 comma terzo c.p.c., della somma di Euro 24.064,00.

Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, per il pagamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo pari a quello già versato.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 30.01.2025.

Il consigliere estensore Il presidente

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