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Sequestro conservativo beni ex amministratore

Il Tribunale conferma il sequestro conservativo sui beni di un ex amministratore per responsabilità derivante da una presunta mala gestione societaria, omesso versamento di imposte e dissipazione del patrimonio aziendale.

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N. R.G. 10460/2024

TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 10460/2024 Oggi 7 novembre 2024 alle ore 11.30 innanzi al g.des.

dott. NOME COGNOME compare per la Liquidazione Giudiziale di l’avv. NOME COGNOME il quale dà atto di aver depositato nel fascicolo telematico priova di avvenuta notifica ex art. 143 c.p.c. al resistente.

Esibisce anche l’originale cartaceo.

Nessuno compare per il resistente, non costituito, nonostante la regolarità della suddetta notifica.

L’avv. COGNOME insiste per la conferma del decreto emesso inaudita altera parte.

Il Giudice pronuncia la seguente

ORDINANZA N._R.G._00010460_2024 DEL_07_11_2024 PUBBLICATA_IL_07_11_2024

Con ricorso ex artt. 669-bis, 669-ter e 671 c.p.c. depositato dinanzi al Tribunale di Brescia in data 2.9.2024, la ha chiesto di essere autorizzata al sequestro conservativo dei beni e crediti di , fino a concorrenza (in principalità) di € 937.150,29, a garanzia del credito risarcitorio derivante da responsabilità dell’ex amministratore e socio della società di cui è stata dichiarata la liquidazione giudiziale con sentenza del Tribunale di Brescia n. 89/2024 del 13.3.2024, sul presupposto che il resistente si sia reso responsabile del depauperamento del patrimonio societario mediante il compimento, tra il 2014 e il 2021, di atti di mala gestio consistiti nell’ingiustificato omesso versamento di imposte, tasse e contributi previdenziali, nella distrazione/dissipazione di denaro e beni sociali, nella prosecuzione dell’attività caratteristica d’impresa nonostante l’avvenuta integrale perdita del capitale sociale a far tempo dall’esercizio 2015, per un danno complessivo per la società e i creditori sociali stimato nel suddetto importo di € 937.150,29. Il g. des.

ha concesso in via provvisoria la misura richiesta con decreto inaudita altera parte del 4.9.2024 sino a concorrenza dell’importo di € 940.000,00, fissando udienza di discussione per la conferma, modifica o revoca del provvedimento e assegnando alla parte ricorrente termine per la notificazione al resistente di ricorso e decreto.

un primo tentativo di notifica, assegnato nuovo termine stante l’irreperibilità del signor all’ultimo indirizzo noto, la Liquidazione Giudiziale ha provveduto a regolare notificazione nelle forme dell’art. 143 c.p.c. Sino all’udienza odierna nessuno si è costituito ed è comparso per il resistente.

In mancanza di nuovi elementi, il provvedimento cautelare concesso inaudita altera parte va nella sostanza confermato salva la riduzione dell’importo della tutela per le ragioni di seguito illustrate.

Si conferma che gli addebiti mossi dalla Curatela, come confortati dalla documentazione versata in atti, lascano presumere con sufficiente grado di attendibilità la consistenza del fumus della pretesa avanzata da parte ricorrente nei confronti del resistente.

Ed infatti:

a) dall’esame delle domande di insinuazione al passivo ammesse (cfr. doc. 9 di parte ricorrente) risulta la sistematica omissione del pagamento di imposte e contributi a far tempo dal 2014 e sino al 2020, ossia per tutta la durata dell’incarico ricoperto dal resistente, con produzione di interessi e sanzioni per complessivi € 134.847,05 (v. prospetto sub doc. 11 di parte ricorrente);

b) nell’ultimo bilancio pubblicato (esercizio 2020, cfr. doc. 8 di parte ricorrente.

approvato dall’assemblea dei soci in data 1.10.2021 – ancora in carica il resistente (cfr. doc. 5 di parte ricorrente) -, risultano iscritti crediti esigibili per € 304.289,00 e immobilizzazioni materiali per € 99.690,00;

sennonché, in sede di colloquio con il Curatore (cfr. doc. 5 cit., pag. 3, punti 11 e 15), il signor ha dichiarato che “al momento in cui ho ceduto la società” – vale a dire in data 24.11.2021 – “non vi erano crediti né cespiti” così come “non vi era denaro in cassa né altri beni di pertinenza della società”:

in assenza di emergenze documentali che diano conto dell’impiego o destinazione delle suddette voci attive tra la data di iscrizione a bilancio e quella di cessione della società, è lecito presumere che i beni e crediti iscritti nel bilancio 2020 siano stati oggetto di dissipazione (quanto ai crediti, previo incasso) o distrazione da parte dell’ex amministratore, ovvero che i bilanci siano sul punto inveritieri, registrando voci attive in realtà insussistenti;

c) a seguito dell’analisi dei (pochi) dati contabili in possesso della Curatela (in particolare, bilanci pubblicati) nonché in base alle riclassificazioni di bilancio operate alla stessa Curatela alla luce delle domande di ammissione al passivo accolte, parrebbe emergere una definitiva perdita del capitale della a far data dal 31.12.2015, con conseguente indebita prosecuzione dell’ordinaria attività di impresa e con aggravamento del dissesto.

Nella riscontrata mancanza di contabilità sociale (cfr. relazione del Curatore sub doc. 19), la quantificazione del danno arrecato alla società e ai creditori sociali dalla violazione dei doveri di cui al primo comma dell’art. 2486 c.c. può essere operata con applicazione del criterio presuntivo di cui possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.

Nella fattispecie, il deficit fallimentare è pari a € 533.171,29, come risulta dallo stato passivo delle domande reso esecutivo in data 2.7.2024, allegato quale doc. 3 al ricorso, stante la totale mancanza di attivo, come attestato nella dichiarazione resa dal Giudice Delegato su istanza del Curatore ex artt. 11 e 144 d.p.r. 115/2002, sub doc. 10.

La stessa difesa ricorrente correttamente evidenzia che nella voce di danno sub “c” (prosecuzione illegittima dell’attività caratteristica d’impresa nonostante la perdita del capitale) deve ritenersi assorbita la voce sub “a” (omesso versamento di tributi e contributi con conseguente applicazione di maggiori oneri a carico della società), in considerazione del fatto che i debiti per sanzioni e interessi fanno parte del passivo accertato.

Diversamente da quanto opinato dalla difesa ricorrente, il medesimo assorbimento deve nondimeno ritenersi operante in relazione alla voce di danno sub “b” (distrazione/dissipazione di beni e crediti sociali), atteso che le ipotetiche condotte depauperative del patrimonio della società, comportando l’eliminazione di beni o altre risorse e, dunque, la diminuzione dell’attivo, già hanno concorso a formare il deficit fallimentare (ottenuto, appunto, dalla differenza tra attivo, nella fattispecie pari a zero proprio in quanto non sono stati reperiti beni o crediti da riscuotere, e passivo).

Il danno patrimoniale complessivamente ascrivibile all’ex amministratore , dominus indiscusso della società in liquidazione, quale amministratore e socio della stessa dalla sua costituzione alla data del 24.11.2021 – allorquando gli subentrava, almeno formalmente il signor , risultato irreperibile e contestualmente amministratore di un numero elevatissimo di società (61 attuali e 70 passate, con fondati dubbi circa l’effettività del ruolo ricoperto) – può, sulla base degli elementi in atti, essere quantificato ex art. 2486, terzo comma, secondo periodo, c.c. in € 533.171,29. Su tale importo, attesa la natura di debito di valore dell’obbligo risarcitorio, vanno calcolati gli interessi compensativi del danno e la rivalutazione secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sezioni Unite n. 1712/95 e Cass. n. 4791/2007), con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, momento in cui si realizza la cristallizzazione del danno;

tenuto altresì conto delle spese giudiziali sostenute e da sostenersi da parte della Curatela, il sequestro può essere autorizzato sino alla somma di € 570.000,00.

Come già rilevato nel decreto inaudita altera parte, la natura grave e apparentemente intenzionale delle condotte ascritte al resistente integra, sotto il profilo soggettivo, il requisito del periculum in mora, posto che i suddetti comportamenti manifestano una spiccata attitudine alla violazione delle ad una pronuncia di merito, il resistente possa spogliarsi dei propri beni e così ledere o annullare la garanzia patrimoniale in danno della Liquidazione.

Le ragioni di urgenza sono altresì connotate dall’elemento oggettivo (consistenza del patrimonio rapportata all’entità del credito), stante l’ingente ammontare del danno vantato dalla Curatela e la presenza, nel patrimonio del resistente, oltre che di una quota indivisa di 2/12 di terreni agricoli in Sicilia, di un bene immobile sito Comune di Lonato del Garda, acquistato nel 2023 al prezzo di € 100.700,00, dunque di valore inferiore al danno invocato dalla Curatela (cfr. visure ipocatastali e atto di compravendita sub docc. 17-18 di parte ricorrente), bene peraltro suscettibile di essere facilmente alienato e in tal modo sottratto alla garanzia del credito risarcitorio oggetto di invocata cautela.

Visti gli artt. 669-bis, 669-ter, 669-octies e 671 c.p.c., a modifica del decreto inaudita altera parte del 4.9.2024, autorizza la Liquidazione Giudiziale n. 37/2024 di sottoporre a sequestro conservativo i beni mobili e immobili di proprietà di nonché i crediti spettanti allo stesso nei confronti di terzi, sino alla concorrenza dell’importo di € 570.000,00;

spese al merito.

Brescia, 7 novembre 2024 Il Giudice dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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