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Sequestro conservativo su patrimonio socio

Il tribunale accoglie parzialmente il ricorso per sequestro conservativo, riconoscendo il fumus boni iuris per la simulazione dei contratti preliminari e per le somme distratte. Riconosciuto il periculum in mora solo in capo ad un resistente, il sequestro è concesso nei limiti della sua responsabilità.

Pubblicato il 10 January 2025 in Diritto Civile, Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 2024/33151

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO SEZIONE XV CIVILE

SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME, ha pronunciato la seguente

ORDINANZA N._R.G._00033151_2024 DEL_03_01_2025 PUBBLICATA_IL_03_01_2025

sul ricorso per sequestro conservativo proposto da con sede in Milano, in persona del liquidatore dott. elettivamente domiciliata in Milano presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che la rappresentano e difendono per procura speciale in calce al ricorso, RICORRENTE contro in persona del legale rappresentante elettivamente domiciliati in Milano presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende per procura speciale in calce alla memoria di costituzione, RESISTENTI

Con ricorso ritualmente notificato ha formulato richiesta di autorizzazione, anche inaudita altera parte, al sequestro conservativo sul patrimonio del socio accomandante in proprio e quale erede del defunto socio accomandatario della moglie e di vantato nei confronti dei resistenti in relazione a condotte distrattive di mala gestio imputabili al defunto socio amministratore in concorso con il figlio, la nuora e le loro società.

Riferiva, in particolare, di alcune vicende societarie relative a condotte del socio amministratore fonte di responsabilità verso la società in quanto concretizzatesi in atti dispositivi dei beni immobili sociali in conflitto di interessi e a prezzi inferiori al loro valore di mercato, nonché in distrazioni di risorse sociali a favore di sé stesso o del figlio , della nuora e dell’ Le diverse operazioni, connotate da un unico disegno distrattivo, compiute nel periodo tra il 2015 ed il 2019, erano consistite essenzialmente nella svendita dei beni immobili sociali a favore di società riconducibili al figlio e nella distrazione di somme dal patrimonio sociale attraverso la loro configurazione come caparre versate per l’acquisto di beni di sovrastimati e, comunque, mai acquisiti al patrimonio sociale. La ricorrente circoscriveva, poi, la domanda di tutela cautelare ai crediti da restituzione delle caparre confirmatorie relative ai due contratti preliminari mai eseguiti, stipulati dalla società il 5 ottobre 2017 e il 30 ottobre 2017 per l’acquisto di terreni agricoli di proprietà di ai versamenti eseguiti dall’amministratore uno l’8 febbraio 2017 dal conto corrente della società al suo conto corrente per la somma di Euro 65.736 con la causale “giroconto”, e l’altro il 28 gennaio 2016 dal conto corrente sociale al conto corrente intestato a per la somma di Euro 95.000 con la causale “restituzione caparra confirmatoria”.

Al riguardo, la società ricorrente riferiva che i contratti preliminari dell’ottobre 2017, con cui si era obbligata ad acquistare i terreni agricoli di proprietà di versando a titolo di caparra confirmatoria l’intero prezzo pattuito con i contratti preliminari, pari a complessivi Euro 1.157.000, non erano, poi, mai stati seguiti dalla stipulazione dei contratti definitivi.

Evidenziava, inoltre, che in tal modo si era consentito al di ottenere l’intero prezzo della vendita, di molto dell’assunto produceva la stima redatta da un professionista di fiducia, dalla quale risultava che il valore dei beni era inferiore alla metà del prezzo pattuito.

Nell’evidenziare l’esistenza del fumus boni iuris dell’azione di ripetizione delle somme indebitamente versate a titolo di caparra confirmatoria, sosteneva la simulazione assoluta o relativa dei contratti preliminari, stipulati in palese conflitto di interessi da padre e figlio, o, in via subordinata, la loro nullità per mancanza di causa, data la chiara volontà delle parti di non darvi esecuzione risultante dalla mancata stipulazione dei contratti definitivi a distanza di anni dalla loro conclusione.

Rispetto ai due movimenti di denaro dal conto corrente sociale, il primo in favore di per Euro 65.736, con causale “giroconto”, e il secondo per Euro 95.000 in favore di e di con causale “restituzione caparra confirmatoria”, la ricorrente riferiva che, all’esito delle verifiche del liquidatore, entrambi i versamenti erano risultati privi di qualsiasi giustificazione così che doveva ritenersi, anche in relazione alle somme in questione, il fumus di fondatezza delle prospettate azioni di ripetizione ex articolo 2033 c.c. Riguardo al periculum in mora, la ricorrente ricordava, innanzitutto, l’orientamento della giurisprudenza secondo cui il fondato timore di perdere le garanzie del credito può dedursi non solo da elementi obiettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, ma anche da elementi soggettivi evincibili dal comportamento del debitore stesso, il quale lasci presumere che verranno compiuti, per sottrarsi all’adempimento, atti dispositivi idonei a provocare il depauperamento del suo patrimonio. Sosteneva, quindi, alla luce delle condotte di concorso negli atti distrattivi del defunto socio amministratore compiute dai resistenti la rilevante probabilità che, nel tempo necessario all’accertamento dei crediti restitutori, possano compiere atti di disposizione del loro patrimonio un disegno unitario volto ad arricchire i loro autori a danno della società, come dimostrerebbe il fatto che si “spalmano” su un arco temporale pluriennale.

Chiedeva, pertanto, la concessione della misura cautelare del sequestro conservativo sino a concorrenza della somma di Euro 1.317.736 nei confronti dei resistenti.

Con provvedimento del 26 settembre 2024 il giudice designato respingeva la richiesta di emissione della misura cautelare inaudita altera parte e, ritenendo insussistenti i presupposti previsti dall’art. 669 sexies, comma 2, c.p.c., disponeva l’instaurazione del contraddittorio e fissava l’udienza di discussione del ricorso.

Si costituivano i resistenti ed eccepivano, preliminarmente, la carenza di interesse ad agire della società ricorrente e il difetto di legittimazione passiva dell’ e della resistente

Nel merito sottolineavano, innanzitutto, la mancata allegazione di elementi oggettivi o soggettivi concreti e attuali di periculum in mora, riferibili alla diminuzione del loro patrimonio ampiamente capiente in relazione all’entità dei crediti restitutori vantati dalla società ricorrente a fondamento della domanda cautelare di cui, comunque, contestavano l’esistenza. Negavano la pretesa simulazione dei contratti preliminari relativi al trasferimento della proprietà dei terreni agricoli sostenendo, quanto al prezzo dei terreni, che la valutazione del professionista incaricato dalla ricorrente non aveva considerato le loro caratteristiche e le potenzialità ed era fondata sul parametro errato corrispondente al valore di esproprio.

Le illazioni tratte dall’anticipato ed integrale pagamento del prezzo a favore del socio proprietario dei terreni, poi, avrebbero trascurato di considerare che nei rapporti tra era prassi versare somme di denaro anche notevoli prima del rogito a titolo di caparra confirmatoria al fine di evitare di pagare una doppia imposta di registro nel caso di cessione a terzi del cespite.

Contestavano, infine, l’idea preliminari dato che, fin dal 2019, il promittente venditore aveva manifestato ripetutamente la sua disponibilità a procedere alla loro stipulazione.

Con riferimento all’indebita recezione delle somme oggetto dei bonifici contestati i resistenti sostenevano che si tratterebbe della restituzione di finanziamenti in precedenza effettuati da e da a favore della società.

Sostenevano, in particolare, che dalla documentazione bancaria consegnata al liquidatore risultavano versamenti a favore della società da parte di rispettivamente di € 60.000,00 e di € 50.000,00 per delegazione di pagamento dei loro emolumenti da RAGIONE_SOCIALE presso cui ricoprivano cariche sociali, nonché un versamento in contanti di € 10.000,00 da a favore della società e due pagamenti di di € 15.000,00 ciascuno eseguiti nel 2015.

Concludevano, quindi, per il rigetto del ricorso con condanna del liquidatore ex articolo 94 del codice di procedura civile.

Nel corso del procedimento interveniva il socio titolare di metà del capitale sociale della per sostenere, nel proprio interesse, le ragioni della ricorrente, manifestando così adesione alla sua richiesta di sequestro conservativo ante causam ex articolo 671 del codice di procedura civile.

All’udienza di discussione del ricorso il giudice, tentata con esito negativo la conciliazione della lite e preso atto del rifiuto da parte dei resistenti della proposta avanzata ex articolo 185-bis del codice di procedura civile, si riservava di decidere sulla domanda cautelare.

*** Vanno preliminarmente trattate le due questioni pregiudiziali sollevate dai resistenti.

Le eccezioni di carenza di legittimazione passiva delle resistenti sono in parte fondate.

inutilmente versata a titolo di caparra confirmatoria in esecuzione dei contratti preliminari di vendita dell’ottobre del 2017, stipulati, però, solo con oltre che per la somma di Euro 65.736, incassata senza titolo da e per la somma di Euro 95.000, incassata senza titolo da Ne deriva, in ragione delle stesse allegazioni della società ricorrente, la carenza di legittimazione passiva con riferimento alla domanda di tutela cautelare relativa ai crediti restitutori di che non è parte dei contratti preliminari di vendita e non ha ricevuto alcunché a titolo di caparra o di versamento dal conto corrente sociale, mentre deve essere ritenuta la legittimazione passiva della resistente limitatamente alla recezione indebita del bonifico della somma di Euro 95.000 non avendo, per il resto, ricevuto alcunché né a titolo di caparra né con riferimento all’altro bonifico di Euro 63.736. L’eccezione di difetto di interesse ad agire della società ricorrente sollevata da invece, infondata.

Secondo la difesa del resistente dovrebbe ritenersi la mancanza dell’interesse ad agire della società ricorrente in ragione della consistenza del controcredito vantato dal socio sull’attivo residuo della società all’esito della liquidazione:

dal momento che il patrimonio netto della società ammonterebbe a complessivi Euro 2.006.444,10, all’esito della liquidazione come socio titolare di una quota di partecipazione del 50% del capitale sociale vanterebbe un credito pari ad Euro 1.003.222,15.

Quindi, se anche dovesse risultare, all’esito del giudizio di merito, titolare di un credito restitutorio verso il socio potrebbe agevolmente rifarsi sul patrimonio del debitore, nella parte costituita dal controcredito per la liquidazione del valore della quota sociale di adeguata consistenza rispetto al credito restitutorio.

La tesi non può essere condivisa perché il ragionamento è viziato in premessa:

sulla base dei chiarimenti resi in udienza dal liquidatore, infatti, alla formazione del patrimonio netto nella.

In ogni caso, non sarebbe di certo il credito relativo alla liquidazione della quota, allo stato e sino all’esito della liquidazione di dubbia esistenza e consistenza, a poter garantire alla società, nel tempo necessario all’accertamento giudiziale, l’adempimento da parte del socio del debito restitutorio.

L’eccezione di difetto di interesse ad agire deve, pertanto, essere disattesa mentre la domanda cautelare nei confronti della resistente può essere esaminata solo limitatamente all’azione di ripetizione della somma di Euro 95.000.

Passando all’esame nel merito della domanda cautelare proposta dalla società ricorrente, all’esito della valutazione necessariamente sommaria della vicenda imposta dalla natura del procedimento, deve ritenersi la sussistenza del fumus boni iuris delle pretese restitutorie relative alle somme versate dalla società a titolo di caparra per l’acquisto mai avvenuto dei terreni agricoli del socio e alle somme distratte dal conto corrente sociale ad opera del socio amministratore a favore proprio e dei propri parenti. Con riferimento al fumus dell’inefficacia per simulazione assoluta dei contratti preliminari relativi ai terreni agricoli, una serie di elementi, pur suscettibili di approfondimenti rimessi al giudizio di merito, costituiscono, nel loro complesso, indici rivelatori dell’accordo simulatorio tra l’amministratore della società promissaria acquirente dell’epoca, ed il figlio promittente venditore, proprietario degli immobili.

Sono indici particolarmente significativi dell’accordo simulatorio dei contratti preliminari in questione, presumibilmente utilizzati con lo scopo pratico di fornire una giustificazione apparente al flusso di denaro tra la società ed il figlio del socio amministratore, (i) il rapporto di parentela e la verosimile ampia sopravvalutazione del valore dei terreni a destinazione agricola, rispetto ai quali non risulta essere mai intervenuto il mutamento di destinazione urbanistica necessario alla loro di esecuzione della prestazione di pagamento del prezzo e la sostanziale mancanza della reale volontà di realizzare il programma negoziale in relazione alla controprestazione di trasferimento della proprietà dei terreni. Infatti, da un lato, il prezzo risulta essere stato pagato integralmente dalla società acquirente a prescindere dalla stipulazione dell’atto notarile di vendita con la singolare integrale imputazione a caparra confirmatoria in modo tale da esporre il ricevente promittente venditore, all’irragionevole rischio, che nessun operatore sensato avrebbe assunto, del pagamento del doppio nell’ipotesi di inadempimento della controprestazione (v. doc. da 12 a 16 quinquies di parte ricorrente) e, dall’altro, non risulta essere mai intervenuta la stipulazione dei contratti definitivi di trasferimento alla società della proprietà dei terreni entro la scadenza del 30 settembre 2022, stabilita nel contratto preliminare del 5 ottobre 2017 (v. art. 4 doc. 12 di parte ricorrente), e del 30 ottobre 2022, stabilita nel contratto preliminare del 30 ottobre 2017 (v. art. 4 doc. 14 di parte ricorrente).

Non scalfisce ma rafforza la pregnanza degli indizi evidenziati in ordine all’assenza di qualsiasi volontà delle parti di trasferire la proprietà dei beni alla società, la disponibilità alla stipulazione degli atti notarili comunicata la prima volta dal promittente venditore alla società solo con la lettera del 13 gennaio 2019 (v. doc. 9 di parte resistente), dal momento che, per sua stessa ammissione, è stata manifestata quando, il padre, amministratore della società era già affetto da una grave malattia degenerativa che gli impediva di perfezionare i contratti definitivi, come risulta anche dalla documentazione medica prodotta dal terzo intervenuto (v. doc. 5 del terzo intervenuto).

Nessun altro invito alla stipulazione del rogito risulta essere stato rivolto alla società prima della scadenza del termine contrattuale previsto per la conclusione dei contratti definitivi.

Il che si salda con la ragionevole causa simulandi dedotta dalla ricorrente che il tutto servisse a creare una causale apparente ai versamenti eseguiti da attraverso i quali ’apparenza di contratti in realtà non voluti (v. Cass. 11 aprile 2006, n. 8428; Cass. 27 gennaio 2023, n. 2539).

Anche la fondatezza delle azioni di ripetizione dell’indebito prospettate in relazione ai due bonifici dell’8 febbraio 2017, per la somma di Euro 65.796 a favore di e del 28 gennaio 2016, per la somma di Euro 95.000 in favore di e della di lui moglie appare, allo stato degli atti, verosimile.

La fattispecie di cui all’articolo 2033 c.c. consta, infatti, di due elementi:

il pagamento e la non doverosità dello stesso.

Trattandosi di fatti costitutivi del diritto azionato, l’onere della loro prova grava su chi agisce in ripetizione, tenuto ad allegare e provare che il pagamento è avvenuto in esecuzione di un determinato rapporto rivelatosi, però, inesistente (v. Cass. 23 novembre 2022, n. 34427).

Ebbene, a fronte della compiuta indicazione da parte della ricorrente delle causali dei due pagamenti l’una recante la semplice dicitura di per sé priva di titolo “giroconto” e l’altro “restituzione caparra confirmatoria” rimasta priva di riscontro contabile, le giustificazioni addotte dai resistenti, fondate sulla restituzione di asseriti finanziamenti eseguiti a favore della società da appaiono prive di fondamento sulla base del raffronto fra l’epoca e la causale dei bonifici contestati e l’epoca e la causale dei bonifici da cui dovrebbe desumersi l’esecuzione dei finanziamenti. Nel caso degli ipotizzati finanziamenti dei resistenti, infatti, le causali espresse dei loro bonifici fanno riferimento ad una specifica operazione immobiliare non richiamata nei bonifici societari ed i loro pagamenti non trovano corrispondenza con i versamenti della società ricorrente né sotto il profilo dell’entità delle somme e dei soggetti coinvolti né sotto il profilo temporale, risalendo anche a diversi anni prima.

Dall’esame del documento n. 2 di parte resistente risulta, infatti, che i bonifici a favore della società corrispondenti ai pretesi finanziamenti eseguiti da tramite la RAGIONE_SOCIALE, il 7 relativo a terreni agricoli individuati al Fg. 3 Mp. 141 e 142 del. ” (v. doc. 2 a pag. 26) e, quindi, per un titolo che non ha nulla a che vedere con il finanziamento mentre i bonifici per complessivi Euro 50.000 eseguiti da il 3 e il 7 maggio 2013, sempre tramite la RAGIONE_SOCIALE, recano semplicemente la causale vuota di “invio fondi” senza alcun riferimento al preteso titolo di finanziamento, così come l’unico bonifico del 1.12.2015 che risulta da lui eseguito di Euro 15.000 (v. doc. 2 a pag. 27 e 28, 30).

Nessuna spiegazione, infine, hanno fornito i resistenti delle ragioni per cui il bonifico della società di ben Euro 95.000 a titolo di restituzione di caparra confirmatoria vede come beneficiaria anche la che neanche ha allegato di aver finanziato la società.

Deve, dunque, ritenersi l’esistenza del fumus boni iuris della pretesa creditoria prospettata dalla società ricorrente nei confronti del resistente nei limiti della somma di Euro 1.317.726 e della resistente ei limiti della somma di Euro 95.000.

Venendo al periculum in mora, va premesso che è consolidato il principio secondo cui la motivazione del provvedimento di sequestro conservativo “può far riferimento a precisi, concreti fattori tanto oggettivi che soggettivi, poiché il requisito del periculum in mora può essere desunto sia da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, ponga in essere atti dispositivi, idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio” (v. Cass. 13 febbraio 2002, n. 2081). Pertanto, tale requisito può essere desunto anche dai soli elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, quando lo stesso lasci presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, possa porre compiere atti dispositivi idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio.

solo al resistente la ricorrenza, in relazione al profilo soggettivo, del periculum in mora desumibile dalla propensione a manovre patrimoniali distrattive evidenziata dall’opacità delle operazioni immobiliari compiute a danno della società in concorso con il defunto socio amministratore oltre che dalla pervicacia dell’intento di sottrarsi all’adempimento della pretesa restitutoria vantata dalla società ricorrente per l’indiscutibile inattuazione dei contratti preliminari di vendita dei terreni agricoli, ormai irreversibile in ragione della scadenza del termine pattuito per la stipulazione dei relativi contratti definitivi. Al riguardo, è sufficiente richiamare i diversi inviti del resistente alla stipulazione dei rogiti notarili provocatoriamente rivolti, nel corso dell’anno 2024 anche in pendenza del presente procedimento, alla società in fase di liquidazione, come tale ormai priva di qualsiasi interesse all’acquisto.

Non sussistono, invece, elementi per ritenere l’esistenza del periculum in mora con riferimento alla resistente che ha ricevuto l’indebito pagamento come cointestataria del conto corrente con in mancanza di prova della sua cooperazione attiva alle condotte del marito e del defunto suocero.

Pertanto, deve conclusivamente ritenersi che sussistano i presupposti per la concessione del sequestro conservativo a tutela del presumibile credito restitutorio di nei confronti solo del resistente sino a concorrenza della somma di Euro 1.317.736.

Il ricorso deve, invece, essere respinto nei confronti delle resistenti Trattandosi di procedimento cautelare ante causam, il giudizio di merito nei confronti di deve essere iniziato nel termine fissato dal giudice o, comunque, entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di accoglimento, a pena di inefficacia del provvedimento cautelare, ai sensi degli articoli 669-octies e 669-novies del codice di procedura civile.

Nessuna pronuncia , invece, essere respinta la domanda cautelare proposta nei confronti di con condanna della società ricorrente al pagamento nei loro confronti delle spese del procedimento che si liquidano, avuto riguardo all’entità del credito oggetto della domanda cautelare e al mancato espletamento di attività istruttoria, in complessivi € 7.000 per onorario oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge.

Visti gli articoli 671, 669-septies e 669-octies del codice di procedura civile:

1) autorizza a procedere al sequestro conservativo sul patrimonio del resistente sino a concorrenza della somma di Euro 1.317.736;

2) fissa il termine perentorio di giorni 60 dalla notifica del presente provvedimento per l’instaurazione del giudizio di merito nei confronti del resistente rimettendo all’esito del giudizio di merito la pronuncia sulle spese processuali;

3) respinge il ricorso proposto dalla società ricorrente nei confronti delle resistenti 4) condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del procedimento a favore della e di che liquida in € 7.000 per onorario oltre al 15% per spese generali ed oneri di legge.

Si comunichi Milano, 27 dicembre 2024 Il Giudice NOME COGNOME

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