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Codice Penale

Servitù di passaggio e distanze legali tra edifici

La sentenza conferma i principi in materia di servitù di passaggio e distanze legali tra edifici, condannando la modifica della conformazione dei luoghi che ha comportato una diminuzione della larghezza e un aumento della pendenza del passaggio, e l’apertura di una veduta a distanza inferiore a quella legale.

Pubblicato il 30 November 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

R.G. n. 1073/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA SEZIONE SECONDA CIVILE nelle persone dei magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. SSA NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._1343_2024_- N._R.G._00001073_2023 DEL_08_11_2024 PUBBLICATA_IL_11_11_2024

Nella causa civile d’appello avverso la sentenza N. 359/2023 del Tribunale di Imperia promossa da:

rappresentate e difese dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliate presso il suo studio in Sanremo, INDIRIZZO come da mandato in atti Appellanti contro , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Imperia, INDIRIZZO come da mandato in atti Appellata “Piaccia alla Corte di Appello Ill.ma, per le causali di cui in narrativa, previe le dichiare meglio viste e ritenute, in via istruttoria:

– disporre il rinnovo e/o l’integrazione della CTU tecnica svolta in primo grado;

– ordinare ex artt. 210 e/o 213 c.p.c. alla Signora e/o al Comune di Vasia l’esibizione dell’istanza di sanatoria protocollata dalla appellata al Comune col n. 344 in data 11.2.2023 con i relativi allegati;

nel merito:

– in parziale riforma del capoverso 1) del dispositivo della sentenza relativo ai capi 3.2, 3.2.1, 3.2.2.

della parte motiva, in accoglimento del primo motivo della presente impugnazione, dichiarare tenuta e quindi condannare la signora a versare alle appellanti a titolo di risarcimento dei danni provocati alla struttura dell’immobile delle appellanti la somma non minore di Euro 45.000,00, da liquidarsi anche in via equitativa, oltre interessi al tasso legale dalla domanda a saldo;

– in totale riforma del capoverso 1) del dispositivo della sentenza relativo al capo 3.3.

della parte motiva dichiarare tenuta e quindi condannare la signora alla riduzione in pristino stato e pertanto a riportare ex ante le condizioni del passaggio insistente sulla copertura del locale ad uso deposito, censito catastalmente come mappale 980, mediante il ripristino (I) della rampa in cemento, (II) dei gradini così come preesistenti eliminando quelli attuali e (III) della ampiezza del passaggio all’originaria misura di mt. 2,17;

– in totale riforma del capoverso 2) del dispositivo della sentenza relativo al capo 3.4.

della parte motiva condannare la signora a chiudere la nuova bucatura costituente veduta aperta al piano terra del sua abitazione a minor distanza dal fondo delle appellanti;

– in totale riforma del capoverso 2) del dispositivo della sentenza relativo al capo 3.5.

della parte motiva dichiarare tenuta e quindi condannare la signora ad eliminare e demolire la sopraelevazione di cm. INDIRIZZO dell’edificio di sua proprietà che costituisce nuova costruzione a minor distanza rispetto alla proprietà delle attrici (costruzione e veduta);

– in accoglimento della domanda di cui all’ultimo capoverso delle conclusioni precisate in primo grado, dichiarare tenuta o condannare la signora ad eliminare il cancelletto munito di serratura che è stato apposto a confine della INDIRIZZO o a consegnare alle appellanti le chiavi del medesimo cancelletto;

– in totale riforma del capoverso 2) del dispositivo della sentenza relativo al capo 3.6.

della parte motiva dichiarare tenuta e quindi condannare la signora ad eliminare e/o a rimuovere e/o a spostare le piante ed i vasi posti a confine osservando le norme sulle distanze legali (almeno 50 cm.).

Con condanna della appellata alle spese ed ai compensi legali, oltre accessori di legge, del secondo grado”.

“Piaccia alla Corte d’Appello, per le causali di cui in narrativa, contrariis reiectis, previo rigetto delle istanze istruttorie, respingere l’appello.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari ed oneri di studio nella misura del 15% come per legge.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato convenivano in giudizio dinanzi il Tribunale di Imperia per sentirla condannare al risarcimento dei danni asseritamente causati all’edificio di loro proprietà per effetto dei lavori eseguiti sull’immobile contiguo, e in parte in appoggio, di cui era proprietaria.

Le attrici, a sostegno della domanda, deducevano che:

-le signore rano proprietarie di un compendio immobiliare in Comune di Vasia, frazione INDIRIZZO, foglio 4 mappale 749, di una corte annessa identificata al catasto al foglio 4 mappale, nonché un fabbricato con ampia corte graffiata censito al foglio 4 mappale 796;

era proprietaria di un immobile contiguo, censito al mappale graffiato con il mappale 980 a seguito di variazione catastale, precedentemente composto da alloggio in piano primo identificato al mappale sub.

1, da un locale ad uso deposito posto al piano terra censito al mappale sub.

2 ed un locale ad uso deposito posto in piano primo seminterrato con corte unita in piano terra, gravata da servitù di passaggio a favore di terzi, censito al mappale 980;

-nell’atto di acquisto di veniva precisato che nella vendita era comune al solo mappale 798 sub. 1 e 2 la corte a partita 2 del catasto terreni foglio 4 mappale 799, utilizzata come passaggio dalle attrici.

In particolare, lamentavano i seguenti pregiudizi derivanti dagli interventi realizzati da :

1) causazione di estese e profonde fessurazioni sulle pareti, in special modo nel vano finestre, e nel soffitto delle camere soprastanti il portico adiacente al mappale 980 con conseguenti infiltrazioni d’acqua all’interno delle stanze;

2) illegittima trasformazione della corte mappale 980 su cui le attrici hanno diritto di passaggio, con riduzione della luce libera tra pavimento e soffitto/arco del soprastante archivolto, eliminando completamente la parte a rampa;

con realizzazione di una scalinata disagevole perché i gradini hanno una alzata maggiore dei precedenti, una pedata più stretta e irregolare, con restrizione della larghezza del passaggio da circa mt 1,80 a mt. 1,00 a causa della costruzione ex novo di una scala esterna per dare accesso al ;

4) elevazione dell’altezza dell’edificio Back di almeno 30/40 cm a minor distanza dal contiguo edificio delle attrici;

5) apposizione di pavimentazione sul cortile esterno censito al mappale 799, che sconfina sul mappale 796 delle attrici, piantumazione a minor distanza di legge a circa 20/30 cm dal confine con la proprietà delle attrici di tre piante ornamentali e posizionamento lungo il perimetro della predetta corte di vasi di grosse dimensioni e di un cancello sul lato della INDIRIZZO, con ciò impedendo alle attrici di esercitare il diritto di passaggio sul mappale 799 a favore dei propri fondi ed immobili di cui ai mappali 749, 796 e 797. Si costituiva in giudizio chiedendo dichiarare l’improcedibilità della domanda e ed il rigetto della stessa nel merito.

Il Giudice di primo grado, licenziata CTU tecnica per verificare lo stato dei luoghi, con l’impugnata sentenza, così statuiva:

“1) accoglie parzialmente le domanda attoree e, per l’effetto, condanna a versare in favore di a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di € 22.000,00 oltre interessi al tasso legale ex art. 1284, co.4, Cc a far data dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo 2) respinge nel resto 3) condanna pagamento in favore di delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 5.838,55, di cui € 5.077,00 per compenso tabellare ed euro 761,55 per spese generali al 15% oltre e 518,00 per contributo unificato, € 27,00 per anticipazioni forfettarie, cassa avvocati e IVA su imponibile, come per legge 4) pone le spese di CTU definitivamente a carico di Avverso la sentenza proponevano appello hiedendo dichiarare tenuta e quindi condannare a versare, a titolo di risarcimento dei danni provocati alla struttura dell’immobile, la somma non minore di € 45.000,00, nonché alla riduzione in pristino stato del passaggio insistente sulla copertura del locale ad uso deposito, censito catastalmente come mappale 980, mediante il ripristino della rampa in cemento, dei gradini così come preesistenti, eliminando quelli attuali, e della ampiezza del passaggio all’originaria misura di mt. 2,17. Domandavano, altresì, condannare a chiudere la veduta aperta al piano terra della sua abitazione a minor distanza dal fondo delle appellanti, ad eliminare e demolire la sopraelevazione di cm. 40 dell’edificio di sua proprietà, ad eliminare il cancelletto munito di serratura che è stato apposto a confine della INDIRIZZO o a consegnare alle appellanti le chiavi del medesimo cancelletto e, infine, particolare, le appellanti, lamentavano:

1) Errata liquidazione dei danni, relativamente alla statuizione sulla esistenza, causa e entità del danno strutturale cagionato all’immobile;

2) Errata statuizione sulle conseguenze della accertata modificazione del passaggio ed omessa condanna alla riduzione in pristino stato del passaggio;

3) Errato rigetto della domanda di condanna alla chiusura della veduta;

4) Errato rigetto della domanda di condanna alla eliminazione della sopraelevazione;

5) Mancata statuizione sulla domanda di eliminazione del cancello pedonale posto da tra il mappale INDIRIZZO e la INDIRIZZO

6) Errata statuizione sulle conseguenze degli interventi di sconfinamento e di piantumazione di alberi e siepi, per omessa condanna alla riduzione in pristino stato e/o alla rimozione e/o spostamento degli arbusti alla distanza legale.

Si costituiva in giudizio chiedendo respingere l’appello avversario con la conseguenziale conferma della sentenza di primo grado.

Con provvedimento del 31.10.2024 il Consigliere istruttore, viste le note depositate dalle parti sostitutive dell’udienza in data 29.10.24, visto l’art. 352 c.p.c., riservava la decisione al Collegio ed il deposito della sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo dedotto attiene alla asserita erroneità della statuizione riguardante l’ esistenza, la causa e l’entità del danno strutturale all’immobile delle appellanti.

La sentenza appellata si è così espressa:

l’origine del danno ”del quale lesioni sulle pareti sono solo l’effetto visibile, non è riparabile (CTU in sede di chiarimenti all’udienza del 11.5.2022), restano comunque i lavori svolti all’interno dell’edificio e dunque, in via equitativa, in ragione del lieve abbassamento dello spigolo del fabbricato che si appoggia sulla struttura del fabbricato di proprietà di parte convenuta, la parte convenuta dovrà essere condannata al versamento a titolo di risarcimento del danno della somma di euro 17.000,00 comprensiva anche dei (lavori) interni stimati dal CTU in euro 1.000,00. ” L’appellante lamenta che la ctu sia gravemente deficitaria e contraddittoria, in quanto il consulente ha riconosciuto che si tratta di lesioni murarie, che però allo stato non comporterebbero un problema alla statica dell’edificio delle appellanti.

Orbene, le conclusioni del ctu sono chiare ed univoche.

Il consulente nei chiarimenti resi successivamente al deposito della perizia, si è infatti così espresso:

“tutti gli elementi fanno propendere per il no alla domanda se le lesioni presenti sono in evoluzione attualmente.

Al sono solo l’effetto visibile, non è riparabile.

Il danno interno è possibile ripararlo con la somma di 1.000 euro.

L’innalzamento del filo esterno della falda di copertura della proprietà è stato di almeno di 40 cm. Era già chiara la conclusione assunta in precedenza dal ctu, laddove rilevava che lo stato attuale non comporta pericoli strutturali anche perché il cedimento che le ha causate sembra che si sia verificato in un determinato momento e poi arrestato;

ed ancora:

non risulta che siano state demolite “pareti perimetrali portanti”.

La ristrutturazione a cui ci si riferisce ha comportato numerosi lavori interni tra i quali anche la demolizione di alcune murature interne originali in pietra.

Il piano al quale tali lavori sono stati eseguiti è direttamente al di sotto della copertura, pertanto i muri demoliti non avevano altra funzione che di sostenere gli elementi in legno portanti del tetto e di realizzare le partizioni interne necessarie all’epoca della costruzione.

Tali tipi di murature venivano realizzati in pietra e il loro spessore risulta sempre molto maggiore dei tramezzi attuali in mattoni, in quanto il posizionamento stabile degli elementi in pietra irregolari lo necessita.

Le minime funzioni di sostegno del tetto che i muri demoliti svolgevano sono ora svolte da nuovi elementi in calcestruzzo o in metallo che forniscono appoggio agli elementi del tetto.

Le bucature eseguite per mettere in comunicazione i due piani dell’immobile sono state eseguite con i corretti accorgimenti per il loro funzionamento statico e non sono state demolite parti con funzioni statiche nei confronti dei fabbricati vicini.

Risulta quindi esaustivamente motivata la ragione della conclusione peritale fatta proprie dalla pronuncia appellata, che esclude infine che le lesioni presenti siano suscettibili di aggravamento.

Le lesioni sono riconducibili ai lavori effettuati nella proprietà e in particolare alle vibrazioni causate dalle lavorazioni.

Il ctu ha osservato che lo spigolo della proprietà che ha subito il cedimento non insiste solo sullo spigolo della proprietà ma si estende fino a circa la metà della facciata laterale ovest della stessa.

Per questo il consulente ha motivatamente escluso l’ipotesi di un cedimento dello spigolo della proprietà che, indebolito dai lavori, avrebbe causato l’abbassamento dello spigolo della proprietà vieppiù considerato che la parte di immobile che ha subito il maggiore abbassamento è la parte del fabbricato che non insiste sullo spigolo del fabbricato.

Molto più verosimilmente, le vibrazioni dei lavori eseguiti hanno causato una serie d micro-assestamenti nel pietrame della facciata laterale sulla quale appoggia lo ’appellante lamenta altresì l’erroneità della valutazione dei ripristini delle fessure murarie indicata dal CTU in € 1.000,00, senza una puntuale descrizione delle lesioni e dei lavori effettivamente necessari.

Orbene, la liquidazione del danno è stata complessivamente effettuata dalla pronuncia “in via equitativa in ragione del lieve abbassamento dello spigolo del fabbricato che si appoggia sulla struttura del fabbricato di proprietà di parte convenuta… la parte convenuta dovrà essere condannata al versamento a titolo di risarcimento del danno, della somma di euro 17.000,00”.

Va specificato che non sono state dedotte da parte appellante le ragioni della richiesta di liquidazione del danno in misura non inferiore ad euro 45.000,00.

Del resto, la inidoneità della quantificazione del Tribunale, effettuata lo si sottolinea in via equitativa, non può risiedere nella lamentata maggiore gravità del danno, per quanto già evidenziato alla luce degli accertamenti peritali.

Va anche aggiunto che il ctu ha accertato che non c’è stato alcun ingresso di umidità, a causa delle lesioni, mentre all’interno dell’immobile sono presenti diverse tracce di infiltrazioni di umidità, tutte però riconducibili a cause diverse da quelle oggetto di causa.

Il motivo deve essere conclusivamente rigettato.

Il secondo motivo attiene alla asserita erroneità della statuizione laddove, a seguito della accertata modificazione del passaggio, non condannava l’appellata alla riduzione in pristino stato del passaggio, limitandosi ad una liquidazione del danno.

Va premesso che nel vicolo sul quale si apre l’ingresso della proprietà vi era originariamente una rampa inclinata che occupava metà larghezza del passaggio e una rampa di scale che occupava l’altra metà.

Attualmente è scomparsa la rampa inclinata ed esiste una rampa di scale con pendenza maggiore.

Gli interventi sono stati realizzati dall’appellata per creare la scaletta di accesso alla sua proprietà, mentre il vicolo interessato dal passaggio è quello che conduce alla proprietà Hess.

L’appellante sottolinea gli accertamenti peritali che individuano le modificazioni nel:

– restringimento di un oltre un metro (esattamente 117 cm) del passaggio, che è passato dagli originari 217 cm agli attuali 100 cm;

– eliminazione della parte a rampa inclinata;

– creazione di scalini con pendenza maggiore e con una alzata variabile da 18 a 22 cm e pedate da 18 a 50 cm. sentenza, in ragione della circostanza che tale cambio di pendenza tutela maggiormente la proprietà dall’azione dell’acqua ruscellante (CTU pag. 18/20), ha disposto che in via equitativa la parte convenuta deve essere condannata a versare alle parti attrici a titolo di risarcimento del danno la ulteriore somma di euro 5.000,00.

La sentenza ha quindi ritenuto che essendo il passaggio solo pedonale non si è determinata una modifica sostanziale idonea alla condanna alla rimessione in pristino.

Orbene, la ctu ha accertato una diminuzione della larghezza libera di passaggio a livello della porta di accesso della proprietà e un aumento della pendenza della scalinata di estremità del vicolo, rilevando che questo può comportare una minore comodità del passaggio da valutare nell’ambito del quadro generale delle caratteristiche di tali passaggi nei centri storici della collina ligure.

Dal punto di vista della acque meteoriche, si vedrà più avanti che tale cambio di pendenza tende a tutelare maggiormente la proprietà dall’azione di acqua ruscellante.

Alla luce della misura del concreto mutamento dello stato dei luoghi deve escludersi che la tutela risarcitoria concessa sia idonea a soddisfare il diritto di parte appellante.

Si rende invece necessario disporre la rimessione in pristino dei luoghi, come da accertamenti peritali ai punti 9, 11 e 12, in riforma della pronuncia impugnata, affinchè il passaggio sia permesso con la stessa modalità e caratteristiche che la conformazione dei luoghi consentiva nel pregresso.

Con il terzo motivo è dedotto l’errato rigetto della domanda di condanna alla chiusura di una veduta.

La sentenza appellata ha statuito :

Quanto alle vedute, in ragione del fatto che il bordo nord e il lato inferiore della portafinestra non sono cambiati (CTU pag. 21) e lo spigolo della portafinestra non è stato alterato (CTU pag. 22) la domanda sul punto è priva di adeguato supporto probatorio”.

L’appellante lamenta che dal confronto tra la situazione precedente e l’attuale si evince che la porta al piano terra è stata murata mentre è stata aperta ex novo, in posizione diversa rispetto a dove c’era la porta, colorata in arancione nella fotografia n. 22 della CTU, una ampia finestra di misure mt.

0,95 x 1,28 (fotografia pag. 24);

che si si tratta di una veduta, che difetta dei requisiti dettati dall’art. 901 c.c., mancando le altezze e consentendo di sporgere il capo e di guardare a destra e sinistra;

che il Tribunale ha totalmente omesso di emerge dalle fotografie prodotte – aveva così specificato:

“Il dato di distanza tra le aperture ampliate della facciata ovest della proprietà dalla proprietà è stato inteso come distanza dalla facciata sud di quest’ultima.

Tale distanza risulta di cm 70.

La distanza “zero” citata dal CTP deriva dal fatto che la facciata cade esattamente sul confine con le aperture realizzate in essa distano, di conseguenza, cm 0, in pianta, da detto confine.

Sul punto parte appellata, dopo avere dedotto che correttamente la sentenza ha rigettato la domanda con riferimento ad una finestra ampliata, in quanto era ed è a distanza di legge, ha affermato che la seconda (quella oggetto del motivo d’appello) tutt’al più poteva essere arretrata , ma non eliminata.

Ne consegue che stante la accertata violazione dell’art. 905 cc da parte della veduta che dista meno di m 1,5 m dal fondo finitimo, deve esserne disposta la eliminazione o l’arretramento a distanza legale, in riforma della statuizione di primo grado.

Con il quarto motivo è dedotto l’erroneo rigetto della domanda di condanna alla eliminazione della sopraelevazione.

Assume l’appellante che il ctu ha accertato che la falda del tetto è stata sopraelevata di circa 40 cm, quindi oltre la “tolleranza ex lege”, mentre è privo di supporto probatorio il fatto che l’appellata abbia effettuato la sopraelevazione per la necessità di installare uno strato strutturale e di coibentazione termica al tetto originale.

Il Tribunale ha ritenuto “l’assenza di dati oggettivi che permettano la misurazione dell’altezza precedente ai lavori” e che la convenuta aveva provveduto solo «all’installazione di uno strato strutturale e di coibentazione termica al tetto originale che era costituito da semplici travetti in legno con tegole semplicemente appoggiate, cioè del tutto inadatto all’uso abitativo» .

Parte appellata rileva la mancanza di prova della altezza degli edifici che doveva essere data da parte attrice e sottolinea che le attività eseguite rientrano nei normali aumenti di carattere tecnico , limitati a pochi centimetri, che non vengono in rilievo ai fini del rispetto delle distanze, in quanto si evincerebbe chiaramente dalle fotografie della Ctu , che il tetto era una lastra di ardesia , che è stata sostituita con una semplice copertura , senza che sia stato realizzato altro che un intervento di carattere tecnico ed adeguato ai sistemi di protezione del tetto oggi vigenti. sottostante tale punto.

In merito alla sua altezza precedente ai lavori non esistono dati oggettivi che ne permettano la misurazione.

Dalle foto depositate agli atti da parte attrice, si nota che il nuovo tetto ha una falda parallela a quella preesistente, ma più elevata in quota di circa 40 cm.

Tale aumento dell’altezza esterna degli elementi di falda è verosimilmente dovuto all’installazione di uno strato strutturale e di coibentazione termica al tetto originale che era costituito da semplici travetti in legno con tegole semplicemente appoggiate, cioè del tutto inadatto all’uso abitativo.

Non sussistendo la possibilità di rilevare l’altezza ante ristrutturazione e non esistendo documentazioni comprovanti con certezza tale dato con precisione centimetrica, non si può fornire risposta allo specifico punto.

L’innalzamento della soglia di accesso dal vicolo indica un innalzamento del solaio interno.

Dalle fotografie già presentate al precedente punto 17, si vede inoltre che la falda del tetto del fabbricato è stata elevata di quota in seguito ai lavori di ristrutturazione, per rendere il tetto adeguato all’uso abitativo.

L’innalzamento è stimabile solo approssimativamente dalle prospettive delle fotografie in circa 45 cm. L’innalzamento di quota del tetto della proprietà avrebbe impedito l’apertura completa della finestra se non fosse stato realizzato un incavo nel bordo tetto per consentirla.

La Suprema Corte (Cass 18281/2023) ha chiarito che ai fini del computo delle distanze nell’ipotesi di ristrutturazione con sopraelevazione di un fabbricato preesistente, questa integra una nuova costruzione quando produce un aumento della volumetria dei piani sottostanti, così da incidere sulla struttura.

Deve escludersi la violazione delle distanze quando si tratta della creazione di un modestissimo innalzamento costituente volume tecnico, non essendosi in questo caso in presenza di nuova costruzione Nella fattispecie deve ritenersi accertato l’innalzamento di 40 cm a fronte di un mancato assolvimento da parte appellata dell’onere probatorio in ordine alla creazione di un volume tecnico, non essendo sufficiente una valutazione di verosimiglianza.

Quanto al mancato rispetto delle distanze, questo si evince all’evidenza dal fatto che se non si fosse creato un incavo le appellanti neppure avrebbero più potuto aprire la loro finestra.

Ne consegue, in riforma della statuizione di primo grado, la condanna di parte appellata alla riduzione in pristino stato con abbassamento della sopraelevazione di 40 cm Con il quinto motivo l’appellante di duole della mancata statuizione sulla domanda di eliminazione del cancello pedonale posto dalla appellata tra il mappale INDIRIZZO e la INDIRIZZO

tratta della domanda di eliminazione del cancello che è stata apposto dalla sulla corte mappale 799 su cui le appellanti hanno diritto di passaggio pedonale.

Il cancelletto, munito di serratura, è stato apposto a confine della INDIRIZZO

È pacifico che dal titolo di acquisto della si evince che la corte mappale 799 è utilizzata come passaggio da terzi e pertanto la medesima è tenuta a mantenere libero il passaggio pedonale dalla INDIRIZZO ai mappali 796/797 e viceversa.

L’appellata deduce che il passaggio consentito alle appellanti è solo pedonale e dalla fotografia allegata alla ctu si vede che le dimensioni del cancello consentono agevolmente il passaggio pedonale.

Aggiunge che le appellanti non affermano che il cancello sia chiuso o che comunque riduca l’esercizio della loro servitù, ma si lamentano solo della posa del medesimo.

Gli accertamenti peritali hanno effettivamente confermato che in corrispondenza dell’accesso al mappale INDIRIZZO da INDIRIZZO è stato installato un cancello metallico con serratura e chiave dell’altezza di circa cm 80.

Nelle conclusioni parte appellante insiste per la consegna delle chiavi.

A fronte del documentato ed incontestato diritto di passaggio in capo a la domanda merita pertanto accoglimento.

In riforma della sentenza appellata deve pertanto essere ordinata all’appellata la consegna delle chiavi del cancelletto alle appellanti.

Con il sesto motivo è dedotta l’erroneità della statuizione di primo grado per quanto riguarda gli interventi sul cortile censito al mappale 799 a confine con il mappale 796 di proprietà delle attrici/appellanti, lo sconfinamento dell’appellanta anche con piantumazione di alberi e siepi in violazione delle norme sulle distanze legali.

Le appellanti si dolgono del fatto che non sia stata pronunciata la condanna alla riduzione in pristino stato, con rimozione o spostamento degli arbusti alla distanza legale.

Lamentano le appellanti che il CTU riconosce che tre arbusti del diametro di circa 30 cm sono stati posizionati a 25 cm dal cordolo ovvero da quello che il CTU indica come confine;

che gli arbusti non sono quindi stati piantumati alla minima distanza di mezzo metro prevista dal codice per ogni tipo di piante;

che il confine tra le due proprietà è stato ulteriormente recintato dalla appellata con quattro vasi di cm 40 di diametro posti a circa 30 cm dal cordolo, vasi che, unitamente alle piante in piena terra, creano una barriera fissa lungo tutto il lato ( partita 2 del catasto terreni (bene comune non censibile) foglio 4 mappale 799, è utilizzata come passaggio da terzi”).

Il motivo è infondato.

Giova ai fini di chiarire i motivi del rigetto quanto con chiarezza accertato dal ctu:

Il confine tra mappali 799 ( e 796 ( è attualmente delimitato da un basso cordolo realizzato mediante elementi lapidei in ardesia inseriti nel terreno, i quali sporgono da terra per un’altezza di circa cm 10. L’ardesia è un tipo di pietra facilmente danneggiabile dalle precipitazioni atmosferiche e dagli sbalzi termici che tendono preso a sbriciolarla superficialmente e a formare distacchi stratificati del materiale.

Ne consegue che non si può determinare a vista, sulla base dello stato di conservazione, l’età approssimata dei suddetti elementi.

Il dubbio posto dal quesito, che riflette le lamentele agli atti, è che tale delimitazione potrebbe essere stata posizionata con uno sconfinamento dell’ordine di 30 cm di profondità nel mappale 796.

Questa, che è solo una possibilità e non una constatazione, è di verificabilità, di fatto, impossibile.

Uno sconfinamento di questa entità può essere verificato se esiste qualche preciso ed affidabile punto di riferimento tradizionale nelle vicinanze immediate del manufatto, al quale riferire le distanze di verifica.

Sul posto non si sono individuate tracce di confinamento precedenti i lavori, nè elementi architettonici o strutturali che possano indicare l’eventuale posizione del confine effettivo tra i due mappali.

Anche il rilievo topografico servirebbe a poco in quanto esso consisterebbe nel riportare a terra esattamente le linee della mappa catastale ufficiale.

La mappa ufficiale, a sua volta, deriva dalla trasposizione grafica di misure prese sul terreno quando, in origine, è stato effettuato il primo confinamento tra i mappali.

La trasposizione grafica di questo tipo, fino a qualche decennio fa, aveva raramente una precisione centimetrica e spesso si osservano mappali che risultano affetti da lievi imprecisioni con difformità minime tra il confine tracciato a terra in origine e la sua rappresentazione grafica in mappa.

Premesso questo, effettuare un rilievo topografico della zona per posizionare l’esatto confine, oltre che piuttosto costoso, potrebbe ingenerare un equivoco in quanto, se sconfinamento c’è stato, questo sarebbe avvenuto rispetto alla delimitazione tradizionale e originaria, mentre il rilievo che indicasse una difformità tra confine strumentale e cordolo attuale non riuscirebbe a determinare se tale difformità sia da attribuire ad uno sconfinamento recente o ad una imprecisione nella trasposizione grafica originaria dei due consegue che sotto questo profilo trova conferma la sentenza appellata, dal momento che in assenza di una prova dell’ubicazione del confine non è possibile accertare la eventuale violazione della distanza da esso. Conclusivamente, deve pronunciarsi la riforma della sentenza appellata nei limiti di cui in motivazione, non avendo rilevanza ai fini decisori le istanze istruttore ribadite dalla parte appellante.

Le spese del giudizio di primo grado sono state poste a carico dell’odierna appellata, con statuizione non oggetto di impugnazione.

Le spese del grado, alla luce dell’esito complessivo della lite che vede un accoglimento in maggiore misura delle domande dell’attrice/appellante, vanno poste a carico di parte appellata e si liquidano come in dispositivo in conformità al DM 55/2014 aggiornato al DM 147/2022.

La Corte di Appello, Ogni diversa o contraria domanda, eccezione e deduzione disattesa e reietta, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento dell’appello proposto da d in parziale riforma della sentenza n. 359/2023 del Tribunale di Imperia, condanna alla riduzione in pristino stato del passaggio come individuato ai punti 9, 11 e 12 della ctu licenziata in primo grado;

alla chiusura o all’arretramento a distanza legale della veduta che misura INDIRIZZO

0,95 x 1,28, raffigurata nella fotografia a pag. 24 della ctu;

alla rimozione della sopraelevazione della misura di 40 cm come evidenziata dalla ctu al punto 16;

alla consegna alle appellanti delle chiavi del cancello pedonale posto tra il mappale INDIRIZZO e la INDIRIZZO come evidenziato al punto 22 della ctu;

conferma per il resto.

alla refusione delle spese di lite del grado in favore di che liquida in € 3966,00 per competenze, oltre 15% rimb forfet , iva e cpa come per legge.

Genova, 4.11.2024 Il Consigliere estensore Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
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