REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE LAVORO Composta da:
NOME COGNOME PRESIDENTE NOME COGNOME CONSIGLIERE rel.
NOME COGNOME CONSIGLIERE ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._280_2024_- N._R.G._00000141_2024 DEL_14_11_2024 PUBBLICATA_IL_14_11_2024
nella causa iscritta al n. 141/2024 R.G.L. promossa da: , c.f. , rappresentato e difeso dall’avv.to COGNOME NOMECOGNOME per procura allegata al ricorso in appello APPELLANTE CONTRO , c.f. , rappresentata e difesa dall’avv.to COGNOME per procura allegata alla memoria di costituzione in appello APPELLATA
Oggetto:
Obbligo contributivo del datore di lavoro Le parti concludono come da note di trattazione scritta tempestivamente depositate.
FATTI DI CAUSA
appella la sentenza del Tribunale di Genova che ha accolto l’opposizione proposta dalla cooperativa avverso l’ avviso di addebito n. NUMERO_CARTA avente ad oggetto il recupero di contributi non versati dalla per il periodo da aprile 2014 ad ottobre 2018, oltre sanzioni e oneri accessori.
Tale omissione è stata accertata nel verbale unico di accertamento e notificazione del 29.05.2019, con il quale è stato disconosciuto il diritto agli sgravi contributivi fruiti dalla Cooperativa per l’assunzione, quali persone svantaggiate ai sensi della legge n. 381/1991, dei lavoratori , in assenza dei requisiti soggettivi prescritti dalla predetta disciplina.
Il primo giudice ha invece ritenuto che la avesse provato, come suo onere, la qualità di persone svantaggiate dei lavoratori sopra indicati, in quanto accertata dalla pubblica amministrazione come documentazione prodotta dall’opponente.
Il Tribunale non ha condiviso la tesi di riproposta in sede appello, secondo cui le certificazioni agli atti sarebbero inidonee in quanto rilasciate da amministrazioni che non possono attestare la sussistenza dei requisiti di legge per il riconoscimento dello status di soggetti svantaggiati e comunque non specificanti a quale categoria svantaggiata, tra quelle tassativamente previste dalla legge, apparterrebbero i lavoratori in questione.
Ad avviso del primo giudice, la legge ( comma 2° dell’art. 4 della legge 381/1981) aveva genericamente richiesto che la certificazione provenisse da una pubblica amministrazione, senza la necessità di alcuna specificazione sul tipo di svantaggio posseduto dalla persona;
del resto la stessa disposizione di legge (“fatto salvo il diritto alla riservatezza”) non consentiva alla Cooperativa di richiedere alla P.A. informazioni ulteriori sulle specifiche situazioni di svantaggio delle lavoratrici, trattandosi di dati sensibili coperti dalla privacy.
Il giudice ha quindi dichiarato non dovute le somme di cui all’avviso di addebito opposto ed ha condannato l’ alla rifusione delle spese di lite a favore dell’opponente.
dopo aver ripercorso l’iter di primo grado e la normativa applicabile, comprensiva della giurisprudenza in materia di oneri probatori sul diritto agli sgravi contributivi, censura la sentenza per aver attribuito a qualsiasi p.a. il potere di certificare la condizione di svantaggio.
Al contrario, ad avviso dell’ tale certificazione può essere attestata con certezza solo dagli enti pubblici che, per fine istituzionale e di legge, si occupano delle predette categorie di soggetti svantaggiati, in quanto tenuti a e certificare la sussistenza delle condizioni in presenza delle quali un soggetto può essere qualificato come invalido, tossicodipendente, alcolista, detenuto o ex detenuto (ovvero soggetto rientrante nelle altre categorie previste dai decreti ministeriali).
Andando nello specifico, con riferimento alle singole posizioni contestate, evidenzia quanto segue:
1) per i lavoratori la cooperativa aveva esibito agli ispettori esclusivamente inidonee conferme di agevolazioni rilasciate dalla Provincia di Genova – Direzione Politiche formative e del lavoro non corredate da alcuna documentazione attestante lo stato di svantaggio.
Le attestazioni esibite avevano ad oggetto una mera presa in carico delle comunicazioni di assunzione presentata a tale titolo da parte della 2) per i lavoratori la cooperativa aveva esibito dichiarazioni e lettere rilasciate dai Comuni di GENOVA, e/o di assistenti sociali in forza a tali amministrazioni;
tali certificazioni, oltre a non descrivere stati di svantaggio pertinenti al disposto della legge n. 381/91, non risultavano rilasciate dalle Autorità competenti o abilitate al rilascio di tali certificazioni;
3) per la lavoratrice , a partire dal 1.9.2016 la cooperativa aveva diritto per la durata di 18 mesi allo sgravio del % e non dello sgravio totale di cui aveva invece illegittimamente fruito in forza delle modifiche apportate dall’ art. 8, comma 1, del decreto interministeriale n. 148/2014.
Secondo l’appellante, il giudice ha altresì errato a ritenere che non fosse necessaria una specifica indicazione della tipologia di persona svantaggiata, dovendo l’ effettuare un effettivo controllo delle condizioni di svantaggio tassativamente previste dal legislatore;
l’inciso “fatto salvo il diritto alla riservatezza” contenuto nella norma richiamata è stato mal interpretato perché riguarda esclusivamente i rapporti tra lavoratore e datore di lavoro, ma non vale nei confronti dell’ente previdenziale deputato ex lege alla verifica della regolarità contributiva da parte del datore di lavoro assoggettato all’onere di dimostrare il proprio diritto all’esonero contributivo.
Altrimenti disposizione di cui al comma 1 dell’art. L.n.389/1991 risulterebbe sempre vanificata, posto che – ad ogni controllo da parte dell’ – il datore di lavoro potrebbe semplicemente esibire qualsiasi documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione per sostenere di avere diritto agli sgravi e l’ non potrebbe contestare il fatto che le persone assunte non rientrerebbero nelle categorie previste dalla legge.
Chiede quindi la riforma della sentenza impugnata, con vittoria delle spese.
Si è costituita in giudizio la contestando tutti i motivi di appello e chiedendone la reiezione.
La causa, discussa mediante deposito di note di trattazione scritta sensi dell’art. 127 ter c.p.c., viene decisa come segue all’esito della camera di consiglio tenutasi in data 06/11/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE La Cooperativa odierna appellata è una cooperativa sociale ai sensi dell’art.1, comma 1, lett. b) della L.n.381/1991.
La stessa, pertanto, ha lo scopo di “perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate”.
Il comma 1 dell’art. 4 della L. n. 389/1991 individua le categorie di “persone svantaggiate” per la cui assunzione le Cooperative sociali possono godere di un esonero totale o parziale dal versamento della contribuzione obbligatoria.
Trattasi di determinate categorie di soggetti tassativamente individuati dal legislatore (gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni), oltre ad altri soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità con il Ministro dell’interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall’articolo 18 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni. Il comma 2 dell’art. 4 della legge 381/1981 stabilisce che “la condizione persona svantaggiata deve risultare documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza”.
Secondo l’orientamento ormai costante della Suprema Corte (Cass.13473/2017 e altre conformi), la normativa sugli sgravi contributivi è da considerarsi di stretta interpretazione in quanto derogatoria rispetto alla sottoposizione generale agli obblighi contributivi, per cui grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata (Cass.9 marzo 2006, n. 5137 e altre conformi).
E’ dunque vero che spetta alla Cooperativa che si è avvalga di tali agevolazioni contributive dimostrare che i lavoratori assunti appartengano ad una delle categorie di persone svantaggiate previste dalla legge sopra richiamata, come sostenuto dall’appellante.
Ma tale principio non è stato disatteso dal primo giudice che ha ritenuto che l’ onere probatorio sia stato assolto dalla odierna appellata con la produzione in giudizio delle certificazioni che attestano la situazione di svantaggio dei lavoratori sopra indicati.
La questione è già stata affrontata e decisa da questa Corte con la n. 238 del 26/10/22 richiamata dal Tribunale alla quale ci si riporta.
Il comma 2 dell’ art. 4 della legge 381/1981 è chiaro e non può dar adito ad interpretazioni differenti nello stabilire che la condizione persona svantaggiata debba risultare documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, (fatto salvo il diritto alla riservatezza), intendendosi per essa la struttura pubblica che concretamente ha in carico la persona bisognosa di assistenza.
La tesi di , secondo cui tale certificazione debba essere rilasciata da particolari strutture appositamente individuate in una circolare dell’Istituto (la n. 296/1992), non trova alcun riscontro nella normativa sopra richiamata.
E neppure occorre che le certificazioni specifichino il tipo di svantaggio della persona, proprio perché è la stessa legge che ha previsto il diritto di riservatezza di tali soggetti.
Il ragionamento dell’ appellante secondo cui le generiche attestazioni potrebbero valere solo nei rapporti tra datore di lavoro e lavoratore e non nei confronti dell’ ente previdenziale non coglie nel segno, dato che la norma in esame si inserisce proprio nell’ambito della disciplina delle agevolazioni contributive e vale dunque anche nei confronti di Nel caso in esame la odierna appellante ha prodotto in giudizio documentazione di provenienza da strutture pubbliche, ed in particolare dei Servizi Sociali, che avevano (e continuano ad avere) in carico le persone sopra indicate, in cui si attestato il loro stato di svantaggio (doc. 17 parte 1 e parte 2 del fascicolo di primo grado). Diversamente da quanto sostenuto da , i Servizi Sociali possono attestare non solo la situazione di svantaggio dei minori in età di lavoro in situazione di difficoltà familiare (come indicato nella sopra citata circolare), ma più in generale di tutte le persone bisognose di assistenza, trattandosi di strutture territoriali con ampie competenze assistenziali, volte a supportare i soggetti che si trovano in difficoltà per qualsiasi problematica personale o familiare, comprese le dipendenze, le invalidità (fisiche o psichiche) che rendono il soggetto bisognoso di aiuto e non più completamente autosufficiente. Non si vede dunque per quale motivo i Servizi Sociali che seguono continuativamente persone in difficoltà per alcoolismo, tossicodipendenza, ex detenzione o invalidità non siano strutture idonee ad attestare la loro situazione di svantaggio.
La preoccupazione di un abuso di tali agevolazioni paventata dall’ non pare oggettivamente plausibile, in quanto la certificazione prodotta dalla Cooperativa proviene dal responsabile della struttura pubblica che ha preso in carico la persona svantaggiata, la cui attendibilità è ulteriormente rafforzata dalla responsabilità, anche penale, che il dichiarante si assume nel dichiarare tali situazioni.
Ed allora, una volta documentata la situazione di svantaggio di lavoratori sopra indicati, l’onere probatorio della RAGIONE_SOCIALE deve ritenersi sicuramente assolto, essendo eventualmente tenuto a confutare la veridicità di tali attestazioni aventi una valenza probatoria qualificata, in quanto provenienti da soggetti incaricati di pubblici servizi, con gli appositi strumenti previsti dalla legge, tra cui la querela di falso.
E’ invece fondato il motivo di appello relativo recupero della contribuzione relativa alla posizione della lavoratrice , per la quale, a partire dal 1.9.2016 la cooperativa aveva diritto per la durata di 18 mesi allo sgravio del 95% (e non dello sgravio totale di cui aveva invece illegittimamente fruito), in forza delle modifiche apportate dall’ art. 8, comma 1, del decreto interministeriale n. 148/2014.
Su tale questione, già sollevata in sede ispettiva e prospettata in primo grado, il Tribunale non si è pronunziato nè la ha assunto alcuna posizione nelle proprie difese per contestare la (sia pur limitata) pretesa contributiva.
Ne deriva che, in parziale accoglimento dell’appello, la appellata va condannata al pagamento a favore di del 5% della contribuzione sulle retribuzioni corrisposte alla sig.ra per il periodo di 18 mesi dal 1° settembre 2016, oltre gli accessori di legge dalle maturazioni al saldo.
In considerazione della reciproca soccombenza e tenuto conto del fatto che la pretesa contributiva di è stata riconosciuta solo in una minima parte, sussistono le condizioni di legge per addivenire ad una compensazione delle spese di lite sostenute dalle parti in entrambi i gradi di giudizio. .
Q. M. Visti gli artt. 127 ter e 437 c.p.c., in parziale accoglimento dell’appello, condanna al pagamento a favore del 5% della contribuzione sulle retribuzioni corrisposte alla sig.ra per il periodo di 18 mesi dal 1° settembre 2016, oltre gli accessori di legge dalle maturazioni al saldo.
Compensa le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso in Genova, nella camera di consiglio del 12/11/2024 IL CONSIGLIERE ESTENSORE NOME COGNOME IL PRESIDENTE NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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