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Silenzio, valore negoziale di consenso

Silenzio, valore negoziale di consenso, adesione alla volontà dell’altra parte.

Pubblicato il 05 April 2019 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA
PRIMA CIVILE

In persona del giudice monocratico d.ssa, ha pronunziato la seguente

SENTENZA n. 625/2019 pubblicata il 03/04/2019

nella causa civile iscritta al numero  R.G. /2014, avente per oggetto:

RESTITUZIONE SOMMA promossa da

XXX, rappresentata e difesa dall’avv. per procura in calce all’atto di citazione

ATTORE– nei confronti di

YYY e ZZZ, entrambi rappresentati e difesi dall’avv. per procura a margine della comparsa di costituzione

-CONVENUTI-

sulle seguenti

CONCLUSIONI

Precisate dalle parti all’udienza del 18 aprile 2018

PER PARTE ATTRICE:

“Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, accertare e dichiarare la responsabilità dei signori YYY e ZZZ per i fatti ed i titoli esposti nella narrativa in atti e, per l’effetto, condannare i medesimi convenuti, in solido fra loro, al pagamento e/o restituzione in favore di XXX della somma di Euro 596.755,10, o di quella maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa, oltre gli interessi convenzionali bancari nella misura contrattualmente pattuita, dalla data di ciascuna rimessa sino all’integrale soddisfo; oltre al risarcimento dei danni patiti da liquidarsi in misura pari agli interessi compensativi da investimento alternativo in titoli di Stato o, in subordine, anche in via equitativa.  Con vittoria di spese e competenze, oltre accessori di legge.

In via istruttoria (…)”

PER PARTE CONVENUTA:

“Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito rigettare integralmente le domande attrici proposte in quanto infondate, sia in fatto che in diritto, per le motivazioni indicate nella narrativa della comparsa di costituzione e risposta e non provate, con qualsiasi statuizione. In via istruttoria (…)”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

L’attrice si rivolgeva a questo Tribunale dichiarando di essere cointestataria insieme ai propri fratelli di due conti correnti (conto corrente n. e conto corrente n.); deduceva altresì che i fratelli disponevano del denaro depositato nei conti correnti oltre la rispettiva quota e chiedeva, pertanto, la restituzione della quota di denaro di sua spettanza.

I convenuti si costituivano in giudizio non contestando il prelievo delle somme di denaro, ma deducendo che gli stessi fratelli erano altresì soci della *** s.r.l.,  avente come oggetto sociale l’acquisto di immobili, e che il denaro prelevato era stato trasferito nel patrimonio di tale società ed utilizzato per la compravendita dei suddetti immobili.

Gli stessi chiedevano, inoltre, dichiararsi la cessazione della materia del contendere a seguito della transazione intervenuta tra i fratelli XXXYYYZZZ e la società *** s.r.l.

La causa veniva istruita documentalmente.

Dev’essere preliminarmente rilevata l’ammissibilità della documentazione depositata da parte convenuta per quanto riguarda i documenti n. 11 e 12, ovvero la scrittura privata e la cessione dei diritti immobiliari intervenute tra le odierne parti e la società ***, in quanto aventi ad oggetto fatti sopravvenuti.

Sempre in via preliminare, dev’essere rigettata l’eccezione di irritualità e conseguente inutilizzabilità della prima memoria di parte attrice: la stessa, infatti, secondo quanto previsto dall’art. 183 c.p.c., è stata ritualmente utilizzata per precisare quanto prospettato nell’atto introduttivo, non determinando alcun ampliamento del thema decidendum.

Per quanto riguarda invece i documenti allegati all’atto di citazione sub nn. 14,15 e 16, di cui parte convenuta lamenta la non conformità alle scritture contabili originali, deve rilevarsi che essi costituiscono semplici ricostruzioni di movimenti bancari, peraltro confermate dai documenti forniti dalla banca e non disconosciute dalle odierne parti convenute.

Costituiscono invece oggetto di libera valutazione da parte del giudice i documenti numerati da 70 a 76 quali allegati alla seconda memoria depositata da parte attrice ai sensi dell’art.183 comma VI c.p.c.. Nel merito, il conto corrente intestato a più persone è disciplinato dall’art. 1854 c.c.  ai sensi del quale “nel caso in cui il conto corrente sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”.

Pertanto, nel conto corrente cointestato a firma disgiunta, ciascun correntista è tenuto nei confronti della banca per l’intero e, ugualmente, può pretendere il pagamento dell’intero. Il citato articolo disciplina i rapporti esterni, ovverosia quelli tra banca e clienti.

Diversamente, riguardo ai rapporti interni tra cointestatari, la normativa di riferimento è da rinvenire nell’art. 1298 secondo comma c.c. il quale, in materia di obbligazioni solidali, stabilisce che le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.

I rapporti esterni e interni vanno, quindi, valutati secondo piani distinti.

In particolare, e per quanto qui di interesse, il cointestatario di un conto corrente bancario, nei rapporti interni, non può disporre in proprio favore della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza.

In questo senso si esprime anche la Corte di Cassazione secondo la quale “il cointestatario di un conto corrente bancario, pertanto, anche se abilitato a compiere operazioni autonomamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza. (…) D’altro canto non par dubbio che tale limitazione valga in relazione non solo al saldo finale del conto, ma all’intero svolgimento del rapporto, non essendovi ragione per circoscrivere il principio di solidarietà del credito, con le implicazioni ad esso connesse, solo al momento della chiusura del rapporto. (…) Una corretta applicazione dei principi di diritto innanzi enunciati (…) impone di tenere nettamente distinti il piano del rapporto esterno con la banca e quello del rapporto interno tra i cointestatari. Per le ragioni esposte, infatti, la clausola del contratto di conto corrente bancario cointestato a più persone, che abiliti le medesime a compiere operazioni autonomamente, rileva solo nel primo di detti rapporti, facendo sì che ciascun contitolare del conto, con effetti vincolanti anche per gli altri, possa pretendere dalla banca il pagamento per l’intero e impartire ordini per l’intero; laddove, nel rapporto interno tra i titolari del conto, il debito e il credito solidale si dividono in quote uguali, salvo che non risulti diversamente” (Cfr. Cass., sez. II, sentenza n. 26991 del 2013).

Nel caso di specie, non essendo stata prodotta alcuna prova contraria, si deve presumere che i conti correnti fossero divisi tra le odierne parti in causa in quote uguali e che, pertanto, ciascuna di esse potesse disporre del 33,3% delle somme depositate.

Ciò premesso, è opportuno affrontare separatamente le questioni concernenti i due conti correnti.

Riguardo al primo, ovverosia al conto n. , lo stesso veniva costituito, con previsione di firma disgiunta, con contratto stipulato in data 7.05.2009 con l’istituto bancario *** s.p.a.-Agenzia di.

La signora XXX dichiara che in data 28/11/2013, ricevendo dalla banca copia degli estratti del suddetto conto corrente, aveva notizia di come il saldo dello stesso fosse sceso ad € 213,56 pur essendo stato il saldo attivo più alto pari ad € 354.534,94.

La stessa chiede, pertanto, la restituzione di euro 118.107,13 (pari alla sua quota) oltre al valore del conto titoli n. avente in deposito azioni “Lheman Bros.”, le cui cedole vengono accreditate sull’anzidetto conto corrente.

Contrariamente a quanto dedotto da parte attrice, dalla documentazione allegata (cfr. atto di citazione allegato numero 2) risulta che nel periodo dal 8/05/2009 al 17/09/2013 il saldo attivo più alto presente nel conto medesimo ammonta ad €126.300,57 anziché ad € 354.534,94.

La quota di spettanza della signora XXX, pari al 33,3% della somma indicata, deve quindi ritenersi pari ad € 42.058,08.

Non risultano, invece, allegati documenti che permettano a questo giudicante di quantificare il valore del conto titoli n. .

Riguardo al diritto alla restituzione si osserva quanto segue.

Secondo le parti convenute nessuna somma è dovuta in quanto il denaro prelevato sarebbe confluito nel patrimonio della società *** di cui i tre fratelli sono gli unici soci, con pari quote, al fine dell’acquisto di immobili come da oggetto sociale della società medesima: la documentazione prodotta dai fratelli XXXYYYZZZ non risulta tuttavia sufficiente a sostenere quanto dedotto.

Invero il mastrino di sottoconto datato 31/12/2013 (cfr. doc. n. 2 comparsa di risposta), il bilancio della società al 31/12/2012 (cfr. doc. n. 3 comparsa di risposta) e la ispezione ipotecaria dalla quale risulta la nota di trascrizione del 19/04/2006 (cfr. doc. n. 5 ispezione ipotecaria), in mancanza peraltro dell’allegazione di un qualunque contratto di compravendita, non consentono di ritenere provata la circostanza dedotta da controparte.

Per lo stesso motivo i documenti allegati dai convenuti sub n. 11 e12 non possono far ritenere cessata la materia del contendere nel presente giudizio.

Sempre con riferimento al conto corrente n. , parte attrice ha affermato sin dall’atto di citazione che, al momento della conclusione del contratto, era stato previsto che gli estratti conto fossero trasmessi esclusivamente ai signori ZZZ e YYY.

Le parti convenute, pur deducendo che XXX sarebbe stata a conoscenza dei movimenti del conto, non hanno mai contestato in modo specifico tale circostanza.

Deve pertanto ritenersi pacifico che la signora XXX non ha mai ricevuto comunicazioni dall’istituto di credito e che conseguentemente non era a conoscenza delle operazioni eseguite dai fratelli.

Non sussistono quindi i presupposti per ravvisare un consenso tacito da parte dell’odierna parte attrice, alla quale va di conseguenza riconosciuto il diritto a vedersi restituire la somma di denaro corrispondente alla quota di sua proprietà.

Tale somma, secondo quanto già sopra esposto, va quantificata in € 42.058,08.

In accoglimento della richiesta di parte attrice, sulla somma andranno computati gli interessi bancari nella misura contrattualmente stabilita dalla data di ciascuna rimessa fino all’integrale soddisfo, al fine di garantire il ripristino dello status quo ante.

Non merita, invece, accoglimento la domanda di risarcimento danni da liquidarsi in misura pari agli interessi compensativi da investimento alternativo in titoli di Stato, stante la genericità dei documenti prodotti a sostegno di tale richiesta.

La signora XXX è inoltre cointestataria/fiduciante, sempre insieme ai propri fratelli, presso *** s.p.a. agenzia di, di un secondo conto corrente (il n.) aperto con contratto stipulato in data 7/04/2006 e intestato alla società fiduciaria *** s.p.a. in forza di mandato congiunto delle parti in causa.

L’odierna parte attrice chiede la restituzione di € 478.647,97, pari alla quota di propria pertinenza. Al riguardo si osserva che, diversamente da quanto allegato per il conto corrente n., per quanto riguarda il secondo conto corrente la signora XXX non ha mai dedotto di non avere ricevuto alcuna notizia in merito ai movimenti del secondo conto, né che vi fossero stati accordi in merito alla trasmissione degli estratti conto solo ai propri fratelli.

Del resto, l’art. 119 del d.lgs. n. 385 del 1993 (c.d. TUB) stabilisce, ai commi 2 e 3, che “per i rapporti regolati in conto corrente l’estratto conto è inviato al cliente con periodicità annuale o, a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile (…)”

In questo senso anche l’art. 8 del contratto stipulato tra *** s.p.a e *** prevede l’invio degli estratti conto entro il termine di giorni 30 dalla data di chiusura (cfr. all.8 atto di citazione). Su tale punto parte attrice nulla deduce, limitandosi ad affermare che solo in data 7/02/2014 riceveva da *** copia integrale degli estratti del conto, scoprendo che al 7/07/2009 risultava un saldo pari a €0,00.

Peraltro, premettendo che parte attrice non ha allegato il contratto di mandato fiduciario ma solo il contratto di revoca dello stesso avvenuto in data 30/06/2009, deve comunque rammentarsi che,  salvo previsione contraria (in questo caso non provata e neppure dedotta), il contratto di mandato prevede un obbligo di rendicontazione.

Deve quindi presumersi che la signora XXX avesse conoscenza, anche in qualità di mandante, delle operazioni effettuate nel secondo conto corrente per cui è causa.

Nel caso di specie, l’inerzia di parte attrice dal 2006 (anno di apertura del c/c n. ) a 1/02/2014 (data di richiesta a *** di copia integrale degli estratti conto), dev’essere quindi valutato in modo diverso rispetto a quanto ritenuto con riferimento al primo conto.

Sebbene il silenzio vada qualificato di per sé come un comportamento giuridicamente neutro, la più recente giurisprudenza, considerato sia il generale dovere di comportarsi secondo buona fede nei rapporti contrattuali sia l’onere per la parte che vi abbia interesse di attivarsi e dunque di contraddire, tende infatti a valorizzare, al ricorrere di determinate circostanze, il contegno omissivo del soggetto.

In questo senso la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che “affinché il silenzio possa assumere il valore negoziale di consenso, occorre o che il comune modo di agire o la buona fede nei rapporti instauratisi tra le parti impongano l’onere o il dovere di parlare, o che, secondo un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità delle parti e alle loro relazioni di affari, il tacere di una possa intendersi come adesione alla volontà dell’altra” (Cfr. ex multis Cass. 2162/2007; 10533/2014).

La giurisprudenza, quindi, valorizza il significato giuridico del silenzio quando, considerate le particolari relazioni tra le parti ovvero la specifica qualità delle stesse, il comportamento di una di esse possa determinare nell’altra un ragionevole affidamento.

Ciò premesso, si ritiene che tale situazione ricorra nel caso di specie.

Invero, tenuto conto che non vi è motivo per ritenere che la signora XXX non fosse a conoscenza delle movimentazioni del conto, che le odierne parti in causa sono avvinte da legami familiari in quanto fratelli, che la signora XXX avrebbe potuto e dovuto in qualità di mandante informarsi sulla gestione del proprio patrimonio ed eventualmente attivarsi, si può concludere nel senso che il suo comportamento omissivo durato per ben otto anni  risulti idoneo ad ingenerare nelle controparti un ragionevole affidamento circa un suo consenso tacito per le attività compiute.

Pertanto, in relazione al conto corrente numero , la domanda di parte attrice va rigettata. La reciproca soccombenza delle parti con riferimento alla rispettive domande costituisce infine valido motivo per compensare integralmente le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, nella causa iscritta al n. /2014, avente per oggetto Restituzione somma  così provvede:

In parziale accoglimento della domanda attorea,

DICHIARA TENUTI e CONDANNA YYY e ZZZ, in via solidale tra loro, a corrispondere in favore di XXX la somma complessivamente pari ad euro 42.058,08, oltre agli interessi bancari nella misura contrattualmente stabilita dalla data di ciascuna rimessa fino all’integrale soddisfo.

RIGETTA la domanda di risarcimento danni proposta dall’attrice. DICHIARA integralmente compensate tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Ancona in data 03.04.2019

(minuta redatta con la collaborazione del M.O.T. d.ssa)

Il Giudice

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