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Simulazione contratto e penale eccessiva

La sentenza ribadisce i principi della simulazione contrattuale e della riduzione della penale eccessiva per mancato rispetto dei principi di buona fede e correttezza contrattuale.

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Pubblicato il 19 marzo 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. 6/2024 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Venezia, Terza Sezione Civile, composta dai seguenti Sigg.

Magistrati:

Dott.ssa NOME COGNOME Relatrice Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA _N._362_2025 – N._R.G._00000006_2024 DEL_03_03_2025 PUBBLICATA_IL_03_03_2025

nella causa civile in grado d’appello promossa con atto di citazione notificato in data 29.12.2023 (C.F. ), con il proc.dom.

avv.ti COGNOME )COGNOME per mandato allegato all’atto di citazione d’appello Appellante CONTRO (C.F. ), con il proc.dom.

avv. NOME COGNOME per mandato allegato alla comparsa di costituzione e risposta Appellato

Oggetto: Vendita di cose immobili – appello avverso la sentenza n. 2193/2023 del 27-28/11/2023 C.F. C.F. C.F. C.F. del Tribunale di Treviso rimessa al Collegio in decisione all’udienza del 10.2.2025 sulle seguenti conclusioni:

Per l’appellante:

“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Venezia, in riforma dell’impugnata sentenza n. 2193/2023, pronunciata dal Tribunale di Treviso in data 27.11.2023, depositata il 28.11.2023 e notificata il successivo 30.11.2023, ogni contraria domanda, istanza ed eccezione reietta, in accoglimento del presente appello, così provvedere:

NEL MERITO In INDIRIZZO

Accertata e dichiarata la natura simulata del contratto preliminare di compravendita stipulato in data 23.04.2013 e, pertanto, l’inefficacia tra le parti del contratto medesimo;

accertata e dichiarata altresì la nullità ex art. 1418, comma primo, c.c. del dissimulato prestito personale, per violazione dell’art. 2744 c.c.;

accertata e dichiarata, infine, la nullità del medesimo contratto dissimulato per la pattuizione di interessi usurari ed, in ogni caso, per l’illiceità della sua causa, respingere ogni domanda formulata dalla parte attrice, dichiarando che nulla è dovuto dalla parte convenuta.

In via subordinata:

Accertare e dichiarare ex art. 1815 c.c., comma secondo, la nullità della clausola del dissimulato prestito che prevede la corresponsione di interessi usurari;

In via ulteriormente subordinata Nella non creduta ipotesi in cui si dovesse ritenere valido ed efficace il contratto stipulato tra le parti, accertata in ogni caso l’eccesiva iniquità della clausola penale ivi contenuta, ridursi d’ufficio l’importo di tale clausola nella misura che si ritiene dovuta di giustizia, con rigetto di qualunque altra domanda In via riconvenzionale:

Accertato incidenter tantum il reato di usura di cui all’art. 644 c.p., condannare parte attrice alla rifusione dei danni tutti, anche morali, conseguenti, nella misura che sarà ritenuta di giustizia;

In via riconvenzionale subordinata:

Nella denegata e non creduta ipotesi in cui dovesse ritenersi fondata la pretesa restitutoria azionata da controparte attrice, compensare la medesima con il controcredito che, all’esito del presente giudizio, sarà ritenuto di giustizia in favore del Sig. , a titolo di risarcimento per i danni tutti, anche morali, patiti a causa ed in conseguenza del reato di cui all’art. 644 c.p. IN INDIRIZZO

Si chiede – previa revoca del provvedimento di rimessione della causa in decisione del 22.04.2024 – di essere ammessi alla prova per testi sui seguenti capitoli di prova:

1) Vero che i debiti tributari di cui all’estratto ruoli prodotto (cfr. doc. 2 allegato alla comparsa di costituzione e risposta), oggi facenti capo ai Sig.ri , derivano dalla gestione della Società 2) Vero che il Sig. in vista dell’acquisto del ramo d’azienda (avvenuto nel mese di gennaio del 2012) della parte della di cui è Presidente ed Unico Rappresentante, veniva reso edotto della consistenza e dell’ammontare dei debiti della Società cedente, e dunque dei Sig.ri , ed in particolare del Sig. , nei confronti dell’Amministrazione finanziaria?

3) Vero che tra i signori , all’epoca dei fatti per cui è causa, esisteva un rapporto di amicizia e frequentazione che aveva decorrenza decennale?

4) Vero che, tra la metà dell’anno 2012 e i primi mesi dell’anno successivo, presso i medesimi locali della il Sig. proponeva in ripetute occasioni allo di voler accettare il suo aiuto, consistente in un prestito in denaro di Euro 100.000,00?

5) Vero che, contestualmente alla sua proposta, il Sig. giustificava l’offerta di aiuto affermando che in tal modo lo avrebbe potuto saldare le prime tranche di pagamento della rateazione concessa dall’Agenzia delle Entrate per i debiti della S.n.c. , e in tal modo concentrarsi sull’attività della momentaneamente libero da preoccupazioni e distrazioni?

6) Vero che, contestualmente alla propria offerta, il Sig. rassicurava lo in ordine ai tempi e alle modalità per la restituzione di tale prestito, assicurando che il denaro sarebbe stata richiesto solamente una volta che la avesse “ingranato” e dunque iniziato a produrre profitti?

7) Vero che il Sig. all’incirca quindici -venti giorni prima rispetto alla data del preliminare, avvertiva il Sig. e riferiva ai Sig.ri che di lì a qualche giorno si sarebbe recato da un notaio con lo per “regolarizzare” il prestito concesso e porre al riparo l’operazione da eventuali contestazioni da parte della Agenzia delle Entrate?

8) Vero che, di ritorno da tale incontro, il Sig. riferiva ai fratelli, Sig.ri , di essersi visto costretto a garantire la restituzione del prestito con la sola propria abitazione?

Si indicano a testimoni, su ciascuno dei capitoli suindicati, i Sig.ri: , dipendente della residente in Motta di Livenza (TV), INDIRIZZO

, dipendente della residente in Motta di Livenza (TV), INDIRIZZO

, dipendente della residente in Motta di Livenza (TV), INDIRIZZO

In ipotesi di ammissione dei mezzi di prova indicati dall’avversario, si chiede di essere ammessi a prova contraria con gli stessi testi indicati a prova diretta”.

Per l’appellato:

“Il procuratore del convenuto previo ogni accertamento e declaratoria del caso e di legge e previo rigetto di ogni diversa domanda, eccezione o istanza così precisa le conclusioni:

IN INDIRIZZO E/O PREGIUDIZIALE:

– dichiararsi manifestamente infondato l’appello proposto nella presente causa da , ex art. 348 bis c.p.c.; e per l’effetto confermarsi l’impugnata sentenza n. 2193/2023 del Tribunale di Treviso.

NEL MERITO:

per i motivi tutti indicati in comparsa di costituzione di data 12 marzo 2024, respingersi l’appello in quanto inammissibile ed infondato in fatto e diritto.

Dichiara fin da ora di non accettare il contraddittorio su eventuali domande nuove avanzate dall’appellante.

IN INDIRIZZO

Ci si oppone all’assunzione delle prove testimoniali richieste dall’appellante per i motivi già indicati in memoria n. 3 ex art. 183 comma VI c.p.c. di primo grado di data 6 aprile 2021 in quanto Cap 1):

da provare per iscritto ed irrilevante così come formulato perché non specifica le date di insorgenza e/o contestazione dei debiti nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria:

non sono specificati gli eventuali debiti né il loro ammontare già esistenti alla data del 23 aprile 2013 data del rogito del preliminare;

Cap. 2):

da provare per iscritto poiché i debiti societari vanno indicati nell’atto di cessione di azienda, nei bilanci e nella documentazione e nei registri contabili e amministrativi;

Capp. 3-4-5- 6 e 7): irrilevanti e generici;

Cap.8): irrilevante, generico e de relato.

In ipotesi di ammissione dei capitoli ex adverso richiesti si chiede l’ammissione alla prova contraria indicando a testi il sig. presso RAGIONE_SOCIALE di Pieve di Soligo (TV) e il sig. Senza accettazione dell’inversione dell’onere della prova si chiede inoltre l’ammissione di prova per teste sui seguenti capitoli a prova indiretta contraria del capitolo 8) di controparte:

“Vero che il sig. al momento del rogito del preliminare per cui è causa appariva tranquillo, sereno e privo di alcun segno di turbamento”;

2) “Vero che il sig. sottoscriveva spontaneamente e senza esitazioni il rogito del 23 aprile 2013”;

3) “Vero che nei giorni precedenti la data del rogito il sig. forniva allo studio notarile la fotocopia della carta di identità, del codice fiscale e tutta la documentazione necessaria per la stipula”.

Si indica a teste il dr. con studio in Treviso INDIRIZZO

In ogni caso:

con vittoria di compensi e spese di entrambi i gradi del giudizio”.

Ragioni della decisione 1-Con atto di citazione notificato del 23.7.2020, conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Treviso chiedendo la condanna di quest’ultimo alla restituzione della caparra confirmatoria versata in virtù del contratto preliminare di compravendita del 23.4.2013, nonché al pagamento della penale di € 100.000,00, a fronte dell’inadempimento del convenuto che non si era presentato davanti al notaio il giorno fissato per il rogito al fine di formalizzare la compravendita, né aveva adempiuto all’impegno dallo stesso assunto di ottenere la cancellazione del pignoramento sull’immobile oggetto della promessa di vendita. 2-Si costituiva lo assumendo che la promessa di vendita con penale simulava un prestito personale di € 100.000,00 con tasso d’interesse usurario (pari all’intero ammontare della somma mutuata) o comunque un patto commissorio.

Chiedeva pertanto, previa declaratoria di simulazione del preliminare sottoscritto in data 23.4.2013, l’accertamento della nullità del negozio simulato per violazione degli artt. 1418 e 2744 cod. civ. e che, pertanto, nulla era dovuto in favore del In via riconvenzionale, chiedeva che l’attore fosse condannato al risarcimento del danno per avere il medesimo posto in essere una condotta integrante il reato di usura a suo danno.

3-La causa, istruita solo documentalmente, era decisa con sentenza n. 2193/2023, con la quale era pronunciata la risoluzione, per grave inadempimento del promittente venditore , del contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato in data 23 aprile 2016 a rogito Notaio dr. Rep. n.ro 63454 e Racc. n.ro 18145, con condanna del convenuto a restituire all’attore la caparra confirmatoria versata pari ad € 100.000,00, oltre interessi dalla domanda al saldo, nonché a pagare la somma di € 100.000,00 a titolo di clausola penale, oltre interessi dalla domanda al saldo;

la domanda di accertamento della natura simulata del contratto preliminare formulata dal convenuto era rigettata e, conseguentemente, anche le domande di nullità e/o inefficacia del contratto stesso e di risarcimento del danno;

le spese processuali erano poste a carico dello 3.1-Osservava il giudice di primo grado che la domanda di risoluzione del contratto risultava ritualmente proposta e la stessa era fondata dal momento che lo pacificamente non si era presentato davanti al notaio prescelto dal promissario acquirente il giorno prestabilito per il rogito e non aveva adempiuto allo specifico impegno assunto di ottenere la cancellazione del pignoramento, così rendendosi gravemente inadempiente.

Egli, dunque, doveva restituire la caparra confirmatoria e corrispondere € 100.000,00, quale somma pattuita a titolo di clausola penale (art. 4 del contratto preliminare), non risultante eccessivamente elevata e sproporzionata, atteso che, se il avesse intrapreso la via del recesso, egli avrebbe potuto richiedere il pagamento del doppio della caparra versata e dunque ottenere la medesima somma.

Quanto alla domanda di accertamento della simulazione, il convenuto non aveva fornito la prova della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente e della sussistenza dei requisiti di sostanza del contratto dissimulato, nonché dell’esistenza di una controdichiarazione, contestuale alla stipula dell’atto simulato, dalla quale risultasse l’intento comune dei contraenti di dar vita ad un contratto diverso da quello apparente.

In disparte la sufficienza, quanto alla prova dell’avvenuta simulazione, della mera consapevolezza in capo al dell’entità del debito dello , tale consapevolezza non era dimostrata e le prove orali richieste non erano idonee a provare l’asserita simulazione.

“Peraltro, altre circostanze escludono la simulazione del patto commissorio con asserito prestito usurario:

il preliminare in questione manca di una clausola di restituzione del denaro ricevuto, e nemmeno vi sono patti aggiunti che contengano l’obbligo di trasferire il bene a condizione che la somma mutuata non sia restituita.

Al contrario, il preliminare prevedeva a carico di entrambe le parti l’obbligo di presentarsi dal notaio designato per il rogito, così come per entrambe le parti era prevista la facoltà di risolvere il contratto (“caso di ingiustificato ritardo e/o mancata presenza, la parte più diligente potrà riservarsi il diritto di risolvere il presente preliminare”, art. 4 del contratto preliminare)”.

4-Avverso tale sentenza proponeva appello con atto di citazione notificato il 29.12.2023, impugnando il capo di sentenza con il quale era stata rigettata la domanda di accertamento della natura simulata del contratto preliminare di vendita:

4.1-sussistendo, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Treviso, concreti indici della natura simulata del contratto di compravendita, dissimulante un prestito personale con applicazione di interessi usurari e previsione di un patto commissorio:

il tenore dello stesso contratto;

l’entità inusuale della caparra versata, pari a un terzo del prezzo;

l’inusuale fissazione del rogito a distanza di ben tre anni dalla data del preliminare;

il contegno assunto al momento della stipula da parte del il quale non poteva non conoscere o essersi interessato a conoscere l’importo del pignoramento gravante sull’immobile;

i rapporti preesistenti tra le parti (un anno prima della stipula del preliminare oggetto di causa, il aveva acquistato dallo e dai di lui fratelli l’azienda RAGIONE_SOCIALE);

la condotta successiva del contraria all’effettiva volontà di ottenere il trasferimento dell’immobile, avendo egli invitato lo a comparire avanti al Notaio rogante ben due anni dopo la scadenza pattuita ed essendo a conoscenza del fatto che lo non aveva e non avrebbe potuto ottenere la cancellazione del pignoramento;

4.2-erroneamente non avendo ammesso le prove orali formulate dallo determinanti ai fini della decisione;

4.2-in subordine erronea valutazione circa la non iniquità della penale di € 100.000,00.

Sul piano strutturale e funzionale, tra la clausola penale e la caparra confirmatoria vi sono delle differenze che escludono qualunque ragionamento di tipo analogico, come quello operato dal Giudice di prime cure.

La penale pattuita è manifestamente eccessiva posto che:

alla data di stipula del preliminare il era perfettamente consapevole del fatto che l’immobile fosse gravato da un pignoramento e che di certo il vincolo non sarebbe stato estinto nell’arco dei tre anni successivi;

era altresì consapevole che lo si trovava in una situazione di grave dissesto economico, che lo avrebbe distolto dalla gestione degli affari della nuova preliminare prevedeva quale data ultima per la stipula del rogito il giorno 15.04.2016, e purtuttavia il aveva manifestato il proprio totale disinteresse alla stipula del definitivo per altri due anni;

si verificherebbe un’ipotesi indebito arricchimento in capo al che oltre ad ottenere la restituzione della somma versata in adempimento del contratto, si è visto riconoscere l’ulteriore importo spropositato di € 100.000,00, pari a circa un terzo del prezzo della compravendita.

5-Si costituiva , il quale resisteva al gravame.

6-Respinta l’istanza di inibitoria proposta dall’appellante, la causa era trattenuta in decisione senza ulteriore istruttoria, sulle conclusioni rassegnate dalle parti e riportate in epigrafe, all’udienza del 10.2.2025 previa concessione dei termini di cui all’art. 352 cpc. * * * * * *

-Ritiene questa Corte che l’appello sia inammissibile per carenza di interesse ad agire dell’appellante con riguardo ai primi due motivi di impugnazione.

Il giudice di primo grado, infatti, ha dichiarato risolto, per grave inadempimento del promittente venditore, il contratto preliminare di compravendita immobiliare oggetto di giudizio.

Tale statuizione non è stata impugnata.

Viene allora in rilievo il principio costantemente affermato dal giudice di legittimità (alla luce dell’art. 336 cpc) secondo cui “la formazione della cosa giudicata su un capo della sentenza per mancata impugnazione può verificarsi solo con riferimento ai capi che siano completamente autonomi perché fondati su distinti presupposti di fatto e di diritto, sicché l’acquiescenza alle parti della sentenza non impugnata non si verifica quando queste si pongano in nesso conseguenziale con altra e trovino in essa il suo presupposto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia della corte d’appello che aveva escluso l’acquiescenza della parte che aveva contestato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della liquidazione equitativa, in relazione all’inesattezza dell’inadempimento nonché al parametro adottato per la liquidazione)” (Cass. n. 18713 del 23/09/2016; Cass. ord. n. 12649 del 25/06/2020).

Nella specie la pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento dell’odierno appellante è capo completamente autonomo rispetto a quello che ha rigettato la domanda di accertamento della natura simulata del contratto preliminare formulata dallo e conseguentemente la domanda di nullità e/o inefficacia del contratto stesso.

E’ invero incontrovertibile che la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, da un lato, e quelle di accertamento della simulazione e di nullità e/o inefficacia del contratto preliminare, dall’altro, sono fondate su distinti presupposti di fatto e di diritto e che non sono tra di loro in nesso conseguenziale, così come neppure le domande di simulazione e di nullità e/o inefficacia trovano il loro presupposto nella domanda di risoluzione e viceversa.

Ne consegue che si è verificata l’acquiescenza alla parte della sentenza non impugnata relativa alla risoluzione contrattuale con condanna alla restituzione della caparra confirmatoria.

Il che priva di interesse l’appellante a proporre appello avverso la parte di sentenza che rigetta la domanda di accertamento della natura simulata del contratto preliminare e conseguentemente la domanda di nullità e/o inefficacia del contratto stesso.

Va precisato che l’assoluta autonomia del capo di sentenza che ha accolto la domanda di risoluzione del contratto preliminare e di condanna alla restituzione della caparra confirmatoria versata, comporta un preciso accertamento del fatto e anche una valutazione in diritto incompatibile con quello posto a base delle domande di simulazione e di nullità e/o inefficacia principale.

Quindi, per evitare la formazione del giudicato su detto accertamento di fatto e di diritto lo doveva necessariamente proporre impugnazione, ancorché condizionandola all’accoglimento dell’impugnazione sulle domande di simulazione e di nullità e/o inefficacia del contratto preliminare.

Infatti, per ottenere l’accoglimento dell’impugnazione avverso il rigetto di queste ultime domande, è altresì necessario che siano riesaminati il fatto e i presupposti giuridici posti a base dell’accoglimento della domanda di risoluzione del medesimo contratto.

8-Il terzo motivo di appello è invece fondato.

Va preliminarmente rilevato che il giudice di primo grado non ha effettuato alcun “ragionamento analogico” tra clausola penale (di cui all’art. 4 del contratto preliminare) e caparra confirmatoria, essendosi limitato ad evidenziare l’eguale ammontare di risarcimento del danno che avrebbe avuto il laddove avesse esercitato il diritto di recesso, ex art. 1385 c.c.

Si ritiene, invece, in questa sede che detta penale vada ridotta a € 50.000,00.

Va rammentato che secondo il giudice di legittimità “per la valutazione della manifesta eccessività della clausola penale ai fini dell’art. 1384 c.c., il criterio di riferimento per il giudice è costituito dall’interesse del creditore all’adempimento e, cioè, dell’effettiva incidenza dell’inadempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale nel corso di rapporto, sicché non può prescindersi da una comparazione con il danno che sarebbe stato ipoteticamente risarcibile in mancanza della clausola, la quale è una predeterminazione forfettaria di tale pregiudizio (Cass. ord. n. 14706 del 27/05/2024; cfr. anche Cass. ord. n. 19492 del 10/07/2023; Cass. ord. n. 26901 del 20/09/2023).

E l’interesse del creditore non va valutato “con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola – come sembra indicare l’art. 1384 c.c., riferendosi all’interesse che il creditore “aveva” all’adempimento – ma…anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., conformativi dell’istituto della riduzione equitativa…” (Cass. n. 11908 del 19/06/2020). Alla luce di tali criteri indicati dalla Corte di cassazione, se vanno allora considerate del tutto irrilevanti le altre circostanze indicate dall’appellante, deve invece essere valorizzato il fatto che il preliminare prevedeva quale data ultima per la stipula del rogito il giorno 15.04.2016, mentre il solo nel 2018 ha convocato lo avanti il notaio, essendo rimasto nelle more silente.

Tale condotta va senz’altro valorizzata ai fini della valutazione dell’interesse del all’adempimento, non così pregante e pressante, tanto da attendere due anni prima di attivarsi.

Inoltre il neppure ha prospettato quale sarebbe il danno patito.

Il che giustifica la riduzione della penale a € 50.000,00.

Considerato che in primo grado l’appellante ha visto respinte tutte le sue domande ed è stata accolta la domanda attorea di risoluzione del contratto, mentre l’appello è stato dichiarato inammissibile per due motivi ed è stato accolto per uno, alla luce del principio secondo cui le spese di lite vanno liquidate in maniera unitaria, considerando tutti i gradi di giudizio, le spese processuali di primo e di secondo grado vanno compensate nella misura di un quarto e per il resto vanno poste a carico dell’appellante, con liquidazione come in dispositivo in base al valore della causa, secondo il DM n. 55/2014 e successive modifiche, valori medi, con esclusione, per il giudizio di appello, della fase istruttoria non tenutasi.

La Corte d’Appello di Venezia, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, così provvede:

1-in parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma del capo 3 della sentenza appellata n. 2193/2023 del 27-28/11/2023 del Tribunale di Treviso, condanna pagamento in favore di della clausola penale prevista dall’art. 4 del contratto preliminare, per un importo pari ad € 50.000,00, oltre interessi dalla domanda al saldo;

2- compensa nella misura di un quarto le spese processuali di primo e di secondo grado e condanna l’appellante alla rifusione in favore dell’appellato dei residui tre quarti, che liquida, per detta parte, per il giudizio di primo grado in € 8.451,00 per compenso e per il giudizio di appello in € 7.493,25 per compenso, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15% sul compenso, C.N.P.A. ed I.V.A. come per legge.

Venezia, 17 febbraio 2025 La Presidente Estensora Dott.ssa NOME COGNOME

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