Tribunale di Perugia
PRIMA SEZIONE CIVILE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
In composizione monocratica nella persona del giudice Gaia Muscato ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 1041/2021 pubblicata il 14/07/2021
nella causa civile di I grado iscritta al n. /2016 r.g. promossa da
XXX (c.f.) e YYY (c.f.), entrambi rappresentati e difesi dall’avv.
ATTORI nei confronti di
ZZZ SPA (C.F.), in persona del legale rappresentante pro tempore, avv.
CONVENUTA CONCLUSIONI
Conclusioni di parte attrice: «Voglia l’Ecc.mo Tribunale di Perugia adito, ritenuta la propria competenza, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa:
– accertare e dichiarare la responsabilità dell’ZZZ S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., in ordine al sinistro per cui è causa e per tutte le ragioni esposte, ai sensi dell’art. 2051 c.c. per violazione del dovere di custodia e manutenzione del tratto stradale sul quale si è verificato il sinistro il giorno 09.06.2011, ovvero, in subordine, la responsabilità ex art. 2043 c.c., per violazione del principio del neminem laedere in forza del quale l’ZZZ S.p.A, quale proprietario e/o gestore della strada su cui si è verificato il sinistro era tenuta a far sì che la stessa non presentasse all’utente una situazione di pericolo occulto, conseguentemente.
– condannare l’ZZZ S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al risarcimento, in favore del Sig. XXX, di tutti i danni subiti e subendi a causa del sinistro medesimo, che si quantificano, anche a seguito dell’esperita CTU Medico Legale, come segue: € 56.638,00 (cinquantaseimilaseicentrotrentotto/00) a titolo di invalidità permanente 18% (soggetto di età di anni 46 al momento del sinistro), € 7.200,00 (settemiladuecento/00) a titolo di ITT per 60 giorni (€ 120,00 al giorno), € 3.600,00 (tremilaseicento/00) a titolo di ITP al 50% per 60 giorni, € 1.800,00 (milleottocento/00) per ITP al 25% per 60 giorni, € 16.991,40 (sedicimilanovecentonovantuno/40) a titolo di personalizzazione del danno al 30% (su un massimo del 41%), € 23.000,00 (ventitremila/00) a titolo di danno esistenziale in via equitativa, € 40.040,00 (quarantamilaquaranta/00) a titolo di danno patrimoniale da mancato guadagno conseguente alla riduzione della capacità specifica, € 242,14 (duecentoquarantadue/14) a titolo di rimborso spese mediche sostenute e documentate. Il tutto per un importo complessivo di € 149.511,54 (centoquarantanovemilacinquecentoundici/54), ovvero la somma maggiore e/o minore che sarà ritenuta dovuta e/o di giustizia, il tutto oltre interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria dal di del dovuto sino al soddisfo.
– condannare, altresì, l’ZZZ S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore della Sig.ra YYY, proprietaria del motociclo Honda Hornet, targato, della somma di € 7.284,54 (settemiladuecentoottantaquattro/54), quale risarcimento del danno patrimoniale subito in conseguenza del sinistro di cui in narrativa, oltre ad interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria come per legge.
Il tutto con vittoria di spese non imponibili e compenso professionale, oltre rimborso forfettario 15%, IVA e CAP come per legge, e con condanna della parte convenuta al rimborso delle spese di CTU, che dovranno essere poste a suo definitivo carico. Chiede concedersi termini di legge per il deposito di comparsa conclusionale ed eventuale memoria di replica ex art. 190 c.p.c.»
Conclusioni di parte convenuta: come in comparsa di risposta, ossia «Voglia il Tribunale di Perugia: in via principale: respingere la domanda proposta dagli attori in quanto infondata in fatto e diritto per insussistenza di ogni responsabilità, ex art. 2051 e/o 2043 c.c., in capo alla convenuta essendo il fatto riconducibile, in via esclusiva al danneggiato e/o perché non provata;
In via subordinata: ridurre i danni, ove provati e accertati, nella misura di giustizia detraendo dal risarcimento eventualmente riconosciuto quanto imputabile al conducente del motociclo in misura proporzionata alla gravità della colpa lui riferibile e all’entità delle conseguenze che sono derivate da tale colpa, il tutto stante l’evidente e prevalente concorso di colpa dell’attore stesso, ex art. 1227 c.c., nella determinazione dell’evento e dei danni;
in ogni caso: con vittoria delle spese e dei compensi di causa, oltre spese generali al 15%, cap e iva.»
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
(art. 132 comma II n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., come novellati dalla l. 69/09 del 18.6.2009)
Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX e YYY – rispettivamente in qualità di conducente e proprietaria del motociclo Honda Hornet targato – convenivano in giudizio, innanzi a questo tribunale, l’ZZZ s.p.a. esponendo: che in data 9.6.2011, alle ore 16.10 circa, XXX percorreva a bordo del predetto motoveicolo il raccordo autostradale “Bettolle/Perugia” con direzione di marcia verso Magione-Tuoro; che, giunto all’altezza della progressiva chilometrica, mentre procedeva ad una velocità di 87 km/h, perdeva il controllo del mezzo, a causa del piano stradale localmente sconnesso sul lato destro della sua corsia di marcia, e cadeva a terra; che in conseguenza della caduta riportava frattura della testa dell’omero e del trochite a destra ed inoltre frattura del capitello radiale destro e infine escoriazioni; che le dette lesioni gli provocavano una riduzione dell’integrità psicofisica del 20%; che a causa delle lesioni riportate si trovava impossibilitato a continuare a svolgere le mansioni di autista di bus turistici per lunghe tratte ed era costretto a presentare le dimissioni dal lavoro presso la *** s.p.a.; che aveva successivamente reperito altre occupazioni come autista di scuolabus e come autista di furgoni, ma che si trattava di impieghi precari e meno remunerativi di quello svolto presso la ***, sicché aveva perduto guadagni per € 40.040,00; che il veicolo era andato distrutto nell’incidente.
Quindi, chiedevano il risarcimento dei danni patrimoniali (entrambi) e non patrimoniali (il solo sig. XXX) subiti, invocando la responsabilità dell’ZZZ s.p.a. ai sensi dell’art. 2051 c.c., quale ente gestore del tratto stradale de quo, nonché la responsabilità aquiliana della stessa società per avere omesso di manutenere la strada ed essersi limitata a collocare la segnaletica di “strada dissestata” a notevole distanza dal luogo del sinistro e in corrispondenza di un tratto di strada in buono stato, così determinando un’insidia stradale.
Con comparsa di risposta del 14.10.2016, l’ZZZ s.p.a. contestava la propria responsabilità, deducendo che il sinistro si era verificato esclusivamente per colpa del sig. XXX, il quale, nonostante la segnalazione, ometteva di adeguare la velocità alle condizioni del manto stradale e di prestare la dovuta attenzione. Deduceva, in particolare: che la sconnessione dell’asfalto presente sul tratto di strada teatro del sinistro non era grave e consentiva di percorrere la strada in sicurezza; che il giorno dell’incidente il tempo era sereno e vi era un’ottima visibilità, oltre a condizioni di traffico scarso, tutte circostanze che contribuivano a rendere facilmente evitabile la perdita del controllo del mezzo. Concludeva per il rigetto della domanda e, in subordine, per la riduzione della misura del risarcimento richiesto in funzione del concorso di colpa da riconoscere in capo al danneggiato. *****
L’attore ha proposto un’azione di responsabilità extracontrattuale, sia ai sensi dell’art. 2043 c.c., sia ai sensi dell’art. 2051 c.c., per danno causato da cose in custodia.
Principiando dalla seconda domanda, va ricordato che secondo l’orientamento giurisprudenziale assolutamente prevalente (cfr. Cass. 15384/2006; 858/2008; 4476/2011; 27724/2018) la fattispecie prevista dall’art. 2051 c.c. ha natura di responsabilità oggettiva, essendo basata solo sulla relazione di fatto intercorrente tra il custode e la cosa dannosa, e non anche su una valutazione del comportamento colposo del custode.
A differenza di quanto avviene nelle ipotesi di responsabilità colpevole, infatti, le conseguenze dannose non sono imputate al soggetto in considerazione della sua condotta, bensì in considerazione della sua posizione, ossia dell’appartenenza alla categoria individuata dal legislatore come quella in capo alla quale allocare il rischio di eventi dannosi di quel tipo.
Si è parlato al riguardo di responsabilità tipologica, proprio per evidenziare come l’individuazione della categoria di responsabili sia effettuata in astratto dal legislatore, sicché all’interprete spetta soltanto verificare l’appartenenza in concreto a quel dato tipo.
Una siffatta lettura della disposizione dell’art. 2051 c.c. (in antitesi rispetto al tradizionale inquadramento tra le fattispecie di colpa presunta) trova fondamento sia nel dato letterale – in quanto nella formulazione della norma il danno è collegato non ad un comportamento (per quanto omissivo) del custode, ma direttamente alla cosa, per cui il comportamento è irrilevante – sia nell’analisi della clausola liberatoria in essa contenuta, la quale esclude la responsabilità solo ove venga provato il caso fortuito.
È noto infatti, che secondo l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale dominante (elaborato soprattutto nel settore penale, che più si è occupato dello studio del nesso di causalità) il fortuito è inquadrato su un piano meramente materiale: in particolare, partendo dal concetto di serie causale adeguata e dalla nozione di “causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento”, si è giunti a definire il fortuito come fattore interruttivo della regolarità causale e quindi come elemento che esclude il nesso eziologico.
Deve di conseguenza ritenersi che allorquando il legislatore ha previsto come clausola liberatoria solamente il caso fortuito, ha inteso costruire l’intera fattispecie su un piano meramente materiale, togliendo ogni rilevanza alla condotta del custode, il quale risponderà dei danni cagionati dalla cosa anche nell’ipotesi in cui abbia osservato la massima diligenza.
Alla luce di tali premesse, i presupposti dell’azione di responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. possono rinvenirsi: 1) nella esistenza di un nesso causale tra la cosa e il danno, verificatosi nell’ambito del dinamismo connaturato alla cosa o dallo sviluppo di un agente dannoso sorto nella cosa; 2) nella sussistenza di un rapporto materiale di custodia tra il responsabile e la cosa stessa.
In relazione a questo secondo elemento è bene osservare che per custode del bene deve intendersi non chi ha con la res una relazione meramente giuridica (es. il proprietario), bensì colui che ha l’effettiva possibilità di esercitare il governo sulla cosa, ossia chi ha il potere di controllare il bene, il potere di modificare la situazione di pericolo creatasi ed il potere di escludere qualsiasi terzo dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno (cfr. Cass. 15384/2006).
Quanto al primo elemento (il nesso di causalità), va ricordato che la condotta del danneggiato rientra certamente nell’ambito del caso fortuito e costituisce pertanto elemento potenzialmente idoneo a interrompere la serie causale, così impedendo che un determinato evento dannoso resti attribuito ad altri tutte le volte in cui essa sia stata causa da sola sufficiente a determinarlo. Sicché, quando «la situazione di possibile pericolo comunque ingeneratasi sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento» (sentenza 17 ottobre 2013, n. 23584, richiamata anche da Cass. 18167/2014 e da Cass. 4661/2015; sul concetto di cosa come occasione dell’evento si veda pure la sentenza 5 dicembre 2008, n. 28811).
In questo senso rileva il concetto di prevedibilità – intesa come concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo – in quanto, laddove essa sussista, per essere il pericolo ben visibile, il principio di autoresponsabilità impone al soggetto che entra in contatto con la cosa di tenere un comportamento connotato da un grado maggiore di attenzione, di modo che, laddove tale attenzione non venga prestata, egli risulta in colpa e la sua condotta colpevole vale ad escludere il nesso di causalità tutte le volte in cui, postulando una condotta attenta e prudente, si potrebbe escludere, sulla base di un giudizio controfattuale, il determinarsi dell’evento dannoso (cfr. Cass. 22 ottobre 2013, n. 23919, e Cass. 20 gennaio 2014, n. 999, le quali si pongono, peraltro, nel solco di un orientamento consolidato).
Venendo al caso concreto, risulta dagli accertamenti della polizia stradale (cfr. relativo verbale, depositato da entrambe le parti in allegato agli atti introduttivi) e dalle fotografie prodotte dalla resistente (docc. 1, 2 e 3 allegati alla comparsa di risposta) che effettivamente in corrispondenza del km 31 + 950 del raccordo autostradale percorso dal sig. XXX, con direzione da Torricella a Castiglione del lago, l’asfalto del manto stradale era rovinato sul margine esterno della corsia di destra, ove il fondo si presentava sconnesso.
Risulta inoltre incontestato, oltre che attestato nel predetto verbale della polizia stradale, che poco prima di tale punto, al km 32 + 100 (si evidenzia che la misurazione procede in senso decrescente rispetto al senso di marcia percorso dal XXX), è collocata segnaletica verticale di “fondo stradale sconnesso per km 1,5”; la polizia stradale ha inoltre rilevato la presenza di segnale di strada deformata per 1,4 km, già al km 34.
Ancora, emerge dal citato rapporto che il tratto di strada in cui avvenne l’incidente è rettilineo e che il giorno del fatto il traffico era scarso.
Infine, in punto di fatto è pacifico che il sinistro si è verificato in pieno giorno, in una giornata di giugno di tempo sereno.
Sulla base di tali elementi deve ritenersi che il sig. XXX fosse in condizione di prevedere il pericolo, dal momento che la presenza della segnaletica di “strada deformata” e di “fondo stradale sconnesso” lo aveva certamente avvisato della presenza di un manto d’asfalto non perfettamente liscio.
Né in senso contrario può rilevare il fatto che il cartello fosse stato collocato alcune centinaia di metri prima, considerato che il segnale dava espressamente conto della lunghezza del tratto dissestato, indicandola in quella di 1,5 km, sicché il conducente era stato certamente reso edotto della necessità di prestare una particolare cautela nell’attraversare il tratto di strada in cui poi avvenne l’incidente.
Il detto pericolo era altresì evitabile, considerato che la conformazione rettilinea della strada e l’ottima visibilità presente al momento del fatto gli avrebbero certamente consentito di individuare il punto del dissesto almeno 500 metri prima di raggiungerlo (come può agevolmente valutarsi dalle fotografie prodotte dalla convenuta) e valutato che la porzione di asfalto sconnessa non comprende l’intera carreggiata, né l’intera corsia di destra, sicché era ben possibile il transito in una parte della strada non sconnessa.
Va a questo punto evidenziato che il sig. XXX aveva un preciso obbligo di adeguare la propria velocità alle condizioni della strada, come prescrive l’art. 141 del codice della strada. In effetti, il limite di velocità previsto in relazione a ciascuna categoria di strada, costituisce il limite massimo consentito, fermo restando il dovere del conducente di ridurre la velocità, anche molto al di sotto di tale tetto massimo, laddove le caratteristiche del veicolo e le caratteristiche e condizioni della strada lo richiedano.
Risulta allora evidente che la velocità di 87 km/h – tenuta dall’attore, per sua espressa ammissione – non consentiva di mantenere il controllo di un motoveicolo (il quale notoriamente ha una minora stabilità di un’autovettura) che si fosse trovato, come accaduto, a marciare su strada sconnessa, sicché la regola di condotta dettata dal codice della strada imponeva al XXX di tenere una velocità inferiore.
Ed ove una tale prescrizione fosse stata rispettata, il conducente del motociclo avrebbe avuto tutto il tempo, una volta avvistato il punto in cui l’asfalto era rovinato, sia di spostarsi verso il lato sinistro della propria corsia, di modo da non transitare nel tratto sconnesso, sia di rallentare ulteriormente la propria velocità per passare sulla porzione di asfalto rovinata senza perdere il controllo del proprio veicolo.
Può dunque ritenersi dimostrata una colpa specifica del sig. XXX e considerarsi accertato che, ove tale condotta colpevole non vi fosse stata, l’evento dannoso sarebbe stato evitato, sicché in definitiva esso deve ritenersi causalmente riconducibile esclusivamente al comportamento del danneggiato.
La provata interruzione del nesso di causalità tra la cosa e il fatto conduce al rigetto della domanda di risarcimento del danno da cose in custodia.
Parimenti va rigettata la domanda di risarcimento dei danni per responsabilità colpevole, atteso che le valutazioni innanzi esposte inducono ad escludere l’esistenza di un’insidia stradale considerata la prevedibilità ed evitabilità del tratto dissestato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo sulla base dei parametri di cui al d.m. 55/2014 (fase di studio, introduttiva, istruttoria e di decisione; valore della controversia pari a € 162.671,94, determinato in relazione alla misura del risarcimento richiesto; valori prossimi ai medi).
Le spese di c.t.u. vanno poste definitivamente a carico di parte attrice.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
Rigetta le domande;
Condanna parte attrice a rimborsare alla convenuta ZZZ s.p.a. le spese di lite, che si liquidano in € 17,85 per spese, € 12.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge;
Pone le spese di c.t.u., già liquidate in corso di causa, definitivamente a carico di parte attrice. Perugia, 14 luglio 2021
Il giudice
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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