REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA
– Sezione Lavoro e Previdenza –
La Corte, in funzione di giudice del lavoro,
ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo all’udienza del 22 giugno 2018, la seguente
SENTENZA
nella controversia in materia di lavoro in grado di appello iscritta al n. 955 del Ruolo Generale Affari Contenziosi Civili dell’anno 2014,
TRA
XXX, con l’avv.,
(Appellante) E
YYY, con gli avv.ti,
(Appellata)
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, Giudice del Lavoro, n. 14196/13 depositata il 3.1.2013.
CONCLUSIONI
Per entrambe le parti:come dai rispettivi scritti difensivi e verbali d’udienza.
FATTO
Con ricorso depositato nella cancelleria di questa Corte in data 25 marzo 2014, la “XXX” impugnava la sentenza n. 14196/13 con la quale il Tribunale di Roma, in funzioni di Giudice del lavoro, accogliendo parzialmente le domande della YYY l’aveva condannata al pagamento della somma di € 20.139,46 a titolo di differenze retributive e TFR, oltre accessori di legge e spese di giudizio.
A motivo dell’interposto gravame l’appellante denunciava la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cpc Insufficienza e superficialità della motivazione” chiedendo, in riforma della impugnata sentenza, il rigetto di tutte le originarie domande proposte dalla lavoratrice, con la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio.
Resisteva con rituale memoria la YYY contestando le avverse censure, concludendo per il rigetto dell’appello con vittoria di spese e compensi professionali.
Con ordinanza del 7 aprile 2017 la Corte, ritenutane l’opportunità ai fini della decisione, disponeva Consulenza Tecnica d’Ufficio per la esatta determinazione delle spettanze lavorative dovute in considerazione della accertata qualità e quantità della prestazione lavorativa resa, di poi ritualmente espletata.
All’udienza di discussione del 10 novembre 2017 l’appellante dichiarava che la società “XXX” era stata cancellata dal Registro delle imprese chiedendo, pertanto, dichiararsi l’interruzione del giudizio.
La Corte disponeva l’acquisizione della certificazione camerale della Società e fissava per la decisione l’udienza del 22.6.2018 concedendo, su richiesta delle parti, termine per il deposito di note illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che la società appellante è stata effettivamente cancellata dal Registro delle Imprese alla data del 5.12.2012, nel mentre il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato depositato in data successiva, ovvero il 25.3.2014, l’appello va dichiarato inammissibile.
Ed invero, ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 2, così come modificato dall’art. 4 D.Lgs. n. 6/2003, la cancellazione dal registro delle imprese determina l’estinzione immediata della società, per cui successivamente a tale evento l’appello doveva essere proposto dai soci succeduti alla società estinta, a pena di inammissibilità.
Come chiarito anche dalla Suprema Corte con Ordinanza del 16 gennaio 2018 n. 822, “la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima dell’instaurazione del giudizio di secondo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla in capo all’ex liquidatore (Cass. 23/03/2016, n. 5736); la procura speciale necessaria per la proposizione dell’appello è, per vero, inesistente ove conferita al difensore da una società estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, in quanto essa presuppone un rapporto di mandato tra l’avvocato ed il cliente che non può sussistere in mancanza del mandante (Cass. 21/04/2017, n. 10071); la parte che, avendo omesso di proporre, in sede di gravame, l’eccezione relativa alla legittimazione ad appellare di una società già estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, formuli tale eccezione, per la prima volta, davanti al giudice di legittimità, sia ammessa a produrre ivi, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., la documentazione volta a comprovare l’estinzione della società appellante, potendo essa astrattamente costituire una causa determinativa diretta della potenziale nullità della sentenza impugnata (Cass. 09/05/2016, n. 9334)”.
Orbene, rapportando la predetta ordinanza al caso di specie, perfettamente calzante, il ricorso promosso dalla “XXX” è affetto da un vizio insanabile ab origine, essendo stato proposto da un soggetto estinto.
L’appello va quindi dichiarato inammissibile, rimanendo assorbito l’ulteriore rilievo sollevato con le note del 6.6.2018 dalla parte appellata, circa la dedotta inesistenza della procura alle liti rilasciata al difensore dalla società estinta.
Le spese della espletata Ctu, liquidate con separato decreto, nonché quelle di lite del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo in considerazione dei parametri di cui al D.M. n° 55 del 10 marzo 2014, vanno poste a carico della parte appellante.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente decidendo,
- Dichiara l’appello inammissibile;
- Condanna l’appellante alla rifusione in favore dell’appellata delle spese di lite del presente grado di giudizio, che liquida in € 1.880.00 oltre 15% spese generali, Iva e Cpa;
- Pone definitivamente a carico dell’appellante le spese di ctu;
- Dà atto che sussistono le condizioni richieste dall’art. 13 comma 1 quater D.P.R. 115/02 per il raddoppio del contributo unificato a carico dell’appellante.
Roma, 22 giugno 2018.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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