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Società di persone, revoca dell’amministratore ed esclusione del socio

La società semplice XXX, nonché i soci, proponevano ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma aveva confermato la sentenza con cui il Tribunale aveva dichiarato l’invalidità della delibera assembleare della ridetta società, assunta in data 2 dicembre 2015, con cui YYY era stata esclusa dalla compagine sociale, ai sensi degli artt. Peraltro, la circostanza che alcuni soci, pur avendone diritto, si astengano dall’amministrare, affidando la gestione agli altri (eventualità che si è verificata nel caso di specie, ove è pacifico che YYY abbia amministrato la società per dieci anni) è espressamente contemplata dall’art.

La società semplice XXX, nonché i soci, proponevano ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma aveva confermato la sentenza con cui il Tribunale aveva dichiarato l’invalidità della delibera assembleare della ridetta società, assunta in data 2 dicembre 2015, con cui YYY era stata esclusa dalla compagine sociale, ai sensi degli artt. 2286 e 2287 cod. civ., respingendo la domanda di condanna generica al risarcimento del conseguente lamentato danno.

La Corte d’appello aveva osservato:

a) che la deliberazione di esclusione contestava alla YYY, per il periodo in cui aveva amministrato la società, “perdite che la Società parrebbe avere accumulato negli esercizi in cui la sig.ra YYY ha ricoperto l’incarico di amministratore” e imputava altresì alla medesima lo “stato attuale di incertezza esclusivamente imputabile alle omissioni della sig.ra YYY;

b) che la genericità di tali contestazioni era stata corretta dall’avvenuta specificazione, nel corso del giudizio di primo grado, delle circostanze inerenti alla contestazione della violazione dell’obbligo di rendiconto, con particolare riguardo alla presenza di perdite (per Euro 1.089.401,80) e di ammanchi di cassa (per Euro 412.917,00) che avrebbero impedito ai soci di essere informati della situazione debitoria e di adottare i necessari correttivi, se del caso interrompendo l’attività e liquidando la società, ciò che li avrebbe invece esposti al rischio di azioni dei terzi creditori;

c) che la dedotta violazione dell’obbligo di rendiconto non costituiva nella fattispecie in esame un grave inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto sociale e non ne legittimava quindi l’esclusione come socio, non avendo inciso sull’affectio societatis, a nulla rilevando il sequestro conservativo subito dalla YYY in altro giudizio, promosso per l’accertamento della responsabilità di quest’ultima quale amministratore della stessa società, stante la diversità oggettiva dei presupposti delle due azioni.

La sentenza impugnata non è conforme alla costante giurisprudenza della Suprema Corte (Sez. 1, Sentenza n. 4404 del 02/07/1988; Sez. 1, Sentenza n. 2736 del 9/3/1995; più di recente, Sez. 1, Ordinanza n. 26059 del 05/09/2022), secondo cui nelle società di persone, e ancor più nella società semplice che ne costituisce l’archetipo di base, il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore non impedisce che le irregolarità o illiceità commesse dal solo amministratore determinino non solo la relativa revoca dalla carica, ma anche l’esclusione del socio per violazione dei doveri previsti dallo statuto a tutela della finalità e degli interessi dell’ente.

Invero, nelle società di persone non opera la struttura organicistica, propria delle società di capitali, in cui l’ente agisce per il tramite di organi diversi e distinti dai soci, con compiti e responsabilità altrettanto diversificati.

Il carattere distintivo dei due tipi societari – oltre che la diversa dinamica della responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali – è, infatti, anche la circostanza che nella società di persone la proprietà, la gestione e il controllo sono indistintamente affidati a tutti i soci, laddove nelle società di capitali le tre funzioni sono, o possono essere a seconda del tipo sociale, distinte tra loro.

Da tanto deriva, sempre a livello sistematico che, mentre nelle società di capitali la violazione dei doveri da parte dei diversi organi è affidata a ipotesi diverse e giuridicamente distinte tra loro, nelle società di persone (con la sola esclusione della Sas per la caratteristica tipologica inerente all’esistenza di due categorie distinte di soci) la violazione dei doveri del socio può essere dedotta da comportamenti che minino l’affectio societatis sia in relazione ad atti di disposizione uti socius che da atti posti in essere nell’esercizio di funzioni gestorie o di controllo, parimenti rinvenibili in automatico nel patrimonio giuridico di tutti i soci.

Ciò è tanto più vero nella società semplice, come quella per cui è causa, ove la legge riconosce a tutti i soci, per la semplice constatazione dell’assunzione di tale qualità, il diritto di amministrare, distinguendosi solo le modalità (disgiuntiva o, congiuntiva) con cui tale attività può essere realizzata.

Peraltro, la circostanza che alcuni soci, pur avendone diritto, si astengano dall’amministrare, affidando la gestione agli altri (eventualità che si è verificata nel caso di specie, ove è pacifico che YYY abbia amministrato la società per dieci anni) è espressamente contemplata dall’art. 2261 cod. civ. che, in tale evenienza, ribadisce che anche i soci non amministratori mantengono il diritto di ricevere da chi amministra tutte le informazioni inerenti allo svolgimento degli affari sociali, ivi compreso, ove tale esclusiva gestione duri più di un anno, il rendiconto analitico della gestione.

Con il ché si palesa l’evidente erroneità della sentenza impugnata, laddove, senza minimamente confrontarsi con il dato normativo appena ricordato, si rinviene l’affermazione secondo cui “la dedotta violazione dell’obbligo di rendiconto non costituiva nella fattispecie in esame una grave inadempienza delle obbligazioni derivanti dal contratto sociale e non legittimava l’esclusione del socio, non avendo inciso sull’affectio societatis”.

Da tanto discende l’erroneità del successivo accertamento in fatto compiuto dalla Corte di appello, che ha parcellizzato la rilevanza della condotta ascritta a YYY, distinguendo erroneamente tra contestazioni inerenti alla sua posizione di socio e contestazioni connesse alla sua posizione di amministratore della società semplice.

Corte di Cassazione, Sezione Prima, Ordinanza n. 16043 del 10 giugno 2024

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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